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Il legame fraterno tra Giani e Carlo

4. Le relazioni con gli altri combattenti: come si vive il rapporto con l’esercito

4.2. Il legame fraterno tra Giani e Carlo

pensare che non avremo più soltanto la nostra vita da rischiare o da guardare, ma la vita di tanti uomini affidata a noi, sospesa a un nostro comando».186

Il tema dell’irredentismo che permea l’intero romanzo e del quale i tre fratelli, in quanto volontari triestini, sono l’emblema, viene sviluppato dall’autore non tanto nell’ambito del mondo militare, ma piuttosto nella dimensione della città e più specificatamente nella condizione delle donne triestine rimaste a casa ad attendere i loro uomini. Per quanto Stuparich sviluppi molto bene il tema bellico, descrivendo anche gli aspetti più crudi della guerra in trincea, in questo romanzo non sono presenti quei sentimenti di accusa verso i volontari triestini, forse perché l’autore, in questo caso, predilige porre l’accento sul comportamento puro dei tre protagonisti, per mostrare come il valore umano alla fine prevalga su tutto, anche sul male.

4.2. Il legame fraterno tra Giani e Carlo

I rapporti di Giani con l’esercito non sono segnati solamente dalla difficoltà di relazionarsi con gli altri soldati, ma anche dal rapporto fedele e sincero con il fratello Carlo, che si intensifica sempre più proprio a causa dell’egoismo dei compagni. L’amore fraterno assume così un ruolo centrale nell’opera, che diventa un viaggio comune verso la guerra, tanto che si può parlare di diario plurale, perché entrambi sono protagonisti della vicenda e insieme trovano il coraggio di andare avanti, contando l’uno sull’altro. I due fratelli sono inseparabili e l’autore evidenzia questo rapporto simbiotico con la ripetizione dell’espressione «Carlo ed io», la quale sottolinea la complicità tra i due giovani. Essi infatti sentono il costante bisogno l’uno dell’altro: Giani sente la necessità di raccontare al fratello quello che prova, quello che vede e ciò che vive quotidianamente nella trincea, per condividere con lui i suoi pensieri.

Giani e Carlo trascorrono insieme ogni istante di vita al fronte, insieme leggono la posta, ricordano i lieti momenti della vita passata, rivelano le proprie paure, come la morte e pensano costantemente alla propria famiglia, come si è accennato precedentemente. A Giani basta osservare gli occhi del fratello per comprendere il suo stato d’animo e non si trattiene dal manifestare un senso di protezione nei confronti del fratello minore, preoccupato per la sua giovane età e per la sua debolezza fisica, che lo

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84 porta a non distogliere mai l’attenzione dalla sua persona. Carlo, agli occhi di Giani, appare come un bambino ingenuo e indifeso che egli deve proteggere e del quale sente la responsabilità, nonostante Stuparich sia ben consapevole della forza e nobiltà d’animo del fratello: «Perché non posso essergli madre e stringerlo al mio petto e proteggerlo?».187 L’apprensione di Giani è tale, che egli vorrebbe poter dare a Carlo la sicurezza di un abbraccio materno, quella protezione genitoriale, di cui si sente la mancanza nella precarietà della guerra.

Quando Carlo viene colpito da una forte dissenteria e si lamenta per un’intera nottata, Giani non stacca gli occhi di dosso al fratello neppure per un minuto e soffre con lui, poiché incapace di trovare un rimedio al suo dolore. La stessa premura si riscontra in un altro episodio, avvenuto nel mese di giugno, quando Carlo presenta forti crampi allo stomaco e la febbre alta. La sua salute cagionevole, che lo rende facile preda delle malattie, impensierisce Giani, il quale, anche se cerca di essere sempre positivo, preferirebbe di gran lunga saperlo a casa con la madre, al sicuro: «quanto più tranquillo sarei, se egli fosse a Firenze, al sicuro, e potesse almeno lui esser certo di riveder la mamma».188 Questo atteggiamento di protezione caratterizza il comportamento di Giani nei confronti del fratello ed esprime tutta la sua generosità di uomo. Si tratta di un amore puro, che non lascia spazio a gelosie o egoismi, ma solo a sentimenti positivi di amore incondizionato e affezione. La stessa compassione che Stuparich prova per i poveri soldati, la riserva anche al fratello, dolorante a causa delle punture di insetto che gli hanno deformato il volto: non sopporta di vederlo soffrire e sarebbe disposto a compiere qualunque gesto per alleviare il suo dolore.

