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Leggere la povertà alla luce del capitale sociale ››

Il tema del capitale sociale e delle integrazioni tra variabili sociali e riscontri economici è una delle tematiche più analizzate negli ultimi anni nell’ambito delle scienze sociali. Le situazioni in cui si forma il capitale sociale stabiliscono relazioni che determinano una potenziale cooperazione tra le persone. Le relazioni sono di tipo collaborativo quando una persona aiuta l’altra senza chiedere o ricevere nulla in cambio, facendo diventare la gratuità una caratteristica per accrescere il prestigio della collettività. L’agire secondo principi universalistici e per pura generosità, alimenta nelle persone il senso di fiducia e aiuto scambievole, nei confronti di tutti i membri di una comunità, soprattutto di quanti sono più vulnerabili. Ipotizzando forme di solidarietà e reciprocità da parte della comunità nei processi di deprivazione, possono emergere nuovi strumenti da inserire nel sistema di soddisfacimento dei bisogni.

In questo paragrafo cercheremo di fornire una panoramica, pur non esaustiva, delle differenti definizioni di capitale sociale come elemento capace di favorire l’inclusione/esclusione delle persone rispetto alla comunità e al mercato del lavoro. Una tale concezione della dotazione di capitale sociale sarà poi da noi utilizzata nella parte empirica della nostra ricerca per comprendere le conseguenze determinate dalla sua assenza nei percorsi di vita delle persone intervistate. Nello specifico faremo riferimento a quelle definizioni secondo cui la vita degli individui può essere agevolata e migliorata qualitativamente dai legami sociali.

Nella letteratura evidenziamo come, fin dalla sua prima apparizione, il termine capitale sociale sia stato saldamente legato alla dimensione più strettamente comunitaria della vita sociale. In questo caso il riferimento è a Lyda J. Hanifan che coniando il termine nel 1916, utilizza il concetto per spiegare il rapporto di funzionalità esistente tra le reti di solidarietà e lo sviluppo economico e democratico della sua comunità, quella del West Virginia. La studiosa sottolinea i benefici scaturiti dalle relazioni intrattenute dalla persona nel suo tessuto sociale. Il capitale sociale, diventa, quindi ascrivibile al complesso di beni intangibili che hanno valore più di ogni altro nella vita quotidiana delle persone: precisamente, la buona volontà, l'appartenenza ad organizzazioni, la solidarietà e i rapporti sociali tra individui e famiglie che compongono un’unità sociale.

Daniela Pisu

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L’emarginazione sociale, invece, porta l’individuo a sentirsi abbandonato a se stesso e pertanto “socialmente indifeso”. Ma se entra in relazione con i suoi vicini e questi con altri vicini, accumula capitale sociale per soddisfare i suoi bisogni ed esprimere una “potenzialità sociale sufficiente” al miglioramento delle condizione di vita dell’intera collettività45. Il prodotto dell’interazione di questi beni intangibili si traduce con

l’accrescimento del benessere individuale dovuto alla reciprocità caratterizzante le relazioni comunitarie.

Nelle pagine che seguiranno trovano esposizione, nell’ambito della sociologia relazionale, le posizioni di Bourdieu e Donati, emblematiche del carattere interattivo del capitale sociale. L’enfasi successiva è posta sulla costruzione della realtà sociale di Berger e Luckman e sugli idealtipi di homo comunitarius e homo civicus proposti da Cesareo e Vaccarini.

1.4.1 La prospettiva della sociologia relazionale

Il concetto di capitale sociale è stato inserito, in questa ricerca, allo scopo di approfondire l’incidenza della dotazione di risorse sociali e delle relazioni comunitarie all’interno dei processi di impoverimento. Gli studi sul tema mostrano che la socialità è in grado di rafforzare l’identità sociale e il senso di appartenenza alla comunità. Il ruolo delle caratteristiche sociali concernenti una determinata comunità e come queste possono essere considerate componente causale del processo economico all’interno di una specifica area territoriale, viene fatto risalire a Pierre Bourdieu. Secondo l’autore, gli individui dispongono di un capitale articolato in tre componenti: culturale, economico e sociale. Quest’ultimo, in particolare, renderebbe conto del differente livello di capitale culturale, ovvero della dotazione di competenze individuali possedute da ciascun individuo, per procurarsi il proprio benessere. L’autore si interessa alla nozione di capitale sociale per spiegare come le relazioni familiari, amicali e sociali, rafforzino le differenze tra le classi.

