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Il processo di trasformazione del territorio e di creazione del paesaggio attuale vive uno snodo centrale nelle vicende della villa- nova di Gazzo, fondata nei primi decenni del Duecento e abban- donata circa un secolo dopo. Il fallimento del villaggio, sorto nel tentativo di inquadrare in maniera coerente tale area, e le ripercus- sioni sul lungo periodo costituiscono una vicenda esemplare: se ne possono trarre considerazioni di natura più ampia sul fenomeno delle diserzioni medievali, che saranno affrontate nel corso del ca- pitolo successivo.

Gli sviluppi demografi ci e insediativi del borgo nuovo dei ca- nonici, seguiti attraverso lo spoglio analitico della documentazione conservata, sono affi ancati a quelli, strettamente correlati e spe- culari, di Motta dei Conti, un abitato creato nello stesso periodo dai conti di Langosco. La storia dei due insediamenti trova una convergenza in seguito alla diserzione di Gazzo: il territorio della villanova dei canonici fu inglobato in quello di Motta dei Conti.

L’indagine intrapresa sulla villanova abbandonata di Gazzo viene, inoltre, approfondita dal punto di vista toponomastico. La ricerca affronta la ricostruzione minuta delle località prediali del territorio di Gazzo attraverso le testimonianze del tardo medioevo e dell’età moderna. Un simile approccio consente di pervenire a un quadro dettagliato dell’area del borgo dei canonici, anche dal punto di vista paesaggistico, e di proporre un’ipotesi di ubicazio- ne dell’insediamento, accompagnata a ricognizioni preliminari sul terreno.

1. Storia di un villaggio medievale

a. Nascita e abbandono della villanova di Gazzo

Dopo i ripetuti scontri che dall’inizio del XII secolo avevano in- teressato la foresta di Gazzo, una nuova lite tra il comune di Care- sana e il capitolo cattedrale si concluse nel 1226 con una sentenza del vescovo di Torino Giacomo di Carisio, che consentì sia di rico- noscere le richieste della comunità, sia di tutelare i diritti dei reli- giosi: il provvedimento assegnava la metà della superfi cie forestale e un terzo dei ronchi agli homines, lasciando il rimanente ai cano- nici1. A seguito della sentenza, entro l’aprile 1228, questi ultimi

stabilirono con la collettività una minuta spartizione territoriale, che defi niva le superfi ci forestali di spettanza dei due contendenti2.

Con la delimitazione, gli ecclesiastici intendevano ritagliarsi uno spazio di esclusiva competenza giurisdizionale, che garantisse loro il controllo della foresta. Il capitolo decise di investire in tale area, rilevando in due momenti, nel maggio 1226 e nel dicembre 1228-gennaio 1229, la parte dei ronchi pervenuta alla collettività3.

In questo periodo prese vita il progetto di fondare nel cuore del bosco di Gazzo un borgo nuovo, capace ad un tempo, nelle inten- zioni dei religiosi, di affermare in maniera defi nitiva la loro auto- rità, di consolidare i legami di subordinazione degli abitanti e di colonizzare superfi ci dotate di un notevole potenziale economico.

La realizzazione dell’insediamento avvenne nel giro di un anno circa. Nel novembre1228, l’iniziativa era già avviata («in villanova Gazii facta vel facienda»), nel gennaio del 1229 appariva ancora

in fi eri («in villam quam facere volunt in territorio Gazii vel iuxta

Gazium»), nel febbraio 1230 era conclusa4. Nello stesso periodo

i canonici acquisirono ulteriori terre boschive nell’area per incre-

1 La sentenza di Giacomo fu emanata nel 1226 (ACa Vercelli, Atti privati, cartella 23, doc. in data 1226, gennaio 23: copia ACa Vercelli, Motta dei Conti, Atti di lite diversi dal 1226 al 1566). Al riguardo cfr. Panero, Terre in concessione e mobilità contadina, p. 62.

