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Le funzioni della causa concreta e della meritevolezza

La causa concreta viene consacrata dalla giurisprudenza in un celebre arresto del 2006, nel quale se ne fornisce la definizione, riprodotta in innumerevoli sentenze sia di merito, sia di legittimità, secondo cui tale concetto: «sul presupposto della obsolescenza della matrice ideologica che configura la causa del contratto come strumento di controllo della sua utilità sociale, affonda le proprie radici in una serrata critica della teoria della predeterminazione causale del negozio (che, a tacer d'altro, non spiega come un contratto tipico possa avere causa illecita), ricostruendo tale elemento in termini di sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare (al di là del modello, anche tipico, adoperato). Sintesi (e dunque ragione concreta) della dinamica contrattuale, si badi, e non anche della volontà delle parti.

Causa, dunque, ancora iscritta nell'orbita della dimensione funzionale dell'atto, ma, questa volta, funzione individuale del singolo, specifico contratto posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo astratto, seguendo un iter evolutivo del concetto di funzione economico-sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione normativa dei vari tipi contrattuali, si volga alfine a cogliere l'uso che di ciascuno di essi hanno inteso compiere i contraenti adottando quella determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione negoziale»524.

La dottrina della causa concreta proietta la causa nella dimensione dinamica525, poiché induce il giudice ad interpretare tali disposizioni alla luce dei risultati perseguiti tramite l’operazione economica526. Questa definizione conferma il carattere funzionale della causa, intesa quale elemento valutativo del contratto da parte del giudice. Inoltre, rompe il binomio causa-tipo, scardinando l’automatismo secondo cui la causa deve essere ricondotta al tipo; l’attenzione del giudice deve, invece, concentrarsi sullo specifico assetto di interessi convenuto dai contraenti nel caso concreto, effettuando quindi un’analisi particolare, legata allo specifico contesto. È allora sulle funzioni di tale controllo, nonché sui parametri da adottare (che sono necessariamente collegati ed interdipendenti rispetto agli obiettivi perseguiti tramite detto giudizio) che occorre concentrarsi.

La causa concreta non viene concepita quale strumento volto a controllare l’autonomia dei privati rispetto all’utilità sociale del contratto, ma come strumento che tutela le scelte e gli interessi delle parti527, volto a verificare che tramite il

524 Cass., 8 maggio 2006, n. 10490, cit.

525 Secondo la definizione che ne dà A.CATAUDELLA, I contratti. Parte generale, Torino,

2000, p. 21, che distingue tra profilo statico e profilo dinamico.

526 Come dimostra la giurisprudenza in materia di causa concreta del concordato preventivo,

cfr. Cass., ord, 8 febbraio 2019, n. 3863, in Banca dati Pluris; Cass., ord., 9 marzo 2018, n. 5825; Cass., ord., 4 maggio 2018, n. 10752, entrambe in Fallimento, 2018, p. 972, con nota di L.A. Bottai; Cass., ord., 9 giugno 2017, n. 14444, in Fallimento, 2018, p. 62, con nota di I.L. Nocera; Cass., 17 ottobre 2014, n. 22045, in Fallimento, 2015, p. 435, con nota di P. Vella; Cass., sez. un., 23 gennaio 2013, n. 1521, in Fallimento, 2013, p. 149, con nota di Fabiani. In dottrina cfr. G. VETTORI,

Fattibilità giuridica e causa concreta nel concordato preventivo, in Contr. e impr., 2013, p. 1203 ss.; L. BALESTRA, Brevi riflessioni sulla fattibilità del piano concordatario: sulla pertinenza del

richiamo da parte delle Sezioni Unite alla causa in concreto, in Corr. giur., 2013, p. 383 ss.

527 E. NAVARRETTA, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 2000, p. 236 ss.; C.ANGELICI,

contratto siano perseguiti interessi compatibili con l’ordinamento528. Tale considerazione, tuttavia, merita di essere problematizzata, anche in ragione delle interpretazioni «riduzionistiche» che, a volte, ne vengono tratte, secondo cui il controllo causale è del tutto interno alla tutela degli interessi specifici dei contraenti; infatti, tale interpretazione non corrisponde all’utilizzo giurisprudenziale dell’istituto.

Se viene abbandonata una concezione della causa volta a controllare che il contratto risponda a funzioni «sociali», non è altrettanto vero che le funzioni tutelate siano da ritrovare e si esauriscano solamente negli interessi perseguiti dalle parti529. Da un lato, se così fosse, si conferirebbe agli interpreti il potere/dovere di effettuare il giudizio causale solamente in relazione agli interessi di ciascuna parte, conferendo un carattere soggettivo al controllo, difficilmente riconducibile a parametri determinabili. Dall’altro occorre sottolineare che la causa, espressione di intelligibilità sociale dell’atto, calata nella sua dimensione operativa quale giudizio sulla validità del contratto, indaga la razionalità dell’accordo proprio in relazione al sistema economico e non si esaurisce nel rapporto fra privati.