Il capitale sociale è, quindi, la somma delle risorse, disponibili o potenziali di un individuo, connessa alla presenza di una rete durevole, più o meno istituzionalizzata, di

45 Hanifan L.J (1916), Evening classes for West Virgina Elementary School, Charleston, WV,

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relazioni informali di mutuo riconoscimento e conoscenza reciproci, che fornisce a ciascuno dei suoi membri il supporto al capitale posseduto46.

La dotazione di capitale sociale è influenzata da due fattori principali: le dimensioni delle reti di relazioni sociali con cui l’individuo accede alle risorse possedute dalle persone che fanno parte di queste reti e la quantità e qualità di tali risorse. Il concetto così definito contribuisce a rafforzare e riprodurre le disuguaglianze sociali. Ciò perché questa forma di capitale, non è data tanto dalle relazioni, ma dalle risorse che si ottengono dalle relazioni. Per Bourdieu il capitale sociale di una persona è costituito dall’appartenenza ad un gruppo, concepito come insieme di agenti uniti da legami. Un individuo sarà dotato di capitale sociale in misura direttamente proporzionale alla dotazione delle altre forme di capitale, propria degli individui con cui è connesso. Il capitale sociale risulta allora legato a un circolo di relazioni stabili che si definisce come appartenenza a un gruppo, cioè un insieme di agenti dotati di proprietà comuni e uniti da legami permanenti e utili.

Un tale concezione del capitale sociale, è stata ripresa da molti studiosi italiani, tra cui Pierpaolo Donati. La posizione dello studioso si inserisce nell’ambito della sociologia relazionale, la quale non ha la pretesa di essere “una sociologia in più” ma piuttosto di rileggere quanto prodotto finora dalla sociologia con una nuova prospettiva interpretativa dei rapporti che legano la persona al sistema sociale47. La comprensione

dei fenomeni sociali è ricondotta ad un “fatto relazionale di reciprocità” ovvero ad uno scambievole coinvolgimento “condizionato e condizionale” fra persone che, dalla loro interazione, originano forme sociali di aggregazione48. La novità introdotta

dall’approccio relazionale allo studio del capitale sociale sta nella sua concezione di

qualità delle relazioni piuttosto che in un attributo degli individui o delle strutture

sociali. In questo tipo di relazioni è possibile produrre beni e servizi utili all’individuo e alla collettività. Donati individua, inoltre, il capitale sociale primario come tratto caratteristico di quelle relazioni che valorizzano i beni primari ed il capitale sociale

secondario, dove i beni primari sono le relazioni informali delle reti familiari, di

46 Bourdieu P., The forms of capital in (a cura di) Richardson J. (1986), Handbook of Theory and

Research for the Sociology of Education, New York, Greenwood, p.246.

47 Donati P. (1994), Introduzione alla sociologia relazionale, FrancoAngeli, Milano, p.12. 48 Ivi, p.17.

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vicinato, di amicizia e di conoscenza; mentre le relazioni secondarie informali sono riconducibili alla sfera civica o civile.

All’interno di queste due tipologie di relazioni nascono due dimensioni fondamentali del capitale sociale: la fiducia e la reciprocità. Se nel capitale sociale primario la fiducia si esprime come fiducia intersoggettiva, in quello secondario si esprime nella fiducia nata tra le persone in quanto membri di una stessa associazione o comunità civile. Rispetto alla componente della reciprocità nelle reti primarie si fa riferimento a scambi di tipo simbolico, mentre nel secondario si tratta dell’estensione di uno scambio simbolico di tipo non utilitaristico, per esempio il dono, con individui con i quali non si coltivano relazioni interpersonali particolari49. Il capitale sociale non è, quindi, un bene