2 ACa Vercelli, Statuti e patti, cartella 90, doc. in data 1228, aprile 22.

3 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 23, doc. in data 1225, maggio 4; ivi, cartella 25, docc. in data 1229, gennaio 12, 1228, dicembre 22, 1229, gennaio 30.

4 ACa Vercelli, Statuti e patti, cartella 90, doc. in data 1228, novembre 30; ACa Vercelli, Atti privati, cartella 25, doc. in data 1229, gennaio 29; ACa Vercelli, Atti pubblici, Sentenze, cartella 30, doc. in data 1230, febbraio 28.

mentare il territorio dipendente dal villaggio, ma forse anche per aumentare la disponibilità di legname d’opera5.

Il territorio assegnato alla chiesa nella divisione del 1228 si estendeva dall’Abbeveratore verso il Gazzo e le Mantie6. Alcune

scritture prodotte all’inizio degli anni Trenta dello stesso secolo in- troducono ulteriori precisazioni sui confi ni. Nei pressi dell’Abbe- veratore, le proprietà canonicali cominciavano dalla fontana Sente o Senice e dalla vicina Carpaneta, il cui nome (Carpeneia) indicava ancora in età moderna una contrada di Motta dei Conti, ai confi ni con Caresana, nei pressi della cascina di Salomone7. A est la delimi-

tazione correva lungo i territori di Bagnolo e del comune di Cozzo. A sud-ovest e a sud-est le proprietà dei canonici, costeggiando il Poetto, terminavano rispettivamente in corrispondenza del posse di Villanova, con tutta probabilità non ancora intaccato dallo svi- luppo di Motta dei Conti, e dove iniziavano i beni dei signori di Candia, nei pressi del Sesiello (un ramo della Sesia) e di Villata8.

Il nuovo villaggio esprime nella maniera più compiuta la stretta relazione, riscontrabile anche per le altre villenove dell’area, fra in- terventi di riassetto giurisdizionale e operazioni di disboscamento, che furono più incisive nel momento in cui si realizzò una piena disponibilità del territorio9. Nel 1230, i conti di Langosco lamen-

5 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 25, doc. in data 1229, aprile 5: Guglielmo Rubeus, gastaldo di Enrico di Frassineto, confessò di avere ricevuto 7 lire «pro quodam superfl uo lignorum cuiusdam nemoris quod emptum fuerat pro ipso capitulo ab ipso Henrico reiacens in territorio Gazii quam pro costodia et expensis factis».

6 ACa Vercelli, Statuti e patti, cartella 90, doc. in data 1228, novembre 30: «Item statue- runt quod de terris et pratis ab Abeveratore versus Gazum et Manteas liceat capitulo secun- dum quod ei placuerit dare hominibus qui habitaverint in villanova Gazii facta vel facienda». Per l’identifi cazione dell’Abbeveratore cfr. supra, capitolo I.1.a. Per la costruzione di Gazzo si veda invece Groneuer, Caresana, pp. 115-126; Settia, Tra azienda agricola e fortezza, p. 50.

7 Per l’identifi cazione della fontana Senice cfr. supra, capitolo I.1.a; per la Carpeneia cfr. ACa Vercelli, Motta dei Conti, Atti di lite diversi dal 1226 al 1566, doc. in data 1562, novembre 26: si veda inoltre Appendice cartografi ca, n. III. L’insulellum Patris rimaneva di competenza degli uomini di Caresana negli accordi del 1261 (Groneuer, Caresana, p. 201). È possibile che esso si trovasse ai confi ni tra Motta e Caresana: nel 1604 si ricordava una divisione dell’Isolello fra le comunità di Caresana e Motta (ACa Vercelli, Motta dei Conti, Atti di lite ed altre scritture 1603-1631, Credenzone AB, 1604: «Più che le isole divise fra la communità della Motta ed uomini di Caresana dette l’Isolelo»). È possibile che l’isola fosse ubicata nei pressi della cascina Isoletta.

