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Le difficoltà di provare la condizione di apolidia

CAPITOLO III: LA TUTELA DEGLI APOLIDI NELL’ORDINAMENTO

3.3 Le difficoltà di provare la condizione di apolidia

Nonostante ci siano norme espressamente dedicate agli apolidi, nell’ordinamento italiano non esiste ancora una definizione interna del termine apolide. La giurisprudenza italiana fa dunque riferimento a quella enunciata dalla Convenzione del 1954 all’art. 1, comma 1: “il termine apolide designa una persona che nessuno Stato considera come suo

famiglia; dichiarazione dei redditi degli ultimi 3 anni; ricevuta di versamento del contributo di 250 €. https://tavoloapolidia.org/apolidia-italia/diritti/.

194 Ciò è stato ribadito dal Consiglio di Stato nei pareri n. 2800\95 e 363\95 resi dalla sezione prima, rispettivamente in data 22 febbraio 1995 e 1° marzo 1995.

195 Il TAR Lazio con sentenza n.10920 del 6 dicembre 2001 ha dichiarato, in merito alla questione se l'apolide debba o meno aver già utilmente trascorso il prescritto periodo di residenza legale in Italia quando entra in possesso di tale status, che “è illegittimo il provvedimento del Ministero dell'Interno che non prende

in considerazione la domanda di concessione della cittadinanza italiana di un soggetto dichiarato apolide, nel presupposto che il requisito della residenza legale in Italia da cinque anni debba essere conteggiato dal momento della dichiarazione di apolidia, mentre l'art.9 l. 5 febbraio 1992 n.91 prevede soltanto la presenza dei due requisiti”.

196 Allegato alla legge 132/2018, modificazioni apportate in sede di conversione al decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113: “dopo l'articolo 9 è inserito il seguente: "Art. 9.1. - 1. La concessione della cittadinanza

italiana ai sensi degli articoli 5 e 9 è subordinata al possesso, da parte dell'interessato, di un'adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER)”.

87 cittadino per applicazione della sua legislazione”. La Commissione sul diritto

internazionale197 ha deliberato che tale definizione rientra nel diritto internazionale

consuetudinario e ciò vuol dire che nel nostro ordinamento ha rango costituzionale198. Vengono esclusi da questa definizione una serie di soggetti199: coloro che godono di

protezione o assistenza da parte di un organo o di un’istituzione delle Nazioni Unite diversa dall’UNHCR (fintanto che persista la situazione di protezione)200; le persone

rispetto alle quali esistono fondati motivi di ritenere che abbiano commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o contro l’umanità201; c) i colpevoli di un atto contrario ai fini e ai princìpi delle Nazioni Unite.

Dalla definizione appena enunciata ne deriva che per provare l’apolidia di una persona bisogna innanzitutto conoscere la legge di cittadinanza dello Stato o degli Stati di cui la persona nega di essere cittadino, al fine di verificare che effettivamente, in base alle stesse, l’individuo non abbia i requisiti per considerarsi loro cittadino. A questo proposito, sia l’UNHCR, nel proprio Manuale per la protezione delle persone apolidi202, che la

197 La Commissione sul diritto internazionale è un organo sussidiario permanente delle Nazioni Unite. È stata istituita dall'Assemblea generale con la risoluzione del 21 novembre 1947 n. 174 (II), che ne ha approvato lo statuto. Il suo compito è promuovere lo sviluppo progressivo del diritto internazionale e la sua codificazione. Ne fanno parte 34 membri esperti di diritto internazionale, scelti dall'Assemblea generale. Tra le numerose convenzioni di codificazione adottate sulla base di progetti predisposti dalla Commissione, abbiamo anche quella sulla riduzione dei casi di apolidia del 1961.

198 Art. 10, primo comma, della Costituzione: “L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”.

199 Sempre all’art. 1 della Convenzione, ma al comma 2.

200 Per esempio i profughi palestinesi che vivono nei campi profughi amministrati in Medio Oriente dall'UNWRA (United Nations Relief and Works Agency), l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente.

201 Ai sensi degli atti internazionali elaborati per stabilire le disposizioni relative a tali crimini (si veda lo Statuto della Corte penale internazionale).

202 UNHCR, Manuale per la protezione delle persone apolidi, 30 giugno 2014. Paragrafo 92: “L’apolidia non deve essere acclarata in relazione ad ogni Stato esistente. È necessario considerare solo quegli Stati con cui un individuo ha un legame rilevante, in genere sulla base di nascita sul territorio, discendenza, matrimonio o residenza abituale”.

