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Le lesioni mucocele-like sono rare lesioni della mammella, istologicamente caratterizzate da multiple cisti contenenti mucina le quali possono rompersi e scaricare il loro contenuto nel tessuto circostante. Si tratta di cisti delimitate da un epitelio citologicamente uniforme, piatto, da cuboidale a colonnare con iperplasia duttale soltanto focale; rare invece sono le cellule epiteliali all‟interno delle cisti, dove invece abbondante è la componente mucoide. Originariamente descritte come lesioni benigne,

35 oggi se ne riconoscono anche forme maligne. Microscopicamente queste lesioni assomigliano molto al carcinoma mucinoso, tanto che alcuni autori sono concordi nel considerare le lesioni mucocele-like e il carcinoma mucinoso come due estremità di uno stesso spettro di lesioni mucinose della mammella, una sorta di continuum patologico. Sono inoltre state scoperte forme caratterizzate non solo da spazi cistici dilatati, ma anche da strutture tubulari con iperplasia a cellule colonnari non atipica e aree adiacenti delimitate da cellule colonnari, in numero di tre, con musetti apocrini variabilmente sporgenti e senza alcun aspetto di atipia citologica. Questo tipo lesioni potrebbero rappresentare un continuum morfologico tra lesioni a cellule colonnari e lesioni mucocele-like. La transizione sembrerebbe graduale in un solito dotto, tant‟è che, frammiste a queste aree, se ne possono trovare altre dove le cisti sono circondate da cellule cuboidali, caratteristica che rientra sì nello spettro morfologico delle lesioni mucocele-like, ma è anche suggestivo di una transizione verso lesioni a cellule colonnari.12

36 2.7 Lesioni a cellule colonnari

Le lesioni a cellule colonnari sono lesioni caratterizzate da cellule epiteliale colonnari tappezzanti le unità duttulo- lobulari terminali e che si distinguono principalmente in modificazioni a cellule colonnari, iperplasia a cellule colonnari e atipia a cellule colonnari. Le modificazioni a cellule colonnari sono caratterizzate da acini e tubuli distorti, le cellule sono cilindriche, con basso grado di atipia, disposte in 1-2 strati e “musetti apocrini” aggettanti nel lume duttale. Spesso sono presenti calcificazioni e secreto luminale. L‟iperplasia a cellule colonnari mostra unità duttulo-lobulari terminali con acini dilatati e contorni irregolari, stratificazioni cellulari con più di due cellule, musetti apocrini accentuati e blande atipie dei nuclei. L‟atipia a cellule colonnari è un‟alterazione intraduttale, presumibilmente neoplastica, con sosti-tuzione delle cellule normali con cellule modificate e monotone, in 3-5 strati, senza atipie architetturali, spesso associate a secreto e a microcalcificazioni. Esistono delle chiare evidenze morfologiche, immunoistochimiche e genetiche che si tratti di una lesione precancerosa. Il rischio di progressione in carcinoma invasivo è generalmente molto basso, se si presenta come lesione solitaria. Inoltre spesso le lesioni a

37 cellule colonnari si trovano in associazione con il carcinoma tubulare, l‟iperplasia epiteliale tipica, l‟iperplasia epiteliale atipica, il carcinoma duttale in situ e anche la neoplasia lobulare.14

38 3. LA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI IN CAMPO

SENOLOGICO

L‟approccio con cui si studia la patologia mammaria è oggi multidisciplinare: fondamentale è la semeiotica classica, mediante la raccolta di un‟accurata anamnesi mirata a individuare i principali fattori di rischio, la familiarità, l‟eventuale sintomatologia e l‟esecuzione di un esame obiettivo volto alla valutazione della ghiandola mammaria e delle stazioni linfonodali, e culmina con l‟utilizzo di metodiche di imaging.

