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3.6   La crisi del ’97 

3.6.1  Le radici della crisi 

In  Albania  il  passaggio  da  un'economia  centralizzata,  chiusa,  propria  di  un  modello comunista, all'economia di mercato è stato molto rapido rispetto a tutti  gli  altri  paesi  dell’Europa  dell’Est,  registrando  anche  i    successi  più  evidenti.  In  realtà  il  cambiamento  è  avvenuto  in  maniera  frammentata,  in  quanto  la  trasformazione della struttura economica della società non è stata affiancata da  una  politica  globale  degli  investitori  e  dei  donatori  stranieri  e  il  nuovo  sistema  economico  è  stato  applicato  senza  che  gli  Albanesi  fossero  in  possesso  degli 

97 strumenti  e  dell’esperienza  per  comprenderlo  realmente  [Morozzo  della  Rocca  1997]. Proprio da queste incongruenze è derivata la debolezza del sistema [Del  Re 2000, 23‐27].  

 

Fattori politici e sociali 

La  società  albanese  è  regolata  da  un  universo  di  valori  in  cui  il  concetto  di  leadership,  di  potere,  e  di  gruppo  sono  strettamente  connessi  e  incidono  sulla  posizione dell'individuo. 

Il liberalismo ha generato un'ondata di individualismo nella popolazione mai  sperimentata  prima  dall'Albania.  L’individuo  si  è  trovato  per  la  prima  volta  a  dover operare delle scelte, da un lato scoprendo la possibilità di auto‐affermarsi  senza dipendere dal gruppo, dall'altro senza avere delle vere indicazioni su come  muoversi, soprattutto di fronte al bombardamento di nuovi modelli. Il passaggio  alla  società pluralista  ha  portato  ad  un  senso  di  smarrimento  nella  società  che,  provenendo  da  quella  «società‐utero»  che  inseriva  l’individuo  in  un  sistema  preconfezionato, si è trovata a doversi prendere la responsabilità  e a subire le  conseguenze    di  ogni  sua  scelta,  senza  peraltro  trovare  chiari  riferimenti  nella  leadership [Bogdani M., Loughlin J., 2007, 73‐74]. 

Il  potere  in  Albania  resta  legato  ad  una  sorta  di  «assolutismo»,  che  deriva  dalla struttura sociale fondata sui clan, in cui necessariamente emerge un leader  che  deve  garantire  la continuità,  l'equilibrio  e  l'interazione nel  gruppo, facendo  appello su lealtà e vendetta [Schmidt 1996, 50]. 

Da  un  lato  l’individualismo,  dall'altro  una  leadership  inserita  in  un  sistema  non  democratico:  questo  spiegherebbe  la  crescita  della  criminalità  dovuta  al  fatto che la leadership, col suo sistema basato su nepotismo e corruzione, dà il  cattivo  esempio  alla  popolazione,  per  altro  spesso  impedendo  la  formazione  di  una società civile attraverso il controllo dei mezzi di comunicazione, creando un  fermento  di  "voci",  che  contribuiscono  ad  aumentare  la  confusione  sui  valori  democratici in un contesto che ne è stato privo per decenni. 

98 La  cultura  politica  sin  dall’inizio  ha  mostrato  i  segni  dell’eredità  del  totalitarismo  e  della  inesperienza  nella  costruzione  della  democrazia.  Ma  l'elemento  forse  più  destabilizzante  e  il  segno  di  regressione  democratica  è  la  questione  della  mancata  indipendenza  della  magistratura.  L'articolo  15.6  della  legge  costituzionale  dava  infatti  al  Consiglio  Supremo  il  potere  di  assumere,  licenziare e trasferire giudici, cosa che fu fatta immediatamente, sconvolgendo il  sistema giudiziario.     Il fattore scatenante  Le finanziarie dette «piramidali» erano presenti in Albania già nel 1992, ben  conosciute anche da organismi internazionali come la Banca mondiale e il Fondo  Monetario Internazionale. Pur coscienti della pericolosità di tali investimenti, tali  organizzazioni sembravano pero ritenere che gli schemi potessero costituire un  buon  sistema  di  integrazione  dei  guadagni  della  popolazione,  permettendo  un  movimento di capitali [Banca mondiale 1995‐1996]. 

Le  finanziarie  piramidali  nascono  comunque  fondamentalmente  per  alimentare  il  mercato  illegale  con  capitali  puliti,  ma  il  riciclaggio  del  denaro  sporco  è  solo  una  delle  lucrosissime  attività  che  permette  il  pagamento  di  interessi  altissimi  per  ben  cinque  anni.  Attività  analoghe  non  riescono  a  sopravvivere  così  a  lungo  se  applicano  esclusivamente  lo  «schema  Ponzi»  (Minsky 1982, 67).  Figura 3.14: Schema Ponzi  Schema piramidale  Schema di Ponzi  Modalità   di  “aggancio”  dell’investitore 

Si  convince  il  sottoscrittore  a  effettuare un solo pagamento  e a cercare altri investitori con  la  promessa  di  ottenere  alti  guadagni. 

