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S M Una lettera simile giunse a George Mill da Algernon Taylor e una parte della sua risposta

Capitolo V Gli anni dell’amicizia

J. S M Una lettera simile giunse a George Mill da Algernon Taylor e una parte della sua risposta

spiega ulteriormente le espressioni che offesero molto i Mill.

George Grote Mill ad Algernon Taylor, Funchal, 27 settembre 185119: Convinto che tua

18 Bozza in MTColl. XLVII/20. Vi è anche un’altra bozza precedente e forse anche più violenta, Ibidem, xlvii/45. 19 MTColl. XLVII/21.

madre avrebbe scoraggiato e non incoraggiato altre persone a sposarsi, all’inizio sono rimasto molto sorpreso nel vederle dare un tale esempio sposandosi a sua voltaXV. Soprattutto, perché mi sembrava il matrimonio meno vantaggioso di qualsiasi altro che potessi immaginare. Certamente ero abbastanza legato a entrambi, per voler chiarire la questione nella mia mente. Supponevo (pare ora erroneamente) di poterti esprimere i miei sentimenti senza offendere loro, ma ti sei isolato e hai rifiutato qualsiasi rapporto confidenziale con me. Così la questione è finita.

Poiché la tua lettera allude principalmente a tua madre, devo farti notare che avresti dovuto sapere che sono del tutto incapace di essere impertinente nei suoi confronti, un’accusa che ritengo tu debba lasciar fare a lei, qualora avvertisse nelle mie lettere qualcosa di sconveniente.

Probabilmente questa corrispondenza terminò qui. J. S. Mill e sua moglie ebbero pochi contatti con il giovane George Mill fino a tre anni dopo, quando quest’ultimo si tolse la vita, poco prima di lasciarsi morire di tubercolosi. Tuttavia, le sue sorelle Clara e Harriet a Londra e Mary Colman, spronate dalla madre continuarono a sforzarsi di tentare una riconciliazione.

Clara Esther Mill a J. S. M., Westbourne Park Villa, 3 Marzo [1852]20: Caro John, mi è

dispiaciuto sentire da mia madre che pensi io sia stata poco educata nei confronti della signora Mill. Certamente non avrei voluto esserlo, né credo di esserlo stata, sebbene sia evidente che da quando ti sei sposato, tu lo pensi di tutta la famiglia in modo del tutto erroneo, credo. Non riesco a immaginare come si sia manifestata la mia maleducazione. Io (solo io in questa casa) ho visto la tua corrispondenza con Mary e George in cui espliciti chiaramente le tue opinioni su tutti noi, dimostrando di avere su alcuni, inclusa me, lo stesso giudizio di nostro padre.

Pertanto non posso essere una mera conoscente di una persona che merita “da parte tua solo la buona educazione”. Educazione che vorresti io dimostrassi verso tua moglie, soprattutto perchè da parte mia non desideri buona educazione per migliorare i nostri rapporti. Che cosa dovrei pensare dunque? Sei, per usare le parole di George, “un uomo eccezionale” e vedi più lontano di me. Non voglio giudicarti, quindi, anche se non riesco a capirti. Comunque in queste circostanze avere un qualsiasi rapporto con te mi causerebbe soltanto dolore. Anche se non ammetto minimamente di meritare il tuo disprezzo, non credo che il conoscermi possa importare a tua moglie. Non abbiamo cercato di conoscerci prima del matrimonio, né l’avremmo dovuto fare, perché iniziare ora?

Dopo tutto forse non è questa la base delle tue rimostranze? Ma non ha molta importanza. Non siamo riusciti a capirci, a causa di un’apparente intimità di quaranta anni e allora è un caso senza speranza. Con dispiacere, ma con determinazione, desidero rinunciare all’apparenza.

Dopo aver scritto una bozza di risposta a questa lettera21 XVI, Mill si limitò a replicare a essa e a una simile da parte di sua sorella Harriet, con una breve lettera indirizzata alla madre.

J. S. M. alla signora James Mill, India House, 5 marzo 185222: Mia cara mamma, ieri ho

ricevuto da Clara e Harriet due lettere molto sciocche e piene di accuse non ben definite. Dicono che quando hai chiamato all’India House, lunedì, “io mi lamentai della loro maleducazione con mia

20 MTColl. XLVII/22.

21 MTColl. XLVII/24. 22 MTColl. XLVII/23.

moglie”. Non l’ho fatto per niente. Mi accusano anche di averti riportato uno sciocco pettegolezzo in una lettera della scorsa estate, non è vero. George FletcherXVII era venuto a trovarmi all’India House un giorno o due prima che ti scrivessi quella lettera. Ha chiesto notizie di mia moglie dicendo che era dispiaciuto di sapere che non stava bene. Gli chiesi dove l’avesse saputo; mi rispose che era stato a Kensington. Ti ho riferito solo questo nella mia lettera e non ho parlato d’altro. Non era un pettegolezzo. Spero tu non stia peggio per il viaggio all’I.H.

