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Le comunicazioni telematiche da parte della segreteria

Le comunicazioni di segreteria (c.d. “avvisi”) sono effettuate esclusivamente agli indirizzi PEC risultanti dai pubblici elenchi, nei confronti di ciascun avvocato componente il collegio difensivo ovvero, alternativamente, nei confronti dell'avvocato domiciliatario eventualmente nominato (art. 13, comma 1, Regole tecniche). Sono altresì effettuate a mezzo PEC nei confronti di qualsiasi soggetto tenuto per legge a dotarsi di PEC, agli indirizzi PEC risultanti dai pubblici elenchi (art. 13, comma 2, Regole tecniche).

Esse avvengono attraverso un gestore di dominio certificato e predefinito, che rilascia e gestisce appositi indirizzi di PEC, dedicati in maniera esclusiva allo svolgimento di tale funzionalità (art. 13, comma 1, Specifiche tecniche).

Con modalità telematiche si procede altresì alle comunicazioni nei confronti di qualsiasi soggetto processuale che, pur non essendovi obbligato ex lege, abbia comunicato alla Segreteria dell'Ufficio Giudiziario presso cui è stato incardinato il ricorso di voler ricevere le comunicazioni con PEC. In tal caso è specificamente indicato l'indirizzo PEC al quale si intendono ricevere le comunicazioni, con efficacia limitata al ricorso per cui tale comunicazione è resa (art. 13, comma 4, Regole tecniche).

Le suddette comunicazioni sono effettuate mediante invio di un messaggio dall'indirizzo PEC dell'ufficio giudiziario mittente all'indirizzo di PEC del destinatario e si intendono perfezionate nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario e produce gli effetti di cui agli artt. 45 e 48 CAD (ovvero soddisfano il requisito della forma scritta, la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale ed equivalgono alle notificazioni per mezzo della posta).

Qualora non sia possibile procedere alla comunicazione telematica per cause imputabili al malfunzionamento del SIGA, il Segretario della sezione procede con un nuovo invio e, in caso di ulteriore avviso di mancata consegna, la comunicazione viene effettuata dalla Segreteria a mezzo fax (art. 13, comma 8, Specifiche tecniche). Pertanto, è onere dei difensori indicare nel ricorso o nel primo atto difensivo un recapito di fax, che può essere anche diverso da quello del domiciliatario, e comunicare successivamente alla segreteria stessa ogni eventuale variazione del

recapito di fax medesimo, in virtù del disposto di cui all’art.

136, comma 1, cod. proc. amm..

Nel caso di ulteriore impossibilità, la segreteria procede secondo le modalità descritte nell'art. 45 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, ovvero con supporto cartaceo.

Le ricevute di avvenuta consegna e gli avvisi di mancata consegna sono conservati nel fascicolo informatico, sono di tipo completo e contengono in allegato il messaggio originale e i dati di certificazione del gestore certificato del destinatario.

In tutti i casi in cui il codice del processo amministrativo prevede che sia data comunicazione del provvedimento giurisdizionale, questa avviene mediante messaggio PEC contenente gli estremi del provvedimento e l'indicazione che il provvedimento è visualizzabile nel fascicolo informatico e, comunque, nell'area pubblica del Sito istituzionale della Giustizia Amministrativa (art. 13, comma 4, Specifiche tecniche).

La comunicazione di segreteria è allegata in formato PDF al messaggio PEC che riporta un codice che la identifica univocamente.

Quando la comunicazione a mezzo PEC non risulta andata a buon fine per causa imputabile al destinatario, attestata dalla ricevuta di mancata consegna secondo quanto previsto dalle regole tecniche della posta elettronica certificata di cui al decreto del Ministro per l'innovazione e le tecnologie 2 novembre 2005 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 266 del 15 novembre 2005, la comunicazione si ha per eseguita con il deposito del provvedimento nel fascicolo informatico presso la Segreteria dell'Ufficio Giudiziario presso cui pende il ricorso. Il SIGA consente al difensore, attraverso il “Portale dell'avvocato” ovvero attraverso ulteriori modalità telematiche, successivamente

definite e che verranno rese note sul Sito istituzionale, di essere informato circa l'esito della comunicazione (art. 13, comma 9, Specifiche tecniche).

