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Il ruolo della comunità nel rafforzamento delle capabilities ››

Nella società moderna assistiamo ad un all’affievolimento del senso di appartenenza e al conseguente consolidarsi di un atteggiamento individualistico che si accompagna ad un “atteggiamento societario a intendere i rapporti con gli altri in base ad un calcolo razionale di interesse”67. La concezione strumentale dei legami lascia spazio ai rapporti

comunitari improntati sulla solidarietà e sulla gratuità nel momento in cui la comunità riconosce i bisogni di tutti i suoi componenti e diventa, perciò, garante dell’uguaglianza sociale. Tale condizione è qui intesa non solo come uguaglianza di accesso alle risorse per rispondere tempestivamente ad un disagio di natura economica, quanto come

65 Cesareo V., Vaccarini I. (2006), op.cit., pp. 236-238. 66 Ivi, pp.245.

67 Colozzi I., Potenziare e rigenerare i legami nella comunità in (a cura di) Scabini E., Rossi G. (2004),

Rigenerare i legami: la mediazione nelle relazioni familiari e comunitarie, Vita e Pensiero, Milano,

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realizzazione di opportunità di accesso ai servizi radicati nella comunità per tutti i suoi membri. Rigenerare i legami comunitari permette di creare delle reti sociali soprattutto in favore di coloro che hanno una biografia contrassegnata da un isolamento dovuto non solo a ragioni di tipo economico ma soprattutto sociali.

Nelle pagine che seguiranno vedremo come questo bisogno si esprime nella lettura dei significati attribuiti alla comunità in termini di competenze e responsabilità da acquisire evidenziando come il servizio sociale di comunità possa fungere da mediatore tra le domande dei cittadini e le risorse radicate nel tessuto sociale di appartenenza funzionali a “capacitare” le persone.

1.5.1 La comunità come convivenza genuina e durevole

Un importante contributo alla definizione del concetto di comunità è stato offerto da Ferdinand Tönnies che nella sua opera del 1887 intitolata “Gemeinschaft und Gesellschaft” (Comunità e Società) delinea due tipi alternativi di associazione. Il primo

è definito in termini organicistici, il secondo sulla base illustra la teoria della comunità68

in antitesi alla teoria della società. L’antinomia esalta l’elemento relazionale come linfa vitale del contesto comunitario rispetto ai rapporti di scambio che contraddistinguono la società. A tal proposito Tönnies scrive:

“(…) la teoria della società muove dalla costruzione di una cerchia di uomini che, come nella comunità, vivono e abitano pacificamente l’uno accanto all’altro, ma che sono essenzialmente separati, rimanendo separati nonostante tutti i legami, mentre là rimangono legati nonostante tutte le separazioni”69.

Nella società gli individui vivono separati e in costante tensione nei rapporti con gli altri, per cui ogni tentativo di valicare i confini della sfera privata individuale è vissuto con ingerenza. Il rapporto societario tipico è basato sullo scambio, per cui i contraenti non sono mai disposti a dare qualcosa di più rispetto a ciò che ricevono. La società implica solo “prestazioni” reciproche di pari entità e quindi estranee alla gratuità ed alla fiducia reciproche. Organica è invece la comunità le cui forme embrionali emergono in

68 La teoria della comunità affonda le sue radici nella “premessa della perfetta unità delle volontà umane

come stato originario o naturale”. In tal senso si rimanda a Tönnies F. (2011), Comunità e società (a cura di Ricciardi M.), trad.it. di Giordano G., Laterza, Roma-Bari, (tit.or. Gemeinschaft und Gesellshaft, 1887) p. 33.

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seno alla famiglia nelle relazioni tra madre e figlio, tra moglie e marito, tra fratelli, per estendersi poi ai rapporti di vicinato e di amicizia.

