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Le possibili architetture di un sistema pensionistico

Sergio Nisticò

3. Le possibili architetture di un sistema pensionistico

I sistemi pensionistici si possono classificare innanzitutto in base a due profili: il finanziamento e il metodo di aggiustamento di fronte a variazioni non previste delle variabili economiche e demografiche.

Le tecniche di finanziamento possibili sono la ripartizione e la capitalizzazione. I sistemi che utilizzano unicamente la tecnica della ripartizione finanziano le pen- sioni da erogare ogni anno agli individui a riposo con tutto (e solo) il risparmio previdenziale imposto nello stesso anno agli attivi. Tali sistemi erogano pensioni sin dalla loro nascita, anche alle generazioni alle quali, in passato, non era stato imposto alcun risparmio previdenziale o che, pur avendo accumulato delle riser- ve, ne sono rimaste prive per effetto di crisi finanziarie o fenomeni di iperinfla- zione. Pertanto, i sistemi a ripartizione pura non accumulano riserve patrimoniali e, perciò, non possono essere ‘chiusi’. Infatti, l’unico modo di ripagare chi ha ri- spettato l’obbligo di risparmiare una parte del proprio reddito per fini previden- ziali è quello di continuare a imporre il risparmio obbligatorio anche alle succes- sive generazioni di lavoratori attivi.

I sistemi che non erogano pensioni sin dal loro nascere, potendo investire i contributi riscossi dalle prime generazioni di lavoratori iscritti, accumulano un capitale, e sono perciò detti a capitalizzazione. In ogni istante di tempo, il valore delle riserve accumulate da un sistema pensionistico perfettamente capitalizzato è sempre uguale ai crediti pensionistici maturati da chiunque abbia pagato contri- buti fino a quella data. Pertanto, un sistema a capitalizzazione puro può estingue- re il debito contratto in diversa misura con tutti gli iscritti ed essere quindi chiuso in qualsiasi momento smobilizzando il capitale accumulato.

La maggior parte dei sistemi reali è, però, ibrida. Molti sistemi che utilizzano essenzialmente la tecnica della ripartizione dispongono anche di riserve, accumu- late imponendo agli attivi un risparmio previdenziale mediamente superiore a quanto strettamente necessario a finanziare la spesa pensionistica corrente (ad esempio nei periodi in cui il quoziente di dipendenza era ancora molto basso). D’altra parte, molti sistemi che utilizzano essenzialmente la tecnica della capita- lizzazione, possono venire a trovarsi, ad esempio per effetto di una caduta dei va- lori mobiliari, con riserve inferiori al valore attuale delle prestazioni promesse.

Per ciò che riguarda il metodo di aggiustamento alle mutevoli condizioni eco- nomico-demografiche, si usa distinguere tra sistemi a prestazione definita e siste- mi a contribuzione definita. I primi promettono ai propri iscritti una pensione de- terminata, generalmente, sulla base di una serie di parametri, quali il reddito per- cepito durante il periodo attivo e l’anzianità contributiva. Le prestazioni commi- surate al reddito percepito durante l’età attiva sono dette retributive o di ‘tipo Bi-

