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del Centro Internazionale Insubrico 1. Considerazioni introduttive

Cartella 2 Lettere a Carlo Cattaneo

Fascicolo 1

1. Giuseppe Ferrari a Carlo Cattaneo

1. [Successiva alla metà di ottobre del 1836], [Milano], [indiriz-zata a Milano] (3 carte, I carta r. e v., II carta r. e v., III carta r.,

III carta strappata in un angolo; I e II carta cm. 27,5 x 22,3, III carta cm. 25,5 x 20). Edita in Della Peruta, Contributo

all’episto-lario di Giuseppe Ferrari, pp. 184-186 e in Lettere a Cattaneo, Ed.

Naz., I, lett. 42, pp. 50-54. Ferrari illustra a Cattaneo le proprie ragioni nella polemica in corso con Francesco Predari a pro-posito di un’edizione contemporanea delle Opere di Vico che i due studiosi avevano avviato autonomamente. In particolare Ferrari sottopone all’attenzione dell’amico le sviste e gli errori che Predari avrebbe compiuto e, con la collazione di diversi testi, si sforza di dimostrare il carattere calunnioso dell’accu-sa rivoltagli da Predari di aver plagiato i lavori di Jean-Louis-Eugène Lerminier e di Jules Michelet. Prega infi ne Cattaneo di prendere a «cuore la difesa» del suo «onore», anche se poi questo impegno fu assunto pubblicamente da Felice Turotti e non da Cattaneo.

2. [Dopo il giugno 1839], [Parigi], indirizzata a Milano (1 carta, r. e v.; cm. 20,7 x 12,9). Edita in Della Peruta, Contributo

all’e-pistolario di Giuseppe Ferrari, pp. 192-193 e in Lettere a Cattaneo,

Ed. Naz., I, lett. 202, pp. 241-242. Ferrari lamenta il silenzio di Cattaneo a proposito del progetto di pubblicazione «des ms. de Romagnosi», che non intende lasciare «à l’avidité d’un domestique» o «à un homme incapable». Come depositario di quelle carte si sente infatti caricato «des devoirs sacrés» e, piuttosto, preferirebbe «rendre les ms. à la famille Azimonti» o conservarli lui stesso. Aveva quindi incaricato «M. Porro» (as-sai probabilmente Alessandro Porro), di rappresentarlo «dans cette affaire». Porro avrebbe probabilmente riunito «les amis de Romagnosi pour déliberer sur les sollicitations d’Angioli-no» e Cattaneo avrebbe potuto esporre in quell’occasione i propri progetti. Se Cattaneo volesse «écrire et parler franche-ment à l’Angiolino il serait facile de terminer cette affaire sans intervention de personne», ma se Ferrari non avesse ricevuto sue lettere «M. Porro tranchera la question».

Fascicolo 2

1. Giuseppe Garibaldi a Carlo Cattaneo

1. 30 settembre [1860], Caserta, indirizzata a Napoli (2 carte, I carta r., II carta v.; cm. 30,5 x 20,8). Edita in Epistolario, Cad-deo, III, p. 575 e, ma tratta dall’edizione di CadCad-deo, in Gari-baldi, Epistolario, V, lett. 1820, p. 250. Garibaldi fa sapere a Cat-taneo di non desiderare «che il contratto sulle ferrate, che» gli aveva consegnato «per esaminarlo», sia «ancora pubblicato». 2. 12 ottobre 1860, «Gabinetto del Dittatore delle due Sicilie»

(2 carte, I carta r., II carta bianca; cm. 22 x 14,3). Edita, ma da una copia ms. conservata al Museo Centrale del

mento di Roma, in Garibaldi, Epistolario, V, lett. 1840, p. 261. Garibaldi chiede a Cattaneo di tentare «di condurre ad una conciliazione i Sig.ri Adami e Lemmi colla società della Hante e» di avvisarlo «del risultato».

