• Non ci sono risultati.

L’azione antropica di trasformazione dell’area, delineata, nel corso del primo capitolo, nelle principali dinamiche di popola- mento ed esaminata, nel capitolo precedente, tramite le strutture dell’insediamento, viene ora analizzata sotto la lente delle attività attraverso cui gli uomini diedero forma al paesaggio e si rappor- tarono con esso, condizionate dalle specifi cità del territorio fl u- viale. In questa sezione si prendono quindi in considerazione le modalità messe in atto dagli abitanti dell’area per fare proprie le ampie superfi ci, per lo più incolte, che circondavano la Sesia. Sono approfondite le interrelazioni tra uomini e ambiente e la creazione di uno «spazio vissuto», in cui convergono pratiche economiche e sociali, i «quadri spaziali d’esistenza degli uomini» e le rappresen- tazioni mentali del territorio1. Alcuni percorsi d’indagine svilup-

pati a fondo dai geografi e dagli storici nel corso del Novecento, dalla psicologia collettiva, ai problemi di percezione spaziale fi no alle rappresentazioni mentali, sono sviluppati soprattutto nella dimensione comunitaria, a cui la storiografi a recente ha prestato particolare attenzione2: sono evidenziate le forme di percezione e

di costruzione dello spazio, più che ad opera degli individui e delle società rurali nel loro complesso, da parte delle singole comunità organizzate.

Le pratiche di defi nizione e di rappresentazione del territorio sono state oggetto, negli ultimi anni, di una vastissima letteratura3.

Sono ripercorse, in forma sintetica, le modalità di divisione dello spazio e i procedimenti di rappresentazione cartografi ca del terri-

1 Comba, Il territorio come spazio vissuto, p. 3 per la citazione.

2 All’interno di una vasta bibliografi a, cfr. il volume Lo spazio politico locale.

3 All’interno di un’ampia bibliografi a, esaminata in maniera più dettagliata nei singoli paragrafi , per ora si rimanda soltanto a Sereno, Ordinare lo spazio, governare il territorio.

torio alla confl uenza fra Sesia e Po. In particolare, sono evidenziati i nessi fra le modalità di divisione e di rivendicazione dello spazio e la rappresentazione cartografi ca a fi ni giurisdizionali. L’indagine su tali aspetti, oltre a completare il percorso sullo spazio vissuto, contribuisce ad avere una più approfondita comprensione delle di- namiche territoriali: le fonti cartografi che costituiscono una risorsa fondamentale per lo studio dell’insediamento nell’antica foresta di Gazzo.

1. Comunità e confl itti: dal disboscamento alla risicoltura

a. Rivendicazione delle risorse collettive e costruzione del diritto in uno spazio conteso: la disputa del 1230

La comunità di Caresana promosse uno sforzo continuo, tra XII e XIII secolo, per ampliare i suoi diritti su Gazzo, disciplinando le contrapposizioni sociali interne e, soprattutto, limando le preroga- tive del capitolo di Sant’Eusebio. Nel 1225, contro le crescenti pre- tese dei rustici, i canonici avviarono una causa di fronte a Giacomo Carisio, vescovo di Torino e vicario imperiale, a seguito della quale ingiunsero agli homines di non entrare nella parte di Gazzo spet- tante al capitolo4. Il procedimento giudiziario, dilatato quanto più

possibile dal comune, evidenzia le diffi coltà della chiesa a ottenere i risultati desiderati: pur in possesso dei titoli giuridici necessari al conseguimento di una sentenza favorevole, essa aveva scarse possi- bilità di garantirne il rispetto. Il puntuale controllo delle infrazioni di pascolo e di raccolta della legna in una vasta area incolta come la foresta di Gazzo poteva facilmente essere eluso dalla collettività.

Sebbene potesse fornire la base per raggiungere accordi con la popolazione locale, il ricorso alla giustizia dei tribunali, più volte praticato dal capitolo in questi anni, si mostrò largamente ineffi - cace. Per ovviare a tale situazione, dovuta soprattutto alla scarsa capacità di controllo della foresta, i canonici attinsero a una mo- dalità di azione radicata a fondo nella cultura politica vercellese: la costruzione di borghi. Tale strumento fu attuato con frequenza, sia dal comune, sia dai privati, per inquadrare nei nuovi abitati le risorse, le terre e gli uomini di una determinata area: l’erezione

dell’insediamento corrispondeva, per lo più, alla creazione di un nuovo territorio. La fondazione della villanova di Gazzo intendeva compattare i diritti giurisdizionali del capitolo, accogliendo i ru-

stici di Caresana sottomessi alla sua signoria. Il sito doveva essere

popolato da «homines et habitatores qui sint de plena iurisdictione capituli»5: la comunità locale, organizzata in comune nel 1235, era

strettamente subordinata alla signoria dei religiosi6.