La comunicazione di un atto che contiene dati sensibili è effettuata per estratto con contestuale messa a disposizione dell'atto integrale nel fascicolo elettronico accessibile agli aventi diritto attraverso l'apposita sezione del portale dei servizi telematici, con modalità tali da garantire l'identificazione dell'autore dell'accesso e la tracciabilità delle relative attività (art. 13, comma 10, Specifiche tecniche).

Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle comunicazioni di cui all'art. 10, comma 4, del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (ossia, all'organo o all'ufficio della P.A. e degli enti pubblici, situati nella provincia di Bolzano o aventi competenza regionale, o al concessionario di servizi di pubblico interesse svolti nella provincia medesima controinteressati, nonché all'istante), fatta eccezione per le comunicazioni all'istante o al concessionario che non abbiano espressamente dichiarato di voler ricevere le comunicazioni con modalità telematica (art. 13, comma 11, Regole tecniche).

Le comunicazioni nei confronti delle pubbliche amministrazioni sono effettuate esclusivamente agli indirizzi PEC di cui all'art. 16, comma 12, del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L.

17 dicembre 2012, n. 221, e successive modificazioni (art.

13, comma 3, Regole tecniche). L’art. 13, comma 2, delle Specifiche tecniche precisa che “le comunicazioni nei confronti delle pubbliche amministrazioni non costituite in giudizio sono effettuate esclusivamente a mezzo PEC utilizzando gli indirizzi PEC del Registro delle PP.AA.

L'accesso ai Registri formati e gestiti presso il Ministero della giustizia nonché presso il Ministero dello sviluppo

economico avviene previo accordo e con le modalità tecniche concordate con i medesimi Ministeri”.

Ne deriva che, qualora l’amministrazione non abbia provveduto a comunicare al Ministero della Giustizia l’unico indirizzo di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179/2012 cit., opererà il disposto normativo di cui all’art. 16, comma 6, – applicabile anche al processo amministrativo in virtù del disposto di cui all’art. 42, comma 1, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, nella L. 11 agosto 2014, n. 114 - secondo cui “le notificazioni e comunicazioni ai soggetti per i quali la legge prevede l'obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata, che non hanno provveduto ad istituire o comunicare il predetto indirizzo, sono eseguite esclusivamente mediante deposito in cancelleria. Le stesse modalità si adottano nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario”.

È evidente che, in tali casi, la Segreteria non avrà alcun ulteriore onere di comunicazione e il relativo avviso sarà quindi depositato all’interno del fascicolo processuale elettronico.

Mentre, nulla dispongono le Regole tecniche e le Specifiche tecniche nei casi di processi nei quali le amministrazioni stanno in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti. In tal caso sovviene il disposto di cui al comma 7, ultimo periodo, dell’art. 16 del D.L. n. 179/2012 cit. - applicabile anche al processo amministrativo in virtù dell’estensione operata dall’art. 42, comma 1, del D.L. n. 90/2014 cit., convertito, con modificazioni, nella L. n. 114/2014 cit. – a mente del quale

“le comunicazioni sono effettuate esclusivamente agli indirizzi di posta elettronica comunicati a norma del comma 12” del decreto stesso (ossia, quelli comunicati al Ministero della Giustizia).

Infine, per l'Avvocatura dello Stato e gli altri soggetti pubblici le comunicazioni sono effettuate ai sensi dell'art.

47, comma 1, CAD, attraverso canale sicuro (art. 13, comma 1, Regole tecniche) e si procede in cooperazione applicativa, ai sensi dell'art. 47, comma 1, CAD (art. 13, comma 3, Specifiche tecniche).

Il SIGA garantisce la conservazione dei log dei messaggi transitati attraverso il proprio gestore di posta elettronica certificata per 5 anni dalla definitività del provvedimento che conclude il procedimento, registrando le seguenti informazioni: Codice identificativo univoco assegnato al messaggio originale, Data ed ora dell'invio, Esito invio, Destinatario messaggio, Mittente messaggio, Tipo ricevute pervenute, Eventuale errore restituito, Data e ora della consegna (art. 13, comma 11, Specifiche tecniche).