Per quel che concerne l‟imaging vi è ormai consenso pressoché unanime sulla triade mammografia, ecografia e agobiopsia (quest‟ultima eseguita sotto guida mammo- grafica o ecografica) quale protocollo di riferimento per la valutazione patologica mammaria. In situazioni specifiche trovano precisa indicazione la galattografia (mammella secernente) o la RM (sospetta recidiva, multifocalità tumorale per menzionarne alcune).15

La moderna senologia ha quale campo d‟azione fondamentale il carcinoma mammario, neoplasia di grande rilevanza epidemiologica e che si manifesta clinicamente solo 6-8 anni dopo l‟insorgenza. Non essendo attuabile

39 alcuna prevenzione primaria, l‟unica strategia perseguibile è la prevenzione secondaria, cioè la diagnosi precoce; arma fondamentale in tal senso è la mammografia. Tuttavia l‟iter diagnostico da seguire varia da caso a caso, dipendendo dalla presenza di fattori di rischio, dall‟esistenza di un‟eventuale sintomatologia, e dal‟età; si prospettano così tre differenti situazioni: pazienti asintomatiche e prive di fattori di rischio; pazienti asintomatiche in presenza di fattori di rischio; pazienti sintomatiche.

Nelle pazienti asintomatiche e prive di fattori di rischio di età inferiore ai 40 anni, non sarà quindi indicato alcun esame, utile però sono considerate la visita senologica e l‟ecografia. Per le donne tra i 40 e i 49 anni è consigliata oltre un accurata visita clinica, mammografia annuale ed ecografia in presenza di seno denso o complesso. Dopo i 50 anni si impone la mammografia biennale e l‟ecografia, se il seno dovesse presentare ancora caratteristiche giovanili o miste.

Nelle pazienti asintomatiche ma con fattori di rischio (forte familiarità, mutazioni del gene BRCA1 o BRCA2), l‟iter sarà rappresentato da valutazione obiettiva, da mammografia annuale ed ecografia se siamo davanti ad un

40 seno denso o complesso; è utile affiancare una RM annuale.

Nelle pazienti sintomatiche (rilievo palpatorio di noduli o addensamenti, mastodinia, deformazione del profilo cutaneo, retrazione della cute o del capezzolo, secrezione siero-ematica) un accurato esame clinico ci consentirà di distinguere donne che risulteranno negative, e che potranno essere gestite come asintomatiche, da donne in cui la franca positività o il semplice sospetto devono indurci al proseguimento delle indagini. Le pazienti di età inferiore ai 35 anni e in assenza di fattori di rischio saranno quindi valutate attraverso indagine ecografica, mentre le pazienti di età inferiore ai 35 anni, ma portatrici di mutazione genetica o in presenza di forte familiarità, e le pazienti di età superiore ai 35 anni saranno indagate con mammografia ed ecografia, biopsia e se necessario RM.15 La mammografia (tradizionale o digitale) è l‟indagine che assicura la più elevata accuratezza diagnostica, indispensabile per precisare la sede, la forma, il volume, e i rapporti della neoplasia, è utile anche per la ricerca di lesioni in fase preclinica o in mammelle voluminose. Segni diretti sono rappresentati da opacità nodulari a contorni irregolari o sfrangiati; segni indiretti sono retrazione della

41 cute o del capezzolo, iperva-scolarizzazione, presenza di microcalcificazioni e distorsioni architetturali. È un esame che deve essere eseguito con apparecchiatura dedicata e con metodologia adeguata al fine di ottenere la migliore immagine con dosi di radiazioni contenute: è necessaria infatti la compressione della ghiandola mammaria (che oltre a ridurre le dosi di esposizione, riduce la radiazione diffusa e la sfumatura dell‟immagine legata al movimento); in età fertile bisogna osservare la regola dei 10 giorni, che oltre a vantaggi protezionistici, consentirà di evitare la congestione ghiandolare pre-mestruale che rende la compressione dolorosa.15 Nella mammografia digitale l‟immagine è visualizzata in tempo reale su monitor ad alta risoluzione e, successivamente, archiviata su dischi ottici, su pellicola o inviata direttamente ad un PACS (sistema per l‟archiviazione elettronica delle immagini).

