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RUOLO DELLA RISONANZA MAGNETICA NELLA VALUTAZIONE DELLE LESIONI MAMMARIE DI CONFINE

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Academic year: 2021

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1 INDICE

RIASSUNTO

INTRODUZIONE

1. LESIONI DI CONFINE, EPIDEMIOLOGIA E RISCHIO DI CARCINOMA A LORO CORRELATO

2. ANATOMIA PATOLOGICA DELLE LESIONI BORDERLINE O DI CONFINE

3. LA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI IN CAMPO SENOLOGICO

4. RUOLO DELLA RM NELLA DIAGNOSTICA MAMMARIA

5. INDICAZIONI ALL’USO DELLA RM NELLA DIAGNOSTICA MAMMARIA

6. CONTROINDICAZIONI E CONDIZIONI LIMITANTI L’USO DELLA RM

7. VANTAGGI E LIMITI DELL’USO DELLA RM NELLO STUDIO DELLA MAMMELLA

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2 SCOPO MATERIALI E METODI RISULTATI DISCUSSIONE CONCLUSIONI CASI CLINICI BIBLIOGRAFIA

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3 RIASSUNTO

Scopo

Lo scopo di questa tesi è valutare se la Risonanza Magnetica (RM) a contrasto dinamico può essere utilizzata come test per selezionare le pazienti “chirurgiche” dalle “non chirurgiche” nell‟ambito di donne con diagnosi microistologica indicativa di lesione di confine (B3). Materiali e metodi

Sono state indagate retrospettivamente 24 pazienti di età compresa tra 35 e 68 anni (età media 51 anni), per un totale di 25 lesioni mammarie borderline, diagnosticate alla Core Needle Biopsy (CNB) e sottoposte prima a Risonanza Magnetica (RM) e successivamente a biopsia escissionale.

I reperti RM sono stati classificati secondo lo score Fisher: le lesioni incluse nelle classi I, II e III sono state classificate come “non sospette”, mentre quelle incluse nelle classi IV e V come “sospette”. I risultati della valutazione sono stati confrontati per ogni lesione con il “gold standard”: la diagnosi istologica alla biopsia chirurgica.

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4 Sono state eseguite sequenze 3D Spoiled Gradient Recalled (SPGR), seguite da uno studio dinamico effettuato dopo l‟iniezione di mezzo di contrasto; le immagini pre-contrastografiche sono state sottratte alle corrispettive immagini post-contrastografiche e poi elaborate mediante programmi di post- processing.

Risultati

Dall‟elaborazione dei dati vengono calcolate sensibilità, specificità, valore predittivo positivo (VPP) e valore predittivo negativo (VNP) dell‟esame di RM che sono rispettivamente del 100%, 55%, 46% e 100%.

Conclusioni

Seppur con i limiti di una valutazione retrospettiva e di una casistica ridotta che non ha consentito un‟analisi dedicata ad ogni tipo di lesione borderline, l‟elevato VPN (100%) della RM suggerisce un ruolo potenziale della RM nell‟escludere la presenza di malignità in caso di diagnosi percutanea di lesioni borderline. Ciò consentirebbe di indirizzare pazienti con reperti RM poco sospetti a follow-up clinico-radiologico piuttosto che all‟intervento chirurgico con una sostanziale riduzione dei costi correlati alla procedura chirurgica, e di cicatrici chirurgiche residue

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5 che possono inficiare i successivi esami di imaging senologico, in particolare mammografia ed ecografia.

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6 INTRODUZIONE

Il diffondersi dei programmi di screening e di strumenti diagnostici in grado di identificare reperti radiologici sempre più fini ha incrementato notevolmente il numero dei riscontri di lesioni cosiddette borderline o di confine, caratterizzate da potenziale incerto di malignità, le quali pongono interessanti problematiche di gestione sia diagnostica che terapeutica nonché di sorveglianza delle persone che ne risultano affette. L‟imaging può indirizzare verso la diagnosi di natura grazie alla dimostrazione di alcuni elementi, come la presenza di microcalcificazioni visibili alla mammografia, che possono essere espressione di carcinoma duttali in situ, ma più spesso ci troviamo di fronte a reperti aspecifici come la presenza di una “massa” alla mammografia o all‟ecografia. L‟Eco-color Doppler ci consente di valutare la presenza di lesioni molto vascolarizzate come quelle papillari, ma non permette, di per sé, di distinguere le lesioni papillari benigne dai carcinomi papillari. Il prelievo con ago (citologia, CNB, vacuum biopsy) con l‟ausilio di differenti guide, è divenuto oggi parte integrante dell‟iter diagnostico e condiziona in maniera fondamentale il successivo indirizzo operativo (follow-up, exeresi chirurgica). Il

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7 grado di affidabilità di queste metodiche di prelievo nella caratterizzazione soprattutto delle lesioni di confine appare però significativamente variabile in base all‟uso di aghi diversi ed alle diverse modalità di esecuzione del prelievo. Inoltre, la difficile gestione clinica di queste lesioni diagnosticate mediante agobiopsia percutanea è legata al significativo rischio di sottostima di malignità. Negli ultimi anni si è cercato invano di individuare caratteristiche cliniche, radiologiche e istopatologiche che potessero permettere una discriminazione tra lesioni borderline e patologia maligna, pertanto risulta molto spesso necessario ricorrere alla biopsia chirurgica per giungere ad una definizione più affidabile della lesione. 1 La RM è un‟indagine strumentale che sta acquisendo sempre maggiore importanza in campo senologico; fornisce informazioni sia di tipo morfologico che di tipo funzionale, studiando la vascolarizzazione e quindi l‟eventuale neoangiogenesi tumorale. Ha dimostrato un‟elevata sensibilità nel rilevare neoplasie anche di piccole dimensioni e quindi potrebbe essere un mezzo capace di discriminare lesioni a maggior rischio neoplastico o con una componente infiltrante. Inoltre anche il VPN della RM è piuttosto elevato e questo

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8 potrebbe aiutarci a indirizzare pazienti con reperti poco sospetti al follow-up piuttosto che a biopsia escissionale.

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9 1. LESIONI BORDERLINE O DI CONFINE: EPIDEMIOLOGIA E RISCHIO DI CARCINOMA A LORO CORRELATO

Le lesioni borderline della mammella sono un gruppo eterogeneo di lesioni, considerate al confine tra forme benigne e forme maligne (vengono infatti dette anche “di confine”), per le quali risulta cioè difficile stabilire la potenzialità di evoluzione e l‟eventuale correlazione con neoformazioni maligne.2,3

Stabilire la probabilità che queste lesioni hanno di progredire verso un carcinoma invasivo è ormai una necessità sempre più incombente, dal momento che il carcinoma mammario rappresenta oggi nel sesso femminile la seconda più comune neoplasia, preceduta solo dal tumore del polmone, e la prima causa di morte oncologica, e seconda soltanto alle malattie cardiovascolari come causa di morte in assoluto dopo i 55 anni.

L‟incidenza del carcinoma mammario è maggiore in Europa nord-occidentale e nel nord America; i tassi minori, fino a dieci volte inferiori, si riscontrano nei Paesi del Terzo Mondo.

