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Le sentenze di merito sull’assimilazione al recesso tipico

sede di acquisto di azioni proprie previamente affrancate dal socio Il tema dell’abuso del diritto ha storicamente suscitato l’interesse di dottrina e giurisprudenza

4.3. Gli orientamenti della giurisprudenza di merito

4.3.2. Le sentenze di merito sull’assimilazione al recesso tipico

Come già accennato, l’abuso del diritto è un istituto dalla difficile codificazione, soprattutto se si considera che l’analisi sull’elusività di un’operazione si fonda sulla determinazione di prerequisiti di tipo qualitativo e non quantitativo. Un’operazione è abusiva soltanto se sussistono, contemporaneamente, i prerequisiti dell’assenza di sostanza economica, la fruizione di un vantaggio indebito e la qualificazione di detto vantaggio come “scopo essenziale dell’operazione” ai sensi dell’art. 10 bis dello Statuto dei diritti del contribuente. Nella controversia di cui alla sentenza n. 101/IV/2018 della CTP di Vicenza, l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto opportuno riqualificare l’operazione di cessione di partecipazioni, previamente rivalutate, alla società emittente, come recesso tipico, rideterminando così l’imposta sul corrispettivo, ora liquidazione della quota, ricevuto, ai sensi dell’art. 47 TUIR. In tali circostanze, il contribuente ha giustificato l’operazione di cessione (alla società emittente) delle partecipazioni rivalutate, sostenendo che lo scopo extrafiscale perseguito, consisteva nella volontà di uscire dalla compagine sociale e organizzativa della società, mediante una cessione graduale delle quote. La ragione extrafiscale proposta dal contribuente non è risultata sufficientemente convincente, considerato il fatto che negli anni successivi alla cessione, ha ricoperto un ruolo fondamentale nella gestione della società, rispetto alla quale aveva invece dichiarato di volersi allontanare, tanto che, in tale periodo, la società ha registrato un aumento del compenso versato nei confronti di tale socio. Tale dimostrazione avanzata dall’Ufficio, unitamente al fatto che “in ogni caso la detta giustificazione non risponde neppure agli ulteriori specifici criteri giustificativi dettati dal legislatore circa eventuali finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”203, ha provato l’assenza di ragioni extrafiscali marginali e la conseguente assenza di sostanza economica, osservato inoltre il fatto che “le azioni […] siano state pagate utilizzando i fondi della detta riserva costituita da utili, e dunque che tale operazione di acquisto di azioni appaia nella sostanza assimilabile a una distribuzione degli stessi, non sembra dubitabile e anzi trova conferma persino sotto il profilo contabile”204 . Il risparmio fiscale fruito dal contribuente

203 Sentenza della CTP di Vicenza n. 101/IV/2018 204 Cfr. Nota n. 36

81 risulterebbe dunque indebito in quanto contrario alla ratio della norma sulle rivalutazioni, ed essenziale a causa dell’assenza di ragione extrafiscali marginali (il contribuente non avrebbe adottato il medesimo percorso giuridico in assenza della norma agevolativa). Nel caso in esame, la Commissione ha provveduto a rifiutare il ricorso del contribuente, salvo disporre salvo ritenere la condotta non sanzionabile per “obiettiva incertezza interpretativa”205.

Esito diverso ha avuto invece la controversia di cui alla sentenza n. 696/2017 della CTP di Vicenza, in cui l’Amministrazione non è riuscita a dimostrare la sussistenza dei tre prerequisiti di cui all’art. 10 bis, ma ha semplicemente provveduto ad invocare l’assimilazione del recesso atipico a quello tipico, in ragione del fatto che, essendo la società il soggetto cessionario delle azioni, tale cessione avrebbe comportato una restituzione dei conferimenti, stante inoltre riduzione del patrimonio netto. In tale contesto non poteva operare la norma agevolativa sulle rivalutazioni delle partecipazioni. A tal proposito, il giudice tributario ha segnalato, innanzitutto, che tali agevolazioni sono nate proprio per produrre un risparmio d’imposta e che, dal punto di vista civilistico, non esiste alcun “recesso atipico” in quanto il dettato normativo si riferisce esclusivamente ad un recesso, quello cosiddetto tipico. L’istituto del recesso può essere adottato soltanto qualora si verifichino le circostanze stabilite dalla legge e dallo statuto; inoltre, si tratta di un atto unilaterale e non di un negozio giuridico bilaterale, come è invece la cessione di partecipazioni. Secondo la Commissione, i due istituti hanno due discipline civilistiche completamente autonome e non possono essere sovrapposti. Al contrario, le norme tributarie differenziano nettamente le plusvalenze dalle distribuzioni di utili, le une tassate ai sensi dell’art. 47 TUIR, le altre ai sensi dell’art. 67 TUIR. Inoltre, proprio l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto l’applicazione legittima delle agevolazioni di cui alla L. 448/2001 e successive proroghe, “in occasione del recesso atipico del socio dalla società, realizzato mediante acquisto da parte degli altri soci, proporzionalmente alle loro partecipazioni, oppure da parte di un terzo concordemente individuato dai soci medesimi”206. Relativamente alle osservazioni dell’Amministrazione sull’intaccamento delle riserve, la CTP di Vicenza ha chiarito che, poiché in sede di acquisto di azioni proprie è stata iscritta nel patrimonio netto una riserva di azioni proprie, in contropartita allo storno di una riserva di utili disponibili, non si verifica alcuna variazione del patrimonio netto e del capitale sociale; inoltre, all’acquisto delle proprie azioni non ha fatto seguito alcun annullamento207 delle stesse, che sono invece rimaste iscritte

205 Cfr. Nota n. 36

206 Circolare n. 16/E/2005 Agenzia delle Entrate

207 Secondo la Risoluzione n. 24/9/035/1992 dell’Agenzia delle Entrate, qualora l’acquisto di azioni

82 nel bilancio della società. In tal senso, la Commissione ha stabilito che “In assenza di variazioni del capitale sociale e dello stato patrimoniale, l’acquisto di azioni […] deve qualificarsi come compravendita e tale deve considerarsi anche ai fini fiscali”208, accogliendo così il ricorso del contribuente. Alla medesima conclusione è arrivata anche la CTR del Piemonte, con la sentenza n. 1463/VII/2017, che ha rigettato il ricorso dell’Amministrazione, negando la “completa e scontata”209 equivalenza fra l’acquisto di azioni proprie e il recesso tipico, da dimostrare attraverso “prove specifiche”.

Dall’analisi delle precedenti sentenze, si evince che, se da una parte il giudice tributario ritiene non si possa mai assimilare, dal punto di vista fiscale, un negozio bilaterale, quale il contratto di cessione delle partecipazioni, ad un atto unilaterale, quale il recesso tipico, dall’altra parte tale accostamento sia possibile in ragione della sussistenza dei prerequisiti di cui all’art. 10 bis e della presentazione di prove specifiche. Infatti, se sussistono i suddetti prerequisiti, non è opponibile all’Amministrazione l’istituto formalmente utilizzato dal contribuente, in quanto finalizzato ad aggirare la norma fisiologica, per fruire di un indebito vantaggio fiscale. L’istituto del recesso tipico può essere dunque assimilato all’acquisto di azioni proprie, esclusivamente qualora, oltre alla sussistenza dei prerequisiti di cui all’art. 10 bis, l’Amministrazione fornisca prove specifiche a sostegno della suddetta equivalenza.

4.3.3. L’acquisto di azioni proprie e la riduzione di patrimonio netto