I principali vantaggi dei sistemi digitali sono la maggiore sensibilità del sistema e quindi la necessità di dosi inferiori per ottenere immagini di buona qualità, la maggiore latitudine di esposizione e quindi possibilità di evidenziare sulla stessa immagine strutture di densità e spessori molto diversi, la migliore risoluzione di contrasto e quindi la possibilità di riconoscere meglio strutture con contrasto

42 intrinseco basso e poco differente, la capacità di compensare errori di esposizione e quindi buona qualità di tutte le immagini e riduzione del numero di radiogrammi da ripetere, la refertazione diretta su monitor e quindi risparmio di pellicole; archiviazione su sistemi informatici delle immagini e recupero delle stesse in tempo reale; trasmissione a distanza delle immagini e quindi teleconsulti; possibilità di applicare direttamente sistemi di identificazione di probabile lesione assistita dal computer (CAD). A fronte dei tanti vantaggi offerti, i sistemi digitali hanno naturalmente anche aspetti negativi; tra questi sono da ricordare soprattutto il costo, piuttosto elevato, e la minore risoluzione spaziale).16

L‟ecografia deve essere considerata, con poche eccezioni (donna sintomatica di età inferiore ai 35 anni, gravidanza in atto), tecnica di seconda istanza. È eseguita in decubito supino con braccio posto dietro il capo e lieve rotazione contro laterale del tronco. Le sonde utilizzate hanno una frequenza di 7,5-15 MHz e possono essere lineari o settoriali. Ci consente di differenziare formazioni cistiche da noduli solidi, di analizzare la parete interna delle cisti (vegetazioni interne), di classificare noduli solidi sulla base della loro morfologia, ecostruttura, compressibilità e

43 mobilità, ancora di valutare la vascolarizzazione di noduli solidi mediante color- e power-Doppler. In generale, il segno ecografico più affidabile di malignità è l‟irrego- larità dei margini. Meno affidabile è la disomogeneità strutturale. La presenza di cono d‟ombra posteriore, dovuto alla marcata attenuazione del fascio ultrasonoro da parte della lesione, è spesso rilevabile nei tumori maligni con abbondante stroma fibroso. Il rinforzo di parete posteriore è indice di ridotta attenuazione del fascio ultrasonoro da parte della lesione (cisti, formazioni solide ad alto contenuto d‟acqua, come numerosi fibromi o tumore filloide). Tuttavia, molti tumori maligni possono avere caratteristiche ecografiche simili a quelle di lesioni benigne e viceversa. Con l‟ecografia inoltre si possono esplorare i linfonodi ascellari; linfonodi ascellari in involuzione adiposa si presentano come immagini “a bersaglio” ipoecogene alla periferia e iperecogene al centro; linfoadenopatie secondarie sono ipoecogene, rotondeggianti, omogenee e poco compressibili, vanno ricercate sia in sede ascellare sia in sede parasternale lungo la catena mammaria interna. La sensibilità e la specificità dell‟ecografia nei loro riguardi è tuttavia limitata dalla possibile presenza di micrometastasi in linfonodi macroscopicamente normali.15

44 La FNAB consiste nel prelievo di alcune cellule nella zona sospetta mediante un ago sottile, di calibro compreso tra 21 e 27 gauge (G) (l‟ago da 21 G è il comune ago da siringa), ed è quindi un esame citologico. Le principali variabili nell‟accuratezza della procedura sono rap- presentate dalle dimensioni e dalla profondità della lesione. Non è ottimale per alcuni tipi di carcinomi della mammella, come quelli con estesa fibrosi, quello intraduttale, tubulare o cribriforme e più in generale, in tutti i tumori di piccole dimensioni. È importante sottolineare che, in caso di sospetto cancro della mammella, esami citologici negativi o dubbi non devono essere considerati come definitivi al fine della diagnosi.15 La CNB a prescindere dal tipo di strumentazione usato per la sua esecuzione è una pratica diagnostica ormai validata da alcuni anni. Si può eseguire indifferentemente su lesioni palpabili (a mano libera o sotto guida ecografica) o non palpabili (sotto guida stereotassica o ecografica), ha costi relativamente bassi, anche se decisamente superiori alla citologia, è una pratica ambulatoriale semplice (10-15 min) e consente una diagnosi istologica affidabile, salvo che per il limitato campionamento. In un contesto nel