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10 In Italia, il numero di nuovi casi per anno è stimato in circa 45000. L‟incidenza di malattia aumenta con l‟aumentare dell‟età, essendo raro prima dei 25 anni, a partire da questa età, i tassi di incidenza aumentano esponenzialmente sino ai 50 anni circa, quindi subiscono una pausa se non, una battuta di arresto, per poi ritornare a crescere, ma con un tasso inferiore, dopo la menopausa. Per quel che riguarda i tassi di mortalità il nostro paese ha un numero di decessi per carcinoma mammario tra i più bassi in Europa: 19 su 100000 l‟anno. Ciò è dovuto sicuramente all‟efficacia con cui in Italia si è condotta una strategia di prevenzione, diagnosi precoce e terapia dei tumori femminili.4

I fattori di rischio sono riconducibili a tre principali categorie: fattori genetici, fattori ormonali, fattori ambientali. Tra i fattori genetici ricordiamo mutazioni del gene BRCA1 o del BRCA2, con trasmissione autosomica dominante, responsabili del 5% dei carcinoma mammari; spesso in queste famiglie il carcinoma della mammella si presenta precocemente e bilateralmente. Tra i fattori ormonali sono implicati soprattutto ormoni sessuali, androgeni ed estrogeni, ma anche insulina ed altri fattori di crescita, sono quindi fattori di rischio il menarca precoce, la menopausa tardiva, la terapia ormonale sostitutiva dopo

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11 la menopausa, per citarne alcuni. Tra i fattori ambientali abbiamo l‟esposizione a radiazioni ionizzanti, specie se in età infantile o giovanile, una dieta ipercalorica, povera di frutta e verdura, un alto consumo di alcool, una vita sedentaria ed infine alcuni agenti chimici come i pesticidi organo-cloruro o idrocarburi aromatici policiclici.5

Le lesioni di confine o borderline includono l‟iperplasia duttale atipica (IDA), la neoplasia lobulare che comprende l‟iperplasia lobulare atipica e il carcinoma lobulare in situ (CLIS), le lesioni papillari (LP), ovvero papilloma intraduttale e papillomatosi, il nodulo sclero-elastotico o radial scar, l‟adenosi sclerosante (AS), le lesioni fibroepiteliali (essenzialmente il tumore filloide), le lesioni mucocele-like ed infine l‟iperplasia a cellule colonnari. In passato, il loro riscontro era poco frequente e veniva data poca importanza al loro significato biologico e alla loro gestione. Oggi, grazie al diffondersi dei programmi di screening e alla disponibilità di sofisticati strumenti diagnostici, si assiste ad un aumento della diagnosi di queste lesioni e ad una loro acquistata importanza clinico-biologica, sopratutto da quando alcuni autori hanno proposto per tali lesioni un significato pre-neoplastico o di fattore di rischio.

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12 La CNB è ormai ampiamente utilizzata come strumento per l‟analisi di tipo istologico delle lesioni, della loro invasività e di alcuni importanti parametri biologici (markers prognostici come l‟assetto recettoriale, indici di proliferazione, sovraespressione del c-erb). Le lesioni borderline vengono classificate come B3 dal punto di vista istologico, a sottolineare il loro carattere intermedio tra lesioni B2 (lesioni benigne), in cui l‟iter diagnostico della paziente può considerarsi concluso, e lesioni B4 (lesioni sospette per malignità), in cui la diagnosi di carcinoma non può essere posta con certezza o per problemi tecnici (ad es. frammenti tissutali con modificazioni artefattuali da alterata fissazione) o perché si tratta di lesioni molto rare come l‟angiosarcoma della mammella, e che quindi necessitano della valutazione completa del materiale istologico definitivo e quindi di una biopsia escissionale.6 Attualmente le lesioni ad incerto potenziale maligno (B3) rappresentano circa il 10% delle diagnosi effettuate mediante CNB; tuttavia, in 1/4 dei casi si osserva sottostima di malignità ovvero una lesione su quattro, diagnosticata alla CNB come B3, risulta essere un carcinoma all‟escissione chirurgica. Le ragioni possono

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13 essere diverse e possono riguardare sia le caratteristiche del prelievo sia le caratteristiche della lesione.

Tra prime abbiamo il tipo di biopsia tradizionale (tru-cut) o sotto aspirazione automatica vacuum-assisted (mammotome), il tipo di guida ecografica o radiostereotassica, il calibro dell‟ago, il numero e le dimensioni dei frustoli prelevati ed infine il riconoscimento del reperto alla procedura.

Tra le seconde troviamo la difficoltà di interpretazione di alcune di queste patologie soprattutto per quel che riguarda la diagnosi differenziale tra forme benigne e forme maligne; un esempio tipico sono le lesioni papillari, che presentano lo stesso pattern di crescita e le stesse caratteristiche architetturali della neoplasia papillare, o ancora il nodulo sclero-elastotico (radial scar) che a causa della distorsione architetturale, delle microcalcificazioni e dell‟aspetto spiculato dei margini si avvicina alle caratteristiche delle forme propriamente neoplastiche. Un‟altra importante ragione della sottostima di malignità alla CNB è la localizzazione dei focolai di malignità, i quali spesso si trovano alla periferia della lesione stessa, e l‟adozione di criteri dimensionali standard per la diagnosi

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14 differenziale delle varie lesioni. Infatti la diagnosi differenziale tra IDA e il “suo corrispettivo maligno”, il carcinoma duttale in situ (CDIS), si basa su una valutazione dimensionale poiché, quando le alterazioni proliferative coinvolgono parte di un solo dotto o un „area con un‟estensione inferiore a 2 mm, si parla di IDA, in caso contrario di CDIS; tuttavia nel caso di prelievo percutaneo, va considerata la possibilità che un piccolo focolaio di iperplasia duttale atipica alla periferia del campione bioptico possa rappresentare la periferia di un carcinoma duttale in situ a basso grado nel tessuto adiacente.7

Inoltre ricordiamo che il tasso di malignità risulta sostanzialmente variabile tra i diversi tipi specifici di lesioni. L‟IDA, che in alcuni casi si associa a microcalcificazioni radiologicamente evidenti, aumenta di 4-5 volte il rischio di insorgenza di carcinoma nei successivi 10-15 anni; l‟età media di insorgenza è di circa 50 anni, anche se ultimamente si riscontrano casi in donne sempre più giovani. Recenti studi di biologia molecolare hanno evidenziato la presenza di alterazioni cromo-somiche comuni all‟IDA, al carcinoma duttale in situ di grado basso e intermedio e al carcinoma duttale infiltrante

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15 di grado 1-2, facendo ipotizzare un continuum evolutivo fra queste lesioni nella cancerogenesi mammaria. 1

Analoghi risultati sono stati ottenuti fra l‟iperplasia lobulare atipica, il CLIS e il carcinoma lobulare infiltrante (CLI). In particolare, studi immunoistologici hanno evidenziato una percentuale più alta di recettori per gli estrogeni di tipo alpha nella neoplasia lobulare (sia iperplasia lobulare atipica che il CLIS) rispetto al normale tessuto mammario adiacente e viceversa una più bassa percentuale di recettori per gli estrogeni di tipo beta. Quindi upregolation dei recettori per gli estrogeni di tipo alpha e downregolation dei recettori per gli estrogeni di tipo beta potrebbero rappresentare un momento fonda-mentale nella patogenesi della neoplasia lobulare e conseguentemente della neoplasia infiltrante.8 Ad oggi l‟iperplasia lobulare atipica comporta un aumento del rischio di comparsa di carcinoma nella mammella omo- o contro laterale pari a 6 volte in donne di età inferiore ai 45 anni, e di 3 volte in quelle di età superiore; anche il carcinoma lobulare in situ è considerata una lesione a rischio di evoluzione neoplastica, e dopo 20 anni di follow-up circa il 25-35% delle pazienti sviluppa un

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16 carcinoma invasivo e a differenza del carcinoma duttale in situ, entrambe le mammelle presentano lo stesso rischio.9 Tra le LP abbiamo il papilloma intraduttale, che si riscontra ad ogni età, con un picco di incidenza tra i 30 ed i 50 anni. Nel 80% dei casi si presenta con secrezione dal capezzolo, unilaterale, spontanea siero-ematica, mentre nei restanti casi con masse palpabili o reperti radio-logicamente evidenti, particolarmente se associati a microcalcificazioni.

