5. LA DONNA SCIAMANA
5.4 Il rituale nelle religioni femminili
Sia in Corea che a Okinawa il rituale serve a sancire le buone relazioni con il mondo del sacro. Si eseguono riti come ringraziamento per il raccolto, per assicurare la prosperità per l’anno seguente, scacciare gli spiriti maligni, informare gli dei che una speciale cerimonia avrà luogo e richiedere la loro presenza. Divinità e antenati vengono generalmente messi al corrente di tutti gli eventi più importanti della famiglia e del villaggio tra cui nascite, morti, transazioni commerciali, matrimoni. In parte delle isole Ryūkyū le noro ogni anno prima del
festival del raccolto eseguono dei rituali segreti in cui intrattengono un dio come
amante e in certe comunità ci sono cerimonie di benvenuto alle divinità giunte da mondi lontani per portare fertilità e prosperità172.
Il rito è la facciata esterna della religione e attraverso di esso le persone danno espressione alle loro credenze, ai loro miti, alle loro speranze e paure. Il rito serve a consolidare individui disparati in un gruppo e a collegare quest’ultimo con il regno del sovrannaturale. Le religioni delle donne tendono ad avere un orientamento interpersonale piuttosto che individualistico e infatti raramente includono eremiti che dimorano in isolamento mistico sulle cime delle montagne173. Il rapporto umano è alla base dell’esperienza quotidiana delle donne e gli
172 Sorge spontaneo il confronto con l’antica miko che aveva una relazione erotica con il dio che l’aveva posseduta al momento della sua iniziazione. Sembra che a Okinawa questo modello sia sopravvissuto e che la noro in qunto sposa della divinità prosegua la tradizione oramai scomparsa in Giappone. Anche l’idea diffusa nelle isole dell’arrivo periodico degli dei da una terra misteriosa al di là del mare sembra ricollegarsi all’antica credenza giapponese nel tokoyo e nei marebito, che oggigiorno sopravvive solo in alcune zone del nord di Honshū come festival tradizionale per la visita dei namahage.
173 Che in Giappone ci siano donne che scelgono la via dell’isolamento per seguire un percorso spirituale, è da attribuirsi al fatto che esse si muovono all’interno di un contesto religioso maschile, il Buddismo, che enfatizza il valore della solitudine nel cammino verso il raggiungimento dell’Illuminazione.
162 psicologi hanno spiegato questa inclinazione in termini di connessione, intimità, ed inclusione col gruppo. Invece gli uomini sono più escludenti, danno valore alla distanza e all’autonomia, tendono a marcare i confini e a interporre ostacoli, tra loro stessi e il prossimo. In altre parole per le donne la parola “noi” significa “noi e loro” intrecciati e interdipendenti, per gli uomini “noi” ha più il valore di “solo noi, non loro”. Le religioni femminili illustrano e chiarificano queste idee.
Di solito quando gli dei o gli antenati si sentono offesi per la negligenza o l’offesa del singolo, non puniscono il soggetto in particolare ma un altro membro del gruppo in una sorta di “punizione comune”. Nelle Ryūkyū le conseguenze per aver trascurato l’esecuzione di un rito o per cattiva condotta non si abbattono esclusivamente sull’individuo ma su tutti i membri della sua famiglia. In Corea invece a soffrire è il membro della famiglia che l’oroscopo della mansin ha indicato come particolarmente vulnerabile per l’anno in corso. Dei o uomini, vivi o morti in Asia Orientale nessuno può sfuggire alla stretta relazione che intercorre tra singolo, famiglia e comunità e i mali che si manifestano nel nostro mondo sono solo una conseguenza della rottura dell’armonia fra le parti. La comunità ne risponde in solido e quindi i riti di pacificazione devono essere eseguiti non dal singolo ma da tutta la collettività.