  Le prospettive economiche della previdenza obbligatoria 29 

smarck’. Un sistema a prestazione definita può, in alternativa, promettere una pensione in somma fissa, indipendente dalla storia reddituale dei pensionati. Le prestazioni di questo tipo sono dette di ‘tipo Beveridge’. In ogni caso, per mante- nere quanto promesso, in presenza di variazioni non previste delle grandezze demografiche ed economiche che incidono sulla sostenibilità della spesa, i sistemi a prestazione definita puri devono periodicamente adeguare il risparmio previ- denziale imposto agli attivi. Un sistema pensionistico a contribuzione definita si limita a stabilire l’importo del risparmio previdenziale imposto agli attivi, ovvero l’aliquota contributiva, prevedendo meccanismi di adattamento del livello delle prestazioni al contesto economico e demografico. Proprio per effetto di questa impossibilità di garantire un predeterminato livello delle prestazioni, generalmen- te i sistemi a contribuzione definita evitano di adottare regole di tipo Bismarck o Beveridge, il cui livello di generosità andrebbe continuamente rivisto, e adottano il cosiddetto metodo ‘contributivo’ che si limita a garantire la restituzione, in forma di rendita, del ‘montante contributivo’ ottenuto per somma dei contributi versati e degli interessi maturati. La restituzione, che avviene moltiplicando il montante contributivo per un coefficiente di trasformazione che riflette la speran- za di vita della coorte cui appartiene il pensionando, non è garantita ‘individual- mente’ ma solo ‘in media’, in quanto la pensione è calcolata in modo da far basta- re il montante contributivo maturato al pensionamento per tutto il corso della vi- ta ‘attesa’ del pensionato. Pertanto la restituzione del montante è rispettata solo per gli individui la cui vita effettiva sarà uguale a quella che, sulla base delle ulti- me tavole di mortalità rilevate, era stata prevista al momento del pensionamento. Gli individui più longevi riceveranno prestazioni di valore superiore al proprio montante; quelli meno longevi prestazioni inferiori. Come si è detto sopra, queste redistribuzioni costituiscono la stessa ragione dell’esistenza dei sistemi pensioni- stici pubblici.

Anche per ciò che riguarda il metodo di aggiustamento, i sistemi pubblici reali sono perlopiù ibridi, dal momento che il legislatore, per evitare di far ricadere il costo degli aggiustamenti unicamente sulle giovani generazioni di attivi o unica- mente sui pensionati, tende spesso a modificare sia l’aliquota contributiva sia i parametri che definiscono la prestazione, quali l’età di pensionamento, l’indiciz- zazione delle pensioni già liquidate e, addirittura, la stessa formula di calcolo. La distinzione netta tra sistemi a prestazione definita e sistemi a contribuzione defi- nita sembra dunque applicabile solo alla previdenza privata dove gli accordi con- trattuali possono predefinire in modo chiaro le regole attraverso le quali il siste- ma si adatta all’evoluzione di variabili fondamentali per la sostenibilità della ge- stione, quali la speranza di vita dei pensionandi e il rapporto tra pensionati e atti- vi.

Sebbene i sistemi a capitalizzazione siano normalmente a contribuzione defini- ta e ‘contributivi’, ve ne sono molti, per es. nella previdenza complementare, sia in Italia sia all’estero, che sono a prestazione definita e retributivi. I sistemi a ri- partizione sono, invece, per la maggior parte, retributivi. La tecnica di finanzia-

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mento della ripartizione è stata, infatti, tradizionalmente considerata incompati- bile con la logica sottostante il metodo contributivo, ovvero con l’idea che la pre- stazione sia calcolata e indicizzata in modo da restituire a ogni pensionato, anno per anno nel corso della sua vita residua, i contributi versati al lordo degli interes- si maturati. Sembrava infatti privo di senso commisurare la prestazione pensioni- stica ai contributi versati al lordo degli interessi maturati in un contesto di finan- ziamento, quello della ripartizione appunto, che non prevede l’investimento dei contributi ma il loro utilizzo per la copertura della spesa pensionistica corrente.

Le riforme realizzate in Italia e in Svezia nel corso degli anni Novanta, ma so- prattutto il dibattito teorico che le ha precedute e accompagnate2, hanno invece

spianato la strada alla nascita dei sistemi pensionistici a ripartizione e contribu- zione definita, che in ambito internazionale sono ormai noti con l’espressione No- tional Defined Contribution, o più brevemente con l’acronimo NDC, a sottolinea- re la possibilità di adottare la logica della contribuzione definita e il metodo con- tributivo anche in un contesto in cui gli accantonamenti dei contributi individuali hanno natura meramente ‘nozionale’. Il problema teorico che la letteratura ha dovuto affrontare riguarda l’individuazione del tasso d’interesse con il quale un sistema pensionistico pubblico può remunerare il risparmio previdenziale degli attivi quando i contributi non siano investiti ma utilizzati per onorare il patto tra generazioni che è alla base dei sistemi a ripartizione.