8 Biscioni, 1/3, doc. 561, p. 135; ACa Vercelli, Rotoli pergamenacei sciolti, Gazium, mazzo II, n. 18; ivi, Atti pubblici, Sentenze, cartella 30, doc. in data 1230, febbraio 28. Per lo sviluppo di Motta dei Conti cfr. paragrafo successivo.

9 Pur all’interno di un’ampia bibliografi a sulle villenove, per le iniziative di popolamento avviate nell’Italia settentrionale il nesso fra rivendicazione degli spazi giurisdizionali e disbo- scamento è stato evidenziato soprattutto per i borghi nuovi di fondazione comunale: cfr., per

tarono che, con la fondazione dell’abitato, i canonici avevano di- strutto con la violenza («vi vel clam») gli spazi incolti («nemus vel zerbium»), mettendoli a coltura («arroncando et extirpando»)10.

Dalle deposizioni testimoniali raccolte in occasione del procedi- mento risultò che i terreni dove in precedenza si tagliava la legna e si conducevano le greggi al pascolo erano stati sostituiti dai «ronchi nuovi di Gazzo arroncati dai canonici» («roncos novos Gazii arron- catos per canonicos»)11.

La stretta relazione tra dissodamenti ed erezione dell’insedia- mento era stata pensata sin dalla progettazione dell’abitato. Nel gennaio 1229, quando probabilmente si stava per procedere all’av- vio del cantiere, i canonici nominarono un loro procuratore, con l’incarico di distribuire le terre ai futuri abitanti della villanova. In cambio della terza parte dei prodotti, si decise di assegnare ai contadini possessori di buoi (bubulci) sei moggia di bosco da ar- roncare e quattro già dissodati all’interno di Gazzo. La dotazione degli immigrati era completata da altre dieci moggia di arativo e da due di prato posti fuori dai confi ni dello spazio forestale, forse nelle proprietà che i religiosi conservavano a Caresana. Si prevede- va, inoltre, di assumere braccianti (brazantes), a cui affi dare soltan- to due moggia di bosco da arroncare, uno già arroncato e uno di arativo al di fuori del territorio della villanova (extra Gazium), con l’impegno che anch’essi versassero il tertium12: i manuali dovevano

probabilmente fornire un supplemento di manodopera necessario alle operazioni edilizie e ai disboscamenti13.

Si deve sottolineare un aspetto essenziale alla comprensione del- le successive dinamiche abitative della villanova: all’avvio dell’ini- ziativa insediativa, la villanova non aveva un territorio in grado di sfamare i suoi abitanti, che dovevano integrare la loro dotazione

esempio, Castagnetti, Primi aspetti di politica annonaria; Menant, Campagnes lombardes, pp. 79-80; 91-92. Un interessante termine di paragone nelle iniziative insediative dei marchesi di Busca e di Saluzzo studiate da Comba, «In silva Stapharda», pp. 617-619, 621-624.

10 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 25, doc. in data 1230, maggio 29. 11 ACa Vercelli, Rotuli pergamenacei sciolti, Gazium, mazzo II, n. 20.

12 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 25, doc. in data 1229, gennaio 29. Cfr. anche Pa- nero, Servi e rustici, p. 251.

13 Per la contestualizzazione nel Vercellese delle due categorie di contadini che doveva- no abitare il villaggio, i bubulci e i brazantes, si veda Panero, Terre in concessione e mobilità

contadina, pp. 104-105. Non si può escludere che i brazantes fossero manodopera impiegata

temporaneamente per le operazioni di edifi cazione e di disboscamento. Per un confronto sull’utilizzo di braccianti nelle operazioni di disboscamento si veda la situazione di Aimondi- no (Comba, «In silva Stapharda», p. 614).