Parliamo di rapporti improntati su intimità, riconoscenza, condivisione di linguaggi, significati, abitudini, spazi, ricordi ed esperienze comuni. I vincoli di sangue (famiglia e parentela), di luogo (vicinato) e di spirito (amicizia) costituiscono delle totalità organiche, ovvero le comunità in cui gli uomini si sentono uniti in modo permanente da fattori che li rendono simili gli uni agli altri e al cui interno le disuguaglianze possono svilupparsi solo entro certi limiti oltre i quali i rapporti diventano così rari e da eliminare gli elementi di condivisione70. Le relazioni sono le “volontà umane” che

legando le persone, richiedono quella comprensione necessaria per la conoscenza reciproca e quindi per la partecipazione alla vita comunitaria.

La volontà comunitaria richiama l’elemento psicologico dato dall’insieme dei rapporti di interdipendenza che nascono e si sviluppano in una pluralità di individui accomunati da una certa unità di ispirazione. Sono rapporti contraddistinti da sentimenti di solidarietà e identificazione nonché di conflitto e competizione talvolta necessari per innescare il cambiamento. L’elemento psicologico delle relazioni comunitarie si espande quando si accrescono nelle persone, gli status individuali, le capabilities collettive, la capacità di raggiungere obiettivi nella piacevolezza della interrelazione comune, la consapevole condivisione emotiva degli eventi, l’opportunità di sperimentare interazioni positive, l’occasione di riconoscimento dei membri nonché la narrazione di storie e simboli condivisi. La comunità appare come un “luogo caldo, intimo e confortevole” e la protezione che la stessa offre, richiama con le parole di Bauman:

“un tetto sotto cui ci ripariamo quanto si scatena un temporale, un fuoco dinanzi al quale ci scaldiamo nelle giornate fredde”71.

Ma nella nostra “modernità liquida” in cui le situazioni ove agiscono le persone mutano prima che i loro modi di agire riescano a sedimentarsi come abitudini72, il senso

di comunità richiama spesso una comunità “idealizzata”, di un paradiso perduto, in cui

70 Tönnies F. (2011), op.cit., p. 41.

71 Bauman Z. (2001), Voglia di comunità, trad. it. di Minucci S., Editori Laterza, Bari, (tit.or. Missing

Community, Polity Press Ltd, Cambridge, 2000), p.3.

72 Bauman Z.(2009), Vita liquida, trad. it. di Cupellaro M., Editori Laterza, Bari, (tit.or. Liquid Life,

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le solide mura di cinta che proteggevano la città lasciano spazio alle pareti divisorie di cartone, capaci di adattarsi ad esigenze soggette a continue evoluzioni. Considerando invece l’elemento territoriale come elemento contenitivo delle fragili pareti di cartone, il senso di comunità richiama le relazioni che si costruiscono tra le persone e tra queste ed i microsistemi del tessuto sociale.

La persona diviene lo strumento con cui l’essere si definisce rispetto al sistema sociale di appartenenza e mediante il quale può esternare quelle capacità che lo qualificano come principale artefice del suo destino. Il sistema sociale dell’individuo si caratterizza per la presenza di microsistemi che comprendono la famiglia, la scuola, il posto di lavoro ed il vicinato. L’interazione intersistemica dei componenti del microsistema è rappresentato dal mesosistema che si forma o si sviluppa ogni qualvolta l’individuo entra a far parte di una nuova situazione ambientale, costituita dalle interrelazioni tra due o più situazioni ambientali alle quali l’individuo in via di sviluppo partecipa attivamente73. L’estensione del mesosistema è poi correlata all’attività delle

istituzioni pubbliche la cui finalità è quella di contribuire al cambiamento dei legami sociali e della vita pubblica attraverso la costruzione delle reti sociali che riducono le distanze e legano le persone.