o una relazione che prevede l’equivalenza funzionale per mezzo del denaro o altro. È ciò che valorizza una relazione sociale, ciò per cui ad un determinata relazione viene attribuito uno specifico valore e che, pertanto, contraddistingue quella relazione. L’idea del capitale sociale come strumento che influisce sulle opportunità delle persone di progettare i propri percorsi di vita, sarà approfondita nella seconda parte della ricerca, con l’interpretazione ermeneutica dei dati emersi nei racconti di vita delle persone che vivono una condizione di povertà. In queste biografie la povertà si inserisce, talvolta, come conseguenza della perdita del lavoro, responsabile della diminuzione, non solo del potere di acquisto della persona ma anche delle opportunità di costruire relazioni sociali significative per il superamento delle crisi. Durante questi momenti, difatti, le reti sociali diminuiscono sempre più, fino a condurre all’isolamento sociale. Per tale ragione, le sequenze tra i vari stati di deprivazione rappresentati da vulnerabilità, esclusione sociale e povertà sono correlati non tanto al disagio economico bensì alle caratteristiche individuali, alle opportunità o agli ostacoli incontrati dalla persona nel godimento delle risorse della comunità di appartenenza. Per rispondere a queste nuove modalità di manifestazione del disagio abbiamo bisogno di una programmazione sociale più razionale nella distribuzione delle risorse da destinare agli interventi sociali. Prevedere una programmazione, almeno triennale delle risorse da destinare alle azioni di inclusione sociale, permetterebbe di favorire l’accesso ai servizi

49 Donati P., Colozzi I.(2007), Terzo Settore, mondi vitali e capitale sociale, FrancoAngeli, Milano, pp.9-

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pubblici, e quindi alla vita di comunità, a quelle persone che sono state espulse dal mondo del lavoro.

Sulla base di questo modus operandi ci preme sottolineare che anche il servizio sociale contribuisce alla formazione di cittadini più capaci e produttivi di valore, considerando solo in via residuale le prestazioni monetarie destinate al superamento della precarietà, apparentemente solo di natura economica. In questa direzione, maggiori investimenti in capitale sociale porterebbero alla pianificazione di interventi destinati all’inclusione socio lavorativa delle persone come veri percorsi di uscita dalle condizioni di povertà. Parleremo di questo tema nella seconda parte della ricerca in cui abbiamo riflettuto sull’alternanza tra punti di forza e punti di debolezza della programmazione regionale attualmente in vigore.

1.4.2 La realtà come costruzione sociale: Berger e Luckmann

L’indebolimento dei legami tra persone e comunità che contraddistingue la società moderna evoca la nostalgia verso epoche di vita a torto o a ragione considerate più semplici. Partendo da questa premessa, nei paragrafi seguenti ci soffermeremo sul costruzionismo secondo cui la ricostruzione del senso della vita quotidiana parte dalla realtà intersoggettiva come mondo condiviso con altri. Il costruzionismo concepisce la realtà sociale come frutto della costante attività quotidiana di costruzione e ricostruzione compiuta dalle persone, il cui protagonismo si estrinseca attraverso le reciproche interazioni.

La scelta di approfondire la socialità della persona utilizzando questo approccio si riconduce all’importanza da noi attribuita alla intersoggettività intesa come capacità delle persone di costruire concezioni condivise con cui influenzare i processi decisionali sottesi alla pianificazione dei servizi collettivi.

L’intersoggettività è quella condizione che permette di trascendere i mondi privati per costruire il senso del mondo in cui agiamo. Le interazioni costruiscono la vita quotidiana, modellano le identità e rafforzano le competenze relazionali delle persone. Il rafforzamento dei legami comunitari sviluppa quello “spirito” che alimenta il senso di appartenenza e di identificazione, rispetto alle tradizioni e alle istituzioni pubbliche impegnate a trovare risposte ai problemi delle comunità.