Sono lesioni per lo più solitarie e localizzate in regione subareolare; rappresentano proliferazioni clonali papillari di cellule epiteliali e pertanto vengono classificati come vere proprie neoplasie. Il rischio di sviluppare succes-sivamente carcinoma è all‟incirca del 7% nelle donne con meno di 60 anni e del 30% nelle donne oltre i 60 anni. Quando si osservano multipli papillomi che interessano uno o più dotti, anche periferici, di minor calibro, parliamo di papillomatosi, il cui picco è intorno ai 40 anni; è una condizione patologica che generalmente colpisce donne più giovani rispetto al papilloma solitario e al carcinoma papillifero. La secrezione dal capezzolo è presente in 1/3 dei casi. La probabilità di sviluppare un carcinoma successivamente varia dal 20 al 40%. 9

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17 Il tumore filloide rappresenta il 2% delle tumefazioni mammarie; viene anche detto fibroadenoma gigante (in rapporto alle sue dimensioni) o cistoadenoma filloide (la variante sarcomatosa è fortunatamente rara). Raramente bilaterale, si riscontra ai due estremi della età riproduttiva: 5 anni dopo il menarca e 10 prima della menopausa, con età media intorno ai 45 anni. Inizialmente ha l‟aspetto di un fibroadenoma, ma ha tendenza al rapido accrescimento, sino a raggiungere dimensioni cospicue. Ha l‟aspetto clinico strumentale di una lesione fibroadenomatosa, benigna dunque, ma le dimensioni, la storia clinica e la eventuale presenza di ulcerazione devono far sospettare il tumore filloide. Il comportamento evolutivo di questa affezione è in genere di tipo benigno, anche se una certa percentuale (21%) ha tendenza alla recidiva locale o alla metastatizzazione; in caso di cistosarcoma filloide, il grado di malignità e la prognosi, sono determinati istologicamente con l‟indice mitotico.9

Tra le lesioni sclerosanti vengono incluse l‟AS e il nodulo sclero-elastosico. L‟età di insorgenza è tra 35 e 45 anni; nella maggior parte dei casi non danno alcuna manifestazione clinica e il loro riscontro è perciò spesso occasionale durante l‟esecuzione di una mammografia o di

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18 una biopsia eseguita per altri motivi. Radiologicamente il nodulo sclero-elastotico presenta segni tipici ma non specifici: (1) una radiopacità centrale, (2) spicole radiali lunghe e sottili, (3) aspetto variabile nelle diverse proiezioni, (4) strutture lineari radioopache parallele alle spicole. Tutti questi segni danno alla lesione un aspetto tipicamente “stellato” (black star) ma non specifico dal momento che si ritrova anche in alcune forme di carcinoma (carcinoma duttale infiltrante, CLI, carcinoma tubulare), in cicatrici post-chirurgiche e infine in lesioni post-traumatiche; in questi casi la diagnosi differenziale risulta estremamente difficoltosa, per cui è necessario ricorrere alla biopsia percutanea o all‟exeresi chirurgica. Il nodulo sclero-elastotico in una percentuale variabile di casi si associa a proliferazione epiteliale atipica e a carcinoma, in particolare recentemente si è dimostrato come la potenziale trasformazione maligna sia correlata sopratutto all‟età della paziente, oltre naturalmente alla concomitante presenza di altri fattori di rischio; possiamo perciò pensare alle lesioni sclerosanti, soprattutto alla radial scar, come ad un modello “naturale di carcinogenesi che, iniziando da una proliferazione epiteliale in donne di età inferiore a 50 anni, evolve verso una forma atipica ed infine verso una forma carcinomatosa”.10

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19 L‟AS si rende radiograficamente evidente soprattutto se associata a microcalcificazioni e, nonostante per lungo tempo sia stata ritenuta una lesione completamente innocua, studi recenti hanno dimostrato un seppur lieve aumento del rischio di carcinoma.9

Le lesioni mucocele-like sono delle rare lesioni della mammella, che colpiscono generalmente le donne in età pre-menopausale (età media di insorgenza 40 anni) e che, probabilmente, sono dovute a rottura di cisti contenenti materiale mucinoso con conseguente stravaso del contenuto nel tessuto circostante. Se ne riconoscono due forme: quella benigna, che mammograficamente ha un aspetto del tutto aspecifico, e una forma maligna, associata a iperplasia duttale atipica e/o a carcinoma, che può presentarsi mammograficamente sia con micro-calcificazioni indeterminate, sia come nodulo contenente spesso calcificazioni, entrando così in diagnosi dif-ferenziale con il carcinoma duttale in situ. Ecograficamente si notano multiple strutture ovalari, ben definite, ipoecogene (forme “pure”), oppure strutture tubulari con un livello basso di echi interni, simili ad una cisti complessa (forme associate ad atipia e a carcinoma). Da un punto di vista citologico, le caratteristiche ricalcano

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20 quelle del carcinoma mucinoso e spesso la diagnosi differenziale mediante il solo agoaspirato o Fine Needle Aspiration Biopsy (FNAB) non è sufficiente, perciò è necessario ricorrere ad una biopsia escissionale che ci permette, nel caso in cui vengano diagnosticate lesioni mucocele-like, di escludere la presenza di atipie e di carcinoma. Alla luce di tutti questi fattori, alcuni autori sono oggi concordi nel considerare le lesioni mucocele-like e il carcinoma mucinoso come due estremità di uno spettro di lesioni mucinose della mammella, rappresentando così un continuum patologico.10,12

Le lesioni a cellule colonnari sono un altro gruppo di lesioni che originano dall‟unità duttulo-lobulare terminale e che si distinguono principalmente in modificazioni a cellule colonnari, iperplasia a cellule colonnari e atipia a cellule colonnari. Sono spesso associate a microcalcificazioni radiologicamente evidenziabili, a vari gradi di atipia nucleare e complessità architetturale; il rischio di carcinoma associato a tali reperti non è ancora ben chiaro, sebbene tali lesioni siano stati ritrovate nel tessuto adiacente a carcinomi in situ e a carcinomi invasivi. Inoltre studi recenti di biologia molecolare hanno evidenziato sia alterazioni cromosomiche comuni alle

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21 varie lesioni a cellule colonnari, sia alterazioni in comune fra le lesioni a cellule colonnari e le forme pure o miste di carcinoma infiltrante di tipo tubulare, suggerendo una loro implicazione nella cancerogenesi della forma più diffe-renziata di carcinoma mammario infiltrante.1,11

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22 2. ANATOMIA PATOLOGICA DELLE LESIONI BORDERLINE O DI CONFINE

2.1 Iperplasia duttale atipica

La mammella normale presenta soltanto un doppio strato, epiteliale e mioepiteliale, al di sopra della membrana basale. L‟iperplasia viene definita come un aumento del numero degli strati cellulari e può essere dovuta o a incremento dell‟attività proliferativa o, più verosi-milmente, a una diminuzione dell‟apoptosi cellulare. Se sono presenti più di quattro strati cellulari esiste un aumentato rischio di sviluppare successivamente un carcinoma. L‟iperplasia epiteliale semplice è carat-terizzata da proliferazione di elementi cellulari eterogenei (epiteliali puri o misti con aspetti epiteliali, mioepiteliali e di metaplasia apocrina), per lo più irregolari e con margini indistinti, i cui nuclei hanno un aspetto variabile, rotondeggiante ovalare, angolato o fusiforme. Da questa proliferazione hanno origine masse solide e trabecole che aggettano nel lume duttale, incrociandosi tra loro e obliterandolo parzialmente. Alla periferia delle masse epiteliali è quasi sempre possibile individuare spazi vuoti residui (fenestrazioni), una sorta di lumi irregolari, per lo più fessuriformi. Possono essere presenti vari gradi di

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23 atipia citologica e architetturale (iperplasia atipica) e, in questi casi, la diagnosi differenziale con il carcinoma in situ può essere particolarmente difficile. Nell‟IDA generalmente le cellule sono uniformi, rotondeggianti con un lieve incremento del rapporto nucleo/citoplasma, una distribuzione nucleare equidistante o simile a “rosette”, le fenestrature appaiono di forma più regolare e regolarmente distribuite, anche i nuclei sono regolari, rotondeggianti; tra le caratteristiche architetturali si possono trovare patterns tipici dell‟iperplasia semplice o patterns cribriformi o micropapillari che evolvono da un qualsiasi punto di un singolo dotto verso altri dotti o duttuli; il diametro trasverso dell‟aggregato non supera mai i 2 mm. Come già detto, alcune caratteristiche ricordano il carcinoma duttale in situ, tuttavia l‟iperplasia atipica ha un‟estensione limitata, gli elementi cellulari non sono del tutto monomorfi oppure non riempiono completamente gli spazi duttali, quindi il monoformismo cellulare con ipercromasia nucleare e l‟uniformità architetturale ci possono indirizzare verso una diagnosi di carcinoma duttale in situ.9,

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24 2.2 Neoplasia lobulare (iperplasia lobulare atipica, CLIS)

Il termine di neoplasia lobulare, si riferisce all‟intero spettro di proliferazioni epiteliali patologiche che avvengono nel contesto di uno o più lobuli; abbiamo forme che mostrano soltanto parziale sviluppo lobulare e forme che invece portano ad una massiva distensione degli acini in numerosi lobuli. L‟aspetto morfologico delle lesioni, varia enormemente in base al grado di distensione degli acini e alla proporzione degli acini coinvolti all‟interno del lobulo.

