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CRIMINALITA’ E SICUREZZA

3.2 LE NUOVE FONTI STATISTICHE

In Italia, fino a pochi anni fa, erano due le fonti a cui gli studiosi si rivolgevano per analizzare la criminalità. In due snodi diversi del sistema penale, le Forze di Polizia (Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza) e la Magistratura raccoglievano dati sui reati denunciati. I primi sui reati dei quali erano venuti a conoscenza per denunce fatte da cittadini o per indagini proprie, le seconde sui reati per i quali era stata avviata, dalla stessa Magistratura, l’azione penale. La prima fonte era prodotta dalla Polizia di Stato, dai Carabinieri e dalla Guardia di Finanza che, attraverso i propri organismi periferici, trasmettevano mensilmente, passando attraverso le prefetture, all’Istituto Centrale di Statistica (ISTAT) i dati numerici riassuntivi circa i reati di cui erano venuti a conoscenza. Più dettagliatamente, essa assumeva come elementi di base le informative trasmesse dalle Forze di polizia all’Autorità Giudiziaria; la cadenza era mensile e la rilevazione riguardava tutti i delitti previsti dal codice penale, con una classificazione meno ampia di quella adottata nella seconda fonte in relazione al numero di fattispecie ma con una diversa articolazione della casistica relativa ad alcuni tipi di reati, in particolare i furti e le rapine, e una disaggregazione

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territoriale su base provinciale che consentiva anche di distinguere i capoluoghi dal territorio delle province.

La seconda fonte era prodotta invece dagli uffici giudiziari che inviano i dati, dal 1984 a cadenza trimestrale, all’ISTAT, dopo aver provveduto a una loro prima rilevazione tramite annotazione su appositi registri. Essa esiste dalla fine del secolo diciannovesimo; prende come elemento iniziale della rilevazione l’inizio del procedimento penale; rileva un notevole ventaglio di fattispecie penali, però senza ulteriore articolazione in relazione ad aspetti particolari, come fanno invece le statistiche della delittuosità; è disaggregata territorialmente secondo diversi livelli istituzionali (regioni, province, comuni capoluogo e non).

È nella prima di queste due fonti, quella delle Forze di polizia, che a partire dal 2004 sono state introdotte innovazioni di grande importanza che mutano del tutto modi, tempi e contenuti del processo di raccolta dei dati. A partire da quell’anno, infatti, il vecchio sistema di trasmissione all’ISTAT dei dati relativi alle denunce sul modello 165 (prospetto su cui ciascuna delle tre Forze di polizia trascriveva il numero di reati di cui era venuta a conoscenza) è stato sostituito con un nuovo sistema di rilevazione, molto diverso e assai più efficiente e ricco di informazioni. Si tratta del cosiddetto SDI, acronimo di “Sistema di Indagine”. SDI è una banca dati che raccoglie informazioni e comunicazioni di cui le Forze di polizia sono venute a conoscenza. Il suo contenuto può essere ricondotto a due grandi categorie fondamentali:

1) fatti, cioè avvenimenti d'interesse per le Forze di polizia, che a loro volta si distinguono in reati ed eventi non sanzionati penalmente;

2) provvedimenti, cioè atti formali emessi dalle autorità competenti nei confronti di soggetti od oggetti coinvolti in uno specifico reato o evento.

Per quanto riguarda i fatti, l’unità di rilevazione della banca dati non è necessariamente un reato o la denuncia di un reato, bensì il cosiddetto “fatto SDI”, un termine che include qualsiasi avvenimento di interesse per le Forze di polizia; consiste nella raccolta di numerose informazioni, come il luogo in cui tale fatto è accaduto, con indicazioni sulla città, la via e il numero civico; l’ora e così via. Gli individui possono essere inseriti nella banca dati in veste di autori di denunce, vittime di reati, autori di reati o persone sospettate di avere commesso reati. Di

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questi vengono raccolte molte informazioni relative a caratteristiche socio-demografiche e altre di interesse investigativo, come eventuali precedenti penali, o segnalazioni , ovvero informazioni provenienti da indagini condotte dalle Forze di Polizia o ancora provvedimenti emessi nei loro confronti dalle autorità competenti.

