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Le variabili che incidono sull’acquisto di un immobile

Le variabili che incidono sull’acquisto di un immobile

Le variabili che devono essere considerate quando si vuole determinare i motivi per cui un individuo affitta oppure acquista una casa piuttosto che un’altra sono molteplici.

La scelta di investire il proprio denaro in un immobile o addirittura di indebitarsi per tale fine dipende principalmente dal reddito di un individuo, dai prezzi degli affitti e da variabili demografiche.

Il reddito percepito deve essere valutato sotto due punti di vista: quantitativamente e qualitativamente.

Per quanto riguarda il primo aspetto si fa riferimento alla quantità di denaro ovvero all’ammontare di reddito percepito mensilmente o annualmente da un individuo. Mentre per qualità di reddito si intende identificare la provenienza, ovvero la tipologia di contratto di lavoro dal quale deriva l’entrata monetaria.

E’ possibile infatti che un reddito, seppure quantitativamente alto, derivi da un’attività temporanea e non necessariamente o sicuramente ripetibile. E’ questo il caso, per esempio, dei contratti a tempo determinato o a progetto, che sempre più interessano il nostro mercato del lavoro, e che non danno la sicurezza di un rinnovo contrattuale e quindi di un reddito permanente. Ovviamente non è solo questa tipologia di contratti che non assicura una rendita fissa, perché anche l’imprenditore stesso può attraversare periodi in cui la domanda del bene che produce è in calo e quindi, considerando un caso estremo, il suo reddito può anche arrivare ad essere negativo. Così come un dipendente a tempo indeterminato può trovarsi improvvisamente nella condizione di disoccupato per la chiusura o per il fallimento dell’azienda dove presta il proprio lavoro.

Ma, come sempre, l’individuo elabora le proprie scelte in base ad aspettative per cui potremo avere tutte le tipologie di lavoratori sopra considerati che si aspetteranno un reddito permanente per il futuro. L’individuo che ha un contratto a tempo determinato potrà aspettarsi un rinnovo contrattuale; l’imprenditore potrà prevedere, per la propria attività, una domanda costante o in crescita; il lavoratore a tempo indeterminato elabora le sue previsioni sull’azienda per cui lavora allo stesso modo dell’imprenditore per giudicare la stabilità o meno del suo impiego.

E’ chiaro comunque che per poter far fronte ad una spesa come quella che riguarda l’acquisto di un immobile, supponendo di doversi indebitare, sarà necessario aspettarsi di avere un reddito fisso che permetta anche nel futuro di supplire agli impegni economici presi nei confronti degli istituti che hanno erogato il capitale necessario o parte di esso1.

La scelta tra prendere in affitto od acquistare casa risulta essere, in molti casi, molto soggettiva ed influenzata da una serie di fattori che variano nel tempo: il periodo più o meno lungo per il quale il nucleo familiare ha intenzione di rimanere in quella casa può essere determinante per la scelta. Infatti è possibile

che per motivi di lavoro un individuo sia costretto a trasferirsi in una località solamente per un breve periodo di tempo e quindi decida di non acquistare casa in quella città ma di prendere in affitto un immobile per il periodo della sua permanenza.

Oppure, come abbiamo detto prima, un’altra variabile è la disponibilità finanziaria presente e futura del nucleo familiare che può condurre alla scelta di prendere in affitto una casa piuttosto che acquistarla se il reddito non è certo. Ma la scelta può dipendere altresì dalla volontà o meno di effettuare un significativo investimento di capitale; sappiamo infatti che ogni operatore ha le proprie preferenze e alcuni potranno scegliere di investire il proprio denaro in altri tipi di attività piuttosto che nell’acquisto di un immobile.

Tralasciando ora le condizioni soggettive che portano le famiglie a scegliere di affittare piuttosto che acquistare una casa, cerchiamo di capire qual è la scelta migliore dal punto di vista puramente economico.

Innanzitutto, la differenza sostanziale tra pagare la rata di un mutuo ed il canone di affitto consiste nel fatto che, mentre nel caso dell’acquisto tramite finanziamento, a fronte di un esborso mensile destinato al rimborso del mutuo, si diventa proprietari di un bene tangibile che acquista valore nel tempo, nel caso dell’affitto, a fronte di una spesa spesso di pari importo alla rata di un mutuo, l’immobile non diventa di proprietà e si perde così la possibilità di beneficiare della valorizzazione economica dell’immobile nel tempo. A questo si aggiunga che, per quanto riguarda l’affitto, i canoni vanno ad aumentare negli anni e gli incrementi sono legati solitamente all’inflazione o ai rinnovi contrattuali.