APPENDICE

§. 1

Memorandum “il documento informatico”: profili generali, valore probatorio e tutela nel diritto penale e

civile

I.

Il primo e fondamentale pilastro su cui è costruita la struttura di un processo telematico (compreso, quindi, come si è visto nella Parte Prima di questo volume, il PAT) è l’atto smaterializzato o meglio conosciuto con il nome di

«documento informatico», ovvero l’atto, il fatto o il dato che possa avere una sua rilevanza giuridica trasformato in bit e successivamente modificato.

Gli atti, al pari degli altri documenti, quali, ad esempio, le prove da produrre in giudizio, devono consistere pertanto in file elettronici (se del caso, come evidenziato nella Parte Prima, previa conversione del documento cartaceo in documento informatico).

Per la prima volta il termine è stato utilizzato dal legislatore italiano nel 1993, quando è stata introdotta in Italia la disciplina dei “computers crimes”. Allora per documento informatico si intendeva “qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni aventi efficacia probatoria o programmi specificatamente destinati ad elaborarli”. Si trattava, però, di una definizione assai generica, che non chiariva affatto che cosa dovesse intendersi, sotto il profilo tecnico e pratico, per documento informatico.

Oggi, l’art. 1, comma 1, lett. p), CAD (D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82) lo definisce, in termini più chiari e precisi, come “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridici”, mentre la successiva lettera p-bis) traccia la definizione di

«documento analogico» inteso come “la rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridici”. Come si nota facilmente, la disposizione richiama, seppur con qualche differenza, la classica teoria “rappresentativa” accolta nel codice civile, secondo cui il documento è destinato a raccogliere su un qualsiasi supporto la rappresentazione di atti o fatti giuridicamente rilevanti.

La smaterializzazione riguarda sia i documenti che vengono creati in formato digitale sia quelli originariamente creati in formato cartaceo e, solo successivamente, trasformati in documenti informatici.

La normativa di riferimento per la validità, l’efficacia, la sottoscrizione e la validazione temporale di atti e documenti informatici è contenuta negli artt. 20 e ss. del CAD, nonché nell’art. 71, che rinvia alle regole tecniche ministeriali per la formazione, trasmissione, conservazione, copia, duplicazione, riproduzione, validazione temporale dei documenti informatici (D.P.C.M. 13 novembre 2014) e per quelle in materia di generazione, apposizione e verifica di qualsiasi tipo di firma elettronica avanzata (D.P.C.M. 22 febbraio 2013) .

In via generale, il CAD statuisce la validità e rilevanza agli effetti di legge del documento in questione da chiunque formato, della sua memorizzazione su supporto informatico e della sua trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole tecniche (art. 20, comma 1).

Quindi, il documento informatico, creato, memorizzato e trasmesso con strumenti telematici ha identica validità, ad ogni effetto di legge, del documento cartaceo e deve essere accettato da qualsiasi soggetto.

La legge riconosce validità giuridica all’attestazione di data e ora apposte in conformità alle specifiche regole tecniche.

II.

Per quanto attiene il suo valore probatorio, il comma 1bis dell’art. 20 del CAD sancisce che “l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio siano liberamente valutabili in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità”.

Quindi, il giudice valuta discrezionalmente e a posteriori se attribuire al documento informatico non sottoscritto:

1) il requisito della forma scritta;

2) l’idoneità dello specifico documento a costituire piena prova, in base alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità.

