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La legge n° 69-3 del 3 gennaio 1969 relativa all’esercizio delle attività ambulanti e al regime applicabile alle persone circolanti in Francia senza domicilio né residenza fissa, attribuisce per la prima volta uno statuto alle persone itineranti, alle quali viene attribuito l’appellativo “gens du voyage ”, che sostituisce il termine “nomadi”, utilizzato fino ad allora nei testi legislativi.

L’articolo 3 di tale legge, tutt’ora in vigore, stipula che :

“ les personnes âgées de plus de seize ans […] et déporvues de domicile ou de résidence fixe depuis plus de six mois doivent, pour pouvoir circuler en France, être munie du titre de circulation […] si elles logent de faҫon permanente dans un véhicule, une remorque ou tout autre abri mobile.”

Il 5 ottobre 2012, il Consiglio costituzionale ha abrogato diverse disposizioni di questa legge, relative agli obblighi specifici previsti per i “gens du voyage”.

La legge del 1969 aveva infatti sancito l’istituzione di “titoli di circolazione”, che sostituivano i “certificati antropometrici” previsti dalla legge del 1912:

- un livret spécial de circulation , per le persone di nazionalità francese, che avessero compiuto i 16 anni, sprovviste di fissa dimora da più di 6 mesi, che potessero dar prova di possedere entrate economiche regolari, esercitassero una professione ambulante e alloggiassero stabilmente in un veicolo (oltre al professionista titolare di questo documento dovevano esservi iscritti il coniuge, i figli e gli eventuali dipendenti);

- un livret de circulation, per le persone di nazionalità francese, che avessero compiuto i 16 anni, sprovviste di fissa dimora da più di 6 mesi, che potessero dar prova di possedere entrate economiche regolari e alloggiassero stabilmente in un veicolo, senza però esercitare attività ambulanti;

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Cfr. Emmanuel Flhol, La loi de 1912 sur la circulation des “nomades” (Tsiganes) en France, in REMI ( Revue européenne des migrations internationales), vol. 23 n°2, 2007 (http://remi.revues.org/4179), p. 15, consultata il 3/02/2015.

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- un carnet de circulation per le persone di nazionalità francese, che avessero compiuto i 16 anni, sprovviste di fissa dimora da più di 6 mesi, che non potessero dar prova di possedere entrate economiche regolari, non esercitassero attività ambulanti, ma alloggiassero stabilmente in un veicolo.

Tali titoli di circolazione avevano 5 anni di validità, ma dovevano essere vidimati ogni tre mesi dalla polizia (per quanto riguardava i “carnet de circulation”) e dall’autorità

amministrativa (per i “livret de circulation”).

Il Consiglio costituzionale ha dunque dichiarato incostituzionali le disposizioni relative al

“carnet de circulation”, sancendo l’abrogazione dell’art. 5 di questa legge, che prevedeva

l’imprigionamento dai tre mesi ad un anno per coloro che circolassero senza aver ottenuto tale documento; il Consiglio riteneva infatti che un simile obbligo comportasse una

limitazione sproporzionata dell’esercizio della libertà di circolazione.

Mentre il “carnet de circulation” è stato eliminato, il “livret de circulation” è tuttora in vigore, in quanto è stato giudicato meno vincolante, ed è prevista un’ammenda di 1500 euro per coloro che circolano senza essersi fatti rilasciare tale documento o senza averlo fatto vidimare nelle scadenze prestabilite dalla norma. E’ stato mantenuto in vigore anche il “livret spécial de circulation”, che comporta l’iscrizione al registro del commercio oppure all’albo delle professioni.58

La legge del 1969 condiziona, limitando e complicando nella pratica, l’accesso ai diritti civici, specialmente l’accesso al diritto elettorale e l’ottenimento di certificati

anagrafici che possono riguardare la celebrazione del matrimonio, il permesso d’inumazione e i documenti d’identità.

Per quanto riguarda il diritto di voto infatti, in Francia la condizione necessaria per poterlo esercitare é la sedentarietà, dunque le persone itineranti, che non hanno stabilito la propria residenza in un comune, ne risultano impossibilitate. È stato dunque necessario trovare un artificio giuridico che permettesse di aggirare la questione, così la legge del 1969, nei suoi articoli 7, 8 e 9, ha introdotto la nozione di “commune de rattachement” (comune di riferimento) per le persone sprovviste di residenza fissa.

Quest’ultime sono tenute a fare richiesta di assegnazione di un comune, il quale costituisce una domiciliazione, ma non implica in alcun modo una presenza fisica. La legge determina inoltre che il numero delle persone detentrici di un titolo di circolazione, prive di domicilio e fissa dimora, assegnate ad un comune, non deve

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Jean – Pierre Liégeois ( Dir.), L’accès aux droits sociaux des populations tsiganes en France. Rapport

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superare il 3% della popolazione municipale, salvo in caso di deroga eccezionale apportata dal prefetto, con l’intento di assicurare l’unità del nucleo famigliare.

L’assegnazione ad un comune ha una durata minima di due anni, dopo i quali è possibile richiedere di cambiare comune a condizione che tale scelta venga motivata, attestando l’esistenza di legami significativi nel luogo di preferenza.

L’articolo 10 di tale norma specifica inoltre che l’assegnazione ad un comune apre la via ad ulteriori diritti e doveri civici: la celebrazione del matrimonio, l’iscrizione nelle liste elettorali (previa domanda da parte dell’interessato), l’adempimento degli obblighi fiscali, l’adempimento degli obblighi previsti dalle legislazioni di sicurezza sociale e dalla

legislazione relativa all’aiuto ai lavoratori disoccupati, e l’obbligo del servizio nazionale. Come accennato in precedenza anche questo articolo ha subito una modifica il 5 ottobre 2012, in quanto il Consiglio costituzionale ha dichiarato incostituzionale la disposizione che obbligava le persone, in questo caso specifico i “gens de voyage”, ad attendere 3 anni prima di potersi iscrivere nelle liste elettorali del cosiddetto “comune di riferimento” e dunque di poter votare nel proprio luogo di residenza.59