L‟iperplasia lobulare atipica è caratterizzata da aspetti proliferativi di una popolazione di cellule, analoghe a quelle del carcinoma lobulare, ma che sostituiscono le cellule acinari solo in circa il 50%, dell‟unità duttulo-lobulare. Si tratta di cellule spesso piccole, uniformi, rotondeggianti, con margini indistinti, citoplasma sparso e nuclei di forma abbastanza regolare, nucleoli piuttosto piccoli. Frequentemente però questo aspetto classico può mancare: si possono osservare cellule più grandi o più piccole, o con un citoplasma abbondante granulare, eosinofilo con caratteristiche simil-apocrine. A volte le cellule mostrano differenziazione secretoria, con lumi

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25 intracitoplasmatici, globuli mucinosi ed un aspetto detto ad anello con castone. In ogni caso sono sempre scarsamente coese fra di loro, e tendono a sostituire completamente o semplicemente a dislocare le cellule originarie epiteliali dell‟unità duttulo-lobulare verso la periferia. Quando la proliferazione di questo tipo di cellule interessa più del 50 % delle unità duttulo-lobulare si parla di CLIS. Si tratta di una neoplasia epiteliale senza evidenza di infiltrazione dello stroma circostante e quindi sprovvista di capacità metastatica, la cui proliferazione è limitata al lume delle strutture duttulo-lobulari da cui origina. Raramente si osserva distorsione dell‟architettura sottostante, e i lobuli colpiti restano riconoscibili; pertanto rappresenta riscontro incidentale in biopsie eseguite per altri motivi in quanto è solo raramente associato a calcificazioni e non si manifesta mai come massa. È bilaterale nel 50-70% delle pazienti interessate, e ha una tendenza a progredire verso un carcinoma invasivo con una frequenza simile a quella del carcinoma duttale in situ ma, a differenza di questo, entrambe le mammelle presentano lo stesso rischio. I carcinomi invasivi che insorgono in donne con previa diagnosi di carcinoma lobulare in situ hanno il triplo di possibilità di dar luogo a istotipi lobulari, anche se la maggior parte non presenta caratteristiche tipiche lobulari;

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26 inoltre recentemente sono state trovate tutta una serie di lesioni frequentemente associate alla neoplasia lobulare come il carcinoma duttale in situ, l‟adenosi sclerosante, il tumore filloide, ma anche alterazioni fibrocistiche, il fibroadenoma, la fibrosi stromale, l‟ectasia duttale e la steatonecrosi, alcune delle quali possono comportare un ulteriore rischio di sviluppo di un successivo carcinoma.9,13

2.3 Lesione Papillare (papilloma intraduttale e papillomatosi)

Il papilloma intraduttale è una lesione neoplastica benigna, generalmente unica, centrale, che si localizza in prossimità dei dotti galattofori principali o dei seni galattofori. Istologicamente, un papilloma è composto da numerose papille, ognuna delle quali è costituita da un asse connettivale fibrovascolare su cui si dispone un epitelio in duplice strato (uno strato mioepiteliale e uno strato di cellule duttali epiteliali): le cellule epiteliali delimitano il lume duttale, mentre cellule mioepiteliali sono sempre presenti tra le cellule epiteliali e la membrana basale. Si accrescono o all‟interno di un dotto, dilatandolo talora sino a dimensioni cistiche (papilloma intracistico) o all‟interno

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27 di un seno galattoforo in regione subareolare. Tali papille sono estremamente fragili e si sfaldano con facilità, causando un sanguinamento spontaneo o indotto dalla spremitura del capezzolo o dell‟areola, che generalmente è il primo segno clinico segnalato dalla donna. Il sanguinamento spontaneo o indotto può anche essere legato a infarto sia delle singole papille sia dell‟intera lesione papillare, verosimilmente per torsione del peduncolo. Il criterio più importante per differenziare un papilloma benigno da un carcinoma papillare è la presenza di uno strato mioepiteliale relativamente uniforme, nell‟ambito della componente proliferante papillare intraluminale della lesione. Frequentemente sono sede di metaplasia apocrina. Possono essere presenti vari gradi di atipia epiteliale, così come stratificazioni di cellule epiteliali senza atipie citologiche. Attualmente, si ritiene che la maggior parte dei papillomi solitari siano totalmente benigni, senza alcun rapporto con il carcinoma papillifero. In caso di papillomi intraduttali multipli o papillomatosi è invece documentato un aumento del rischio di carcinoma. In tali forme multiple, la lesione si presenta come una massa palpabile scarsamente delimitata, o come lesione microscopica rilevabile mammograficamente, soprattutto

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28 se associata a calcificazioni o a importanti alterazioni strutturali, o ancora incidentalmente in biopsie eseguite per altre ragioni. La papillomatosi è caratterizzata dalla simultanea proliferazione e protrusione di numerose formazioni papillari, all‟interno dei lumi duttali; sono interessati anche i dotti periferici di minor calibro, ma in ogni caso le caratteristiche citologiche rimangono sempre le stesse: assi fibrovascolari che si estendono all‟interno dei lumi dei dotti, normalmente rivestiti dal doppio strato cellulare; tuttavia, anche questi piccoli papillomi possono presentare iperplasia atipica. Le atipie più comunemente ritrovate sono rappresentate da proliferazione di cellule fusiformi che si stratificano l‟una sull‟altra o dalla focale perdita dello strato mioepiteliale di alcune papille.

Questa frequente associazione tra papillomatosi e i vari pattern di proliferazione epiteliale “intraduttale” (iperplasia duttale tipica, IDA, carcinoma intraduttale) è probabilmente dovuta al fatto che tutte queste lesioni originano dall‟unità duttulo-lobulare e, quando questa è stimolata a proliferare, si sviluppano di volta in volta i vari pattern che vanno dall‟IDA al carcinoma papillare multifocale periferico.9,13

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29 2.4 Lesioni sclerosanti (nodulo scleroelastotico o radial scar e AS)

L‟AS, detta anche iperplasia fibroadenomatosa rappresenta una aberrazione della fase proliferativa e involutiva insieme: all‟esame istologico si osservano infatti entrambi gli aspetti contemporaneamente (epiteliosi e fibrosi stromale), strutture lobulari strangolate e distorte dal tessuto fibroso. Macroscopicamente, le aree interes-sate da AS possono assumere a volte consistenza dura, simil-cartilaginea, che può essere molto simile a quella del carcinoma infiltrante. Un importante elemento di diagnosi differenziale con il carcinoma è la minore definizione del focolaio di adenosi rispetto al tessuto circostante e l‟assenza delle strie giallastre e calcifiche, presenti nel carcinoma. Il numero di acini per ogni dotto terminale è incrementato di almeno due volte rispetto al lobulo normale; l‟architettura lobulare è invece conservata. Gli acini sono compressi e distorti nelle zone centrali della lesione, anche se alla periferia sono caratteristicamente dilatati. La porzione centrale della lesione generalmente riflette gli stadi più precoci, ed è più cellulata; la parte periferica, invece, rappresenta gli stadi più tardivi, la cellularità è minore e l‟adenosi dominante. Le

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30 calcificazioni sono presenti in un 50% dei casi. A volte si possono sviluppare, nel contesto di AS, foci di metaplasia apocrina, neoplasia lobulare o carcinoma intraduttale .13 Il nodulo sclero-elastotico è rilevabile mammograficamente come addensamento raggiato, raramente come massa palpabile (lesione sclerosante complessa), è frequentemente multicentrico e bilaterale e spesso si osserva in donne con alterazioni fibrocistiche; si tratta per lo più di lesioni di pochi millimetri, anche se a volte possono superare il centimetro. L‟aspetto radiale della lesione è sempre ben visibile sebbene le caratteristiche microscopiche possano variare, dipendendo dal grado di sclerosi, di elastosi, dal numero di dotti intrappolati nella zona centrale e dalla presenza e dalla natura delle alterazioni proliferative a livello dei dotti adiacenti. Caratteristicamente è una lesione iperplastica raggiata, epiteliale e stromale caratterizzata da adenosi ed epiteliosi disposte a corona attorno ad un centro scleroelastosico; da questo core centrale, fondamentalmente acellulato, si irradiano dotti e lobuli intrappolati e distorti; i duttuli che circondano la zona centrale, o sono delimitati dal doppio strato di cellule, epiteliale e mioepiteliale, o esibiscono vari pattern di