Nel 1230, l’iniziativa innescò una lite tra il capitolo e i con- ti di Langosco, che, fi no a quel momento, malgrado le resistenze degli homines di Caresana, avevano compartecipato al diritto di pascolo e di raccolta della legna nella foresta. Assieme all’antica stirpe lomellina, dalla fi ne del XII secolo, un gruppo di famiglie aristocratiche, per lo più di origine vercellese, aveva cercato una prima forma di coordinamento istituzionale a partire dal tentativo di gestire in forme esclusive le risorse collettive contro i vicini del luogo: in tali lignaggi bisogna probabilmente riconoscere il comune

militum contrapposto al comune populi Carixiane7. Ne derivò una

forte contrapposizione tra i Langosco e i milites da un lato e la co- munità dall’altro per la titolarità della foresta di Gazzo. Nei primi decenni del XIII secolo, il comune, probabilmente in seguito a un’inchiesta volta a chiarire le sue prerogative, cercò di esclude- re gli aristocratici dall’accesso ai pascoli e ai boschi. Deve essere letto nella stessa direzione un provvedimento del consiglio locale, che, nel 1209, restrinse l’uso dei terreni collettivi agli abitanti che sostenevano gli oneri vicinali8. Sul piano normativo, l’azione si ac-

compagnò a un effettivo intervento sul territorio. I forestarii e i

camparii di Caresana cominciarono a pignorare i Langosco e i loro

uomini. In un’occasione, i vicini, radunatisi al suono della cam- pana («per campanam pulsatam»), ruppero il ponte costruito dal conte Ruffi no sul Lamporo per impedire alle sue bestie di accedere ai pascoli del villaggio («fregerunt pontem quem fecerat condam comes Rufi nus de Langusco super Amporio ne bestie sue venirent ad pascula hominum de Carexana»)9.

5 ACa Vercelli, cartella 25, doc. in data 1229, gennaio 29. Al riguardo cfr. Panero, Servi e rustici, pp. 199-200.

6 Panero, Servi e rustici, pp. 199-201.

7 Rao, Comunia, p. 163; Id., Lo spazio del confl itto, p. 17. 8 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 13, doc. in data 1209, ottobre. 9 ACa Vercelli, Rotuli pergamenacei sciolti, Gazium, II, n. 18 [anno 1230].

Nei primi anni del Duecento, attraverso i confl itti con il comune di Caresana, i milites maturarono una precisa rivendicazione di diritti signorili sulla località, espressa anche a danno dei canonici di Sant’Eu- sebio. In particolare, i Langosco si imposero come i rappresentanti dello schieramento aristocratico. Il libellus che diede avvio alla lite del 1230 fu presentato da Ruffi no di Langosco, dal fi glio Tommaso, dal curatore dei fi gli del defunto conte Giacomo, probabilmente fratello di Ruffi no, ma anche da Pietro Bentivoglio, Dionisio Pelliccia, Osta- chio di Caresana, Manfredo Cagnola: si trattava del gruppo di stirpi impegnate a proclamare la titolarità delle honorancie su Caresana10. In

una deposizione testimoniale, il conte Ruffi no di Langosco denunciò che la costruzione della villanova di Gazzo aveva danneggiato i diritti di pascolo esercitati dai suoi antenati e dai suoi uomini11.

Le testimonianze mostrano come lo sconvolgimento della ma- glia insediativa avesse tolto il coperchio a un groviglio di diritti, per nulla defi nito e in fase di perenne rinnovamento, dove la logica del confl itto era la ratio con la quale si costruivano i precari equilibri che regolavano l’accesso alle risorse collettive. Le dichiarazioni pro- dotte nel 1230 dai Langosco cercavano di dimostrare la detenzione dello ius boscandi: la strategia dei giurisperiti al servizio di Ruffi no, intesi a richiamare il diritto d’uso piuttosto che la titolarità del bene, sembrerebbe tradire la debolezza della posizione del conte. Tale diritto parrebbe avere avuto un’origine recente: gli uomini dei conti pascolavano nel bosco e nelle altre comunanze del luogo da venti anni circa e da soli dieci anni i loro campari avevano co- minciato a multare gli abitanti di Caresana che vi entravano. Un testimone sosteneva addirittura che lo ius fosse stato venduto alla famiglia da un Vercellese, Alberto Cagnola12. Al fi ne di irrobustire

