• Non ci sono risultati.

La letteratura sovietica negli anni della Seconda Guerra Mondiale

Come ben dimostrano opere come Ona zaščiščaet rodinu, il cinema prodotto negli anni di

guerra è spesso contraddistinto dall’incitazione, esercitata nei confronti delle popolazioni soggette

all’occupazione nazista, a ribellarsi violentemente contro l’invasore. In campo letterario, esistono

diversi esempi di questa tendenza: come individua lo studioso Grigorij Svirski

64

, uno dei motivi

musicali radiofonici più celebri dell’epoca fu Svjaščennaja vojna, scritto nel 1941 da Vasilij

63 N. Tumarkin, op. cit., pp. 132-133.

64 Cfr. G. Svirski, La letteratura durante la seconda guerra mondiale, in AA. VV., Storia della letteratura russa III,

44

Lebedev-Kumač e composto da Aleksandr Aleksandrov; il testo della canzone fu pubblicato

sull’“Izvestija” e “Krasnaja zvezda” il 24 giugno 1941. La composizione sintetizza perfettamente

il sentimento di odio nei confronti degli invasori; ne riportiamo un estratto.

In piedi, paese immenso / In piedi, per una battaglia mortale! / Contro l’oscura forza fascista / Contro l’orda dannata / Che la nobile furia / Schiumi come un’onda / La guerra del popolo è in corso, / La guerra santa! / Resisteremo agli oppressori / D’ogni idea ardente / Stupratori, Ladri / Tormentatori del popolo. / Le nere ali non osano / volare sopra la Madre Patria / I suoi vasti campi / Il nemico non osa calpestare. / Alla sporca feccia nazista / Pianteremo un proiettile in fronte / Per il peggio dell’umanità / Monteremo una solida bara.65

A tali incitazioni propagandistiche si accompagnava anche la necessità di suscitare

l’indignazione popolare a partire dal resoconto, ovviamente romanzato, di fatti reali. All’interno

della “Pravda” del 27 gennaio 1942 apparve un articolo di Vladimir Lidin dal titolo Tanja; lo

scritto esaltava la vita della scolara e partigiana Zoja Kosmodem’janskaja, catturata e impiccata

dai soldati di Hitler nel novembre del 1941, e celebrata in un poema di Margarita Aliger scritto

all’indomani dell’evento. Zoja divenne di fatto una martire della guerra, esattamente come un

decennio prima Pavlik Morozov era divenuto una figura di riferimento della propaganda

staliniana. La vicenda di Zoja, che “incarnava una generazione nata per morire durante il

combattimento e moralmente preparata a questo sacrificio”

66

, avrebbe conosciuto nel 1944 anche

una trasposizione cinematografica. Come i film degli anni ’40, la letteratura del tempo di guerra è

caratterizzata da una spinta al sacrificio e, soprattutto negli anni più difficili, dalla tendenza,

dettata dalla disperazione, a esagerare le possibilità degli eroi schierati contro i nazisti. La volontà

di far apparire meno gravi le difficoltà del paese occupato dai tedeschi condusse anche a gravi

episodi di censura, come ad esempio il seguente, riportato da Svirski:

Lo sfondamento delle colonne di carri armati hitleriani verso il cuore della Russia sovietica, la ritirata disordinata dell’Armata Rossa, l’abbandono di ottanta milioni di abitanti nelle mani

65 “Вставай, страна огромная / Вставай на смертный бой / С фашистской силой тёмною, / С проклятою ордой. /

Пусть ярость благородная / Вскипает, как волна! / Идёт война народная, / Священная война! / Дадим отпор душителям / Всех пламенных идей, / Насильникам, грабителям, / Мучителям людей! / Не смеют крылья чёрные / Над Родиной летать, / Поля её просторные / Не смеет враг топтать! / Гнилой фашистской нечисти / Загоним пулю в лоб, / Отребью человечества / Сколотим крепкий гроб!” La canzone può essere ascoltata al seguente link: <http://www.youtube.com/watch?v=10nb18DQCFU&feature=related>, mentre il testo completo della canzone è consultabile al seguente indirizzo: <http://www.litera.ru/stixiya/authors/lebedevkumach/vstavaj-strana- ogromnaya.html>.