I La Convenzione dei diritti delle donne a Worcester, secondo quanto si legge nell’appello, fu convocata per: «Considerare la questione dei diritti, dei doveri e dei rapporti della donna. Gli uomini e le donne che abbiano abbastanza interesse da fornire una riflessione seria e un impegno concreto per un sua legittima modifica, sono invitati a prendere parte al libero dibattito all’ora e al luogo stabiliti. (…) Tra i molti punti ora in discussione e che richiedono una giusta modifica, la questione generale dei diritti e dei rapporti delle donne comprende questi: la sua educazione, letteraria, scientifica e artistica; le sue occupazioni, industriale, commerciale e professionale; i suoi interessi, monetari, civili e politici. In una parola i suoi diritti in quanto individuo e le sue attività in quanto cittadina».

History of Women Suffrage, cit., vol. I, pp. 221-222.

Elizabeth Cady Stanton, Susan Brownell Anthony & Matilda Joslyn Gage (ed. by),

II L’articolo in questione è: Jacob Gilbert Forman, Women’s Rights Convention at Worcester, Massachusetts, “New York: Daily Tribune”, 26 ott.

1850, p. 6.

III Si riporta per completezza la traduzione dialcune parti dell’appello letto da Mariana W. Johnson, Presidente pro tempore della Convenzione in Ohio. «Noi, le firmatarie, chiamiamo accoratamente le donne dell’Ohio a partecipare alla Convenzione di venerdì 19 aprile 1850, alle dieci di mattina, nella città di Salem, per stabilire insieme i criteri che garantiscano a tutte le persone, il riconoscimento di uguali diritti e l’estensione dei diritti politici senza distinzione di sesso o colore. (…). Donne dell’Ohio! Vi chiamiamo ad affrontare questo lavoro con la forza e l’energia femminili. Non deprimetevi di fronte agli ostacoli e ricordate che una lotta difficile dà coraggio. Venite e domandatevi se la posizione che oggi occupate sia l’unica contemplata dalla saggezza e diretta a garantire i migliori interessi di tutto il genere umano».

History of Women Suffrage, cit., vol. I, pp. 103-105.

Elizabeth Cady Stanton, Susan Brownell Anthony & Matilda Joslyn Gage (ed. by),

IV Di seguito la traduzione di alcuni passaggi citati da Frances Dana Barker Gage (1808-1884) alla Convenzione di Akron del 28-29 maggio 1851 nell’assumere il ruolo di Presidente: «Nei periodi bui del passato quando l’ignoranza, la superstizione e l’ottusità regolavano il mondo, la forza fisica faceva la legge. Tuttavia, la timida e ancora piccola voce della Giustizia, dell’Amore e della Misericordia, ancora mai stata ascoltata, difendeva la causa dell’umanità, la verità e la giustizia. I loro toni deboli, sommessi, ma armoniosi hanno soffocato il coraggio della forza che pian piano con il passare dei secoli si è arreso e l’uomo, come la donna, è stato il beneficiario di ogni concessione. Chiediamo a lui di arrendersi ancora; di permettere che la voce della donna sia ascoltata; di lasciare che goda dei suoi diritti naturali. Non

. Il nostro incontrarci insieme qui oggi dimostra il contrario; dimostra che abbiamo delle aspirazioni non riconosciute. Ci sarà risposto che siamo faziose, che siamo delle anime insoddisfatte, intenzionate a disturbare l’ordine pubblico e a lacerare la vecchia roccaforte della società? Fu detto lo stesso di Cristo e dei suoi seguaci, quando insegnavano la pace sulla terra e la buona volontà fra gli uomini. Fu detto dei nostri padri per la grande battaglia per la libertà. Così fu detto di ogni riformatore che abbia mai iniziato ad avviare la macchina del progresso su un percorso nuovo e mai sperimentato. Non temiamo l’uomo come un nemico. È nostro amico, nostro fratello. Lasciate parlare di sé la donna e sarà ascoltata. Lasciatele reclamare, con uno spirito tranquillo, determinato e ancora amorevole, il suo posto e questo le sarà dato. Non rivolgo alcuna dura accusa contro lo stato attuale di cose- contro i nostri padri, fratelli e mariti. Agiscono com’è stato loro insegnato; sentono come la società ha comandato loro; agiscono come la legge prevede. La donna deve agire per conto proprio. Oh, se tutte le donne potessero essere impressionate dall’importanza delle loro personali azioni e parlare con un’unica voce a nome di se stesse nell’interesse dell’umanità, creerebbero una rivoluzione senza armi, senza spargimento di sangue che farebbe migliorare, riscattare, elevare e nobilitare l’umanità molto più di quanto sia stato fatto dai riformatori nel secolo scorso». Ivi, p. 113.