10 ASTo, Materie ecclesiastiche, Abbazie, Vercelli, Sant’Andrea, mazzo 2, doc. in data 1230, marzo 11; ACa Vercelli, Atti pubblici, Sentenze, cartella 30, doc. in data 1230, mag- gio 8. Vasto materiale preparatorio, approntato dagli avvocati del capitolo e mai studiato, è confl uito in ACa Vercelli, Pergamene sciolte, mazzi 1 e, in minore quantità, 2. Cfr. anche paragrafo successivo. L’esistenza di beni indivisi tra tali famiglie è confermata ivi, doc. in data 1234, marzo 15. L’esistenza di forti legami di solidarietà tra i Langosco e le famiglie di milites è avvalorata da ulteriori atti della lite: ACa Vercelli, Atti pubblici, Sentenze, cartella 30, doc. in data 1230, maggio 8 (Dionisio Pelliccia curator dei fi gli del defunto Giacomo conte di Langosco); ivi, docc. in data 1230, febbraio 23 e 1230, ottobre 13 (Blasamortus Astanova e Pietro Bentivoglio procuratori di Ruffi no Langosco). Cfr. anche ACa Vercelli, Rotoli perga- menacei sciolti, Gazium, mazzo II, n. 21, rotolo iniziante per «testes comitum».

11 Cfr. oltre, capitolo IV.1.a.

12 Si tratta della deposizione di Pietro Lecatus: ACa Vercelli, Rotuli pergamenacei sciolti, Gazium, II, n. 20, iniziante per «ex parte comitis».

la loro autorità, probabilmente indebolita dall’ordinanza della cre- denza che, proprio venti anni prima, aveva ristretto la fruizione ai soli compartecipi degli oneri vicinali, i Langosco avevano rilevato beni e prerogative dai Cagnola, considerati fra i domini di Caresa- na13.

In questa guerra di costruzione del diritto, l’esercizio delle prerogative giurisdizionali, in particolare il controllo delle opera- zioni di polizia campestre attraverso il potere di multa sul fondo (di pignoratio), era un passaggio fondamentale. Nel marzo 1230, Ruffi no di Langosco multò un uomo residente a Gazzo, sorpreso mentre raccoglieva legna, ordinando poi di redigere un documento notarile che registrasse l’episodio14. La produzione della scrittura,

per questi casi atipica, aveva lo scopo di corroborare un diritto con- testato. Era altrettanto decisivo dimostrare la continuità d’uso delle terre disputate, anche attraverso il ricorso alla violenza: a tal fi ne i conti facevano pascolare le loro bestie nei comunia di Caresana, così come nei fondi di recente coltura del capitolo («per roncos no- vos Gazii arroncatos per canonicos»), facendoli custodire con loro campari, così come facevano i canonici, «sicut faciunt canonici»15.

«Sicut faciunt canonici»: la precisazione del testimone evidenzia come l’azione dei conti trovasse un contraltare simmetrico da par- te dei signori del nuovo abitato, i canonici. A irrobustire i diritti del capitolo, i boscatores di Gazzo erano tenuti a portare la legna raccolta alla fornace del capitolo16. La fondazione del nuovo borgo

rappresentava una soluzione per affermare i diritti dei canonici su un fondo da anni contestato. Dopo la divisione dei beni collettivi con la comunità di Caresana e gli acquisti di terre e diritti dalla stessa comunità, le prerogative giurisdizionali sulla villanova, sulla sua popolazione e sul suo territorio furono esercitate in manie- ra esclusiva dal capitolo: nel 1230, un teste ricordava che da più di un anno («per annum et plus»), cioè dalla data di fondazione del borgo, solo gli uomini della chiesa potevano pascolare nel bo- sco di Gazzo, a differenza di quelli del conte abitanti a Caresana

13 Cfr. oltre, paragrafo successivo.

14 ACa Vercelli, Atti privati, cartella 25, doc. in data 1230, marzo 13.

15 Deposizione di Guglielmo Formaggio: ACa Vercelli, Rotuli pergamenacei sciolti, Ga- zium, II, n. 20, iniziante per «ex parte comitis». Sull’utilizzo dei ronchi come azioni possesso- rie cfr. Raggio, Immagini e verità, pp. 851-853 (per più ampi riferimenti bibliografi ci si veda anche oltre, in questo stesso capitolo, nota 71).

