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5. LA DONNA SCIAMANA

5.7 La leadership nelle religioni femminili

L’ideologia di genere e il sesso dei leader religiosi sono strettamente intrecciati. Ho già parlato in precedenza di come l’esclusività femminile della maternità porti gli uomini a sviluppare idee di antagonismo sessuale e a immaginare le proprie divinità come maschili, forti e autogeneratisi. Di conseguenza nelle loro religioni solo quel sesso è degno di occupare ruoli rilevanti. Nei culti femminili invece, accade il contrario ma non per un discorso di supremazia sessuale. Le donne sono credute più adatte ai compiti rituali perché gigantesca corda, spessa quanto un uomo e lunga decine e decine di metri. Alla fine vince sempre il lato femminile. Un altro rito simile consiste in un incontro di sumo in cui un uomo adulto mascherato combatte contro una donna anziana e anche in questo caso la vittoria va sempre alla donna. Il successo del principio femminile significa garanzia di fertilità e buona fortuna. Susan STARR SERED…cit. p.204

180 Per approfondimenti vedi Antonetta BRUNO, “Introduzione allo sciamanesimo in Corea” Studi e Materiali di Storia delle Religioni, Vol. 63, Japadre editore, L’Aquila-Roma 1997 pp.103-130

169 cucinare il cibo sacro o prendersi cura degli altari è ciò che fanno a casa propria quotidianamente.

Anche le religioni della donne esattamente come quelle degli uomini presentano una gerarchia. Tuttavia questa non si basa sulla ricchezza o la scolarizzazione bensì sul livello di sviluppo spirituale raggiunto e dato che le donne anziane hanno vissuto più a lungo delle altre e hanno acquisito maggiore esperienza nel culto, ricoprono in genere i ruoli più importanti. La sofferenza è un tema che emerge ripetutamente nelle storie di vita delle leader ed è usata in molte religioni femminili per giustificare la posizione di “supremazia” che alcune occupano all’interno del gruppo. Ho già ampiamente illustrato come in tutti e tre i paesi presi in esame, si assurga a tale ruolo in seguito a una strana malattia o a visioni divine che tormentano l’interessata senza sosta. All’inizio la donna resiste, lotta contro il dio che la vuole sua ma infine capitola accettando la chiamata.

È curioso notare come gli altri membri della comunità accettino il suo ruolo senza proteste o obiezioni. Il fatto che la donna venga scelta dagli dei e non decida ella stessa di diventare sciamana è una soluzione ideale all’insorgere di invidie nei suoi confronti o dubbi circa le sue reali capacità spirituali. La carica di leader religiosa implica un grande potere non solo spirituale ma anche autoritario per via della posizione di intermediaria fra gli dei e la sua comunità. Inoltre, anche il discorso economico ha una certa rilevanza. La sciamana infatti guadagna molto dalla sua attività religiosa, tanto da mantenersi senza problemi o addirittura condurre una vita piuttosto agiata. Dichiarare dall’oggi al domani di voler intraprendere un simile percorso senza alcuna ispirazione sovrannaturale sarebbe preso dalla gente comune come uno escamotage per fare soldi facili e la donna verrebbe screditata e tacciata di millanteria182 .

182 Un articolo molto interessante sull’argomento è: Antonetta Lucia BRUNO,“Transactions with the Realm of Spirits in Modern Korea”, Sungkyun Journal of East Asian Studies, Vol.7 N°1 apr. 2007, pp. 47-67

CONCLUSIONE

La questione che ha ispirato questo studio è stata se le religioni sciamaniche dell’Asia Orientale hanno o no dei punti in comune tra di loro e se esistono delle ragioni che giustifichino tali somiglianze. Mi sono soffermata su un’area geografica specifica quella estremo orientale rappresentata da Giappone, Corea e isole Ryūkyū e ho analizzato lo sciamanesimo nei vari paesi sotto il profilo storico, politico e culturale. Dalla consultazione del materiale bibliografico è emerso che tutta quest’area una volta rappresentava un unicum sia dal punto di vista delle credenze che delle pratiche religiose e il minimo comune denominatore era la presenza femminile ai vertici della gerarchia del culto.