1.5.2 La comunità come attore sociale competente e responsabile

L’enfasi sull’elemento individuale potenziato in uno spazio sociale rappresentato dalla comunità, viene sottolineato dal comunitarismo, movimento sociale che mira ad impregnare il contesto morale, politico e sociale per contribuire al cambiamento dei legami sociali e della vita pubblica. Nell’ambito di questo dibattito Etzioni parla di un “comunitarismo responsabile” sottolineando che l’aggettivo responsive è utilizzato per indicare una società attenta ai suoi membri e profondamente democratica74. La

prospettiva comunitaria riconosce sia la dignità umana al livello individuale sia la dimensione sociale dell’esistenza umana; sostiene che la preservazione della libertà individuale è correlata alla manutenzione attiva delle istituzioni della società civile. Tali istituzioni rappresentano i luoghi in cui i cittadini imparano il rispetto per se stessi e per

73 Bronfenbrenner U. (1979), The Ecology of Human Development: Experiments by Nature and Design,

Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, p.209.

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gli altri, apprendono il senso delle responsabilità personali e civili, l’apprezzamento dei diritti propri ed il riconoscimento di quelli altrui nonché la capacità di autocontrollo. La comunità ed i sistemi politici, sempre secondo l’autore, hanno il dovere di essere sensibili ai bisogni dei propri membri nonché quello di promuovere la partecipazione degli stessi ai processi decisionali della vita politica e sociale. È quindi possibile definire responsabile la comunità i cui standard morali riflettono i bisogni fondamentali di tutti i suoi membri. Nel momento in cui tali esigenze sono in concorrenza tra loro, gli

standard della comunità rispettano le priorità attribuite dai suoi membri ad alcune

esigenze rispetto ad altre. Una comunità per essere veramente responsabile riconosce i bisogni primari non solo nei confronti di un gruppo elitario, una minoranza, o addirittura la maggioranza, ma rispetto a tutti i suoi componenti. Inoltre, costruisce i suoi valori morali sull’uguaglianza sociale affinché gli stessi siano accessibili e comprensibili a tutti i cittadini.75Una comunità può considerarsi “buona” quando riesce

a promuovere una cultura morale ovvero la condivisione di un set di valori centrali per garantire la riduzione delle disuguaglianze sociali. Tutto ciò, sostiene lo studioso, attraverso il “dialogo morale” che abbiamo inteso come processo nel quale i componenti di una comunità innescano meccanismi decisionali non solo su eventi, logica, ragionamenti e scambi razionali ma anche su discussioni dinamiche che coinvolgono i sistemi di protezione sociale e normativa76.

I processi con cui si costruisce l’etica di una comunità concepita comela ricerca dei criteri che permettono all'individuo di gestire adeguatamente la propria libertà nel rispetto degli altri, nascono nelle istituzioni pubbliche. Anche le scuole, sostiene l’autore, da sedi di acquisizione di competenze e conoscenze sono diventate luoghi in cui le persone apprendono l’educazione, il riconoscimento degli altri, il rispetto per la vita comunitaria. L’educazione rafforza i valori impartiti dalla famiglia e promuove l’apprendimento dei valori soprattutto in favore dei bambini provenienti da famiglie ove i genitori trascurano la formazione e l’educazione morale. L’evoluzione di tali processi che partono dalla famiglia e si completano nelle istituzioni, creano quelle reti sociali con cui la comunità si lega ai quartieri, lega le persone ai propri posti di lavoro e concorre all’integrazione multiculturale. Il sistema delle reti sociali si propone di sfumare i

75 Etzioni A. (1998), The Essential …op.cit, pp. 25-27.

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confini territoriali a favore della costruzione di relazioni affettivamente cariche di sentimenti di solidarietà e gratuità, caratteristici di una comunità che non conosce limiti spaziali77.

Il riferimento è ai sentimenti con cui promuovere un’identità condivisa delle persone i cui rapporti si estrinsecano attraverso relazioni bilaterali piuttosto che in semplici relazioni individuali incatenate. Le relazioni contribuiscono al consolidamento della comunità perché emerge l’impegno collettivo nella condivisione di un set di valori, norme e significati con cui si costruisce la biografia comunitaria. La genesi della comunità si ravvisa nello statuto normativo di un elemento specifico rappresentato dal legame. Perché se la condivisione di un set di valori ne contraddistingue la biografia sotto il profilo etico, il legame è quella linfa vitale con cui le persone sviluppano il senso di appartenenza al sistema sociale. Questo senso di appartenenza si nutre del bisogno delle persone di sentirsi legate reciprocamente da legami affettivi, piuttosto che considerarsi come meri mezzi strumentali.