16 ACa Vercelli, Rotuli pergamenacei sciolti, iniziante per «ex parte ecclesie Sancti Eu- sebii».

e degli «homines aliorum» del medesimo villaggio. La costruzione dell’insediamento probabilmente era riuscita a limitare l’aggressi- vità dei Langosco e dei loro rustici, che, secondo la deposizione di Guglielmo Formaggio, pascolavano nei ronchi «veteres et novos» della foresta, fatta eccezione per l’area del borgo («excepto in villa canonicorum»)17.

I risultati furono solo parziali, anche perché, sebbene il territo- rio di Gazzo, soprattutto per la sua conformazione boschiva, fosse uno spazio ancora in via di defi nizione, da riempire di contenuti giurisdizionali, le possibilità di consolidare una dominazione erano limitate dall’eccessivo affollamento di attori politici. In aggiunta alle prerogative del capitolo, dei conti e dei milites, un importante nucleo di potere era ancora costituito dalla comunità di Caresana, che proprio in quegli anni, nel 1233, strappò la qualifi ca di borgo franco ai canonici. Diritti sulla foresta furono accampati, almeno fi no all’inizio del XIII secolo, dal comune di Cozzo, che in quel periodo si era scontrato con Caresana: dopo avere rifi utato una so- luzione tramite duello («habuimus campionem in campo petentes […]. Et ipsi de Cocio non fuerunt ausi facere duellum», ricordava un testimone di Caresana), si accordarono per una spartizione18.

Le stesse superfi ci boschive erano sfruttate anche dagli uomini di Motta dei Conti, sorta negli stessi anni su iniziativa dei Langosco, per rispondere alla fondazione dei canonici19. Avevano interessi

nell’area, infi ne, gli homines di Villata e di Langosco20.

Una simile pluralità di soggetti rendeva problematica persino la rivendicazione delle risorse, come emerge chiaramente da un episodio ricordato durante la disputa tra i conti di Langosco e il comune di Caresana del 1230. Per corroborare i loro diritti, i primi avevano fatto ricorso ad azioni dimostrative di taglio degli alberi. Un teste asserì che Ruffi no di Langosco fece abbattere otto o nove alberi in un’area della foresta su cui si innestava la discordia tra gli

homines di Caresana e quelli di Cozzo: di fronte alla reazione di

questi ultimi, che, dopo essere accorsi a scaricare i carri del conte 17 ACa Vercelli, Rotuli pergamenacei sciolti, Gazium, II, n. 20, iniziante per «ex parte comitis». Analoga la testimonianza di Pietro Guercio, secondo cui le attività del pascolo si arrestavano alle mura del villaggio («excepto quod modo non pascant ne boscant ibi ubi facti sunt muri et villa»: ivi, n. 18).

18 Groneuer, Caresana, p. 110. 19 Cfr. oltre, capitolo IV.1.b.

riempiti con la legna tagliata, gli chiesero il motivo dell’iniziativa («quare incidistis nemus nostrum»), egli fu costretto a rispondere di averne frainteso l’appartenenza («ego credebam illud esse comu- nis Carixiane»)21.

All’inizio del XII secolo, Gazzo si presentava come una vasta superfi cie coperta da boschi, in alcuni punti quasi impenetrabili, e acquitrini: l’analisi delle esperienze di costruzione e di riordino del territorio, che a partire da tale periodo fi no alla metà del Due- cento interessarono la foresta per via di un fi tto tessuto di confl itti, consente di suggerire alcuni risultati sul ruolo rivestito dalle risor- se collettive nella defi nizione dei rapporti tra i poteri concorrenti nella zona. La predominanza degli incolti rendeva Gazzo uno spa- zio politico dai contorni poco defi niti: non c’erano insediamen- ti e appezzamenti coltivati suffi cienti per garantire un più netto controllo del territorio, attraverso forme stabili di appropriazione del suolo. Le pratiche di sfruttamento silvo-pastorale della foresta da parte delle comunità e dei signori, pur rientrando nell’ambito delle azioni possessorie, consentivano l’esistenza di sovrapposizioni d’uso sugli stessi beni. Tale intreccio di diritti costituì un ricorrente motivo di disputa, anche se divenne problematico solo nel corso dei secoli XII e XIII, quando la zona fu sottoposta a nuove inizia- tive insediative e a vaste operazioni di arroncamento: interdicendo l’uso della foresta agli altri utenti, l’occupazione permanente dello spazio attraverso gli uomini e i coltivi generò un salto di qualità nei confl itti.