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31 iperplasia epiteliale atipica. In alcuni casi la zona centrale fibro-collagenosa è piuttosto piccola, mentre altre volte quasi tutta la lesione può essere sclerotica, o ancora può essere circondata da duttuli minimamente alterati o regioni che mostrano alterazioni proliferative o neoplastiche. La più importante lesione che entra in diagnosi differenziale con il nodulo scleroelastotico è il carcinoma tubulare. Istologicamente infatti, le due lesioni hanno una struttura molto simile ma, nel nodulo scleroelastotico, i duttuli intrappolati nel core centrale sono delimitati da un doppio strato cellulare epiteliale e mioepiteliale, nel carcinoma tubulare invece lo strato mioepiteliale è assente: quando però non riusciamo a individuare bene le cellule mioepiteliali possiamo osservare la lamina basale dei duttuli, che nel caso di lesioni benigne presenta una distribuzione circonferenziale.13

2.5 Lesioni fibroepiteliali

I due tipi di tessuto stromale mammario, intralobulare e interlobulare, danno origine a diversi tipi di neoplasie. Dallo stroma intralobulare specifico mammario originano neoplasie bifasiche specifiche. Lo stroma specializzato può

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32 elaborare fattori di crescita per le cellule epiteliali determinando la contemporanea proliferazione della componente epiteliale non neoplastica di questi tumori. Dallo stroma interlobulare invece originano gli stessi tipi tumorali del connettivo degli altri distretti corporei (per esempio lipomi e angiosarcomi). Nelle neoplasie bi-fasiche, la natura di ogni elemento può essere benigna o maligna, e quindi varie possono essere le possibili combinazioni: nel fibroadenoma sia la componente epiteliale che quella mesenchimale risultano benigne, nel cistosarcoma filloide la componente epiteliale è benigna, ma lo stroma si presenta o ipercellulato, o sarcomatoso, e a volte francamente maligno, ed infine nel carcinosarcoma entrambe le componenti sono maligne.

I tumori filloidi, nella maggior parte dei casi, sono neoplasie a basso grado di malignità: hanno tendenza a recidivare localmente, ma scarsa propensione a metastatizzare a distanza. Le rare forme ad alto grado di malignità ha invece un comportamento biologico aggressivo, con frequenti recidive e metastasi a distanza per lo più, per via ematica, mentre così come avviene per tutte le neoplasie mesenchimali le metastasi linfonodali sono rare. Le recidive si sviluppano in circa il 30% dei

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33 casi, e fanno la loro comparsa entro due anni dalla diagnosi, mantengono le stesse caratteristiche istologiche della neoplasia originale, ma sono di solito più cellulate, atipiche e con un alto indice mitotico. Le metastasi si osservano in meno del 10% dei casi, e possono interessare i polmoni, lo scheletro, il cuore, il fegato, il sistema nervoso centrale. Talora per indicare queste lesioni viene usato il termine cistosarcoma filloide benché la maggior parte abbia un comportamento relativamente benigno. Generalmente si presentano rotondeggianti, di consistenza molle-elastica, mobili, voluminosi, con diametro spesso superiore ai 4 cm, arrivando a volte a superare i 10 cm e a occupare quasi tutta la mammella. Le lesioni di dimensioni maggiori, hanno spesso un aspetto lobulato, simil-fogliaceo (il termine filloide deriva dal greco antico “phylloides”, fogliaceo), dovuto alla presenza di noduli di stroma proliferante con rivestimento epiteliale.

Istologicamente, le forme a basso grado assomigliano a un fibroadenoma e se ne differenziano per un aumento della cellularità e dell‟attività mitotica stroma. Caratteristica è la formazione di processi simil-fogliacei che sporgono negli spazi cistici. Gli elementi epiteliali che delimitano i dotti, gli spazi fessuriformi e i processi simil-fogliacei sono

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34 rappresentate da due tipi di cellule proprie del sistema duttale mammario: le cellule dell‟epitelio intraluminale e le cellule mioepiteliali. Le lesioni ad alto grado, sono spesso difficili da distinguere da altri sarcomi dei tessuti molli e talora, possono presentare focolai di differenziazione verso un particolare tipo di sarcoma (per esempio liposarcoma, condrosarcoma, osteosarcoma, rabdomiosarcoma, emangiopericitoma e anche istiocitoma fibroso maligno). Comunque è difficile trovare più di un tipo di differenzazione nel contesto della componente sarcomatosa.13

2.6 Lesioni mucocele-like

Le lesioni mucocele-like sono rare lesioni della mammella, istologicamente caratterizzate da multiple cisti contenenti mucina le quali possono rompersi e scaricare il loro contenuto nel tessuto circostante. Si tratta di cisti delimitate da un epitelio citologicamente uniforme, piatto, da cuboidale a colonnare con iperplasia duttale soltanto focale; rare invece sono le cellule epiteliali all‟interno delle cisti, dove invece abbondante è la componente mucoide. Originariamente descritte come lesioni benigne,

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35 oggi se ne riconoscono anche forme maligne. Microscopicamente queste lesioni assomigliano molto al carcinoma mucinoso, tanto che alcuni autori sono concordi nel considerare le lesioni mucocele-like e il carcinoma mucinoso come due estremità di uno stesso spettro di lesioni mucinose della mammella, una sorta di continuum patologico. Sono inoltre state scoperte forme caratterizzate non solo da spazi cistici dilatati, ma anche da strutture tubulari con iperplasia a cellule colonnari non atipica e aree adiacenti delimitate da cellule colonnari, in numero di tre, con musetti apocrini variabilmente sporgenti e senza alcun aspetto di atipia citologica. Questo tipo lesioni potrebbero rappresentare un continuum morfologico tra lesioni a cellule colonnari e lesioni mucocele-like. La transizione sembrerebbe graduale in un solito dotto, tant‟è che, frammiste a queste aree, se ne possono trovare altre dove le cisti sono circondate da cellule cuboidali, caratteristica che rientra sì nello spettro morfologico delle lesioni mucocele-like, ma è anche suggestivo di una transizione verso lesioni a cellule colonnari.12

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36 2.7 Lesioni a cellule colonnari

Le lesioni a cellule colonnari sono lesioni caratterizzate da cellule epiteliale colonnari tappezzanti le unità duttulo- lobulari terminali e che si distinguono principalmente in modificazioni a cellule colonnari, iperplasia a cellule colonnari e atipia a cellule colonnari. Le modificazioni a cellule colonnari sono caratterizzate da acini e tubuli distorti, le cellule sono cilindriche, con basso grado di atipia, disposte in 1-2 strati e “musetti apocrini” aggettanti nel lume duttale. Spesso sono presenti calcificazioni e secreto luminale. L‟iperplasia a cellule colonnari mostra unità duttulo-lobulari terminali con acini dilatati e contorni irregolari, stratificazioni cellulari con più di due cellule, musetti apocrini accentuati e blande atipie dei nuclei. L‟atipia a cellule colonnari è un‟alterazione intraduttale, presumibilmente neoplastica, con sosti-tuzione delle cellule normali con cellule modificate e monotone, in 3-5 strati, senza atipie architetturali, spesso associate a secreto e a microcalcificazioni. Esistono delle chiare evidenze morfologiche, immunoistochimiche e genetiche che si tratti di una lesione precancerosa. Il rischio di progressione in carcinoma invasivo è generalmente molto basso, se si presenta come lesione solitaria. Inoltre spesso le lesioni a

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37 cellule colonnari si trovano in associazione con il carcinoma tubulare, l‟iperplasia epiteliale tipica, l‟iperplasia epiteliale atipica, il carcinoma duttale in situ e anche la neoplasia lobulare.14

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38 3. LA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI IN CAMPO

SENOLOGICO

L‟approccio con cui si studia la patologia mammaria è oggi multidisciplinare: fondamentale è la semeiotica classica, mediante la raccolta di un‟accurata anamnesi mirata a individuare i principali fattori di rischio, la familiarità, l‟eventuale sintomatologia e l‟esecuzione di un esame obiettivo volto alla valutazione della ghiandola mammaria e delle stazioni linfonodali, e culmina con l‟utilizzo di metodiche di imaging.