La comunità diventa “buona” quando si contraddistingue per la presenza di legami comunitari che seppure riconoscano l’autonomia come fondamenta dell’ordine sociale e della libertà sono bilanciati da protezioni forti per il singolo individuo. Il perdurare di questo aggettivo si rafforza poi quando una buona società si fa garante delle condizioni di uguaglianza; assicura un livello di ricchezza minima per i suoi componenti e si adopera per superare le diseguaglianze bloccando gli aumenti nella porzione di risorse totali guadagnate dagli strati sociali più elevati. Secondo l’autore alla base della disuguaglianze vi è una iniqua distribuzione delle risorse che necessita di un ridimensionamento da parte della comunità che agisce attraverso le sue istituzioni. Le diseguaglianze possono essere ridotte “nella misura in cui i non possidenti beneficino delle aumentate risorse conseguenti all’aumento della quantità dei possidenti, anche se la percentuale dei possidenti cresce molto più rispetto a quella dei non possidenti”78.

L’essenza democratica del tessuto comunitario si definisce quando lo stesso offre anche ai “non possidenti” i risorse e servizi necessari affinché le loro assenze diventino presenze significative anche all’interno dei processi decisionali.

77 Etzioni A. (1994), The Spirit of Community. The reinvention of American Society, Frist Touchstone,

New York, Edition, p. 248.

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1.5.3 L’organizzazione di comunità come garanzia di opportunità

La società moderna caratterizzata dalla crisi del welfare, dalla precarietà dei rapporti di lavoro, dal rischio della mobilità sociale ha aumentato i rischi di povertà e vulnerabilità. Le persone povere non sono più solo quelle relegate in situazioni di disagio economico, emarginate ed escluse socialmente, ma anche quelle che vivono in condizioni di vita normali. L’esclusione sociale diventa uno stato di vulnerabilità a causa del quale l’individuo non riesce accedere alle condizioni di vita necessarie sia per soddisfare i bisogni essenziali sia per partecipare ai processi di sviluppo del territorio. Produce effetti pericolosi, quando, oltre a creare problemi di giustizia sociale e di rispetto dei diritti dei cittadini, accresce conflittualità e tensioni incidendo negativamente sullo “spirito della comunità”. Emergono nuove forme di vulnerabilità, meglio specificate nel terzo capitolo della nostra ricerca, per cui il servizio sociale viene chiamato a riflettere sulle modalità attraverso le quali garantire le condizioni di uguaglianza, al fine di progettare strategie di intervento orientate a sviluppare, nei cittadini, la capacità di conoscere i propri diritti per riuscire ad esercitarli autonomamente. In questa prospettiva, il sistema integrato dei servizi alla persona, è impegnato nel lavoro sociale di comunità per promuovere la partecipazione degli

outsiders, cioè di coloro che vivono ai margini, per garantire il riconoscimento delle

loro capabilities ed il potenziamento delle relative libertà.

Il riconoscimento del lavoro sociale di comunità trova legittimazione a partire già dal 1946 quando, la nostra Costituzione, all’articolo 2 riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, stabilendo l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Il principio di solidarietà rappresenta, quindi, il fondamento dello stesso ordinamento costituzionale della Repubblica italiana. La Costituzione considera la centralità della persona nella vita sociale, riconosce la libertà di aggregazione sociale e perciò di vita comunitaria, mediante l’inserimento in quelle reti formali ed informali che concorrono allo sviluppo psico-fisico della persona. Il lavoro di comunità è una dimensione in cui storicamente il servizio sociale si è impegnato e che ha sviluppato come metodo specifico, radicandosi nel mondo anglosassone con l’espressione

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dedicate ad una collettività per promuovere azioni condivise utili a fronteggiare problemi e sviluppare il senso di appartenenza alla comunità.