45 quale si desideri una diagnosi istologica preoperatoria di malignità “in situ” o invasiva prima di passare al trattamento, il diagnosta, nel momento in cui evidenzia una lesione sospetta per neoplasia e che necessita una conferma istologica, anziché inviare la paziente al chirurgo, o eseguire un prelievo citologico, può eseguire una CNB. Questo consente, nei tempi necessari per acquisire una diagnosi istologica, di avere una diagnosi istologica di malignità “in situ” o invasiva per lo meno nel 95% dei carcinomi palpabili e nel 90% di quelli non palpabili (restano dei casi dubbi per malignità che sono rappresentati dalle lesioni borderline). È indubbio che chi usa la CNB deve essere consapevole dei suoi limiti: quelli legati alla parzialità del campione (mancata diagnosi di focolai di DCIS associato a eventuale presenza di IDA o di focolaio di carcinoma microinvasivo/invasivo associato a DCIS), difficoltà diagnostiche in lesioni complesse che richiedono una valutazione istologica della lesione nel suo insieme (ad es. radial scar e lesioni sclerosanti in generale). Problemi, soprattutto nei casi di prelievi multipli alla CNB particolarmente numerosi, possono essere rappresentati sia dal dislocamento di cellule epiteliali lungo il tragitto dell‟ago che determinano aspetti di pseudoinfiltrazione sia dalle possibili alterazioni

46 architetturali soprattutto nel caso di lesioni piccole. Queste alterazioni possono talora rendere particolarmente difficoltosa la diagnosi istologica sul materiale di escissione chirurgica. In altri casi, qualora sia stato effettuato un numero elevato di passaggi, si può verificare l‟asportazione completa della lesione mediante l‟agobiopsia. I vantaggi della CNB rispetto all‟esame citologico sono rappresentati come già sottolineato dalla possibilità di effettuare in fase preoperatoria una diagnosi di carcinoma invasivo o di carcinoma in situ, possibilità di valutare istotipo e grading istologico, possibilità di caratterizzazione biologica preoperatoria della lesione su frammenti tissutali.

Per quanto concerne la sottostima della diagnosi di DCIS o anche di lesioni di confine mediante CNB, questa risulta ridursi qualora si utilizzi il metodo della aspirazione automatica anziché il tru-cut, l‟utilizzo di un ago a maggior calibro (11 G versus 14 G) con conseguente maggiore asportazione di tessuto, il diverso metodo di campionamento (per contiguità nella aspirazione auto- matica), e il maggior numero di prelievi che normalmente si ha nell‟aspirazione automatica.

47 • Agobiopsia tradizionale (tru-cut) prevalentemente impiegata nelle lesioni palpabili della mammella. Viene effettuata a mano libera, sotto guida ecografica o stereotassica. È una tecnica di campionamento della lesione, dotata di elevata sensibilità e specificità. Viene utilizzato un ago a scatto di 11 G, che deve essere riposizionato più volte per ottenere materiale sufficiente per l‟esame istologico.

• Agobiopsia sotto aspirazione automatica (vacuum- assisted, mammotome), indicata nelle lesioni non palpabili. È generalmente effettuata sotto guida stereotassica. Lo strumento (probe), inserito sotto guida mammografica (è infatti collegato a un computer che calcola le traiettorie migliori per intervenire e quindi la sede precisa della lesione sospetta), è fornito di un ago di 8-11-14 G, ed è in grado di effettuare una rotazione di 360° all‟interno della lesione consentendo l‟esecuzione di prelievi di tessuto multipli e contigui. Alla fine della punta dell‟ago abbiamo una finestra sul cui fondo sono presenti fori per l‟aspirazione; il driver oltre a contenere la sonda, presenta una serie di tubi che connettono la sonda ad un modulo di controllo, che consente l‟aspirazione a valori costanti (23-25 mmHg). Per l‟ottimale campionamento della lesione, è attualmente indicata mediamente