di terre ancora boscose e solo in parte arroncate con campi che si trovavano, con tutta probabilità, nelle pertinenze della vicina Caresana. È possibile che il capitolo ritenesse che la situazione sa- rebbe migliorata quando i dissodamenti fossero stati completati e il borgo nuovo e i suoi campi fossero entrati a regime. Per l’epoca le condizioni dei canonici erano state abbastanza propizie. I terreni assegnati agli immigrati erano in linea o superiori alle dimensioni di quelli concessi agli homines di Tricerro, fondato dal comune di Vercelli nel 1218, in un’area analoga per condizioni del suolo e del manto vegetale: rispetto alle 22 moggia di Gazzo (7,5 ettari circa), di cui 10 soltanto nel territorio della villanova e in buona misura boscosi, le investiture di appezzamenti da parte dei podestà e dei procuratori vercellesi, avvenute negli stessi anni in cui prendeva vita il centro dei canonici, si attestavano per lo più attorno alle 10 moggia. Simili estensioni erano invece distanti dalle generose elar- gizioni agli abitanti di Trino – affrancato nel 1210 – che nei primi anni di vita dell’insediamento avevano ricevuto ampie superfi ci, talora superiori al manso (30 moggia circa)14. Seguendo i criteri

di assegnazione stabiliti dai canonici, il territorio di Gazzo, che secondo un documento del 1435 si estendeva per almeno 1100 moggia (circa 3,5 km2), avrebbe potuto accogliere grosso modo un

centinaio di fuochi15. La dipendenza alimentare dal territorio di un

altro villaggio costituiva, tuttavia, come meglio si vedrà, una seria ipoteca sulle possibilità di sopravvivenza dell’insediamento: affi n- ché Gazzo potesse emanciparsi, le dieci moggia pro capite di terreni boscosi o in corso di arroncamento dovevano divenire pienamente produttive16.

Almeno nei primi anni dopo la fondazione, l’abitato attraversò una fase di sviluppo, accogliendo uomini provenienti non solo da Caresana, ma anche da altre località. Secondo alcune stime, fra il

14 Panero, Due borghi franchi padani, 159-167.

15 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 66, doc. in data 1435, maggio 20: l’antico territo- rio era composto di 19 assignationes di 50 moggia ciascuna e di ulteriori 150 moggia circa aggiuntive. La stima è tuttavia approssimata per difetto, poiché di alcuni appezzamenti non veniva riferita la misura.

16 Panero, Terre in concessione e mobilità contadina, pp. 104-105 stima circa in 5-6 ettari di terreno la superfi cie indispensabile a una famiglia contadina nel Vercellese dell’epoca. Si tratterebbe di circa 15-18 moggia: considerando la media delle estensioni elargite a Tricerro, analizzate dallo stesso Panero, è tuttavia probabile che nel periodo dell’apogeo demografi co le famiglie contadine vivessero su superfi ci minori, anche attorno alle 10 moggia (poco più di tre ettari).

1229 e il 1233, circa una cinquantina di nuclei familiari, per lo più di rustici dei canonici, sarebbe accorsa da Caresana a popolare Gazzo17. Contadini erano giunti dai vicini villaggi della Lomelli-

na: soprattutto da Langosco, da Cozzo e da Candia18. Nel 1235,

in occasione dell’assegnazione di sedimi a sette nuovi abitanti, i canonici consentirono alla collettività l’elezione di consoli: la cre- scita demografi ca contribuì a sollecitare più complesse forme di organizzazione19.

Malgrado le condizioni favorevoli offerte dai canonici ai nuo- vi abitanti nel 1229, l’insediamento ebbe vita breve20. Nel 1256,

i canonici investirono la famiglia de Dionisiis della custodia del castello di Gazzo. La scrittura prevedeva la concessione di 60 mog- gia «ad bene laborandum et colendum» nel territorio del piccolo villaggio, che si presentava ancora a tratti incolto21. Il documento

non fa riferimento alla popolazione dell’abitato, defi nito nell’occa- sione villarium: è possibile che esso fosse già in fase di abbandono o, per lo meno, di declino. Pur in assenza di esplicite attestazioni documentarie, l’atto sembra confermare le diffi coltà della villanova ad attirare immigrati dalle località circostanti e il suo progressivo ripiego demografi co in termini di grossa azienda agraria fortifi cata, popolata da un limitato numero di rustici dei canonici22.

