Il percorso intrapreso nel capitolo precedente sulle dinamiche di popolamento e di abbandono attraverso la congiuntura deve essere ora intrecciato con lo studio delle strutture insediative che furono realizzate nella zona su cui anticamente si estendeva la foresta di Gazzo. Si tratta insomma di verifi care quali forme abitative furono utilizzate per dare luogo concretamente a simili trasformazioni. A tal fi ne, sono analizzate nel dettaglio le due opposte tendenze di fondo che attraverso i secoli caratterizzano il territorio in oggetto: da un lato la propensione all’accentramento, in stretta connessione con lo sviluppo delle fortifi cazioni, dall’altro quella alla disper- sione.
Fra X e XV secolo, l’habitat fortifi cato assunse un rilievo deci- sivo nel modellare le trasformazioni insediative, giurisdizionali e sociali del territorio1. Si prenderà in considerazione l’evoluzione,
limitatamente all’area alla confl uenza della Sesia nel Po, di castel- li, torri e fortifi cazioni di villaggio durante tale periodo: risaltano signifi cative metamorfosi, che cambiarono le forme di protezione delle popolazioni. In particolare, è possibile osservare la stretta as- sociazione tra funzioni militari e ruolo giurisdizionale-coercitivo nella costruzione di alcune torri fra XII e XIII secolo.
Sono quindi presi in esame i processi di accentramento e di di- spersione dell’habitat, la genesi delle cascine e le principali strutture edilizie: particolare attenzione è prestata ai principali attori sociali 1 Si deve molto alla fortuna del tema dell’incastellamento nella storiografi a recente al fondamentale lavoro di Toubert, Les structures du Latium médiéval (si veda dello stesso autore anche la sintesi storiografi ca proposta in Id., I destini di un tema storiografi co). Da allora gli studi sono assai progrediti, estendendo in maniera considerevole l’orizzonte cronologico. Per l’Italia settentrionale una tappa decisiva è costituita da Castelli. Storia e archeologia e dai numerosi lavori di Aldo A. Settia (su tutti Id., Castelli e villaggi nell’Italia padana). Per una sintesi cfr. Comba, Torri, motte e caseforti.
e istituzionali di simili trasformazioni. Pur emergendo il rilevante ruolo dell’habitat intercalare fra XII e XX secolo, non è possibile ri- costruire percorsi di continuità delle tipologie edilizie per tale arco cronologico: emerge piuttosto una continua dialettica fra momen- ti di accentramento e fasi di diffusione delle dimore rurali isolate nelle campagne. Sebbene il fulcro dell’indagine continui a ruotare attorno alla ristretta area su entrambe le rive della Sesia fi no alla confl uenza nel Po, anticamente ricoperta dalla foresta di Gazzo, per una migliore comprensione della genesi di una struttura chiave dell’habitat locale, la cassina, è stato proposto un ampliamento del- la ricerca alla situazione della Bassa Vercellese.
1. L’habitat fortifi cato: torri, castelli, villaggi
a. Le strutture materiali e gli elementi difensivi
Nel X secolo, il castrum di Caresana era caratterizzato dalla pre- senza di una palizzata e di un fossato, volti a proteggere la popola- zione. Come è stato messo in rilievo dagli studi di Settia, si trattava di strutture per lo più deperibili2. Ancora fra XII e XIII secolo,
gli abitati dell’area, di fondazione antica o villenove, non sembra- no essere stati dotati di mura, che compaiono, soltanto in alcuni casi, dalla seconda metà del Trecento3. Essi erano, invece, forniti
di fossati, documentati, per esempio, a Caresana, nel 1162, e nella villanova di Gazzo, nel 12294. Non si deve escludere che tali centri
fossero muniti di terrapieni e palizzate in terra e legno5. Era, inol-
tre, un elemento piuttosto diffuso la circa, una forma di protezione collocabile al di fuori dei fossati (probabilmente si trattava di un 2 Settia, Castelli e villaggi nell’Italia padana, pp. 200, 203. Per una sintesi sull’utilizzo del legno nell’edilizia dei secoli VIII-X, con rimando agli ampi riferimenti bibliografi ci contenu- ti, si veda Galetti, Edilizia residenziale privata rurale e urbana, pp. 721-731.