45

dell’invasore, in breve, la catastrofe militare del 1941 portò con sé, fra molti altri mali, un vero e proprio delirio della censura militare che, per esempio, nascose alla popolazione… Il blocco di Leningrado. La “Pravda” non lo annunciò che il 18 gennaio 1943 sotto forma di una corrispondenza trasmessa per telegrafo (!) quando l’accerchiamento cominciava a essere rotto. Per un anno e mezzo, la tragedia di Leningrado aveva costituito un segreto militare. La stampa non disse parola neppure sull’eroismo dei difensori della fortezza di Brest-Litovsk, che doveva più tardi divenire il simbolo della Resistenza.67

Va tuttavia rilevato che, nonostante episodi come quello sopra riportato, scrittori come

Evgenij Petrov acconsentirono a scrivere reportage dal fronte a patto non venissero censurati;

l’intenzione di tali autori presenta diverse analogie con il progetto dei documentaristi schierati al

fronte per riprendere la guerra nelle sue manifestazioni più violente e immediate. Non esiste

tuttavia in questo periodo un vero e proprio equivalente filmico del romanzo di Vasilij Grossman

Narod bessmerten (1942), apparso a puntate su “Krasnaja zvezda” e avente come protagonista il

professor Bogarëv, un commissario politico intellettuale, completamente diverso da Zoja e dagli

altri classici “martiri di guerra”. L’opera di Grossman era solo apparentemente un romanzo sulla

resistenza, e costituiva piuttosto una riflessione sugli avvenimenti storici; si trattava di un’opera

non priva di critiche alla propaganda ufficiale, e che si permetteva persino di suggerire accuse di

antisemitismo nei confronti dell’esercito sovietico. Grossman collaborò inoltre con Il’ja Erenburg

alla segreta stesura di Čërnaja kniga (1944), una raccolta di documenti sullo sterminio dei

cittadini sovietici di origine ebraica ad opera dei nazisti; il testo fu pubblicato solo nel 1980, in

Israele.

A parte eccezioni come quella di Grossman, la letteratura autorizzata non si discosta

tuttavia dai temi di Svjaščennaja vojna. Il poeta più popolare, nota Svirski

68

, divenne Konstantin

Simonov, le cui opere erano spesso costituite da incitazioni indirizzate ai soldati. In particolare

Ubej ego, pubblicato sulla “Pravda” nel 1942, è al tempo stesso un richiamo alla reazione più

decisa nei confronti del nemico e un riferimento agli affetti personali da proteggere. Ne

riportiamo un estratto:

67 Ivi, pp. 357-358.

46

Se non vuoi consegnare / La ragazza a cui hai fatto la corte / Ma non hai mai osato baciare / Perché il tuo amore era puro / Se non vuoi che i fascisti, in gruppo di tre / La prendano con la forza dopo averla costretta in un angolo / E la crocifiggano viva / Denudata sul pavimento / E approfittino i tre cani / Nel tormento, nelle lacrime e nel sangue / Di quanto hai tenuto più caro / Con il coraggio virile del tuo amore… / Allora uccidi un tedesco, uccidilo in fretta / E ogni volta che ne vedi uno, uccidilo.69

Le opere di Simonov, scrittore assai sostenuto dal regime staliniano, sono caratterizzate da

toni rozzamente melodrammatici, e alternano all’incitazione violenta il sentimentalismo. Una

delle sue opere più celebri (al punto che, come evidenzia Svirski, fu considerata “l’apice della

poesia lirica di quegli anni”

70

) è Ždi menja, composta nel 1941, nella quale trova eco uno dei temi

principali di quegli anni, le coppie separate dal fronte:

L’assenza dolorosa della donna amata, la timorosa speranza nella sua fedeltà costituiscono un tema ricorrente nei poemi lirici di Simonov. Egli fu il primo a cogliere il desiderio appassionato che tutti provavano di credere negli esseri cari, e lo espresse in poemi che conquistarono un’immensa popolarità nella Russia degli anni di guerra; i soldati li ritagliavano dai giornali e li conservavano con cura con la foto della moglie o della fidanzata.71

Come Ubej ego prefigurava un imminente, catastrofico futuro nel quale i nazisti avrebbero

causato la rovina dei sovietici, così Ždi menja prefigura un tempo a venire nel quale le coppie

separate dalla guerra si sarebbero finalmente riunite. Riportiamo un estratto dall’opera:

Aspetta che io ritorni / solo aspettami tanto! / mentre le piogge gialle portano la tristezza / Sappi aspettare ancora… / Che turbini la neve / O che arda l’estate, / Tu aspetta ancora, anche se non si aspetta più nessuno… […] Solo io e te sapremo come sono scampato / Tu sapevi aspettare / Come mai nessun altro!72

È interessante ricordare che sia Ubej ego che Ždi menja sono spesso citati in diversi testi

critici sul cinema russo

73

, in quanto ispiratori di notissime pellicole a sfondo bellico incentrate

sulle rappresaglie antinaziste, ovvero su vicende sentimentali di coppie di fidanzati separati a

69 “Если ты не хочешь отдать / Ту, с которой вдвоем ходил, / Ту, что поцеловать ты не смел / Так ее любил, /

Чтобы немцы ее втроем / Взяли силой, зажав в углу, / И распяли ее живьем / Обнаженную на полу, / Чтоб досталось трем этим псам / В муках, в ненависти, в крови / Все, что свято берег ты сам / Всею силой мужской любви... / Так убей же хоть одного! / Так убей же его скорей! / Сколько раз увидишь его, / Столько раз его и убей!” Il testo completo è reperibile al seguente link, presso il quale è anche possibile visionare un video nel quale lo stesso Simonov recita la composizione: <http://blog.panarin.com/blog/nof/406.html>.

70 G. Svirski, op. cit., p. 365. 71 Ivi., p. 364.

72 “Жди меня, и я вернусь. / Только очень жди, / Жди, когда наводят грусть / Желтые дожди, / Жди, когда снега

метут, / Жди, когда жара, / Жди, когда других не ждут […] Только мы с тобой, / Просто ты умела ждать / Как никто другой.” Il testo originale è consultabile al seguente link:

<http://www.litera.ru/stixiya/authors/simonov/all.html#zhdi-menya-i>. La traduzione in italiano che abbiamo riportato è a cura di G. Svirski, così come riportata in G. Svirski, op.cit., pp. 364-365.

73 Cfr. S. Frejlich, Prošloe i buduščee, in AA. VV., Letjat žuravli, Moskva, Iskusstvo, 1972, p. 7; D. J. Youngblood,

47

causa del conflitto; esiste anche un film del 1943, intitolato appunto Ždi menja. Va tuttavia notato

che la letteratura degli anni di guerra, per esplicito veto del regime, tende a non soffermarsi sulla

guerra “a casa”, quanto piuttosto sulla vita quotidiana in trincea, come nel poema Vasilij Tërkin

(1942) di Aleksandr Tvardovskij. È inoltre opportuno menzionare la produzione letteraria dei

soldati tornati dal fronte, come nel caso di Volokolamskoe šosse (1944) di Aleksandr Bek, e

soprattutto il romanzo di Aleksandr Fadeev Molodaja gvardija (1945), che fu anche adattato per

il cinema. L’opera narra la vicenda di un gruppo di giovani che nella città ucraina di Krasnodon

costituiscono una formazione partigiana; sono infine traditi e fucilati. Il romanzo costituiva il

tentativo, come già avvenuto per Čapaev e Zoja, di creare a tavolino un gruppo di eroi