Per quel che concerne l‟imaging vi è ormai consenso pressoché unanime sulla triade mammografia, ecografia e agobiopsia (quest‟ultima eseguita sotto guida mammo-grafica o ecomammo-grafica) quale protocollo di riferimento per la valutazione patologica mammaria. In situazioni specifiche trovano precisa indicazione la galattografia (mammella secernente) o la RM (sospetta recidiva, multifocalità tumorale per menzionarne alcune).15

La moderna senologia ha quale campo d‟azione fondamentale il carcinoma mammario, neoplasia di grande rilevanza epidemiologica e che si manifesta clinicamente solo 6-8 anni dopo l‟insorgenza. Non essendo attuabile

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39 alcuna prevenzione primaria, l‟unica strategia perseguibile è la prevenzione secondaria, cioè la diagnosi precoce; arma fondamentale in tal senso è la mammografia. Tuttavia l‟iter diagnostico da seguire varia da caso a caso, dipendendo dalla presenza di fattori di rischio, dall‟esistenza di un‟eventuale sintomatologia, e dal‟età; si prospettano così tre differenti situazioni: pazienti asintomatiche e prive di fattori di rischio; pazienti asintomatiche in presenza di fattori di rischio; pazienti sintomatiche.

Nelle pazienti asintomatiche e prive di fattori di rischio di età inferiore ai 40 anni, non sarà quindi indicato alcun esame, utile però sono considerate la visita senologica e l‟ecografia. Per le donne tra i 40 e i 49 anni è consigliata oltre un accurata visita clinica, mammografia annuale ed ecografia in presenza di seno denso o complesso. Dopo i 50 anni si impone la mammografia biennale e l‟ecografia, se il seno dovesse presentare ancora caratteristiche giovanili o miste.

Nelle pazienti asintomatiche ma con fattori di rischio (forte familiarità, mutazioni del gene BRCA1 o BRCA2), l‟iter sarà rappresentato da valutazione obiettiva, da mammografia annuale ed ecografia se siamo davanti ad un

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40 seno denso o complesso; è utile affiancare una RM annuale.

Nelle pazienti sintomatiche (rilievo palpatorio di noduli o addensamenti, mastodinia, deformazione del profilo cutaneo, retrazione della cute o del capezzolo, secrezione siero-ematica) un accurato esame clinico ci consentirà di distinguere donne che risulteranno negative, e che potranno essere gestite come asintomatiche, da donne in cui la franca positività o il semplice sospetto devono indurci al proseguimento delle indagini. Le pazienti di età inferiore ai 35 anni e in assenza di fattori di rischio saranno quindi valutate attraverso indagine ecografica, mentre le pazienti di età inferiore ai 35 anni, ma portatrici di mutazione genetica o in presenza di forte familiarità, e le pazienti di età superiore ai 35 anni saranno indagate con mammografia ed ecografia, biopsia e se necessario RM.15 La mammografia (tradizionale o digitale) è l‟indagine che assicura la più elevata accuratezza diagnostica, indispensabile per precisare la sede, la forma, il volume, e i rapporti della neoplasia, è utile anche per la ricerca di lesioni in fase preclinica o in mammelle voluminose. Segni diretti sono rappresentati da opacità nodulari a contorni irregolari o sfrangiati; segni indiretti sono retrazione della

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41 cute o del capezzolo, iperva-scolarizzazione, presenza di microcalcificazioni e distorsioni architetturali. È un esame che deve essere eseguito con apparecchiatura dedicata e con metodologia adeguata al fine di ottenere la migliore immagine con dosi di radiazioni contenute: è necessaria infatti la compressione della ghiandola mammaria (che oltre a ridurre le dosi di esposizione, riduce la radiazione diffusa e la sfumatura dell‟immagine legata al movimento); in età fertile bisogna osservare la regola dei 10 giorni, che oltre a vantaggi protezionistici, consentirà di evitare la congestione ghiandolare pre-mestruale che rende la compressione dolorosa.15 Nella mammografia digitale l‟immagine è visualizzata in tempo reale su monitor ad alta risoluzione e, successivamente, archiviata su dischi ottici, su pellicola o inviata direttamente ad un PACS (sistema per l‟archiviazione elettronica delle immagini).

I principali vantaggi dei sistemi digitali sono la maggiore sensibilità del sistema e quindi la necessità di dosi inferiori per ottenere immagini di buona qualità, la maggiore latitudine di esposizione e quindi possibilità di evidenziare sulla stessa immagine strutture di densità e spessori molto diversi, la migliore risoluzione di contrasto e quindi la possibilità di riconoscere meglio strutture con contrasto

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42 intrinseco basso e poco differente, la capacità di compensare errori di esposizione e quindi buona qualità di tutte le immagini e riduzione del numero di radiogrammi da ripetere, la refertazione diretta su monitor e quindi risparmio di pellicole; archiviazione su sistemi informatici delle immagini e recupero delle stesse in tempo reale; trasmissione a distanza delle immagini e quindi teleconsulti; possibilità di applicare direttamente sistemi di identificazione di probabile lesione assistita dal computer (CAD). A fronte dei tanti vantaggi offerti, i sistemi digitali hanno naturalmente anche aspetti negativi; tra questi sono da ricordare soprattutto il costo, piuttosto elevato, e la minore risoluzione spaziale).16

L‟ecografia deve essere considerata, con poche eccezioni (donna sintomatica di età inferiore ai 35 anni, gravidanza in atto), tecnica di seconda istanza. È eseguita in decubito supino con braccio posto dietro il capo e lieve rotazione contro laterale del tronco. Le sonde utilizzate hanno una frequenza di 7,5-15 MHz e possono essere lineari o settoriali. Ci consente di differenziare formazioni cistiche da noduli solidi, di analizzare la parete interna delle cisti (vegetazioni interne), di classificare noduli solidi sulla base della loro morfologia, ecostruttura, compressibilità e

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43 mobilità, ancora di valutare la vascolarizzazione di noduli solidi mediante color- e power-Doppler. In generale, il segno ecografico più affidabile di malignità è l‟irrego-larità dei margini. Meno affidabile è la disomogeneità strutturale. La presenza di cono d‟ombra posteriore, dovuto alla marcata attenuazione del fascio ultrasonoro da parte della lesione, è spesso rilevabile nei tumori maligni con abbondante stroma fibroso. Il rinforzo di parete posteriore è indice di ridotta attenuazione del fascio ultrasonoro da parte della lesione (cisti, formazioni solide ad alto contenuto d‟acqua, come numerosi fibromi o tumore filloide). Tuttavia, molti tumori maligni possono avere caratteristiche ecografiche simili a quelle di lesioni benigne e viceversa. Con l‟ecografia inoltre si possono esplorare i linfonodi ascellari; linfonodi ascellari in involuzione adiposa si presentano come immagini “a bersaglio” ipoecogene alla periferia e iperecogene al centro; linfoadenopatie secondarie sono ipoecogene, rotondeggianti, omogenee e poco compressibili, vanno ricercate sia in sede ascellare sia in sede parasternale lungo la catena mammaria interna. La sensibilità e la specificità dell‟ecografia nei loro riguardi è tuttavia limitata dalla possibile presenza di micrometastasi in linfonodi macroscopicamente normali.15

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44 La FNAB consiste nel prelievo di alcune cellule nella zona sospetta mediante un ago sottile, di calibro compreso tra 21 e 27 gauge (G) (l‟ago da 21 G è il comune ago da siringa), ed è quindi un esame citologico. Le principali variabili nell‟accuratezza della procedura sono rap-presentate dalle dimensioni e dalla profondità della lesione. Non è ottimale per alcuni tipi di carcinomi della mammella, come quelli con estesa fibrosi, quello intraduttale, tubulare o cribriforme e più in generale, in tutti i tumori di piccole dimensioni. È importante sottolineare che, in caso di sospetto cancro della mammella, esami citologici negativi o dubbi non devono essere considerati come definitivi al fine della diagnosi.15 La CNB a prescindere dal tipo di strumentazione usato per la sua esecuzione è una pratica diagnostica ormai validata da alcuni anni. Si può eseguire indifferentemente su lesioni palpabili (a mano libera o sotto guida ecografica) o non palpabili (sotto guida stereotassica o ecografica), ha costi relativamente bassi, anche se decisamente superiori alla citologia, è una pratica ambulatoriale semplice (10-15 min) e consente una diagnosi istologica affidabile, salvo che per il limitato campionamento. In un contesto nel