3 Per il tardivo innalzamento delle mura nei borghi nuovi vercellesi cfr. Marzi, La forma urbana di Borgo di Alice, pp. 118-120. Dedica ampio spazio al problema delle fortifi cazioni
dei villaggi e dei borghi nuovi vercellesi, rimanendo tuttavia su un piano generico, Schmiedt,
Città e fortifi cazioni nei rilievi aereofotografi ci (soprattutto alle pp. 184, 192-193). Si veda
anche oltre, paragrafo successivo. La tarda dotazione di sistemi murari nelle villenove del Piemonte sud-occidentale è presa in esame da Lusso, Sistemi e strutture difensive.
4 Fossati esistevano anche a Villanova, come potrebbe indicare il divieto di costruire airali al di fuori della villa (al riguardo e sui fossati nei villaggi dell’area cfr. oltre, paragrafo successivo).
fossato aggiuntivo a quello del villaggio)6. Attestata con sicurezza
a Gazzo, essa era forse presente anche a Pezzana, dove è rimasta traccia, nella toponomastica, di una via vicinale della Cerca, posta al di fuori dell’abitato7.
Gli elementi difensivi a cui i costruttori in questo periodo sem- brano dedicare maggiore attenzione, anche attraverso l’utilizzo di materiali nobili, sono i castelli e le torri, in ragione della loro fun- zione simbolica di rivendicazione della giurisdizione e dell’autorità signorile. Per simili strutture pare emergere l’utilizzo del laterizio, forse misto alla pietra.
Una raccolta di testimonianze duecentesca, relativa a una lite fra la canonica di Sant’Andrea e il capitolo di Sant’Eusebio, su cui si tornerà in seguito, consente di meglio chiarire le vicende costrut- tive della torre del castello di Caresana, attorno alla metà del XIII secolo8. Le dichiarazioni divergevano su alcuni punti: mentre un
testimone ascriveva l’erezione del manufatto a Benedetto, un con- verso del capitolo di Sant’Eusebio, che avrebbe agito su incarico dai canonici, Balduino Centorio e Matteo de Dionisiis attribuivano l’iniziativa, in maniera non disinteressata, ai domini laici del luogo, di cui facevano parte9. In particolare, Balduino precisava che la
torre era stata elevata mentre gli homines di Caresana erano impri- gionati a Pavia, forse ai tempi dei contrasti fra la città lombarda
6 Settia, Sviluppo e struttura di un borgo fortifi cato, pp. 51-60.
7 Per Gazzo cfr. ACa Vercelli, Atti privati, cartella 66, doc. in data 1435, maggio 20. Nel territorio di Langosco nel 1328 è ricordata una circha (ASBi, Archivio San Martino Scaglia, mazzo 1, doc. in data 1328, settembre 30). Una «circha nova Tribus Cerrorum» è docu- mentata fra Tricerro e Costanzana nel 1374 (ASTo, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Vercelli, Sant’Andrea, mazzo 7, doc. in data 1374, maggio 29). Per l’utilizzo delle cirche nel Vercellese del Trecento si veda Destefanis, Strutture fortifi cate del secolo XIV, pp. 599-600, che riporta i casi di Fontanetto Po e di Crescentino.