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In questo paragrafo cercheremo di riflettere, a partire dall’impostazione di Alfred Schütz, sull’opera cardine del costruzionismo sociale, ovvero The social construction of

reality di Berger e Luckmann, che ha segnato una fase importante nel passaggio dei

meccanismi dialettici nella genesi del sociale e del soggetto. Tutto ciò allo scopo di ricondurci anche agli esiti della nostra ricerca empirica che evidenziano il ruolo assunto dalle relazioni per il superamento delle condizioni di una fragilità, non solo economica. Facendo esplicito riferimento alla fenomenologia50Schütz sostiene che l’azione

umana non può essere studiata dall’esterno, perché l’essere umano è un pre-interprete del proprio agire. La stessa azione è un insieme di atti dotati di senso e finalizzati allo scopo, che un attore sociale compie scegliendo tra le alternative possibili. Il sociologo ha come compito quello di studiare le strutture nelle quali il mondo sociale dell’intersoggettività si costituisce nell’esperienza della vita quotidiana, a sua volta fondata su un insieme di conoscenze definite come “senso comune”.

Il “mondo della vita quotidiana” designa il mondo intersoggettivo preesistente rispetto alla nostra nascita, percepito e interpretato dagli altri. Esso è costituito dalla nostra esperienza e dalla nostra interpretazione. Ogni interpretazione di questo mondo è fondata su un insieme di previe esperienze di esso, sulle nostre esperienze e su quelle che abbiamo ereditato dai nostri genitori e insegnanti, le quali nella forma di “conoscenza a disposizione” fungono da schema di riferimento51. Questo complesso

sistematico di rappresentazioni della vita umana, del mondo sociale e naturale è percepito come oggettivamente definito. È ciò che viene chiamato “il mondo dato per ovvio” dato da un complesso di “tipizzazioni” del reale. Ciò significa che conosciamo gli oggetti della realtà perché precedentemente ne abbiamo interiorizzato la relativa tipizzazione. La conoscenza della realtà passa attraverso queste categorie simboliche mediante le quali raffrontiamo, costantemente, le nostre percezioni. Si tratta di schemi interpretativi che la persona interiorizza dalla nascita, nel corso dei processi di

50 La fenomenologia si occupa della descrizione dei fenomeni, ossia del modo in cui si manifesta una

realtà. In filosofia il termine ha avuto fortuna a partire dalla Fenomenologia dello spirito (1807), in cui G.W.F. Hegel tracciò la storia delle manifestazioni dello Spirito. Oggi per fenomenologia s'intende l'indirizzo filosofico fondato da Husserl che, mettendo fra parentesi l'esistenza del mondo, lo riduce a un insieme di fenomeni che si danno alla coscienza e possono essere colti nella loro 'essenza' logica, universale e necessaria.

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socializzazione primaria e secondaria, utili ad attribuire significato alla vita quotidiana, poiché sono alla base della struttura del mondo sociale.

Procedendo nell’analisi dei costrutti della società, possono essere rilevati “costrutti secondari” perché costrutti di costrutti. In questo caso, bisogna risalire alle tipizzazioni di primo grado rintracciabili nel “senso comune”, tentando di riferirsi al significato attribuito dal soggetto alla sua azione. La serie delle costruzioni intersoggettive che rappresentano la struttura significativa della vita quotidiana è un sistema precostituito di “conoscenze a disposizione” che l’autore definisce “province finite di significato”. L’insieme di queste interpretazioni date per ovvie della realtà rappresenta il contenuto del “senso comune” che ogni individuo esperisce sin dalla nascita. Un mondo oggettivo dotato di una costruttività esteriore che non può essere posta in discussione. La sociologia della conoscenza di Schütz, si riferisce, sia alla soggettività che produce conoscenze attraverso l’interazione sociale sia all’oggettività del “mondo dato per ovvio”, che costituisce un preciso condizionamento alla libertà dell’individuo.

In linea con alcuni presupposti della teorizzazione dell’autore, Berger e Luckmann, assumono il “mondo della vita quotidiana” come realtà che costituisce l’oggetto della scienza empirica della sociologia. La vita quotidiana è concepita come una realtà interpretata soggettivamente dalla persone e che ha origine nei loro pensieri e azioni52.