La differenza principale tra una concezione dirigistica dell’autonomia privata, funzionalizzata rispetto alle necessità della societas, e la concezione liberale attuale non sta tanto nell’esistenza di un paradigma esterno in relazione al quale l’accordo viene controllato, quanto invece nel rapporto che tale paradigma intrattiene con l’ordine del mercato ed il ruolo dell’iniziativa privata rispetto alle finalità perseguite dall’ordinamento.

La causa in concreto pone in relazione gli interessi dei contraenti rispetto al paradigma dello scambio prefigurato dal sistema; l’aspetto fondamentale è che tale paradigma è differente rispetto a quello dei codificatori, poiché si muove all’interno

528 Sebbene si riferissero prevalentemente al controllo di liceità esprimono bene questo

concetto le parole di G.B.FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, cit., p. 192: «il rispetto da parte dei privati dei limiti posti dall’ordinamento alle loro posizioni individuali, non è dettato dall’esigenza che essi realizzino un interesse sociale; ma è dettato dal fatto che nell’ordine giuridico essi possono realizzare un loro interesse, in quanto rispettino quei limiti.»

529 R.ROLLI, Causa in astratto e causa in concreto, cit., p. 93 sottolinea l’importante risultato

conseguito dalla teoria della causa come funzione economico-sociale, anche dopo il suo abbandono: il fatto che essa coinvolga nel giudizio sul contratto l’ordinamento giuridico.

della logica liberale e non di quella corporativa. Inoltre, esso subisce un’evoluzione del tempo ed è profondamente influenzato sia dallo sviluppo del diritto europeo, sia dalla costituzionalizzazione del diritto privato.

L’ordinamento giuridico concepisce l’accordo delle parti e lo scambio quale mezzo più idoneo al fine di realizzare l’interesse generale, seguendo la logica liberale che vede nel mercato e nella libera contrattazione lo strumento per la migliore allocazione delle risorse. Di conseguenza, affermare che la causa è strumento per tutelare gli interessi delle parti è espressione ambigua, che si presta da un lato a letture riduzionistiche, dall’altro a letture paternalistiche, che non rispecchiano correttamente l’utilizzo contemporaneo della causa concreta.

Non lo è l’interpretazione paternalistica, in quanto tramite la causa concreta non si cerca di valutare gli interessi delle parti e di conformare il contratto rispetto ad una loro proiezione; non lo è l’interpretazione riduzionistica, che sostanzialmente limita il controllo causale a quello di liceità.

Ciò che tali argomentazioni non esplicitano è la premessa maggiore del ragionamento inerente al giudizio causale - così come concepito nella teoria liberale del mercato e del comportamento del soggetto - ossia che si ritiene che il contratto rispecchi gli interessi perseguiti dalle parti solo nella misura in cui esso sia socialmente intellegibile, ed esso è tale solo se ed in quanto rispetta la logica dello scambio530 (che muta nel tempo e deve quindi essere storicizzata).

È su questa considerazione che si innesta la problematica concernente la storicità del paradigma del giudizio causale, nonché gli elementi da prendere in considerazione nel suo espletamento. Ed è altresì sotto questo profilo che acquista centralità l’evoluzione della concezione dell’ordine concorrenziale e del rispetto della sua logica da parte del contratto, nonché delle esigenze di tutela dei diritti fondamentali e di uguaglianza promosse dalla Costituzione. Sotto tale profilo, questi due paradigmi possono portare a decisioni contrastanti, perseguendo obiettivi divergenti e seguendo criteri valutativi diversi. Tuttavia, possono essere altresì

complementari, qualora uno funga da ratio decidendi e l’altro sia utilizzato come tecnica argomentativa, al fine di conferire ulteriore legittimità alla decisione presa.

L’ordinamento europeo concepisce la scelta libera dell’individuo sul mercato come strumento centrale per raggiungere i risultati ritenuti più idonei al miglioramento del benessere della società nella misura in cui l’accordo sia stato concluso in un contesto che permetta l’effettivo esplicarsi della libertà e della razionalità531. Il rapporto tra l’atto di autonomia e l’ordinamento non è, quindi, un rapporto di limitazione (funzionalizzazione dell’autonomia rispetto ad un obiettivo altro), ma un rapporto di implementazione (permettere all’autonomia di esplicarsi pienamente). Tuttavia, si considera che l’autonomia possa esplicarsi autonomamente e che il risultato del suo esplicarsi (il contratto) debba essere tutelato solo se ed in quanto essa sia stata esercitata in un contesto concorrenziale, che garantisca l’efficienza del risultato tramite progressivi aggiustamenti.

Parzialmente diverso, invece, il controllo che viene effettuato secondo i principi della Costituzione, laddove il controllo viene svolto rispetto ad un paradigma parzialmente altro rispetto a quello liberale, che mira a tutelare diverse forme di distribuzione della ricchezza, prendendo in considerazione il principio solidaristico di cui all’art. 2 cost.532. Esaminando la giurisprudenza che applica il giudizio causale occorre quindi valutare quale sia la ratio effettiva che fonda la decisione e conduce all’adozione di una determinata soluzione.