8 ACa Vercelli, Motta dei Conti, Atti di lite diversi dal 1226 al 1566, fascicolo senza data. 9 Vitonus di Caresana: «interrogatus quis ipsam elevavit et ad cuius peticionem, respondit frater Benedictus conversus Sancti Eusebii ad peticionem illorum de Sancto Eusebio, ut vidit elevari». Lo stesso Vitonus sembra tuttavia confermare implicitamente il ruolo dei domini laici, affermando che il capitolo ne era entrato in possesso in un secondo tempo: «dicta turris fuit comunis inter dictos dominos dicti loci Carexane. Interrogatus quomodo scit, respondit quia vidit quod tenebant comuniter ipsam turrim, postmodum fecerunt pactum quod homi- nes Carexane dimiserint ipsam turrim capitulo Sancti Eusebii, prout inferfuit ipsi pacto». In tal caso è possibile che i lavori del converso del capitolo, documentato nel 1261 (Groneuer,
Caresana, p. 209), costituissero un ampliamento successivo al pactum con i domini locali.
Il necrologio di Benedetto, morto nel 1291, ricorda l’erezione del manufatto: I necrologi
eusebiani (1901), pp. 5-6: «turrim que est in castro Carexane refecit». Matteo de Dionixiis:
«interrogatus per quos elevata fuit respondit per ipsum testem per Natam et per Centorios»; Balduino Centorio: cfr. oltre, nota successiva.
e Vercelli, nel 1243 o nel 125410. A dispetto di tali discrepanze,
le modalità di costruzione furono riferite in forma non dissimile: quando fu distrutto il castello, la fortifi cazione fu innalzata sulle fondamenta di una precedente torre, ubicata all’interno del ca-
strum, ma confi nante alla base, verso l’esterno, con il fossato11. L’al-
zato fu realizzato con materiale di recupero: pietre e, soprattutto, mattoni raccolti fra le macerie del castello e delle vicine case dirute di proprietà di Sant’Andrea12. Le stime variavano in maniera sen-
sibile sull’altezza, comunque ritenuta considerevole, fra le due/tre e le sette pontate13. È probabile che il manufatto, ancora attestato
nel 1291, avesse gradualmente perso di importanza, cadendo in rovina assieme al castrum14. Ancor più che dalle distruzioni operate
dai Pavesi, il declino fu indotto dalla fondazione del borgo franco nel 1255, con i pesanti interventi sull’insediamento15.
Tra XII e XIII secolo, i castelli dell’area appaiono per lo più circondati sui quattro lati da fossati, valicabili tramite il ponte d’in- gresso, e dotati – lo si è visto per Caresana – di una torre principale. Talora, come nel caso della Torrazza e del castello di Motta dei Conti, è attestato l’utilizzo, su un versante, di un corso d’acqua 10 Balduino Centorio: «interrogatus ad cuius peticionem, respondit quod ipsi elevatores hoc fecerunt propria auctoritate propter [...] quia homines Carexane ducti erant Papiam in carceribus». Per la datazione dei confl itti cfr. oltre, capitolo III.1.b.
11 Balduino Centorio: «quando castrum Carixiane fuit destructum ipse testis et Rufi nus Natta sive nuncius eius, Bartholinus Astanova et alii quidam de dominis Carexane fecerunt ibi construi turrim que ibi est super pede ipsius turris qui autem erat intus et bassus extrinse- cus occaxione rippe fossati et credit quod ipsa turris erat dominorum Carexane».
12 Matteo de Dionixiis: «interrogatus quomodo scit predicta, respondit quia vidit et ipse testis de lapidibus domorum diructarum ecclesie Sancti Andree». Balduino Centorio: «in parte de lapidibus ecclesie Sancti Andree, ab eo quod lapides dicte ecclesie Sancti Andree erant propinquores ipsi turri aliis lapidibus. [...] Interrogatus cuiusmodi erant lapides et quot respondit quod erant maoni, sed nescit quot, namque non fuerunt venditi nec donati ipsi lapides, set capiebant eos ad utilitatem ipsorum et comunis et hominum Carexane». Vitonus di Caresana: «respondit et dicit quod dicta turis altius elevata est quam esse consueverit, ut vidit, et nescit quorum essent lapides et quibus elevata fuerit, set vidit quod ipsi lapides colligebantur per castrum vetus. [...] aliud nescit super ipso capitulo nec super quantibus, nisi quod colligebaur per ipsum castrum comuniter hinc inde causa tam de domibus diructis quam aliarum».