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45 quale si desideri una diagnosi istologica preoperatoria di malignità “in situ” o invasiva prima di passare al trattamento, il diagnosta, nel momento in cui evidenzia una lesione sospetta per neoplasia e che necessita una conferma istologica, anziché inviare la paziente al chirurgo, o eseguire un prelievo citologico, può eseguire una CNB. Questo consente, nei tempi necessari per acquisire una diagnosi istologica, di avere una diagnosi istologica di malignità “in situ” o invasiva per lo meno nel 95% dei carcinomi palpabili e nel 90% di quelli non palpabili (restano dei casi dubbi per malignità che sono rappresentati dalle lesioni borderline). È indubbio che chi usa la CNB deve essere consapevole dei suoi limiti: quelli legati alla parzialità del campione (mancata diagnosi di focolai di DCIS associato a eventuale presenza di IDA o di focolaio di carcinoma microinvasivo/invasivo associato a DCIS), difficoltà diagnostiche in lesioni complesse che richiedono una valutazione istologica della lesione nel suo insieme (ad es. radial scar e lesioni sclerosanti in generale). Problemi, soprattutto nei casi di prelievi multipli alla CNB particolarmente numerosi, possono essere rappresentati sia dal dislocamento di cellule epiteliali lungo il tragitto dell‟ago che determinano aspetti di pseudoinfiltrazione sia dalle possibili alterazioni

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46 architetturali soprattutto nel caso di lesioni piccole. Queste alterazioni possono talora rendere particolarmente difficoltosa la diagnosi istologica sul materiale di escissione chirurgica. In altri casi, qualora sia stato effettuato un numero elevato di passaggi, si può verificare l‟asportazione completa della lesione mediante l‟agobiopsia. I vantaggi della CNB rispetto all‟esame citologico sono rappresentati come già sottolineato dalla possibilità di effettuare in fase preoperatoria una diagnosi di carcinoma invasivo o di carcinoma in situ, possibilità di valutare istotipo e grading istologico, possibilità di caratterizzazione biologica preoperatoria della lesione su frammenti tissutali.

Per quanto concerne la sottostima della diagnosi di DCIS o anche di lesioni di confine mediante CNB, questa risulta ridursi qualora si utilizzi il metodo della aspirazione automatica anziché il tru-cut, l‟utilizzo di un ago a maggior calibro (11 G versus 14 G) con conseguente maggiore asportazione di tessuto, il diverso metodo di campionamento (per contiguità nella aspirazione auto-matica), e il maggior numero di prelievi che normalmente si ha nell‟aspirazione automatica.

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47 • Agobiopsia tradizionale (tru-cut) prevalentemente impiegata nelle lesioni palpabili della mammella. Viene effettuata a mano libera, sotto guida ecografica o stereotassica. È una tecnica di campionamento della lesione, dotata di elevata sensibilità e specificità. Viene utilizzato un ago a scatto di 11 G, che deve essere riposizionato più volte per ottenere materiale sufficiente per l‟esame istologico.

• Agobiopsia sotto aspirazione automatica (vacuum-assisted, mammotome), indicata nelle lesioni non palpabili. È generalmente effettuata sotto guida stereotassica. Lo strumento (probe), inserito sotto guida mammografica (è infatti collegato a un computer che calcola le traiettorie migliori per intervenire e quindi la sede precisa della lesione sospetta), è fornito di un ago di 8-11-14 G, ed è in grado di effettuare una rotazione di 360° all‟interno della lesione consentendo l‟esecuzione di prelievi di tessuto multipli e contigui. Alla fine della punta dell‟ago abbiamo una finestra sul cui fondo sono presenti fori per l‟aspirazione; il driver oltre a contenere la sonda, presenta una serie di tubi che connettono la sonda ad un modulo di controllo, che consente l‟aspirazione a valori costanti (23-25 mmHg). Per l‟ottimale campionamento della lesione, è attualmente indicata mediamente

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48 l‟esecuzione di 12 prelievi che vengono condotti in corrispondenza di specifiche coordinate topografiche idealmente riconducibili al quadrante di un orologio: 6 prelievi in corrispondenza delle ore pari, 6 in corrispondenza delle ore dispari. In presenza di microcalcificazioni i frustoli tissutali ottenuti vengono radiografati ed immediatamente posti in formalina tamponata al 10%. Si possono ottenere frustoli lunghi 23 mm e larghi 3 mm, più grandi di quelli ottenibili con la tecnica tru-cut. L‟aspirazione forzata inoltre, elimina i residui ematici e garantisce una maggiore integrità dei frustoli. Consente un‟ampia valutazione della lesione in quanto permette di ottenere con un'unica inserzione un numero elevato di frammenti tissutali mammari.

• Sistema ABBI. È una tecnica di prelievo con dispositivo di grosso calibro, assimilabile ad una biopsia chirurgica incisionale. Può pertanto essere utilizzata prevalentemente nei raggruppamenti di microcalcificazioni superiori ai 2-2,5 cm.17,18

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49 In riferimento alla refertazione della CNB, questa prevede 5 categorie in accordo con le Linee Guida Europee.

B1 tessuto normale o prelievo inadeguato

In questo caso è molto importante la valutazione multidisciplinare della lesione che deve stabilire se il quadro istologico sia rappresentativo della lesione radiologicamente sospetta o se il prelievo sia da ritenersi inadeguato e se le microcalcificazioni individuate istologi-camente corrispondano a quelle mammografiistologi-camente sospette.

B2 lesione benigna

Questa categoria include reperti negativi per malignità quali il fibroadenoma, i molteplici quadri della malattia fibrocistica, l‟ectasia duttale ed i processi infiammatori quali la liponecrosi e l‟ascesso. Tale diagnosi conclude l‟iter diagnostico della paziente evitando l‟intervento chirurgico

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50 B3 lesione a potenziale di malignità incerto

Sono compresi in questa categoria quadri patologici probabilmente benigni ma con presenza di atipie: l‟iperplasia epiteliale duttale e/o lobulare atipica, l‟iperplasia lobulare, il carcinoma lobulare in situ, le lesioni papillari, la radial scar ed il tumore filloide. Si tratta di una categoria diagnostica che assume un significato diverso a seconda del tipo di agobiopsia. Ha un preciso significato nell‟esame del materiale proveniente da agobiopsie tradizionali dove le piccole dimensioni del campione talora non possono consentire una diagnosi di certezza.

B4 lesione sospetta

In questa categoria sono compresi quei quadri in cui la diagnosi istologica definitiva di carcinoma in situ o invasivo non può essere posta con certezza o per problemi prevalentemente di tipo tecnico o quando sono presenti cellule apparentemente neoplastiche nel contesto di un coagulo di sangue.

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51 B5 lesione neoplastica maligna

Comprende i casi di carcinoma in situ e di carcinoma invasivo. La diagnosi di carcinoma in situ nella CNB non esclude la presenza di carcinoma invasivo per la limitatezza del campionamento.

Raccomandazioni particolari nei casi in cui si effettui una CNB:

- la scelta di un intervento chirurgico definitivo non può essere effettuata sulla base delle categorie diagnostiche B3 e B4; infatti nel caso per esempio di iperplasia epiteliale atipica si tratta spesso di un prelievo marginale di un carcinoma in situ o in alcuni casi di un carcinoma invasivo.

- in caso di microcalcificazioni presenti nella radiografia dei frustoli (tenere presente che il limite di risoluzione della radiografia è 100 micron) ne va refertata la presenza o assenza nelle sezioni istologiche. La radiografia dei frustoli bioptici viene effettuata dal radiologo, al momento del prelievo su area di microcalcificazioni;

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52 La refertazione con le cinque categorie diagnostiche presenta i vantaggi di costituire una standardizzazione precisa e facilmente riproducibile, di essere di agile interpretazione per il clinico e di sottolineare l‟importanza della valutazione multidisciplinare nella diagnostica preoperatoria mammaria. I limiti sono quelli di accomunare le diverse metodiche di agobiopsia. Mentre la core biopsy tradizionale è una tecnica di campionamento della lesione, il Mammotome per le quantità di prelievi che è in grado di eseguire e per le piccole dimensioni della lesione biopsiata, consente spesso una valutazione piu‟completa della lesione stessa. Di conseguenza le categorie diagnostiche B3 e B4 sono relativamente poco usate mentre la categoria B5 può essere molto articolata e dettagliata.