Fra gli abitanti del villaggio che giurarono fedeltà al capitolo nel 1255 si contavano venti individui: ammettendo che tale numero fosse di poco inferiore alla totalità dei capifamiglia residenti, si po- trebbe pensare a una popolazione ammontante a poco più di un centinaio di persone23. La fondazione era stata intrapresa con ben

altre ambizioni. Alcune deposizioni testimoniali raccolte l’anno se- guente mostrano numerosi personaggi ormai residenti altrove, per

17 Groneuer, Caresana, pp. 71-72; Panero, Comuni e borghi franchi, pp. 67-68.

18 Cfr. Groenuer, Caresana, p. 119. ACa Vercelli, Atti privati, cartella 30, doc. in data 1235, marzo 5, cita uomo proveniente da Cozzo. La presenza di immigrati emerge anche dalle deposizioni testimoniali raccolte nel 1255, che menzionano diverse persone giunte a Gazzo più di venti anni prima (ivi, cartella 9, doc. in data 1255, marzo 30).

19 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 30, doc. in data 1235, marzo 5.

20 Per le agevolazioni concesse dai canonici nel 1229 cfr. Groneuer, Caresana, pp. 118- 119.

21 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 9, doc. in data 1256, novembre 1.

22 Il fallimento e l’abbandono di villenove sono fenomeni evidenziati da Higounet, Vil- leneuves et bastides désertés. Sono noti più casi di villaggi abbandonati o comunque gradual-

mente trasformatisi in aziende agrarie fortifi cate. Per esempio, Doasio, studiato da Settia,

«Airali», «palazzi», «motte», p. 12.

lo più a Caresana, ma anche a Casalino e a Rosignano Monferra- to24.

Contribuirono al declino della villanova la concorrenza dei Langosco, che in due occasioni per breve tempo, verso il 1248 e dopo il 1250, l’avevano occupata con la forza, le operazioni belli- che nell’area di Pavia, ma soprattutto l’intraprendenza del comune di Vercelli, che nel 1255 rifondò e affrancò Caresana, innescando una dinamica di ritorno verso tale villaggio25. Nello stesso anno

in cui il castello fu dato in custodia ai de Dionisiis, nel 1256, il capitolo era in lite con il comune di Caresana per dimostrare che Gazzo doveva essere ritenuto indipendente. I parametri necessari affi nché il borgo nuovo dei canonici fosse considerato locus per se erano l’esistenza di propri consoli e campari, nonché di una chiesa e di un sacerdote: le testimonianze processuali ne confermarono la presenza (anche se una deposizione metteva in dubbio la residenza stabile di un prete), insistendo sul fatto che il centro versava da solo i contributi fi scali alla città di Vercelli26. Le risposte degli in-

terrogati, intese a ricostruire le relazioni fra Gazzo e la villa vetus di Caresana, suggeriscono che la rifondazione di quest’ultimo abitato 24 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 9, doc. in data 1256, giorno 27 (mese illeggibile per lacerazione della pergamena; sul verso Gazium, m. III, n. 10): tra gli antichi abitanti di Gazzo sono menzionati Zanino Bono «de Caxano qui moratur in Carexana», Guglielmo «de Varenello qui moratur in Carexana», Giacomo Pellipario «qui moratur in Casalino», Bellono «qui consuevit morari in Gazio et qui habitat in Carexana» e Tebaldo notaio «de Gazio qui moratur in Rusignano» assieme al fi glio Ardizzone.