Nell’antichità sia in Giappone che nelle Ryūkyū si sono avvicendate sul trono diverse regine sciamane che in concomitanza con i fratelli reggevano il regno mentre in Corea le mudang svolgevano la funzione di veggenti e profetesse di corte. Oggi la predominanza femminile nel ruolo di moderatrice del mondo spirituale è ascrivibile ad antiche credenze nel potere intrinseco delle donne, un potere in grado di custodire gli uomini, curarli e proteggerli dalle insidie del mondo esterno. A Okinawa il ruolo della sorella è fondamentale per la sicurezza dei fratelli che si allontanano da casa, in Corea la madre è colei che protegge l’ambiente domestico propiziando i suoi dei affinché gli spiriti dei morti non interferiscano con le vite dei vivi e in Giappone è la donna quella che stabilisce il dialogo con l’aldilà e si occupa di mantenere positive le relazioni tra mondo sacro e profano.

La possessione è la caratteristica dello sciamanesimo femminile. Senza di essa non ci sarebbe comunicazione col divino. A differenza dello sciamanesimo maschile di Siberia, in cui prevale la componente estatica del volo mistico verso altri mondi, quello femminile prevede il movimento contrario verso il basso, con la specialista religiosa che fa da molla di richiamo degli spiriti e li attira sul nostro piano esistenziale. Certi psicologi hanno attribuito la tendenza delle donne a sperimentare la possessione a ragioni biologiche e sociali.

Posso dunque concludere che tutti e tre i paesi hanno avuto un passato storico comune in cui la società era matriarcale e la donna ricopriva importanti cariche in materia religiosa attraverso l’esercizio della possessione spiritica. Ad oggi però solo nelle Ryūkyū si conserva questo assetto, grazie alla mancata presa di potere delle fedi e delle mentalità maschiliste provenienti dal continente. Altrove la situazione è molto diversa.

La Corea è caduta prima sotto l’influenza del Buddismo e poi del Confucianesimo convertendosi in una società patriarcale che pone l’accento sulle relazioni patrilineari ed esclude le donne dai riti pubblici. Tuttavia, al di là delle apparenze il cosiddetto “sesso debole”, nell’ambiente domestico, sfodera una lingua e un acume manageriali con cui scende a patti con divinità e spiriti di sorta. La mansin, la professionista religiosa, sublima tutto questo nella sua persona e lo esplicita nel rito. La donna dunque non è così subalterna come appare ufficialmente e la religione femminile è complementare a quella maschile per il mantenimento delle buone relazioni col sovrannaturale.

In Giappone invece l’assetto religioso è profondamente mutato rispetto all’antichità. La maestosa miko che da sola gestiva i rapporti con gli altri livelli del cosmo si è estinta e oggi a sopravvivere sono solo sue reminescenze: la itako del nord est, che opera da sola ma si limita a perpetrare riti antichi senza alcuna ispirazione divina e le medium passive che hanno bisogno d’essere stimolate alla possessione da un asceta. Anche se le guaritrici professioniste o le fondatrici dei nuovi culti condividono con l’antica miko il suo iter iniziatico costituito da malattia sciamanica, possessione e accettazione del ruolo, esse non hanno più niente a che vedere col suo alto status sociale o il suo grande potere politico e religioso. Nel corso dei secoli, il pensiero maschilista, le pratiche buddiste e le idee confuciane introdotti dal continente hanno contribuito a erodere notevolmente il potere religioso della donna nelle isole nipponiche declassandola a personaggio minore e secondario e sostituendola con l’uomo nel dialogo col sacro.

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IMMAGINI

Figura 5 Haniwa rappresentante l’antica miko

Figura 6 Himiko, regina di Yamatai

Figura 8 Re Shō Shin e la sua corte

Figura 11 Corona dei sovrani del regno di Silla

Figura 13 Antica illustrazione di un kut

Figure 14, 15, 16 Mudang

Figure 17, 18, 19, 20 Itako

Figure 24, 25, 26 Yamabushi

Figura 30 I cinque Budda Dhyani del Buddismo esoterico

Figure 33, 34 I due

maṇḍala

dell’esoterismo il Kongōkai e il Taizōkai

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