Gli oggetti registrati nei fatti SDI possono essere documenti, automobili, targhe, armi, opere d’arte, beni rubati o qualsiasi altro oggetto di interesse. Per esempio di un veicolo vengono rilevate la cilindrata, la marca, il modello, la targa e così via, di un’arma caratteristiche come il tipo, la matricola, il proprietario.

Il sistema è integrato e permette, quindi, di collegare tra di loro informazioni su unità di rilevazioni diverse, ovvero di mettere in relazione tabelle che contengono informazioni sulle diverse unità di rilevazione.

Le informazioni contenute in SDI, inoltre, dal 2004, provengono da tutte le Forze di Polizia, compresa la Polizia Penitenziaria, la Direzione Investigativa Antimafia, il Corpo Forestale dello Stato e, indirettamente, i Corpi di polizia locali e le Capitanerie di Porto.

La sostituzione del modello di rilevazione cartaceo con il sistema SDI comporta tuttavia anche alcuni costi, il principale dei quali è l’insorgenza di alcune difficoltà nella continuazione della serie storica esistente. Per questa ragione non è, o almeno non è sempre, corretto confrontare la serie iniziata nel 2004 con l’introduzione dello SDI con i dati precedenti.

Queste due serie sono diverse per strumento di rilevazione impiegato, per le fonti che effettuano la rilevazione, per la classificazione impiegata nel corso della rilevazione.

Tuttavia, i dati appaiono coerenti quando consideriamo grandi aggregazioni di reati, come il complesso dei furti e delle rapine; viceversa appaiono eccessivamente discrepanti quando si entra nel dettaglio di specifiche forme di furto o di rapina.

Nel caso degli omicidi, invece, le due fonti principali, quella delle Forze di Polizia e quella della Magistratura, presentano discrepanze che vanno spiegate e risolte. La linea costruita sulla base dei dati forniti dalla Magistratura disegna un quadro del tutto diverso da quello che si ottiene osservando i dati delle Forze di Polizia.

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Secondo la Magistratura, infatti, a partire dalla metà degli anni novanta si sarebbe registrato un aumento degli omicidi, mentre secondo i dati delle Forze di polizia sarebbe avvenuto esattamente l’opposto. Dobbiamo spiegare questa differenza, chiarendo fin da subito che i dati della Magistratura presentano seri limiti per lo studio degli omicidi e che la serie costruita con essi deve essere considerata meno affidabile di quella delle Forze di polizia.

La Magistratura opera in modo diverso dalle Forze di Polizia per quanto riguarda la registrazione di questi delitti. L’Autorità Giudiziaria può avviare l’azione penale per omicidio anche in casi di eventi che poi vengono ridefiniti come suicidi o come morti naturali o dovute a disgrazia. Inoltre, in alcuni casi, l’azione penale può essere avviata più volte per uno stesso omicidio se nuovi autori vengono identificati. In questo senso le differenze tra l’ammontare degli omicidi secondo la Magistratura e secondo le Forze di Polizia sono riconducibili alle diverse procedure di rilevazione, ma in particolare al fatto che, al contrario di quanto avviene nel caso dei dati forniti dalla Magistratura, le Forze di Polizia modificano l’informazione errata una volta che cambi la definizione del reato o che nuove informazioni ne precisino le caratteristiche. La divaricazione tra le serie, che inizia dalla metà degli anni novanta, è però probabilmente dovuta all’introduzione del nuovo codice di procedura penale, risalente al settembre 1988. In conseguenza di questo cambiamento, a differenza del passato, è più facile che un caso inizialmente definito come omicidio ma successivamente come morte naturale, resti nel Registro Generale; ed è proprio quest’ultimo a costituire la fonte sulla base della quale l’Autorità Giudiziaria compila le statistiche sugli omicidi. Dobbiamo quindi ricorrere ai dati provenienti da una terza fonte, assai solida, quella della cause di morte, raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità su base annua e internazionale. Questi dati confermano pienamente l’andamento mostrato dai dati delle Forze di Polizia e accreditano il calo assai consistente degli omicidi che nel nostro Paese è iniziato nel 1992.