L’enfasi sul cibo e sulla sua preparazione è uno dei temi comuni nei sistemi rituali delle religioni femminili. In tutte le culture il cibo è un simbolo sacro perché è ingerito e incorporato dal credente. Nelle isole Ryūkyū molti riti prevedono offerte alimentari ai kami o agli antenati nonché incenso e bevande174 distillate dal riso, dal miglio o dalle patate. Le vivande donate alle divinità sono del tutto simili a quelle per gli esseri umani e prevedono oltre ai dolcetti di riso anche del pesce secco, della polpa di granchio salata, germogli di soia, semi di sesamo e varie zuppe di pesce o di fave. Dopo la cerimonia e la festa susseguente le offerte
174 In passato uno dei compiti cerimoniali delle sacerdotesse era quello di preparare le bevande alcooliche masticando i chicchi dei cereali e permettendo alla saliva di agire da catalizzatore per indurre la fermentazione. Susan STARR SERED…cit.p.133
163 vengono consumate dalle sacerdotesse e gli avanzi portati a casa. Le casalinghe, analogamente, offrono del cibo alla divinità del focolare hinukan due volte al mese e poi lo consumano condivedendolo con tutta la famiglia. Lo stesso avviene in Corea nei rituali del kosa, dove la donna nutre gli dei con varie pietanze preparate da lei personalmente e poi le distribuisce a tutti i membri della famiglia. Durante il
kut, le donne cucinano ingenti quantità alimentari per dar da mangiare alle
divinità incarnate nel corpo della mansin e il restante viene spartito fra le sciamane che hanno officiato la cerimonia.
In gran parte delle culture le donne preparano da mangiare, perciò non c’è da sorprendersi che i rituali del cibo siano così importanti nelle religioni femminili. Essi sacralizzano l’atto del cucinare e del servire e perfino nei rituali maschili le donne sono le responsabili della preparazione del vitto necessario alla cerimonia officiata dagli uomini (come nel chesa coreano o nel sabbath ebraico). Comunque, a differenza delle fedi incentrate su una divinità maschile in cui le derrate sono servite in piccole porzioni simboliche (basti pensare alla semplicità dell’ostia nell’Eucarestia), nei culti delle donne le cibarie sono varie e abbondanti. Condividere il cibo serve a creare un ponte con l’altro mondo ed enfatizza le buone relazioni tra vivi, morti e spiriti divini.
È interessante notare come nella maggior parte delle religioni maschili l’offerta agli dei è il sacrificio animale, mentre nelle religioni femminili il dono di alimenti quali verdure o prodotti dalla lavorazione dei cereali. Studiando l’antica religione ebraica alcuni studiosi hanno concluso che il sacrificio animale era il modo più antico che gli uomini conoscevano per conversare con il divino. Probabilmente tale usanza ha avuto origine in seno alla cultura nomade, presso quelle popolazioni del Medio Oriente e dell’Asia Centrale175 che non disponendo
175 Esaminando lo sciamanismo in Asia Centrale l’antropologo russo Basilov notò due assetti diversi. Fra le popolazioni turche dei kazaki e dei turkmeni, in prevalenza nomadi della steppa e del deserto, lo sciamano era di sesso maschile mentre fra i tagiki, in gran parte dediti all’agricoltura, femminile. La cosa affascinante è che solo i primi si cimentavano in rituali del sangue come ad esempio saltare a piedi nudi su delle sciabole o trafiggersi ripetutamente il corpo con pugnali.
164 di terra fertile da coltivare praticavano la pastorizia o l’allevamento del bestiame. Sgozzare un animale e condividerne le carni è un rituale dell’amicizia e della solidarietà: in quel momento i partecipanti, la divinità e la vittima sacrificale sono creduti condividere lo stesso sangue. I legami all’interno della tribù o del clan vengono rafforzati attraverso l’ingestione della linfa vitale della bestia uccisa176.
Secondo Susan Sered, simili rituali sono diffusi nelle società patriarcali perché servono a cementificare le relazioni maschili. Gli uomini infatti fondano sul sangue il legame con altri uomini e lottano con la terrorizzante consapevolezza che tale legame è solo ipotetico (ad esempio tra un suocero e un genero o tra cognati). Dunque, nutrirsi tutti insieme dell’animale sacrificato è un modo per creare rapporti stabili, duraturi, di lealtà e mutua obbligazione. Nelle religioni femminili invece non è importante creare o rafforzare i legami di sangue bensì quelli sociali. È per questo che nei riti delle donne si dedica molto tempo alla preparazione di pietanze elaborate e al mangiare tutti insieme. I rituali del cibo sono un modo per socializzare con le persone oltre che un ottimo espediente per addomesticare le divinità prendendole per la gola.