48 l‟esecuzione di 12 prelievi che vengono condotti in corrispondenza di specifiche coordinate topografiche idealmente riconducibili al quadrante di un orologio: 6 prelievi in corrispondenza delle ore pari, 6 in corrispondenza delle ore dispari. In presenza di microcalcificazioni i frustoli tissutali ottenuti vengono radiografati ed immediatamente posti in formalina tamponata al 10%. Si possono ottenere frustoli lunghi 23 mm e larghi 3 mm, più grandi di quelli ottenibili con la tecnica tru-cut. L‟aspirazione forzata inoltre, elimina i residui ematici e garantisce una maggiore integrità dei frustoli. Consente un‟ampia valutazione della lesione in quanto permette di ottenere con un'unica inserzione un numero elevato di frammenti tissutali mammari.

• Sistema ABBI. È una tecnica di prelievo con dispositivo di grosso calibro, assimilabile ad una biopsia chirurgica incisionale. Può pertanto essere utilizzata prevalentemente nei raggruppamenti di microcalcificazioni superiori ai 2- 2,5 cm.17,18

49 In riferimento alla refertazione della CNB, questa prevede 5 categorie in accordo con le Linee Guida Europee.

B1 tessuto normale o prelievo inadeguato

In questo caso è molto importante la valutazione multidisciplinare della lesione che deve stabilire se il quadro istologico sia rappresentativo della lesione radiologicamente sospetta o se il prelievo sia da ritenersi inadeguato e se le microcalcificazioni individuate istologi- camente corrispondano a quelle mammograficamente sospette.

B2 lesione benigna

Questa categoria include reperti negativi per malignità quali il fibroadenoma, i molteplici quadri della malattia fibrocistica, l‟ectasia duttale ed i processi infiammatori quali la liponecrosi e l‟ascesso. Tale diagnosi conclude l‟iter diagnostico della paziente evitando l‟intervento chirurgico

50 B3 lesione a potenziale di malignità incerto

Sono compresi in questa categoria quadri patologici probabilmente benigni ma con presenza di atipie: l‟iperplasia epiteliale duttale e/o lobulare atipica, l‟iperplasia lobulare, il carcinoma lobulare in situ, le lesioni papillari, la radial scar ed il tumore filloide. Si tratta di una categoria diagnostica che assume un significato diverso a seconda del tipo di agobiopsia. Ha un preciso significato nell‟esame del materiale proveniente da agobiopsie tradizionali dove le piccole dimensioni del campione talora non possono consentire una diagnosi di certezza.

B4 lesione sospetta

In questa categoria sono compresi quei quadri in cui la diagnosi istologica definitiva di carcinoma in situ o invasivo non può essere posta con certezza o per problemi prevalentemente di tipo tecnico o quando sono presenti cellule apparentemente neoplastiche nel contesto di un coagulo di sangue.

51 B5 lesione neoplastica maligna

Comprende i casi di carcinoma in situ e di carcinoma invasivo. La diagnosi di carcinoma in situ nella CNB non esclude la presenza di carcinoma invasivo per la limitatezza del campionamento.

Raccomandazioni particolari nei casi in cui si effettui una CNB:

- la scelta di un intervento chirurgico definitivo non può essere effettuata sulla base delle categorie diagnostiche B3 e B4; infatti nel caso per esempio di iperplasia epiteliale atipica si tratta spesso di un prelievo marginale di un carcinoma in situ o in alcuni casi di un carcinoma invasivo.