si risponda dunque che la condizione della donna attualmente rispecchi tutti i suoi naturali bisogni e sentimenti

V W. L. Garrison, fondatore del più noto e intransigente giornale americano abolizionista “The Liberator” (1831-1865) e della New England Anti- Slavery Society (1831) e organizzatore della American Anti-Slavery Association (1833). Così scrisse alla Davis in occasione della Convenzione: «Dubito che un movimento più importante abbia mai coinvolto e influenzato il destino dell’umanità, come quello riguardante l’uguaglianza fra i due sessi. Sei libera di utilizzare il mio nome». Ivi, p. 216.

VI W. Phillips, un avvocato di Boston, sposato conAnn Terry Greene Phillips (1813-1886) impegnati entrambi per l’abolizione della schiavitù, così scrisse alla Davis: «Sei libera di associare il mio nome e quello di mia moglie alla tua nobile causa». Ivi, p. 217.

VII Pisgah sono i pendii a nord-est del Mar Morto, da uno dei quali, il Monte Nebo, Mosè, destinato a non entrare nella terra promessa, l’ammirò da lontano. «Allora Mosè, dalle steppe di Moab, salì sul monte di Nebo, una vetta del Fasga, il quale si eleva dirimpetto a Gerico. E il Signore gli fece vedere tutto il paese. (…) Poi gli disse: Questo è il paese che Io giurai di dare ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe, quando dissi: “Io lo darò alla tua progenie. Io te l’ho fatto vedere con i tuoi occhi ma tu non c’entrerai”». Queste parole sono tratte da un libro della Bibbia “Deuteronomio”, versetto 34,1-4.

VIII William Edward Hickson (1803-1870), pur lavorando assiduamente nella fabbrica di scarpe di famiglia, fu molto attivo nella vita letteraria e scientifica londinese. Fu uno dei fondatori del Reform Club e proprietario ed editore della “Westminster Review” per più di dieci anni. S’interessò alla diffusione dell’istruzione e partecipò attivamente ai dibattiti sul lavoro minorile, le Corn Laws e la condizione dei disoccupati. Di seguito sono state tradotte interamente le lettere a Hickson di Mill citate da Hayek nella nota 6. «10 marzo 1851. Caro Hickson, mi dispiace che non ci possa essere spazio per l’articolo nel numero successivo della “Westminster”. In caso contrario, avrò premura di inviartelo in tempo per

quello di luglio. Mi rincrescerà molto se la “Review” dovesse passare dalle tue mani a quelle di qualcuno che non avrebbe altro scopo se non quello di adoperarsi per renderla remunerativa. È l’unico strumento attraverso cui opinioni davvero avanzate possono essere accessibili al pubblico e ti rende molto onore averlo tenuto in vita e in funzione per i dieci anni passati e per averlo reso così utile, in circostanze difficili, come hai fatto. È migliorata anche nei suoi ultimi numeri». «19 marzo 1851. Caro Hickson, dopo la tua ultima lettera e non avendo ricevuto tue notizie per alcuni giorni, alla fine ero arrivato alla conclusione che l’articolo non potesse essere stampato in questo numero della “Review”. Pertanto non è in condizione di essere pronto per venerdì, dunque dovrà attendere fino a luglio. Spero che la mancanza di questo non ti rechi disturbo. Mi rincrescerà molto se la “Review” non dovesse più essere controllata da te. Sono felice che l’accordo di cui parli non sia definitivo». La lettera dell’anno precedente, ossia del 19 marzo 1850, lascia intendere che sia Mill stesso a decidere quali aspetti della condizione delle donne debbano essere sottolineati. «19 marzo 1850. Caro Hickson, non intendo assolutamente impegnarmi in un articolo per la “Westminster” sull’argomento che hai suggerito. Non sarei disposto a occuparmi di un articolo limitato alla questione del divorzio. Vorrei trattarlo come uno dei punti di una questione molto più ampia: la posizione complessiva che le attuali leggi e usanze hanno creato per le donne. Le mie idèe sull’intero argomento divergono al punto tale da quelle dominanti che probabilmente sarebbe sconveniente esprimerle tutte e devo valutare se la parte di esse, che lo stato dell’opinione vigente renderebbe auspicabile esporre, sarebbe sufficiente a rendermi l’impresa adatta o soddisfacente». CW, XIV, pp. 47-48, 56.