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giurisprudenza italiana203, hanno chiarito che il campo di indagine per verificare se una persona sia o meno apolide non va esteso a tutti i paesi del mondo, ma soltanto agli Stati con cui il richiedente abbia dei legami pertinenti, come la nascita o la residenza sul territorio o ancora la discendenza da cittadini di quello Stato.

Il primo ostacolo è proprio la difficoltà, sia per il richiedente lo status di apolidia che per i giudici o la Pubblica amministrazione, di conoscere il contenuto delle leggi straniere. Viene in aiuto a tale scopo il sito curato dal Global Citizenship Observatory204. In esso si

trovano le legislazioni sulla cittadinanza di quasi tutti i Paesi del mondo, presenti anche in versione inglese, tuttavia non sempre aggiornate. Ciò può costituire una difficoltà essendo costoso ottenere una traduzione della normativa dalla lingua d’origine all’italiano.

Oltre l’analisi delle leggi sulla cittadinanza degli Stati rilevanti, una delle prove di maggiore importanza nelle procedure per la determinazione dell’apolidia, è un documento rilasciato dalle autorità dello Stato con cui si ha un collegamento, per esempio le autorità consolari, che attesti che la persona in questione non è cittadina205.

Non tutti i Consolati però rilasciano tali dichiarazioni e quelli che lo fanno a volte producono un documento con una dicitura diversa. Potremmo trovare quindi la scritta “non risulta cittadino206” anziché “non è cittadino”. Mentre la seconda è auspicabile

poiché non necessita di un ulteriore approfondimento, la prima potrebbe risultare

203 Cfr. ad esempio la sentenza del Tribunale di Roma n. 11197 del 1° giugno 2017.

204 http://globalcit.eu/. From 2017 Global Citizenship Observatory (GLOBALCIT) is the successor of EUDO CITIZENSHIP, which started in 2009 with an initial focus on citizenship laws in the EU Member States and gradually expanded its thematic and geographic scope. The new name reflects the Observatory’s worldwide coverage.

205 Par. 96 del Manuale per la protezione delle persone apolidi dell’UNHCR: “Le informazioni fornite da autorità straniere sono talvolta di centrale importanza nelle procedure per la determinazione dell’apolidia, sebbene non necessarie nei casi in cui vi siano prove ulteriori altrettanto valide”.

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problematica perché il fatto che una persona non risulti cittadino di un determinato Stato non significa che non sia cittadino207.

Prendiamo per esempio la legge italiana sulla cittadinanza: è cittadino italiano, tra gli altri, il figlio di cittadini italiani. Mettiamo che questo figlio nasca all’estero e che i genitori, pur essendo italiani, non lo iscrivano presso il Consolato. Se allo Stato italiano, che lo ignora, venisse chiesto se quel bambino è italiano, la risposta corretta sarebbe “non risulta cittadino”. Infatti dire che “non è cittadino” sarebbe un errore perché questo bambino è cittadino italiano, solo che lo Stato non lo sa.

In altri Paesi, invece, l’iscrizione potrebbe avere valore costitutivo della cittadinanza208, ossia finché non viene chiesta l’iscrizione, o finché non la chiedono i genitori per il figlio, non si è cittadini. In questo caso sarebbe corretto rispondere “non è cittadino”, perché se c’è un adempimento necessario per acquisire la cittadinanza e questo non viene adempiuto, non c’è cittadinanza.

Ne deriva che la dichiarazione “non risulta cittadino” in base ad alcune leggi sulla cittadinanza potrebbe essere prova sufficiente, per altre invece potrebbe non esserlo. Tornando all’ipotesi del figlio di italiani nato all’estero e non iscritto, questo figlio oltre a portare il certificato da cui risulta che non è italiano, dovrebbe ad esempio dimostrare di non avere genitori o antenati di cittadinanza italiana.

In genere, quindi, la prova dell’apolidia richiede la produzione di documenti che devono essere integrati dall’analisi delle leggi sulla cittadinanza rilevanti. Tuttavia in alcuni casi, l’unico strumento per determinare l’apolidia risulta essere l’analisi della legge

207 Perin G., La tutela degli apolidi in Italia - scheda pratica, aggiornata a giugno 2017, p.10. 208 Ciò vale ad esempio per alcuni Paesi sudamericani.