- in caso di microcalcificazioni presenti nella radiografia dei frustoli (tenere presente che il limite di risoluzione della radiografia è 100 micron) ne va refertata la presenza o assenza nelle sezioni istologiche. La radiografia dei frustoli bioptici viene effettuata dal radiologo, al momento del prelievo su area di microcalcificazioni;

52 La refertazione con le cinque categorie diagnostiche presenta i vantaggi di costituire una standardizzazione precisa e facilmente riproducibile, di essere di agile interpretazione per il clinico e di sottolineare l‟importanza della valutazione multidisciplinare nella diagnostica preoperatoria mammaria. I limiti sono quelli di accomunare le diverse metodiche di agobiopsia. Mentre la core biopsy tradizionale è una tecnica di campionamento della lesione, il Mammotome per le quantità di prelievi che è in grado di eseguire e per le piccole dimensioni della lesione biopsiata, consente spesso una valutazione piu‟completa della lesione stessa. Di conseguenza le categorie diagnostiche B3 e B4 sono relativamente poco usate mentre la categoria B5 può essere molto articolata e dettagliata.

Vengono tuttavia segnalate alcune informazioni prognostiche che la diagnosi preoperatoria non può garantire, come l‟eventuale invasione vascolare linfatica, la determinazione dell‟estesa componente intraduttale (EIC) e la diagnosi di carcinoma microinvasivo (infiltrazione <1mm). 18

53 4. RUOLO DELLA RM NELLA DIAGNOSTICA

MAMMARIA

La RM della mammella rappresenta uni indagine strumentale che ha acquisito, nel corso dei suoi vent‟anni di applicazione clinica, un ruolo crescente grazie soprat- tutto alle implementazioni tecnologiche. In particolare, il miglioramento dei software e delle apparecchiature ha consentito di ottimizzare la sensibilità e di rendere accettabile la specificità, che rappresenta comunque ancora la maggiore limitatezza all‟utilizzo diffuso e sistematico di tale indagine.

Rispetto alla mammografia ed all‟ecografia mammaria, la RM con mezzo di contrasto è una tecnica d‟imaging della mammella che offre informazioni non soltanto sulla morfologia delle lesioni ma anche sulle caratteristiche funzionali delle stesse, come il tipo di vascolarizzazione. In particolare nelle immagini elaborate con sottrazione è possibile infatti visualizzare aree di maggior vascolarizzazione. Non è cioè la focalità tumorale in sé ad essere identificata, ma il suo focolaio angiogenetico. Infatti una volta che i tumori invasivi mammari crescono e superano le dimensioni di alcuni millimetri, la loro

54 aumentata richiesta di ossigeno e nutrienti non può essere soddisfatta dall‟apporto fornito dalla semplice diffusione attraverso i nomali vasi del tessuto fibroghiandolare mammario. Il “gap” (ovvero il disequilibrio tra l‟aumenta- ta richiesta e il reale apporto) aumenta con l‟aumentare della massa tumorale e causa nelle cellule neoplastiche, stress ossidativo il quale a sua volta, sembrerebbe stimolare il rilascio di ormoni peptidici (come fattori di crescita soprattutto il fattore di crescita dell‟endotelio vascolare o il fattore di crescita trasformante alpha, beta o ancora il fattore di necrosi tumorale alpha) che promuovono la formazione di nuovi vasi e/o la lo sviluppo di capillari già esistenti nello stroma peritumorale (Fig. 1). L‟attività neoangiogenetica della lesione fornisce una vascolarizzazione “mirata” che sostiene il tumore e aiuta a mantenere la sua omeostasi metabolica; è così stre- ttamente correlata alla crescita e all‟invasione del tumore, che costituisce probabilmente una condizione sine qua non senza la quale il tumore non potrebbe svilupparsi. Ed è proprio questa attività neoangiogenetica che costituisce la base per la scoperta o per le diagnosi differenziali dei reperti alla RM.

55 Fig.1 Neoangiogenesi tumorale: Lo stress ossidativo indotto dal disequilibrio tra l‟aumentata richiesta e il reale apporto il sembrerebbe stimolare il rilascio di ormoni peptidici i quali a loro volta promuovono la formazione di nuovi vasi e/o la lo sviluppo di capillari già esistenti nello stroma peritumorale – questo processo viene definito

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