Negli anni cinquanta il servizio sociale di comunità studia la comunità ed interviene,

insieme ad altri operatori, per sollecitare i cittadini alla partecipazione dei processi decisionali che riguardano lo sviluppo del territorio in cui vivono. L’intervento professionale si inserisce nel settore dell’edilizia residenziale pubblica, bisognoso di un supporto tecnico per decodificare le necessità dovute al processo di inurbamento. Le motivazioni sottese a tale inserimento sono riconducibili al momento storico attraversato dal nostro paese alla fine della seconda guerra mondiale. Il servizio sociale nasce con il ritorno della democrazie e in un clima focalizzato anche sulla ricostruzione sociale, relativa cioè alla dimensione di quelle relazioni sociali che in quegli anni erano state soggette a continue ridefinizioni e “sfilacciamenti”79. Le problematiche sociali di

quegli anni non si esauriscono nel disagio abitativo ed economico poiché gradualmente assorbivano anche nuovi fenomeni, ad esempio l’emigrazione, estranei alla cultura del nostro paese e che hanno determinato un cambiamento epocale nel modo di pensare e di vivere. Tali fenomeni si sono successivamente radicati nei grandi agglomerati di edilizia pubblica delle città, accompagnandosi ad ulteriori criticità come la difficoltà di integrazione tra le varie culture nello spazio di vita del complesso edilizio, la mancanza o la carenza di servizi pubblici e commerciali e di trasporto per raggiungere il centro della città. Il disagio della collettività si declina in tutti i microsistemi, da quello familiare a quello istituzionale, fino a diventare una problematica di vita individuale e collettiva.

Nella “pratica concreta” dell’organizzazione di comunità l’assistente sociale innesca processi di educazione della comunità con l’intento di favorire lo scambio dei valori, diffondere la conoscenza dei servizi, incrementare la responsabilità sociale del cittadino affinché non presti attenzione solo ai suoi bisogni ma anche a quelli degli altri membri, senza aspettarsi di essere remunerato. Il lavoro sociale di comunità promuove la nascita

79 Campanini A.M., Il Servizio Sociale come progettatore di rete in (a cura di) Ingrosso M. (2006), La

promozione del benessere sociale: progetti e politiche nelle comunità locali, FrancoAngeli, Milano, p.

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di scambi tra le persone basati sulla reciprocità alimentata dai valori di cui si nutrono i legami ovvero fiducia, rispetto e gratuità80.

La comunità diventa così quella grande arena in cui innescare processi di “solidarietà circolare”, meglio esplicitati nel quarto capitolo del presente lavoro, che partendo dalla persona possono produrre un surplus positivo per l’intera collettività. Davanti al crescente disagio economico e relazionale delle persone e delle famiglie, il sistema di

welfare richiede di essere costruito con e per la comunità, partendo dall’assunto che i

problemi sociali, non sono relegabili ai servizi sociali comunali. Il problema del singolo è sintomo di un disagio che coinvolge tutta la collettività. Perciò le situazioni problematiche richiedono di essere comprese nel territorio in cui si manifestano, facendo leva sulle energie e l’impegno delle persone, non solo su quello delle istituzioni. L’obiettivo è quello di riguardare in profondità il modo di atteggiarsi dei singoli attori all’interno della comunità. L’abbandono dell’attivismo esasperato delle istituzioni pubbliche nel tentativo di dare una risposta ad ogni domanda/bisogno, pone le basi per un’architettura comunitaria da costruirsi con la rete di relazioni tra istituzioni, associazioni, cooperative e soprattutto con i cittadini e le famiglie.

Un’architettura fondata sul binomio opportunità/responsabilità, sul senso di appartenenza e di solidarietà, sullo scambio ed il dono favorisce l’utilizzo adeguato dei beni comuni da parte sia dei cittadini sia degli attori politici ed istituzionali. Come già evidenziato negli anni sessanta, durante il processo di inurbamento verificatosi anche in Sardegna, la funzione del servizio sociale non poteva limitarsi all’assegnazione di un alloggio popolare a quanti dimoravano in ripari di fortuna. La professionalità

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