Pertanto, al documento informatico non sottoscritto non sembra applicabile l’art. 2712 c.c. secondo il quale “(…)le riproduzioni informatiche fanno piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”. Tuttavia, di parere contrario si è mostrata la giurisprudenza di legittimità, la quale ha ascritto i documenti informatici de quo alla previsione codicicistica in quanto “rappresentazioni meccaniche” degli atti o dei fatti rappresentati dalla pagina web (cfr. fra le tante Cass. civ., sez. lav., 16 febbraio 2004 n. 2912, in motivazione). Ciò comporta però che, anche in caso di disconoscimento della conformità delle cose o dei fatti rappresentati in un documento informatico, nulla impedisce che il giudice possa accertare l’autenticità del documento attraverso altri mezzi di prova e presunzioni, anche perché la pagina web è pur sempre un documento informatico non sottoscritto, visto che si caratterizza per i suoi contenuti testuali e multimediali accessibili a chiunque disponga di un accesso telematico e di un browser per sfogliare le pagine. Si tratta,

pertanto, della ben nota “rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridici”.

Secondo attenta dottrina, “in mancanza di firma elettronica, il documento informatico sul piano probatorio può assumere un valore meramente indiziario e non ne sarà necessario neppure il disconoscimento da parte di colui contro il quale viene prodotto” (in questi termini, V. Di Giacomo, Il nuovo processo civile telematico, Milano, 2015, 163).

Diverso valore probatorio è invece riconosciuto all’ipotesi del documento informatico sottoscritto con firma elettronica, come si evince dall’art. 21 CAD, che, però, con una formulazione meno oscura dell’art. 20 cit., fa un distinguo in base al tipo di firma elettronica apposta.

In particolare, il Codice statuisce che:

1) il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica semplice, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità (art. 21, comma 1). Ciò significa che la valutazione dell’efficacia probatoria di tale documento è interamente rimessa alla decisione del giudice, il quale non è vincolato ad attribuire a tali documenti alcun valore probatorio pur in assenza di disconoscimentio della parte contro cui è prodotto e, per contro, potrebbe decidere d'ufficio per la sua attendibilità pur in presenza di contestazioni. In particolare, per quanto attiene il PAT, in quest’ultima ipotesi il g.a. potrà disporre d’ufficio anche eventuale verificazione o CTU informatica ai sensi dell’art. 63, comma 4, cod. proc. amm.; mentre, in caso di mancata specifica contestazione, dovrebbe ritenersi che trovi applicazione il disposto dell’art. 64, comma 2, cod. proc. amm. e quindi il g.a. dovrà porre a fondamento della decisione anche “i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite;

2) il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c., ossia fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritto, se colui contro il quale il documento è prodotto ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questo è legalmente considerata come riconosciuto. L'utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria (art. 21, comma 2);

3) le scritture private di cui all’art. 1350 c.c., comma 1, numeri da 1 a 12 (atti che costituiscono, modificano o trasferiscono la proprietà o diritti reali su beni immobili o mobili registrati, contratti di locazione per una durata superiore a nove anni, etc.) se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale. Gli atti di cui all'art. 1350, n. 13), c.c. soddisfano comunque il requisito della forma scritta se sottoscritti con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale (art. 21, comma 2bis).

Sono quindi le “firme elettroniche” (in particolare, quella

“avanzata”, tra cui deve annoverarsi la firma digitale e la firma grafometrica) apposte sul documento a determinare l’efficacia probatoria della scrittura informatica, in quanto garantiscono “l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento”.

Si ha per riconosciuta, ai sensi dell’art. 2703 c.c., la firma elettronica o qualsiasi altro tipo di firma avanzata autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato (art. 25, comma 1, CAD). L’apposizione della firma da parte del pubblico ufficiale integra e sostituisce l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere ad ogni fine previsto dalla normativa vigente (artt. 24, comma 2, e 25, comma 3, CAD).

Deve rammentarsi, comunque, che il documento informatico originale sottoscritto con firma elettronica non conforme alle regole tecniche deve essere equiparato a documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice, la cui disciplina applicabile è quella di cui all’art.

21, comma 1, CAD, supra citata.

Invece, l'apposizione ad un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso equivale a mancata sottoscrizione. La revoca o la sospensione, comunque motivate, hanno effetto dal momento della pubblicazione, salvo che il revocante, o chi richiede la sospensione, non dimostri che le parti interessate ne erano già a conoscenza (art. 21, comma 3, CAD).