Date queste premesse, è probabile che la via migliore resti l’acquisto finanziato da un mutuo, soprattutto quando i tassi di interesse sono favorevoli, e in particolare nelle grandi città, dove gli affitti sono sempre più alti.

Nel caso di stipula di un mutuo, inoltre, esiste il vantaggio di poter detrarre fiscalmente gli interessi passivi in sede di denuncia dei redditi ed è quindi un incentivo in più alla scelta per l’acquisto.

In generale, questo tipo di investimento viene visto come ottimo per la casa dove si abita e come il più sicuro dalla maggior parte delle famiglie e quindi preferibile ad altri tipi di investimento.

Altri fattori che nel corso degli ultimi anni hanno sempre più spinto a scegliere l’acquisto a discapito dell’affitto sono stati sia la possibilità di allungare la durata del mutuo, sia la possibilità di finanziare l’acquisto per importi considerevoli o addirittura per l’intero importo. Fino a pochi anni fa si sentiva parlare di mutui decennali o al massimo ventennali, mentre ora siamo arrivati ad una durata massima di quaranta anni; in questo modo, a parità di importo finanziato, la rata del mutuo diventa accessibile anche a chi non ha un reddito particolarmente alto. Stesso discorso vale per il finanziamento dell’intero importo. Ha dato la possibilità di acquistare casa anche a chi non aveva nessun tipo di capitale monetario da investire. Bisogna però chiarire che gli istituti di credito, per erogare finanziamenti superiori all’80%, possono richiedere forme di garanzia aggiuntive, tra le quali il pegno su titoli, una sorta di ipoteca, posta però su un bene diverso da un immobile, o, più comunemente, una polizza fidejussoria. In quest’ultimo caso la polizza viene emessa da una Compagnia di Assicurazioni abilitata e copre la parte di finanziamento che eccede l’80% del valore dell’immobile. Più nel dettaglio, la Compagnia di Assicurazioni presta garanzia a favore della Banca contro il rischio di insolvenza da parte del debitore in relazione alla quota in eccesso rispetto all’80% del valore dell’immobile.

Molto spesso, le Banche, ad ulteriore garanzia, richiedono la stipula, oltre che di una polizza incendio, obbligatoria per tutti i mutui, anche di una polizza vita, per tutelarsi maggiormente contro il rischio di insolvenza causato dal decesso del mutuatario.

Tutte queste garanzie richieste dalle banche, seppure permettano di avere la possibilità di diventare proprietari della propria abitazione, aumentano, in maniera talvolta considerevole, i costi, non recuperabili in alcun modo, che devono essere sostenuti dall’acquirente e che molto spesso sono causa di rinuncia

Bisogna infatti considerare che, oltre al prezzo dell’immobile, l’acquirente dovrà sostenere le spese notarili, che sono generalmente proporzionali al valore dell’immobile ed aumentano nel caso in cui ci siano difficoltà aggiuntive per la redazione dell’atto, e le tasse di compravendita che comprendono l’imposta di registro, l’imposta catastale e l’imposta ipotecaria.

Per quanto riguarda, infine, i fattori demografici si rende necessario distinguere gli individui per paese di appartenenza, sesso ed età.

Chiuri-Jappelli (2003), usando un campione di individui appartenenti a 14 paesi dell’OECD2 su dati rilevati negli ultimi 30 anni, hanno evidenziato che la maggior parte dei proprietari è di sesso maschile e che in alcuni paesi come Australia, Canada, Stati Uniti ed Inghilterra l’acquisto della casa e la sua occupazione (e quindi l’indipendenza dalla famiglia di origine) avviene in età più giovane rispetto a paesi quali Austria, Italia, Giappone e Spagna.

Tabella 3.1 – Valori percentuali dei proprietari di case per fasce di età in 14 paesi OECD3.

Paese 26-35 anni 35-45 anni 46-55 anni

Australia 51,02 74,34 79,9 Austria 34,01 54,31 60,4 Belgio 44 71,57 75,4 Canada 58,1 77,25 81,56 Finlandia 53,76 81,29 86,74 Francia 34,88 61,88 68,62 Germania 18,49 39,15 43,69 Italia 22,2 54,4 66 Lussemburgo 33,71 61,19 77,98 Olanda 50,19 64,59 60,11 Spagna 40 67,8 73,83 Svezia 54,91 71,64 74,67 Regno Unito 63,8 75,06 74,54 Stati Uniti 49,29 71,61 78,94

2 Organisation for economic co-operation and development.

La tabella 3.1 riporta i valori percentuali di individui di sesso maschile proprietari di case divisi per classi di età ottenuti facendo la media dei valori rilevati su differenti anni.