L’intesa tra i due triestini è molto forte tanto che, quando viene ferito, Giani legge nello sguardo del fratello i suoi sentimenti contrastanti di amore, ma anche di dolore e disperazione: «uno sguardo in cui s’è protesa tutta l’anima».189

Ricoveratosi per alcuni giorni all’ospedale di Cervignano, in attesa di guarire, lo scrittore lamenta la solitudine e la mancanza del fratello. La lontananza da Carlo, non potendo avere sue notizie, lo logora perché lo spinge a farsi mille domande sulla salute del fratello, alle quali però non può avere risposta: «cosa sarà di Carlo in questo momento? Forse è morto […] o, se vive, la sua pena e la sua tristezza al pensiero di me sono così inconsolabili, ch’io le 187 Ivi, p. 83. 188 Ivi, p. 85. 189 Ivi, p. 148.

85 sento fin qua e mi passano l’anima».190

Soltanto il pensiero che a Carlo possa essere accaduto qualcosa di spiacevole tormenta e addolora Giani.

Sono davvero molti gli episodi nei quali Giani mostra il suo attaccamento al fratello, preoccupandosi, soffrendo, pensandolo intensamente, ma uno degli istanti forse più commoventi è costituito dal giorno del compleanno di Carlo, avvenuto il 3 di agosto. Neanche in un giorno di festa come questo i due fratelli possono stare sereni: la presenza della morte li accompagna costantemente, «mi chino a dargli un bacio sulla fronte per la sua festa. Mi dice che un mese fa ha scritto il suo testamento, in un quaderno che porta sempre nella tasca interna della giubba».191 Carlo compie solo ventun anni e Giani pensa alla madre che lo ha sempre avuto vicino in questa giornata speciale, invece stavolta il figlio non sarà a casa assieme a lei. La figura della madre, rievocata soltanto attraverso i ricordi, rappresenta il perno dell’amore fraterno tra i due soldati, l’unico punto di riferimento, nonostante la distanza.

La sensibilità e la bontà di Carlo si riconoscono anche nei suoi piccoli gesti quotidiani che suscitano in Giani il ricordo del passato:

«Carlo getta bricioline di galletta a un pulcino. Quella sua aria dolce, quel suo gesto mi solleva dal cuore, fino in gola, un’onda di commozione. Ricordo Umago, l’aia con le galline e i pulcini e le due tacchine; l’olivo storto, ai piedi del quale piaceva tanto alla mamma di sedere; e di lì ella sorrideva al suo figliolo diciottenne, che alto sopra il branco pigolante gettava le briciole del pane».192

Il gesto generoso del fratello minore, che getta delle briciole di pane a un pulcino, commuove Giani, poiché nella realtà violenta della guerra, questi attimi di umanità muovono l’animo. L’autore torna con la mente al passato, ai periodi trascorsi nella città di Umago immersi nella vita di campagna. Lì Carlo gettava le briciole di pane ai pulcini, proprio come ora, mentre la madre, osservandolo, sorrideva compiaciuta. L’ultimo pensiero è indirizzato proprio alla madre, il cui pensiero infonde un’incredibile forza dell’animo dei due giovani: «Se tu lo vedessi ora, mamma, a fare lo stesso, il tuo Carlo, vestito da granatiere, […] più grande forse, con una tinta di tristezza sulla faccia, ma con gli occhi sorridenti e buoni!».193

190 Ivi, p. 152. 191 Ivi, p. 172. 192 Ivi, p. 46. 193 Ibidem.

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