Al  sottoscrittore  viene  richiesto  un  primo  pagamento  che  verrà  successivamente  restituito  con  un  alto guadagno e un rischio pressoché  nullo.  Non  si  tratta  di  un  vero  e  proprio  investimento  finanziario  ma  solo di un deposito di denaro. 

Pagamenti/utili 

Vi è la necessità di “reclutare”  altri  investitori  per  poter  percepire dei profitti. 

La  ricerca  di  altri  soggetti  sottoscrittori  non  è  la  prerogativa  necessaria per ricevere gli utili. 

99 promotore  dello 

schema 

volte  proprio  nulla,  i  partecipanti  entrano  a  livelli  diversi della piramide. 

schema  interagisce  in  modo  diretto  con gli altri partecipanti.  Fonte dei profitti  Derivano  dall’investimento  sottoscritto dai nuovi entranti  e sono sempre resi noti.  Derivano dai nuovi investitori ma non  sono mai comunicati né resi noti.  Rischio di collasso  Elevato con elevata velocità di  fallimento poiché  all’aumentare dei livelli della  piramide è richiesto un  aumento esponenziale del  numero degli investitori.  Può essere lento qualora i  partecipanti decidano di reinvestire  gli utili ottenuti.  Fonte: http://www.sec.gov/answers/ponzi.htm    È stata la straordinaria crescita delle attività finanziarie a proiettare l’Albania  nel  grande  circuito  della  globalizzazione  del  capitale,  nel  quale  la  circolazione  monetaria prevale su quella reale delle merci. Protagoniste di questo fenomeno  sono  state  alcune  finanziarie  che,  promettendo  interessi  straordinari,  hanno  accumulato  la  maggio  parte  dei  risparmi  degli  Albanesi.  La  nascita  delle  finanziarie a piramide, responsabili della crisi, s’inserisce in un quadro politico di  euforia  speculativa  che  ha  contagiato  la  borghesia  albanese.  Precursore  della  finanziarizzazione albanese è stato Hajdin Sedija, che nel 1991, con i socialisti al  potere  (eredi  diretti  del  Partito  del  Lavoro  di  Enver  Hoxha),  fonda  la  prima  società finanziaria a piramide. Grazie alle coperture governative che s’impegnano  a  coprire  eventuali  buchi  nel  bilancio  della  società,  Sedija  garantisce  ai  propri  clienti  un  interesse  mensile  del  100%.  Cambiano  gli  uomini  al  governo,  nel  frattempo viene eletto presidente il democratico Sali Belisha, e spuntano nuove  società  finanziarie  dedite  alla  raccolta  del  risparmio.  La  più  importante  è  sicuramente  la  Vefa  Holding,  fondata  da  Vehbi  Alimucaj,  ex  sottufficiale  dell’esercito  di  Hoxha,  presentato  dal  nuovo  governo  come  l’uomo  che  può  lanciare l’Albania verso uno sviluppo duraturo. Nel giro di pochi anni il mercato  finanziario  albanese  viene  praticamente  monopolizzato  da  cinque  società  a  piramide.  Tali  società,  grazie  agli  elevati  tassi  d’interessi  promessi,  riescono  nel  breve  periodo  a  convogliare  nelle  proprie  casse  tutto  il  risparmio  albanese.  In  questi  anni  si  è  in  preda  ad  un  vera  e  propria  febbre  speculativa  che  spinge  la 

100 borghesia  albanese  a  dimenticare  e  abbandonare  definitivamente  l’obsoleto  apparato produttivo. Finché questo flusso di capitali freschi si mantiene costante  le società riescono a far fronte agli interessi passivi, ma nel momento in cui tale  flusso s’inceppa iniziano i fallimenti. Le prime finanziarie‐piramide a dichiarare la  propria  insolvibilità  sono  state  la  Xhaferri  e  la  Populli;  le  altre  non  sono  fallite  solo grazie al congelamento dei fondi fatto dal governo albanese. 

La  crisi  delle  finanziarie  ha  bruciato  nel  giro  di  pochi  giorni  il  risparmio  albanese, gettando al lastrico centinaia di migliaia di risparmiatori. I soldi andati  persi in quei giorni ammontano a oltre 2 miliardi di dollari, una cifra immensa per  un paese come l’Albania, quasi pari al suo prodotto interno lordo. 

Il meccanismo ha avuto effetti devastanti anche dal punto di vista sociale: ha  abituato  gli  Albanesi  a  credere  in  un'economia  magico‐miracolistica34,  peraltro  anche legittimata ed incoraggiata dal partito al potere.