Vengono tuttavia segnalate alcune informazioni prognostiche che la diagnosi preoperatoria non può garantire, come l‟eventuale invasione vascolare linfatica, la determinazione dell‟estesa componente intraduttale (EIC) e la diagnosi di carcinoma microinvasivo (infiltrazione <1mm). 18

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53 4. RUOLO DELLA RM NELLA DIAGNOSTICA

MAMMARIA

La RM della mammella rappresenta uni indagine strumentale che ha acquisito, nel corso dei suoi vent‟anni di applicazione clinica, un ruolo crescente grazie soprat-tutto alle implementazioni tecnologiche. In particolare, il miglioramento dei software e delle apparecchiature ha consentito di ottimizzare la sensibilità e di rendere accettabile la specificità, che rappresenta comunque ancora la maggiore limitatezza all‟utilizzo diffuso e sistematico di tale indagine.

Rispetto alla mammografia ed all‟ecografia mammaria, la RM con mezzo di contrasto è una tecnica d‟imaging della mammella che offre informazioni non soltanto sulla morfologia delle lesioni ma anche sulle caratteristiche funzionali delle stesse, come il tipo di vascolarizzazione. In particolare nelle immagini elaborate con sottrazione è possibile infatti visualizzare aree di maggior vascolarizzazione. Non è cioè la focalità tumorale in sé ad essere identificata, ma il suo focolaio angiogenetico. Infatti una volta che i tumori invasivi mammari crescono e superano le dimensioni di alcuni millimetri, la loro

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54 aumentata richiesta di ossigeno e nutrienti non può essere soddisfatta dall‟apporto fornito dalla semplice diffusione attraverso i nomali vasi del tessuto fibroghiandolare mammario. Il “gap” (ovvero il disequilibrio tra l‟aumenta-ta richiesl‟aumenta-ta e il reale apporto) aumenl‟aumenta-ta con l‟aumenl‟aumenta-tare della massa tumorale e causa nelle cellule neoplastiche, stress ossidativo il quale a sua volta, sembrerebbe stimolare il rilascio di ormoni peptidici (come fattori di crescita soprattutto il fattore di crescita dell‟endotelio vascolare o il fattore di crescita trasformante alpha, beta o ancora il fattore di necrosi tumorale alpha) che promuovono la formazione di nuovi vasi e/o la lo sviluppo di capillari già esistenti nello stroma peritumorale (Fig. 1). L‟attività neoangiogenetica della lesione fornisce una vascolarizzazione “mirata” che sostiene il tumore e aiuta a mantenere la sua omeostasi metabolica; è così stre-ttamente correlata alla crescita e all‟invasione del tumore, che costituisce probabilmente una condizione sine qua non senza la quale il tumore non potrebbe svilupparsi. Ed è proprio questa attività neoangiogenetica che costituisce la base per la scoperta o per le diagnosi differenziali dei reperti alla RM.

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55 Fig.1 Neoangiogenesi tumorale: Lo stress ossidativo indotto dal disequilibrio tra l‟aumentata richiesta e il reale apporto il sembrerebbe stimolare il rilascio di ormoni peptidici i quali a loro volta promuovono la formazione di nuovi vasi e/o la lo sviluppo di capillari già esistenti nello stroma peritumorale – questo processo viene definito neoangiogenesi.

L‟architettura micro-macroscopica del nuovo sistema capillare differisce enormemente da quella del normale tessuto fibroghiandolare; innanzitutto si osservano vasi neoformati, anomali per dimensioni e numero, e immersi in una matrice interstiziale più ampia che di norma, grandi fenestrature endoteliali, shunt artero-venosi e la perfusione del letto capillare è meno (se non affatto) controllata dai normali meccanismi fisiologici. Per questa ragione, in

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56 corso di studio dinamico, le lesioni infiltranti presentano un comportamento particolare: sono caratterizzate da intenso e precoce aumento del contrast ehacement (wash-in), espressione dei processi di neoangiogenesi tumorale, e successiva rapida riduzione del contrast ehacement (wash- out). Il pattern wash- out si associa ad una probabilità di lesione maligna nell‟87% dei casi. Quindi, attraverso tale metodica, che sfrutta la neovascolarizzazione tumorale, si raggiunge un ottimo livello di sensibilità nella diagnosi di tumori maligni mammari, anche di piccole dimensioni (inferiori a 1 cm), ma la specificità non è ancora pienamente soddisfacente poiché l‟ipervascolarizzazione è spesso presente anche in lesioni proliferative benigne, specie se floride, in quelle infiammatorie e anche nel normale tessuto fibroghiandolare sotto stimolo ormonale. Quindi osservare enhancement della lesione non ci dà diritto di porre diagnosi di tumore invasivo; inoltre a volte l‟attività angiogenetica può essere debole o addirittura inconsistente, come nel carcinoma lobulare infiltrante o nel carcinoma duttale in situ e conseguentemente individuare lesioni di questo tipo alla RM può essere estremamente difficile, se non impossibile.

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57 Previo posizionamento di agocannula in una vena periferica la donna, prona e con le mammelle alloggiate in apposite bobine (fig.2), viene inserita nel magnete (fig.3). Alla fase di centratura segue una prima acquisizione, senza mezzo di contrasto, quindi l‟iniezione rapida in bolo di Gadolinio DTPA (Gd-DTPA), cui seguono altre 5 acquisizioni identiche alla prima. A ciascuna immagine post-contrasto è sottratta la corrispondente immagine diretta (fig.4).

Fig2. Bobine dedicate sincrone

Fig.3 Magnete super-conduttivo. Sono. utilizzati apparecchi ad alto-medio campo (1.5 T- 1 T)

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58 Fig.4a Immagine T1 postcontrastografica

Fig.4b Immagine sottratta

Vengono utilizzati apparecchi ad alto-medio campo (1,5 T- 1 T), comunque con gradienti intensi (15-25 mT/m) e ripidi (15 T/m/s), bobine dedicate multicanale. L‟accuratezza diagnostica dell‟esame è subordinata alle caratteristiche tecniche e di acquisizione ma in modo determinante anche all‟elaborazione delle immagini acquisite (post processing).

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59 Per quel che riguarda le caratteristiche tecniche e di acquisizione vengono valutati diversi parametri:

 scelta della risoluzione spaziale e temporale;

 scelta del tipo di sequenza di impulsi;

 scelta del piano di scansione;

 scelta del tipo di immagine bilaterale o unilaterale;

 dose del materiale di contrasto;

 riduzione del movimento;

 riduzione degli artefatti legati al movimento cardiaco;

 hardware: magnete e bobine.

Per una RM di buona qualità, sono necessari un‟elevata risoluzione spaziale e temporale. La risoluzione temporale dipende dall‟intensità di gradienti, dalla sequenza di impulsi, dall‟intensità ed omogeneità del campo magne-tico. Il tempo di acquisizione delle immagini deve essere inferiore a 120 sec per acquisizione, idealmente 60 sec per acquisizione. A causa del potenziamento più o meno

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60 transitorio delle lesioni tumorali (rapido wash-in seguito da wash-out) e del contemporaneo progressivo potenziamento del tessuto fibroghiandolare adiacente, il contrasto con cui la lesione tumorale viene distinta dal parenchima circostante, è ottimale soltanto nella fase di post-contrasto precoce, ovvero 60-120 sec dopo la somministrazione di materiale di contrasto. L‟alta risoluzione temporale garantisce quindi la descrizione di fini dettagli morfologici che possono essere evidenziati solo prima che, perdendo contrasto, la lesione cancerosa venga mascherata dal tessuto fibroghiandolare circostante. La risoluzione spaziale dipende dall‟intensità ed omogeneità del campo magnetico, dalla bobina, dal campo di vista, dalla matrice e dall‟intervallo tra le sezioni. Un‟alta risoluzione spaziale è indispensabile dal momento che alcuni dei criteri diagnostici che sono in uso per le diagnosi differenziali tra le varie lesioni sono basati sulla morfologia, in modo specifico sui margini e l‟architettura interna. Purtroppo in RM, risoluzione spaziale e velocità d‟acquisizione sono inversamente proporzionali, nel senso che qualsiasi aumento della risoluzione spaziale sarà associato ad un aumento del tempo di acquisizione, e questo come abbiamo visto porterà ad una peggiore

Figura

Fig. 10 Focus enhancement.
Fig.  4  MIP  in  assiale.  Apprezzabile  enhacement  multinodulare al QSE dx

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