25 Per l’occupazione di Gazzo da parte dei Langosco cfr. Statuta comunis Vercellarum ab anno MCCXLI, coll. 1454 e 1458 (da cui la citazione): «comites Lomelli metu soluti

iterum Gazium canonicorum armis occuparunt. Canonici cum alia via non possent vim vi repulerunt. Facto exercito et traiecta Sicida, non solum Gazium recupeverarunt, sed Lan- guscum praeterea diruerunt». Si veda inoltre il quadro fatto da Groneuer, Caresana, p. 124, che reperisce una testimonianza in grado di ricondurre l’occupazione da parte dei conti a una concessione imperiale. Nel 1254, il podestà di Pavia rivolse due intimazioni ai conti di Lomello per i terreni occupati nella villanova di Gazzo (ACa Vercelli, Atti privati, cartella 8, docc. in data 1254, febbraio 10 e agosto 29). Un personaggio, Giacomo Pellipario, ricordava che ai tempi della distruzione di Caresana a opera dei Pavesi (al riguardo si veda supra, capi- tolo III.1.b), dopo aver vissuto in prigionia nella città lombarda per tre anni, non era tornato ad abitare a Gazzo, ma si era spostato a Caresana (ivi, cartella 9, doc. in data 1256, giorno 27). Per l’affrancamento di Caresana e la migrazione di ritorno cfr. Groneuer, Caresana, pp. 123-124. Cfr., in particolare, una deposizione di testi del 1258, in cui si citano almeno sei personaggi immigrati da Gazzo a Caresana (ivi, cartella 10, doc. in data 1258, settembre 15).

26 ACa Vercelli, Rotoli pergamenacei, Gazium, mazzo III, n. 11 (1256). La presenza di un prete offi ciante è confermata da un lascito testamentario del 1311: si prevedeva la conse- gna di un antifonario in due volumi alla «ecclesie Sancti Iohannis de Gazio quod dari debeat ministro ipius ecclesie Sancti Iohannis» (ACa Vercelli, Atti privati, cartella 28, doc. in data 1311, giugno 15: cfr. Ferraris, I canonici della cattedrale di Vercelli, p. 274).

da parte del comune urbano si fosse associata a una politica aggres- siva nei confronti dell’insediamento del capitolo. Il fatto che, come racconta un teste, gli immigrati da Gazzo a Caresana («homines qui veniebant habitare a loco Gazii in Carexana») fossero costretti a pagare la loro camparicia ai campari della località di origine confer- ma un fl usso migratorio verso il borgo nuovo del comune urbano.

Nel 1261, gli accordi fra Caresana e il capitolo stabilivano che Gazzo dovesse essere considerato locus per se e che non potesse rice- vere immigrati dal borgo affrancato pochi anni prima dal comune di Vercelli: tali convenzioni, pur garantendone l’indipendenza, ne tradiscono una fase di arresto demografi co27. L’abitato, che all’epo-

ca doveva essere piuttosto esiguo se rischiava di essere inglobato da Caresana, vedeva pregiudicate le sue possibilità di espansione per il futuro. Dopo tale data le menzioni della villanova dei canonici divengono rare e limitate alla gestione fondiaria. Sebbene sia do- cumentata la sopravvivenza di una comunità locale di contadini, esse lasciano intendere la progressiva trasformazione del villaggio in azienda agraria. Nel 1286, il capitolo decise che i beni di Gazzo rimanessero indivisi tra i canonici28. Nel 1298, questi ultimi con-

cessero a un tale Giacomo Ferrarius, abitante nel borgo nuovo, un appezzamento di arativo29.

È possibile datare con sicurezza l’abbandono della villanova at- torno al 1330. Il 28 maggio di quell’anno la credenza di Gazzo si riunì nella vicina Villata dei Confalonieri: il villaggio era, infat- ti, spopolato, secondo il documento, per le cattive condizioni e le guerre («quoniam locus Gazii desertus est et inhabitatus propter malas condiciones et guerras»). La comunità si era trasferita a Vil- lata, storicamente inquadrata nel distretto di Pavia, anche se i suoi signori, la stirpe guelfa dei Confalonieri, pochi anni prima si erano

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