13 Balduino Centorio: «circa duas pontatas vel tres». Vitonus di Caresana: «interogatus quantum fuit elevata, respondit per VII pontatas ut credit vel circa». Diffi cile valutare l’al- tezza delle pontate: per un termine di confronto relativo alla costruzione di un ponte nel suburbio di Vercelli si veda ASVc, Confraternita di Santa Caterina, mazzo 46, doc. in data 1319, maggio 25, che equiparava la pontata a venti piedi, circa sei metri.
14 Cfr. Groneuer, Caresana, p. 22. Si veda anche oltre, in questo stesso capitolo, paragrafo 1.c., per la distruzione di una torre del capitolo da parte dei de Dionixiis.
già esistente, il Poetto16. Qualora non sia da imputarsi a un cam-
bio di corso del fi ume, è possibile che anche il castello di Villata fosse a ridosso della Sesia e ne sfruttasse le giare a protezione17. La
porta poteva essere a sua volta abbinata all’elemento più rilevante della fortifi cazione: la torre. Tracce di una torre porta medievale sono state individuate nel nucleo edilizio medievale della grangia di Gazzo18. A Motta dei Conti, almeno dal 1350, un ponte consen-
tiva di attraversare il fossato19. Non è noto se già in tale epoca esso
fosse collegato al castello con una torre-porta simile a quella paral- lelepipeda in laterizio, di fattura quattrocentesca, ancora oggi ben visibile all’ingresso del castrum20. Una divisione di beni all’interno
del castello, avvenuta nel 1553, evidenzia la presenza di ulteriori elementi, che non possono però essere ascritti con sicurezza alla struttura originaria: il castrum vetus (a indizio di un probabile am- pliamento avvenuto forse in tale epoca) era dotato di un suo fossa- to e di una platea dicti castri; di fronte alla porta della fortezza era stato costruito un airale («pro medietate sediminis seu airalis siti ante portam castri»). Un’abitazione ubicata nel castello era dotata di «una sua porzione di piazza, di torre e di fossato» («pro domo una sita in castro cum eius parte platee turris et fovee»)21. Secondo
un’altra spartizione ereditaria, di poco precedente, del 1523, il ca- stello era, inoltre, provvisto di una «certa camera magna» e di una
canepa magna «ubi sunt tini»22.
I fossati, valicabili da un ponte, e la torre sono ben documentati nel castello di Langosco, di cui le scritture della prima metà del 16 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 66, doc. in data 1435, maggio 20; ASVc, Comuni, AC Motta dei Conti, mazzo 22, doc. in data 1553, agosto 11: «a sero fossatum Poeti».
17 Cfr. Appendice cartografi ca, n. I.
18 Nutolo, La nascita delle grange in età medievale, p. 55, in cui si rintraccia un analogo caso di torre porta due-trecentesca nella grangia di Pobietto, anch’essa dipendente da Luce- dio.
19 ASTo, Paesi, Provincia di Vercelli, mazzo 27, Motta de’ Conti, 1350, aprile 8: «intus terra Mote comitum prope pontem castri dicti loci».
20 Cfr., nell’inserto, fi gura 9. Anche in questa occasione mi sono giovato nella lettura di tale manufatto della decisiva competenza di Gabriele Ardizio e di Eleonora Destefanis, che ringrazio vivamente.
21 ASVc, Comuni, AC Motta dei Conti, mazzo 22, doc. in data 1553, agosto 11. L’airale del castello è ancora ricordato nel 1739 (ASBi, Archivio San Martino Scaglia, mazzo 3, doc. in data 1739, aprile 28): «giardini ed airale del castello».