Ponendo l’attenzione sui dati rilevati in Italia, emerge che il nostro paese ha la più bassa percentuale di proprietari nella classe di età più giovane fra i paesi presi in esame. Questo dipende da molti fattori, sia economici che culturali.

E’ infatti noto come nel nostro paese i tempi medi per conseguire un titolo di studio universitario siano più lunghi. Ciò comporta un ritardo nell’entrata nel mondo del lavoro e quindi preclude a molti la possibilità di acquistare una casa in età giovane, non avendo un reddito da lavoro. Questa situazione è stata alimentata dalla precarietà delle condizioni del mercato del lavoro giovanile: in Italia la condizione del precariato accomuna migliaia di giovani (la percentuale dei lavoratori a termine sale al 40,3 per cento degli occupati nella fascia d’età fra i 15 e i 24 anni) assunti con diverse formule (a tempo determinato, a progetto, stagionali, autonomi parasubordinati) come già abbiamo detto prima trattando dell’aspetto reddituale.

Considerando ancora i fattori demografici, ma ponendo l’attenzione alle singole città piuttosto che a nazioni diverse, si può senza dubbio affermare che esistono notevoli incrementi di prezzo quando da abitazioni site in periferia o in piccoli paesi ci soffermiamo a considerare il valore di vendita di case, della stessa tipologia e con la stessa superficie, situate nel centro della città o in paesi che hanno un particolare richiamo turistico. E la stessa discrepanza si ha se si considerano gli affitti di tali immobili. Nella figura 3.1 sono riportati i dati relativi alle compravendite di immobili residenziali registrate nelle città e nei comuni minori in Italia tramite l’indice NTN4 dal 2000 al 2007. Si intuisce subito la tendenza diversa delle due serie di dati con valori pressoché stabili o leggermente decrescenti per i capoluoghi e sempre crescenti per la provincia, salvo, per la prima volta dal 2001, un sensibile calo nel 2007 delle compravendite anche in provincia.

La figura mostra chiaramente l’elevato incremento di compravendite nei comuni non capoluogo, che nel periodo 2001-2006 sono passate da 456.625 a 599.900 (+31%) e la netta inversione di tendenza registrata nel 2007, mentre nello stesso periodo il mercato dei capoluoghi è rimasto molto più stabile, con livelli di compravendite superiori a quelle del 2001.

230.340 224.640 242.812 235.236 244.635 248.317 245.152 227.538 460.137 456.625 518.710 526.849 559.490 585.033 599.900 578.687 200.000 300.000 400.000 500.000 600.000 700.000 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 N T N Capoluoghi Provincia

Nei prossimi paragrafi, quando parleremo in modo più dettagliato del prezzo degli immobili, cercheremo di capire i motivi per cui si è avuto un aumento di compravendite solo in provincia. Per il momento, possiamo senza dubbio affermare che, nonostante in Italia circa 3,2 milioni di famiglie vivano in case affittate da privati, la soluzione al problema abitativo non può essere risolto con l’affitto. Infatti, come già accennato precedentemente, a seguito della soppressione della legge sull’equo canone l’offerta privata di abitazioni in locazione si è riattivata con valori dei canoni crescenti ad un ritmo superiore a Figura 3.1 – Indice NTN 2000-2007 per i Capoluoghi e per la Provincia.

quello dell’inflazione, generando una situazione sociale che scoraggia la decisione dei giovani di uscire dal nucleo familiare originario prendendo in locazione un immobile.

Infatti se fino a pochi anni fa c’era molta differenza fra pagare la rata di un mutuo e un canone di locazione, per cui essere indipendenti dalla famiglia d’origine poteva diventare una condizione attuabile tramite l’affitto, adesso la differenza è minima e quindi, dal punto di vista economico, ma anche pratico, non può più essere una scelta considerabile, almeno nella maggior parte dei casi, prendere in locazione un immobile.

Questa considerazione è sostenuta anche dai dati rilevati da Banca d’Italia e riportati nel “Supplementi al Bollettino statistico. I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2006.” del 28 Gennaio 2008, dal quale emerge che più del 60% dell’indebitamento delle famiglie italiane nel 2006 è destinato all’acquisto o alla ristrutturazione di immobili per esigenze familiari e che il rapporto tra debito complessivo e reddito disponibile è più elevato per le famiglie giovani o residenti nei comuni con oltre 500.000 abitanti.

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