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sulla cittadinanza e la verifica che l’interessato non integri alcuna delle fattispecie rilevanti.

Tornando alle fattispecie che prevedono l’effetto costitutivo della iscrizione ai fini dell’acquisto della cittadinanza, esse introducono un altro problema. Molti genitori potrebbero non iscrivere di proposito i propri figli in Consolato alla nascita, per fargli acquisire la cittadinanza di un altro Paese, ossia quello in cui il figlio nasce, al fine di fargli ottenere una cittadinanza che ha più agevolazioni. Mettiamo che questo Paese sia l’Italia e che i genitori vogliano approfittare del fatto che gli italiani possono andare negli Stati Uniti più facilmente della maggior parte dei cittadini di uno Stato dell’Africa. I genitori stranieri potrebbero sfruttare a loro vantaggio la norma che riconosce il diritto alla cittadinanza italiana a favore di chi nasca in Italia senza seguire la cittadinanza dei genitori.

In questo caso ci si troverebbe di fronte ad un’ipotesi di abuso del diritto. Per limitarlo, il Ministero dell’Interno italiano ha previsto che nei casi in cui basti un’iscrizione per fare acquistare ad un bambino nato in Italia la cittadinanza dei genitori, lo stesso non verrà riconosciuto cittadino italiano.

In relazione a questi casi è intervenuta anche l’UNHCR che nel suo Manuale sulla

protezione delle persone apolidi chiarisce che bisogna distinguere tra i casi in cui

l’apolide possa essere protetto in un altro Stato (ad esempio, tramite la rapida acquisizione di una cittadinanza) dai casi in cui tale protezione non sia disponibile.

In particolare al paragrafo 154 del sopracitato Manuale209, si prevede che la protezione è da considerarsi disponibile in un altro paese in due casi: quando un apolide è in grado di acquisire o riacquisire la cittadinanza attraverso una procedura semplice, rapida e non

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discrezionale, che sia pertanto una mera formalità; o quando gode dello status di soggiorno permanente in un paese di precedente residenza abituale verso cui un rientro immediato sia possibile.

Se invece l’acquisto della cittadinanza richiede una procedura complessa, come per esempio lo spostamento della residenza nel Paese d’origine ai fini della naturalizzazione, o il sostenimento di adempimenti onerosi, la persona dovrà essere considerata come non cittadina di quel Paese.

Come si è visto, la prova dell’apolidia può essere in alcuni casi complessa. Il richiedente potrebbe non riuscire ad ottenere documenti, avere difficoltà nel reperire la legislazione straniera o ritenere di avere una cittadinanza ma essere privo degli strumenti per dimostrarla e, quindi, essere in definitiva privo di qualsiasi cittadinanza.

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 4262 del 3 marzo 2015 ha chiarito che l’onere della prova gravante sul richiedente lo status di apolide deve ritenersi attenuato, poiché quest’ultimo beneficia, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa vigente, di un trattamento giuridico analogo a quello riconosciuto ai cittadini stranieri titolari di una misura di protezione internazionale. Ne consegue che eventuali lacune o necessità di integrazioni istruttorie possono essere colmate con l’esercizio di poteri istruttori officiosi da parte del giudice, realizzabili mediante la richiesta di informazioni o di documentazione alle Autorità pubbliche competenti dello Stato italiano o dello Stato di origine o dello Stato verso il quale può ravvisarsi un collegamento significativo con il richiedente la condizione di apolide210.

210 http://www.apolidia.org/index.php/giurisprudenza/44-corte-di-cassazione/100-cassazione-civile- sentenza-n-4262-del-03-03-2015. La sentenza continua dicendo: “Peraltro, le S.U. di questa Corte, con la

citata sentenza n. 23338 del 2008 hanno precisato che ai fini dell'accertamento delle condizioni per acquistare lo status di apolide occorre valutare complessivamente la situazione sostanziale e non fermarsi ad un esame formalistico dei riscontri documentali o più in generale probatori acquisiti”.

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Un simile principio viene espresso anche nel Manuale dall’UNHCR al par. 91211 dove si prevede che “come per l’onere della prova, lo standard della prova – o la “soglia”

della prova necessaria – deve prendere in considerazione le difficoltà intrinseche nel provare l’apolidia, alla luce, in particolare, delle conseguenze di un rigetto scorretto della domanda”. Infatti richiedere un elevato standard della prova per l’apolidia

minerebbe l’oggetto e l’obiettivo della Convenzione del 1954212.

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