22 ASTo, Paesi, Provincia di Vercelli, mazzo 27, Motta de’ Conti, doc. in data 1523, marzo 29. Un documento del 1481 fu rogato «in castro Motte Comitum, in sala magna spectabilis domini Iohannis de Sancto Georgio» (ASTo, Paesi, Paesi per A e B, mazzo 33, Motta dei Conti, doc. in data 1481, luglio 4). Una caminata è inoltre menzionata nel 1364 in ASTo, Paesi, Ducato del Monferrato, Confi ni, vol. V, mazzo 2, ff. 1-6.
Trecento offrono una doviziosa descrizione: da essa si può desume- re l’esistenza di uno spiazzo che circondava la torre (il pasqualetum), di un palacium, probabilmente adibito a residenza signorile, e di mura23. La torre, i fossati e il ponte compaiono anche nel castello
di Caresana24. A Villanova Monferrato, nel 1197, il castrum aveva
il suo ponte («pons castri») ed era dotato di mura («murum castri») e di fossati, probabilmente allagati, su tutti i lati («cum fossatis circumquaque et cum lecto fossatorum»)25: nel Trecento, il castel-
lo, forse costruito dai signori locali prima dell’affrancamento, era detenuto dal comune del luogo in feudo dalla chiesa vercellese26.
Per l’innalzamento di simili fortifi cazioni venivano sfruttati, dove possibile, siti elevati, probabilmente individuati nei dossi che in di- verse aree fl uviali della Pianura padana furono spesso ricercati per la costruzione degli insediamenti27: ciò parrebbe essere avvenuto a
Motta dei Conti, a Villanova Monferrato, dove, sebbene non siano sopravvissute evidenze materiali, un quartiere ubicato alla sommità del paese veniva denominato, sin dai catasti settecenteschi, castello e forse – ma è solo un’ipotesi – a Gazzo, se si deve prestar fede alla toponomastica che richiama il mons Gagii28.
23 ASBi, Archivio San Martino Scaglia, mazzo 1, doc. in data 1328, settembre 30: «cum pasqualeto quod est circumquaque dicte turri usque ad cruces ab una parte et ab altera» (non si può escludere che il pascualetum attorno alla torre identifi casse uno spazio protetto, una sorta di ridotto, non dissimile dal dongione documentato a Gazzo). Cfr. Bodo, Langosco
dall’epoca romana al ponte del Risorgimento, p. 70. Dei due castelli di Langosco menzionati
nel 1296 (cfr. ivi, p. 58), parrebbe trattarsi del «castello nuovo». Il castello di Langosco è stato identifi cato con la cascina Le Motte (cfr. Settia, «Erme torri», p. 61; Luoghi fortifi cati fra Dora
Baltea, Sesia e Po, IV, p. 67. Si noti però che sino al 1892 tale cascina era inclusa nel territorio
di Caresana: Appendice cartografi ca, n. XXIX; si veda inoltre ivi, n. XXVIII, dove si ipotizza però che anticamente fosse di Langosco). Per un confronto con il palacium vetus all’interno del castello di Buronzo si veda Destefanis, Strutture fortifi cate del secolo XIV, p. 618. È trecen- tesco anche il palacium del castello della vicina Casale Monferrato, fatto erigere da Giovanni II verso la metà del secolo: Lusso, Il castello di Casale, pp. 9-10.
24 Groneuer, Caresana, pp. 21-22, 108.
25 Il libro dei «pacta et conventiones», doc. 117, p. 216.
26 Il feudo è citato nel libro dei feudi della chiesa vercellese redatto nel 1348 e pubblicato da Ferraris, Borghi e borghi franchi, p. 196.