“esemplari”, da additare ad esempio per la nuova gioventù sovietica. Lo scritto ottenne in effetti

ottenne il plauso del regime, anche se i fatti che l’avevano ispirato furono da Fadeev travisati,

come nota Svirski:

Il romanzo di Fadeev fu insignito del primo grado del Premio Stalin e divenne “titolo dell’anno” per il 1945. Le sue pagine sapevano ancora dell’inchiostro della tipografia, e già era divenuto un classico sovietico. Trascorsero gli anni e la narrazione di fatti reali circondata di un’aureola romantica si mutò in menzogna: si appurò che Fadeev aveva calunniato Tret’jakevič’, il capo dell’organizzazione La giovane guardia, al quale fu conferito il titolo postumo di Eroe dell’Unione Sovietica: era lui il personaggio raffigurato nel romanzo nel ruolo del traditore Stachovič. Secondo Fadeev, egli aveva consegnato al nemico tutti i membri dell’organizzazione, destinandoli al supplizio e alla morte. Il tradimento e i suoi moventi psicologici erano scrupolosamente documentati dallo scrittore. Ma tutto ciò non risultò essere altro che l’invenzione di un letterato. […] Il romanzo “ispirato da fatti reali” diventava fantastico.74

La produzione letteraria a sfondo bellico più artisticamente valida del periodo del

dopoguerra è rappresentata, oltre che dai lavori di Grossman e Tvardovskij, da Stalingrad.

Povest’ (1946) di Viktor Nekrasov, opera nella quale è implicitamente formulata una critica

dell’incapacità dei rappresentanti del regime; va inoltre menzionato Emmanuil Kazakevič, che in

Zvezda (1947) e Dvoe v stepi (1948), denuncia apertamente l’iniquità dei tribunali militari

sovietici. È interessante notare che, a differenza di quanto avviene negli stessi anni in ambito

cinematografico, dove viene prodotto un gran numero di film inneggianti a Stalin, il dittatore è

praticamente assente dalla letteratura di questo periodo. Sono comunque presenti opere come la

74 G. Svirski, op. cit., p. 371.

48

pièce teatrale Front (1942), di Aleksandr Kornejčuk, elaborato a fini propagandistici su apposita

richiesta di Stalin. La genesi del lavoro è così riassunta da Svirski:

Stalin aveva dato fiducia a Hitler. Egli considerava il patto tedesco-sovietico di amicizia e non aggressione firmato nel 1939 come una vittoria personale. […] Ora, come si sa, le colonne blindate tedesche raggiunsero il cuore della Russia in qualche mese. Nell’agosto 1941 tutti gli assi che portavano a Leningrado erano interrotti; in novembre, l’avanguardia tedesca si era arrestata a diciotto chilometri da Mosca. Stalin doveva rispondere di una sconfitta senza precedenti, che poneva l’Urss sull’orlo della catastrofe. Ma egli aveva l’abitudine di sottrarsi alle proprie responsabilità, rigettandole sugli “esecutori materiali”. Così aveva agito durante la collettivizzazione, quando otto milioni di contadini erano stati deportati: causa dell’accaduto – aveva spiegato nell’articolo La vertigine del successo (Golovokruženie ot uspechov) – erano gli eccessi di zelo dei responsabili locali. Allo stesso modo nell’estate del 1942, quando gli eserciti di Hitler avevano raggiunto il Volga e il Caucaso, era necessario che una nuova “vertigine di successo” designasse con grande urgenza dei capri espiatori. Fu così che dal 24 al 27 agosto apparve sulla “Pravda” Il fronte di Kornejčuk. Il fatto era senza precedenti: un’opera di teatro non era mai stata pubblicata nel quotidiano del partito. Il contenuto si presentava come assolutamente banale: la colpa era degli esecutori. La parte del principale capro espiatorio spettava al comandante Gorlov, che non voleva studiare, si vantava di “non avere mai messo piede all’università” e di essere “non un teorico, ma una vecchia volpe da combattimento”.75

In generale, si può concludere che, rispetto alle opere cinematografiche degli stessi anni, la

produzione letteraria del dopoguerra comprende anche opere non appiattite sulla propaganda di

regime; al contrario, in ambito filmico, le prime pellicole di guerra non propagandistiche

sarebbero state prodotte solo dopo la morte di Stalin.