Grande rilevanza assume poi la disciplina dettata dal CAD in materia di copie degli atti e dei documenti informatici.

Il codice definisce, rispetto alle ipotesi di “conversione” dei documenti, i requisiti necessari per la loro validità:

1) le copie informatiche di documenti analogici (atti pubblici, scritture private e documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo formati in origine su supporto analogico), spediti o rilasciati da depositari pubblici autorizzati e da pubblici ufficiali, hanno piena efficacia, ai sensi degli artt. 2714 e 2715 c.c., se colui che li spedisce o rilascia, vi appone o vi associa una firma digitale o altra firma elettronica qualificata (al pari, in sostanza, delle copie conformi rispettivamente di atti pubblici e di scritture private). La loro esibizione e produzione sostituisce quella dell’originale (art. 22, comma 1) e, quindi, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale, per cui, per contestarne la conformità all’originale, colui contro il quale sono prodotte in giudizio deve proporre querela di falso, nel caso in cui l’originale sia

un atto pubblico, mentre, nel caso si tratti di una scrittura privata, colui contro il quale sono prodotte dovrà far ricorso al disconoscimento ex art. 214 c.p.c. e l’altra parte può proporre istanza di verificazione ex artt. 216 e ss. c.p.c., oppure qualora disconosca il contenuto tanto della copia che dell’originale dovrà proporre querela di falso (nel PAT tali istituti trovano applicazione in virtù dell’art. 39, comma 1, cod. proc. amm. Rinvio esterno);

2) le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico (ad es. scansione di un documento originale cartaceo in formato PDF) hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte, se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato, con dichiarazione allegata al documento informatico e asseverata secondo le regole tecniche (art. 22, comma 2), oppure non è espressamente disconosciuta (art. 22, comma 3). Secondo illustre Autore, questo disconoscimento non è quello di cui agli artt. 214 e ss. c.p.c., bensì “un disconoscimento analogo a quello previsto dall’art. 2719 c.c. per le «copie fotografiche di scritture», ossia per le fotocopie. La copia per immagine dell’atto analogico su supporto informatico, del resto, equivale di fatto proprio alla copia fotografica di un atto analogico” (così, V. Di Giacomo, Il nuovo processo civile telematico, cit., 175). In mancanza dell’attestazione di conformità e asseverazione dei soggetti su indicati, le copie in questione costituiscono delle mere riproduzioni informatiche di cui all’art. 2712 c.c. (v. infra);

3) le copie su supporto informatico di documenti formati dalla P.A. in origine su supporto analogico ovvero da essi detenuti hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, degli originali da cui sono tratte, se la loro conformità all’originale è assicurata dal funzionario a ciò delegato nell’ambito dell’ordinamento

proprio dell’amministrazione di appartenenza, mediante l’utilizzo della firma digitale o di altra firma elettronica qualificata e nel rispetto delle regole tecniche; in tal caso l’obbligo di conservazione dell’originale del documento è soddisfatto con la conservazione della copia su supporto informatico (art. 23ter, comma 3, CAD).

Anche i documenti di cui ai punti 1) e 2) conformi alle prescrizioni in essi evidenziati sostituiscono, ad ogni effetto di legge, gli originali formati in origine su supporto analogico (art. 22, comma 4, CAD).

Mentre, le copie su supporto analogico di documenti informatici (ad es. la stampa di un documento), anche sottoscritti con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti non è espressamente disconosciuta o se è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Il CAD tratta, poi, il tema della validità dei duplicati informatici e delle copie informatiche del documento informatico.

Con la locuzione «duplicato informatico» il CAD intende “il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario” (art. 1, comma 1, lett. i-quinquies), che in sostanza sta a significare il documento informatico che, oltre a rappresentare lo stesso contenuto giuridicamente rilevante del documento, mantiene il medesimo formato del file originale.

I duplicati informatici, conformi alle regole tecniche, hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti (art. 23bis, comma 1, CAD). In caso di mancanza di conformità alle regole tecniche, gli stessi debbono intendersi come mera copia e