IX Sebbene nella stessa Autobiography Mill non si soffermi molto sulla figura della madre, nel complesso ci sono ben poche testimonianze sulla figura di Harriet Burrow. Per questa ragione, è sembrato utile ricordare la descrizione data da Bain nella biografia di James Mill. «Era una donna molto carina. Aveva un corpo sottile, un naso aquilino (come il suo primogenito) e un colorito roseo e spento». Alexander Bain, James Mill: a Biography, cit., p. 59.

X Le lettere dell’11 aprile 1851, citate da Hayek, a Wilhelmina Mill King (1808-1861) e a Jane Mill Ferraboschi sono state tradotte interamente di seguito. «Cara Jane, grazie per le congratulazioni e gli auguri nella tua lettera che ho trovato ad aspettarmi quando sono rientrato dalla campagna. Nessuno mai ha meritato più di me di ricevere queste congratulazioni. Quanto alle tue domande- mi prenderò un congedo di quindici giorni per Pasqua, quando ci sposeremo nel Dorsetshire, dove soggiornano la signora Taylor e la sua famiglia. Abbiamo intenzione di vivere leggermente fuori Londra, se troveremo una casa di nostro gradimento, il luogo specifico quindi è ancora molto incerto. Riguardo alle questioni monetarie cui fai riferimento, Crompton ovviamente deve dare una delega per i tuoi dividendi, se non potrà stare in città per riscuoterli. Quelli dello scorso luglio li ho versati io, poiché mi aveva detto che non sarebbe stato in città allora o per qualche tempo dopo. Non sembra mai essere stato più in città da quel momento. Quando li riceverà, senza dubbio mi rimborserà, io posso aspettare. In futuro per favore spedisci tutte le

tue lettere direttamente a grazie per le congratulazioni e gli auguri. È vero che

merito molto di ricevere delle congratulazioni. Sono appena tornato dal

spedisci tutte le tue lettere direttamente a

(1816?-1883),

Kensington, ad eccezione di quelle destinate solo a me». «Cara W.,

Dorsetshire, dove ci sposeremo alla fine di questo mese, ma non penso faremo una gita prima dell’autunno. Riguardo i tuoi affari personali, non posso valutare la domanda sulla tua mobilia. Devi decidere tu. Credo sia meglio non venderla se potrai affittare la casa ammobiliata o solo una camera. Mi domando perchè tu non chieda a nostra madre di venire a vivere con te. Le piace badare alla casa e prendersi cura della tua mi sembra la cosa più ragionevole e giusta che lei possa fare. Con la sua rendita, in Germania sarebbe quasi ricca e sono convinto che il clima sia perfettamente adatto a lei. Sai che il freddo non le ha mai dato fastidio, mentre il clima mite e umido sì. A proposito degli altri avvenimenti e persone citati nella tua lettera, senza dubbio ne avrai notizia quando sarai a

K[ensington]. In futuro Kensington, ad eccezione di quando scrivi a me personalmente».

XI In realtà qui vi è un errore, poiché dalla lettura delle due lettere citate da Hayek, Mill scrisse alle sorelle di non aspettarsi di fare una gita prima dell’autunno (si veda lettera sopra) e non di trasferirsi prima dell’autunno nella nuova casa.

XII La lettera citata da Hayek, contenuta nella biografia di Bain (p. 93) e nei CW (XIX, pp. 60-61), è stata tradotta interamente di seguito. «Lord J. Russell è stato giustamente punito per la sua obbedienza al “Times”, ai preti e ai bigotti. Ha disgustato tutti i veri liberali senza soddisfare o compiacere nessun altro. Ha lasciato a uomini come Sir J. Graham e Lord Aberdeen l’intero compito di lottare per la libertà religiosa e per la giustizia nei confronti dell’Irlanda e adesso è un ministro appena tollerato, fino al momento in cui qualcuno delle correnti della Camera dei Comuni non sarà propenso a metterlo alla porta: continuamente sconfitto e incapace di contare su un singolo voto ad eccezione dei suoi collaboratori diretti e dei loro familiari».