Più precisamente, la realtà è il prodotto di una costante produzione umana53.

Un’autoproduzione dell’uomo che si inserisce in un contesto in “cui l’ambiente naturale e quello umano sono mediati dall’influenza degli altri”54. Sono gli uomini che “insieme

producono un ambiente umano, con la totalità delle sue formazioni socio-culturali e psicologiche”55.

La costruzione della realtà sociale assume la forma di una circolarità tra azione e struttura, animata da un duplice movimento. Questo primo movimento viene chiamato “esteriorizzazione” e procede dall’oggettività alla soggettività. Successivamente l’attività degli individui è soggetta alla consuetudinarietà cioè alla abitualizzazione di una serie di atti ripetuti che si sedimentano in “tipizzazioni” di azioni. In tal modo si

52 Berger P.L, Luckmann I. (1971), The social construction of reality, Penguin University books,

England, p.33.

53 Ivi, p.83. 54 Ivi, p.78. 55 Ivi, p.79.

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costruiscono le istituzioni sociali che rappresentano l’oggettivazione, il principio dell’autoproduzione umana.

Le istituzioni sociali, una volta costruite, esercitano un’azione di controllo sul comportamento degli esseri umani, sia stabilendo dei modelli prestabiliti, sia rendendo prevedibile il senso dell’interazione reciproca. Attraverso il secondo movimento, detto di “interiorizzazione” delle norme e dei valori istituzionalizzati all’interno della società si completa il percorso dialettico che caratterizza la costruzione della realtà sociale. Sul profilo dell’oggettività la persona si presenta da subito in una realtà culturale e sociale capace di opporre resistenza nei suoi confronti. Sul profilo della soggettività, l’individuo forgia la sua personalità attraverso gli apprendimenti dettati dall’oggettività culturale e sociale, intrinseca ai processi di socializzazione.

Nella nostra ricerca il riferimento al costruzionismo sociale è dovuto anche all’enfasi che lo stesso ripone sull’unicità della persona. Traducendo il nostro obiettivo conoscitivo con le parole di Berger e Luckmann, il riferimento è alla soggettività come tratto distintivo della persona in cui si alternano la riflessività, l’autonomia di scelta e l’originalità. La riflessività è una disposizione di natura cognitiva che si ha quando ciò che conta per noi è l’adozione del punto di vista della persona. L’autonomia di scelta è una disposizione della volontà che abilita la persona a compiere scelte relativamente indipendenti. L’originalità è una disposizione del sentimento della propria singolarità, intesa come una realtà unica, che comporta un modo inconfondibile, insostituibile e irripetibile di essere persona e di scegliere i propri soggetti ed obiettivi. I tre elementi costitutivi della soggettività predispongono la persona a focalizzare l’attenzione su se stessa, alimentando una domanda di autorealizzazione che può assumere differenti e divergenti modalità ma che è talmente presente nella cultura contemporanea da costituirne un tratto fondamentale56.

1.4.3 Il costruzionismo umanista: Cesareo e Vaccarini.

L’approccio al costruzionismo di Cesareo e Vaccarini pone l’enfasi sull’aggettivo “umanista” per indicare la partecipazione dell’essere umano alla costruzione della realtà

56 In tal senso si rimanda a Cesareo V., Vaccarini I. (2006), La libertà responsabile. Soggettività e

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sociale in virtù del suo essere persona piuttosto che individuo57. Il concetto di individuo,

sostengono gli autori, è astratto in quanto presenta l’essere umano sradicato dal suo tessuto relazionale e generale poiché lo considera nella sua generalità piuttosto che nella sua unicità58.

L’enfatizzazione sulla concezione dell’individuo come persona implica il riconoscimento della sua unicità che si arricchisce delle interazioni sociali instaurate con altre persone59. La persona è costantemente in fieri, unica e relazionale in quanto

inserita in un sistema sociale che diviene tale solo se al suo interno si realizzano rapporti di mutualità, come espressione della collaborazione basata su protezione e cura

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