La teoria della causa concreta approda ad alcuni capisaldi rispetto ai dibattiti dottrinari ed alle applicazioni giurisprudenziali precedenti: la causa del contratto, da un punto di vista statico, esprime la ragione del contratto; da un punto di vista dinamico esprime un giudizio di compatibilità e di meritevolezza di tale ragione rispetto all’ordinamento.

La dimensione della causa e della meritevolezza che occorre indagare, dunque, non è tanto quella definitoria, ma quella della funzione svolta nel contesto economico e socio-giuridico contemporaneo. L’aspetto fondamentale è quello che

531 R. FORNASARI, Crépuscule des idoles. De la fragmentation du sujet à la fragmentation

du contrat, in ERPL, 2019, p. 801 ss.

attiene a causa e meritevolezza come giudizi533: ciò implica analizzare tali nozioni nel contesto multilivello della regolazione contemporanea ed esaminare le contraddizioni che emergono fra i ed all’interno dei vari livelli normativi, studiandone le intersezioni ed i risultati.

L’affermarsi della causa in concreto permette altresì di chiarire definitivamente l’oggetto del controllo, che non attiene al tipo, ma al contratto così come specificamente concluso dalle parti534. È tale sintesi di interessi che deve essere valutata e sulla quale devono essere espletati questi giudizi.

Anche il rapporto fra causa e motivi è ridefinito dalle elaborazioni sulla causa concreta. L’individualizzazione del controllo in relazione allo specifico contratto comporta infatti il rischio che siano presi in considerazione anche i motivi soggettivi dei contraenti e che, qualora il contratto sia ex ante o si riveli ex post inadeguato alla loro realizzazione, esso sia considerato nullo. Ciò comporterebbe una soggettivazione del giudizio causale, ponendo l’attenzione non sulla dinamica del contratto quale operazione unitaria, ma sugli specifici obiettivi di ciascuna parte. Significherebbe, in altri termini, valutare la validità del contratto in relazione alle aspettative di uno solo dei contraenti, prendendo come metro di misura un parametro non condiviso dalle parti al momento della conclusione del contratto.

Tale rischio è stato affrontato dalla dottrina, che ha chiaramente affermato che la causa in concreto non deve implicare la valutazione dei motivi535 dei contraenti, ma del contratto nella sua unitarietà. In tal senso, la vexata questio della rilevanza dei motivi che sono entrati a far parte del contratto536 è forse sopravvalutata: il punto è, invece, che le pattuizioni del contratto devono essere esaminate in relazione all’assetto delle obbligazioni convenute, in quanto fanno

533 C.ANGELICI, Alla ricerca del «derivato», cit., p. 164 n. 60; A.DI MAJO, voce Causa del

negozio giuridico, cit., 1988; M. BARCELLONA, Della causa, cit., p. 143 ss.; M. MARTINO,

L’expressio causae. Contributo allo studio dell’astrazione negoziale, cit., p. 176 ss.

534 Aspetto che la dottrina della causa concreta condivide con la causa come funzione

economico-individuale, cfr. M. BARCELLONA, Della causa, cit., p. 129.

535 R. ALESSI, La disciplina generale del contratto, cit., p. 325. Per una distinzione tra motivi

individuali e motivi comuni e sulla ratio dell’art. 1345 c.c. cfr. C. SCOGNAMIGLIO, Interpretazione

del contratto e interessi dei contraenti, Padova, 1992, p. 288 ss.

536 C. M.BIANCA, Il contratto, cit., p. 461-462; G. SICCHIERO, Il contratto con causa mista,

parte dell’operazione realizzata tramite l’accordo. Di per sé ogni impegno assunto può essere visto come un motivo che diviene parte di un accordo: l’attenzione non deve essere quindi posta sull’ontologia di ciò che entra a far parte dell’accordo (ossia se si tratti di un motivo «contrattualizzato» tramite una specifica pattuizione oppure no), quanto piuttosto sull’effettivo assetto di impegni e concessioni realizzato tramite il contratto537.

Ciò che muta notevolmente con il successo della causa in concreto, in ragione degli sviluppi sopra analizzati538, nonché con la nuova centralità della nozione di meritevolezza, sono l’oggetto del controllo (che viene esteso anche alle singole clausole del contratto), i criteri del controllo ed il livello di incisione della causa necessario affinché essa sia considerata assente. Inoltre, diviene sempre più frequente rispetto alla precedente elaborazione giurisprudenziale il ricorso al giudizio di meritevolezza, considerato quale scrutinio che presenta una propria autonomia e che può determinare l’agiuridicità del vincolo.

Come si vedrà nei prossimi capitoli, il giudizio sulla causa concreta e sulla meritevelozza porta a prendere in considerazione anche le caratteristiche della situazione nel quale è stato concluso il contratto, in relazione ad eventuali asimmetrie informative e di potere negoziale, nonché a valutare più specificamente la proporzionalità degli impegni dei contraenti.

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