Lo sforzo di trasformare in forma lineare le prerogative sulle rispettive aree di competenza, grazie agli accordi di divisione che creavano precisi riferimenti confi nari (la Sesia, l’Abbeveratore, la

fontana Senice) e allo scavo di fossati divisori, conseguì successi ef-

fi meri nella determinazione di uno spazio che continuava a essere percepito dagli individui soprattutto in funzione del suo sfrutta- mento22.

21 Groneuer, Caresana, p. 98.

22 Arnoux, Perception et exploitation d’un espace forestier, p. 27, rileva lo scontro tra «deux perceptions différentes et sans doute incompatibles: celle des forestiers vise à donner de la forêt une image unifi ée d’un espace susceptible d’une gestion globale; celle des usagers est parcellaire et disseminée, vision d’un terroir par un paysan, experience individuelle destinée à rester informulée, à ne servir aucun projet d’organisation de l’espace». Per i confi ni di Gazzo cfr. supra, capitolo I.1.a. Per lo scavo di fossati nella foresta si veda, in particolare, il fosso divisorio tra i territori di Cozzo e di Caresana (oltre, capitolo III.2.a).

È opportuno rilevare che la pressione da parte dei contendenti sulle risorse di un’area incolta si spostò sul piano giurisdiziona- le, implicando la rideterminazione delle relazioni giuridiche tra comunità e signori e la defi nizione dei territori locali23. Le forze

della zona cercarono di affermare la loro autorità attraverso varie modalità, spesso sviluppate specularmente dalle parti in lite, che comunque delineano la capacità degli attori di pensare il territorio in maniera articolata: la congregazione di rustici in nuovi abita- ti, l’esercizio del banno sugli utenti della foresta e il dissodamen- to dei terreni. A queste modalità si accompagnarono altre azioni possessorie, quali il taglio dimostrativo della legna e il ricorso alla violenza rituale, che confermano ulteriormente tale capacità: esse facevano parte di percorsi elaborati all’interno delle strategie giu- diziarie per giustifi care le pretese dei convenuti e volti alla costru- zione delle prove, attraverso pratiche di fi ssazione della memoria e di registrazione per iscritto24. La giustizia dei tribunali urbani e

imperiali risultò tuttavia nel complesso ineffi cace: solo l’effettivo controllo del territorio e la continua mediazione con gli enti con- correnti riuscirono a raggiungere risultati più duraturi.

b. Il processo di disboscamento e le rivendicazioni giurisdizionali dei «milites» in una lite della seconda metà del Duecento

Un fascicolo cartaceo non datato, passato inosservato anche a causa di una non ovvia collocazione archivistica, consente di porta- re nuove informazioni sull’accesa competizione giurisdizionale ma- turata all’interno del territorio di Gazzo in tale periodo, ma anche sulle forme di percezione e di sfruttamento dello spazio incolto da parte delle comunità locali25. Si tratta di una raccolta di testimo-

nianze redatta probabilmente – come sembrerebbero indicare gli elementi grafi ci – poco dopo la metà del Duecento e riferita ad av- venimenti risalenti alla prima metà dello stesso secolo. L’occasione

23 Cfr. supra, capitolo I.2.a.

24 Su tali aspetti si veda il fondamentale volume di Wickham, Legge, pratiche e confl itti. Si tratta di operazioni, come suggerito da Vallerani, La riscrittura dei diritti nel secolo XII, soprattutto alle pp. 86-90, che si potevano comunque affi ancare all’adozione da parte dei protagonisti della logica del diritto romano, al cui interno devono essere inquadrati anche i procedimenti giudiziari presi in esame.

25 Per un confronto si può fare riferimento ad Arnoux, Perception et exploitation d’un espace forestier.

di stesura fu offerta da una lite fra la canonica di Sant’Andrea e il capitolo di Sant’Eusebio per la giurisdizione di Gazzo, di cui i Vit- torini – si deduce dal tenore delle domande poste – pretendevano di essere consignori26. Le questioni vertevano su tre punti. Innan-

zitutto, si cercò di accertare la fi sionomia del territorio di Gazzo: se fosse locus per se e di chi fosse spettanza, se fosse agrarizzato o incolto e chi ne fruisse. In secondo luogo, si tentò di chiarire la natura dei diritti rivendicati dalla canonica di Sant’Andrea. Infi ne, si chiese di delineare lo stato delle prerogative signorili gravanti su Caresana, in particolare riguardo alla costruzione di una torre27.

Alcuni individui ricordati nella deposizione sono collocabili ne-

Documenti correlati