27 Parmigiani, Il territorio di San Benedetto Po, p. 145.
28 Il castello di Villanova Monferrato – non è noto se la struttura documentata nel 1197 o il ricetto testimoniato nel Quattrocento (cfr. oltre, in questo stesso capitolo, testo corrispondente alla nota 107) – è menzionato indirettamente in un documento dell’anno 1600, in cui si accenna a una pezza confi nante con la «fossa del castello di detto luogo» (AC Villanova Monferrato, mazzo 54, Beni esenti). Esso, tuttavia, non è rappresentato nella do- cumentazione seicentesca (si sarebbe dovuto trovare nell’area a destra dell’attuale municipio, rappresentata come un’area con poche abitazioni nel tipo di Clemente Bonetto del 1662: cfr. Appendice cartografi ca, n. VI/B): l’area così denominata compare nel catasto del 1786 e nel Napoleonico (AC Villanova Monferrato, Catasto 1786, misuratore Giuseppe Biancardo,
Si deve osservare che la presenza di un torrione, probabilmente per lo più parallelepipedo, abbinato a una porta ponte, a fossati e forse a terrapieni pare caratterizzare almeno fi no ai primi decenni del Quattrocento l’edilizia difensiva dell’area29. I patti stipulati fra
i canonici di Sant’Eusebio e la comunità per la costruzione del ricetto di Caresana, nel 1417, prevedevano che i primi dovessero aiutare il comune a innalzare il torionum, i fossati, la porta del pon- te e più generici bastimenta30. Il rilievo assunto dalla torre nelle for-
tifi cazioni dell’area indirizza verso una certa fl uidità nell’impiego dei termini castrum e turris, che possono identifi care sia il castello signorile a ridosso dell’abitato, sia una torre isolata nelle campagne.
Castrum viene defi nita, per esempio, la Torrazza31.
Il torrione manca invece nel disegno di Villata, attribuibile agli anni 50-60 del XV secolo circa. Il castello veniva rappresentato come una struttura imponente, a ridosso dell’antico villaggio or- mai demolito dalle acque, caratterizzata da una porta d’ingresso merlata e da almeno due torri angolari. La prima, più vicina alla porta, era forse cilindrica e sovrastata da una caditoia; la seconda era merlata: ammesso che il disegno raffi gurasse in maniera fede- le le strutture materiali, la presenza di una fortifi cazione circolare potrebbe fare pensare a importanti interventi di ammodernamen- to rispetto al manufatto duecentesco, avvenuti forse nel corso del Quattrocento32. L’edifi cio appariva rovinato in più punti, proba-
bilmente a causa dei danni prodotti dalla Sesia: in particolare, i resti di un muro posto alla base delle torri (dei contrafforti, un ri- cetto?) erano «cascati». Un intero angolo (cantono) del castello era inoltre crollato. La mappa consente anche alcune approssimative
parcelle 275-300; cfr. Appendice cartografi ca, n. XXIII/B). Per il Monte Gazzo cfr. oltre, capitolo IV.2.c.
29 Cfr. Destefanis, Strutture fortifi cate del secolo XIV, pp. 613-616.
30 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 60, doc. in data 1417, aprile 14. Cfr. anche oltre, in questo stesso capitolo, testo corrispondente alla nota 98.
31 Cfr. ACa Vercelli, Atti privati, cartella 66, doc. in data 1435, maggio 20.
32 Per la lenta diffusione in area sabauda, nel corso del Trecento, dei modelli a torre cir- colare cfr. Tosco, Il recinto fortifi cato e la torre e Lusso, Panero, Castelli e borghi nel Piemonte
bassomedievale, pp. 114-117 per la diffusione di torri cilindriche nel Monferrato del Quat-
trocento. Per un confronto con il castello di Casale, ancora caratterizzato dalla costruzione di torri quadrangolari attorno alla metà del Trecento, si veda Lusso, Il castello di Casale, pp. 9-10. Nell’area, Prarolo possiede uno dei castelli meglio conservati, anche se caratterizzato da