XIII Sulla nascita del “Brethren Moviment” a Plymouth, datata verso la fine del 1831, si rimanda a Harold H. Rowdon, The Origins of Brethren 1825- 1850, London, Pickering &Inglis Ltd., 1967, pp. 74-85.

XIV Mary Elizabeth Colman (1822-1913). Sorella di Mill sposò Charles Frederich Colman nel 1849. Cfr. Richard Reeves, John Stuart Mill: Victorian Firebrand, cit, p. 216.

XV Se George Mill fu così sorpreso di apprendere la notizia del matrimonio del fratello, potrebbe essere dovuto non tanto a un’opinione negativa sulla Taylor, quanto all’atteggiamento mostrato da J. in passato al riguardo. Evidentemente in famiglia, anche a causa dell’infelice matrimonio dei genitori, John aveva espresso le sue opinioni in merito, destando scalpore quando a sua volta aveva deciso di sposarsi. Si ricorda un passaggio significativo di una lettera scritta al novello sposo Gustave d’Eichtal in cui si congratula di cuore, cosa che non farebbe con un Inglese dal

momento che: «Un simile evento, nove casi su dieci, cambia un uomo molto in peggio senza renderlo felice». CW, XIII, p. 465.

XVI Di seguito la traduzione completa della lettera, poi non inviata, alla sorella Clara Esther Mill del 5 marzo 1852. «Ti sbagli sicuramente se pensi che abbia detto che sei stata maleducata nei confronti di mia moglie. Io ho detto che hai mancato di tutti i buoni sentimenti e perfino della comune cortesia verso di noi. Mia moglie ed io siamo un’unica cosa. Ti lusinghi molto immeritatamente se pensi che o mia moglie, o io per lei, desideriamo frequentarti. Avresti potuto conoscerla se lo avessi desiderato e scegliendo di non farlo, hai dimostrato in ogni modo negativo possibile che non l’hai voluto. Mia moglie è abituata non a cercare, ma a essere cercata, né lei, né io desideriamo frequentare qualcuno che non vuole frequentare noi». CW, XIV, p. 82.

XVII George Fletcher (?). Collaboratore dell’“Athenaeum”, su Shakespeare scrisse gli articoli Heloisa e Abelardo (1838); Macbeth: Shakesperian

Criticism and Acting (1844) per la “Westminster Review” e “Fraser’s Magazine”

Infine, per la casa editrice Longman nel 1847 pubblicò Studies of Shakespeare in the plays of King John, Cymbeline, Macbeth, As you like it, Much ado about nothing, Romeo and Juliet: with observations on the criticism and the acting of those plays. Cfr. CW, XIII, p. 430.

A study of Shakespeare in “The Merchant of Venice” per il (mag. e giu. 1850).

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Capitolo IX Malattia (1851-1854)

Probabilmente fu soltanto dopo il loro rientro da una vacanza in Francia e in Belgio nel settembre del 1851 che Mill e sua moglie stabilirono un’abitazione insieme. Blackheath Park, dove avevano preso casa, a quel tempo era ancora un quartiere rurale appena fuori Londra e la casa stessa si affacciava su «un grande spazio aperto dal prato ondeggiante circondato in lontananza dalla linea blu delle colline distanti»1. Era accessibile da Londra soltanto dalla ferrovia e sebbene Mill prendesse ogni giorno il treno per la City, questo li pose effettivamente fuori dai contatti sociali della metropoli. I tentativi di alcuni vecchi amici, come Lord Ashburton2 I, di rendere il matrimonio un’occasione per attirarli di nuovo nella vita sociale furono inutili mentre altri, pare volontariamente, trascurarono perfino di fare le ordinarie visite di cortesia3. I loro unici ospiti, solitamente nel fine settimana, pare siano stati pochi vecchi amici come W.J. Fox e sua figlia o uno studioso straniero occasionale. Perfino alcuni abbastanza intimi di quel periodo, come il filosofo Alexander Bain, pare non furono mai invitati a Blackheath Park mentre la signora Mill era ancora viva e Mill stesso non rientrò più in società, ad eccezione di sei o sette volte all’anno per gli incontri del Political Economy ClubII, dove di frequente apriva i dibattiti4. Gli altri abitanti della casa furono i due figli più piccoli della signora Taylor, Algernon e Helen. Il figlio più grande Herbert, subentrato al padre nell’azienda, rimase in città e sembra si sia sposato poco dopo.

Abbiamo qualche idea della quotidiana routine a Blackheath Park grazie ad un passaggio di