Negli anni del Disgelo, la direzione artistica intrapresa dai registi della nuova generazione

è del tutto analoga a quella avviata da scrittori come Vasilij Aksënov e Andrej Bitov sulla rivista

“Junost’, o Vladimir Vojnovič su “Novyj mir”. Le opere del nuovo corso, sia letterarie che

cinematografiche, sono calate in una dimensione intima dai toni sommessi, lontanissima dalla

retorica del periodo precedente, come evidenzia lo studioso Michel Heller:

La “giovane prosa”, dunque, parla di sé. Il suo eroe è un giovane che deve decidere che cosa fare della propria vita; un argomento tradizionale della letteratura mondiale, ma per molti costituisce una scoperta, perché l’eroe sovietico dei decenni precedenti detiene già una risposta per ogni domanda e per di più istruisce gli altri. […] La “giovane prosa” si presenta con un nuovo eroe, un materiale nuovo (prima evitato dalla letteratura), ma anche con un nuovo linguaggio. Nella prosa tradizionale sovietica, le piccole cose della vita quotidiana erano ammesse con estrema prudenza. I giovani scrittori irrompono sulla scena letteraria con protagonisti che immaginano vestiti alla moda, che prendono autobus e metrò, fanno la coda, ascoltano musica jazz e fumano sigarette americane. Le forme narrative diventano notevolmente più ricche: il solito racconto senza anima, fatto in terza persona e interrotto dai dialoghi dei personaggi è sostituito da novelle e romanzi in cui liberamente s’inseriscono diari intimi, lettere, formulari, autobiografie, articoli, liste di personaggi, conversazione dell’autore con i lettori. Al tradizionale linguaggio letterario dei libri si sostituisce quello di tutti i giorni, costellato di parole volgari o termini gergali. Questi giovani scrittori apportano spirito alla letteratura, spirito che, di solito,

75 Ivi, pp. 372-373.

49

aleggia intorno al personaggio principale: a questo l’autore vuol molto bene (spesso gli presta la sua biografia e i suoi sentimenti) e di lui fa un ritratto-autoritratto pieno d’ironia calda e affettuosa.76

Anche la letteratura a sfondo bellico viene influenzata dal cambio di regime. Alla retorica

celebrativa di Front si sostituiscono opere più dure e drammatiche, spesso incentrate su amare

riflessioni riguardanti gli anni della guerra:

Caratteristica dell’epoca è il fiorire di memorie. I testimoni del passato, unitamente agli autori, cercano di spiegare che cosa è capitato loro, ciò che è accaduto al paese. Al primo posto sono i militari. Una raccolta di memorie fra le più interessanti è il libro del generale Aleksandr Gorbatov, Gli anni e le guerre (Gody i vojny), che associa principalmente due argomenti: il campo di concentramento e la guerra. Le memorie accedono in qualche modo alla letteratura, e soprattutto alla letteratura di guerra. Tutti vogliono sapere la verità sulla guerra, tutti, perché essa ha coinvolto il complesso dei cittadini sovietici ed è stata la prova di un sistema che Stalin ha completato alla fine degli anni Trenta. Gli sforzi, per presentare la guerra quale è stata, concordano. Viene severamente condannato il romanzo di Vasilij Grossmann Per una giusta causa (Za pravoe delo); il seguito di esso, Vita e destino (Žizn’ i sud’ba) è pubblicato nel 1980 a Losanna, e a Mosca apparirà solo nel 1988. Tocca ai giovani scrittori annunciare il “disgelo” nella letteratura sulla guerra. Jurij Bondarev e Grigorij Baklanov iniziano quasi contemporaneamente, mentre Vasilij Bykov comincia un po’ più tardi. Hanno tutti e tre ventott’anni allo scoppio della guerra, tutti e tre combattono e diventano ufficiali. I loro libri, come le loro vite, si assomigliano: sono narrati i primi incontri col sangue, la morte, la responsabilità da prendere di fronte agli uomini mandati a combattere, la codardia e l’ingiustizia, il primo amore. I libri dei giovani scrittori sono prima di tutto autoanalisi, studio del comportamento dell’uomo in guerra. La tappa seguente è l’analisi del comportamento e delle motivazioni di chi ha impartito gli ordini, l’esame dei rapporti sociali. Bondarev scrive Il silenzio (Tišina), Bykov Ai morti non fa male (Mërtvym ne bol’no), Baklanov, Luglio 1941 (Ijul’ 41 goda, 1965). Con l’ampliarsi del quadro spazio-temporale, i giovani autori sono in grado di affrontare altri temi già conosciuti: il sospetto, la paura… non del nemico, ma degli altri sovietici. La guerra finisce per essere una cesura tra due periodi di terrore: in Baklanov, il protagonista, che sta per affrontare un combattimento mortale, evoca il 1937, e in Bondarev e Bykov, giovani superstiti del fronte, i personaggi sono messi a confronto con il terrore degli anni del dopoguerra. Il titolo del racconto di Bykov rende bene la perplessità, la paura dei vincitori che, al loro ritorno, sono accolti con diffidenza e sospetto. I morti non soffrono, dice l’autore, che si chiede: e i vivi? In tutti i libri scritti a proposito degli anni del terrore, prima, durante e dopo la guerra, vi è un passo, che si potrebbe definire: “Conversazione col potere”. Il marito, la moglie, la madre, il padre, il fratello o la sorella vanno da un rappresentante del potere per conoscere il destino dei loro cari, arrestati e internati in un campo di lavoro. Ne escono con un rifiuto, umiliante, indifferente; ma tutti sono del parere che, se riuscissero ad arrivare a Stalin, ogni cosa diverrebbe chiara. Nel romanzo di Konstantin Simonov Soldati non si nasce (Soldatami ne roždajutsja, 1964) il protagonista, generale Serpilin, arriva al più alto livello e intercede in favore d’un amico. Ma vede da vicino gli occhi del capo e “capisce subito una cosa a cui, fino a quel momento, non aveva pensato: non c’è nessuno al quale si possa presentare reclamo”. Giunto al sommo della piramide, l’autore si ferma: qui sta tutto il male, dice a se stesso, e la conclusione è fatalista: Stalin è un tiranno, perché lo è di natura, ma tuttavia si deve combattere il nemico, scacciarlo dalla terra sovietica, liberare l’Europa, e poi…77

Le tendenze presenti nella letteratura in prosa di questo periodo si realizzano anche in

ambito poetico: va ricordato che è proprio negli anni ’50 che fa il suo ingresso sulla scena

musicale sovietica il poeta e cantautore Bulat Okudžava, che affronta il tema della guerra in opere

come Do svidanija mal’čiki (1958). Nei lavori dell’artista, come evidenzia lo studioso Vladimir

76 M. Heller, La letteratura del “disgelo”, in AA. VV., Storia della letteratura russa III, Torino, Einaudi, 1991, p. 428. 77 Ivi, pp. 431-433.

50

Frumkin

78

, è sintetizzato il senso di rimpianto, disperazione e impotenza nei confronti del

conflitto che negli anni del regime staliniano era proibito esibire, ma durante il Disgelo è

finalmente possibile sfogare.

51

Parte seconda: impatto imminente. Documentari dal fronte durante la guerra

Come abbiamo anticipato, il tema di questa sezione sarà costituito da un’analisi dei

principali film documentari a sfondo bellico della prima cinematografia russo-sovietica, con

particolare attenzione al contesto culturale nel quale questi documentari sono stati realizzati.

Documenti correlati