Fascicolo 3

1. Stefano Jacini a Carlo Cattaneo

1. 23 agosto 1865, Firenze (2 carte, r. e v. su entrambe le car-te; cm. 20,7 x 13,5). Inedita. Jacini trasmette «un esemplare sia degli studi tecnici sia dei commerciali colle annesse car-te geografi che coloracar-te, che furono allestiti negli uffi ci del ministero per uso della commissione fi nale ora sedente», in-caricata di decidere sulla questione dei trafori alpini. Racco-manda però a Cattaneo di non mostrare di essere «stato in possesso dei documenti in discorso prima degli altri», perché aveva sino ad allora «rifi utato di mostrare i medesimi docu-menti a chiunque» li avesse chiesti, «eccettuati i membri della commissione». La questione è infatti assai complicata «dalle pretese di diritto dei concessionari delle linee ticinesi». «Ma d’altra parte il Sig.r Escher sa che bisogna sudar sangue per trovare il capitale necessario per la linea del Gottardo, che se se ne sprecasse onde tacitare concessionari importanti non ne resterebbe per i lavori. In quanto ai membri della legisla-tura Ticinese essi sapranno benissimo che, senza i sussidi del Regno d’Italia, non si farà alcun passaggio alpino; che, secon-do i lavori compiuti dagli uffi ci del [...] ministero» di Jacini, cioè dei Lavori Pubblici, «i vantaggi commerciali dello Spluga, quantunque inferiori a quelli del Gottardo, appariscono molto superiori a quelli del Lucomagno; e che per conseguenza il governo italiano, qualora» si ponessero «ostacoli sulla via del Gottardo, rivolgerebbe tutta la sua forza ad eseguire lo Spluga con gran detrimento anzi con ruina economica del Cantone Ticino. Jacini continua sottolineando che «Come Ministro ha legate le mani fi no a che la commissione ora sedente non si sia pronunciata sul miglior valico». «In quanto alla destinazione di una parte dei dieci milioni della Società dell’Alta Italia alla linea Biasca-Airolo, la cosa sarebbe impossibile. Quel fondo deve essere adoperato tassativamente pel passaggio delle Alpi e non per una linea d’accesso, molto meno poi per una li-nea d’accesso ad un passaggio delle Alpi eventuale. La società avrebbe diritto di rifi utarsi a somministrarli». Jacini fa sapere che, quantunque non possa seguire subito «tutti gli altri con-sigli contenuti nella» lettera di Cattaneo, tuttavia «potrebbero diventar buoni da un giorno all’altro» e, in quel caso, ne terrà sicuramente «il debito conto». Per ora si sta impegnando «nel

promuovere una pronta decisione della Commissione; dopo di che il governo proclamerà altamente quale sia la sua deci-sione riguardo il miglior valico e si indirizzerà uffi cialmente ai cointeressati per raccogliere i sussidi necessari. Questo atto del governo italiano non raggiungerà forse lo scopo di dare lo sfratto a tutti i progetti rivali?». «Fra i cointeressati in Italia vi è Genova e Milano nell’una delle quali sono potenti le in-fl uenze Lucomaniste e nell’altra potentissime le Splughiste. Bisogna predisporre queste città ad essere meno esclusive. Ma-no maMa-no che GeMa-nova che MilaMa-no che i cantoni svizzeri che la Germania convergessero le loro forze verso il punto prescel-to dal governo italiano, anderà facilmente costituendosi una qualche potente società la quale, per far più presto, potrebbe anche intendersi col Sig. Genazzini se crederà opportuno di rilevare i suoi diritti di prelazione». Jacini conclude invitando Cattaneo «a non ritardare la sua pubblicazione che al pari del-le precedenti [...] produrrà indubbiamente molto effetto».

Fascicolo 6

1. Giuseppe Mazzini a Carlo Cattaneo

1. 26 ottobre [1850], [Ginevra], indirizzata a Lugano (2 carte, r. e v. su entrambe le carte; cm. 21,8 x 13,8). Edita in Caddeo,

La Tipografi a Elvetica, pp. 420-421 e, ma tratta dall’edizione

di Caddeo, in Mazzini, Epistolario. Appendice, IV, lett. 491, pp. 107-113. Mazzini illustra a Cattaneo le strategie progettate per riuscire a collocare l’Imprestito Nazionale Italiano che aveva proposto ai primi di ottobre del 1850. L’idea era di «Esauri-re ogni modo coi patrioti, dando loro cartelle al pari; tentar gli agenti con un interesse del 5%; tentar gli speculatori con interesse vistoso, ma in proporzione delle offerte; per un mi-lione di cartelle accettare il 70; e via così». Se l’operazione, data «da tutti per impossibile», avesse successo, avrebbe con-seguenze assai rilevanti per il loro gruppo. Chiede pertanto a Cattaneo di esporsi a favore del prestito, poiché il suo «nome può molto». Pure sarebbe necessario che si impegnasse anche Cernuschi, «che invece di far lo scettico e aspettar tutto dal-la Francia», usasse «del nome che i sentimenti e il contegno civile gli hanno acquistato». «Serbarsi la libertà, com’ei dice, va bene, ma bisogna averla». Da ogni parte i patrioti «esigono che s’appresti un materiale di guerra: ed è un fatto che le pro-vincie lombarde ne mancano, è più le propro-vincie del Centro: se in Roma» ci fossero state armi, «forse una operazione sul Re-gno mutava d’aspetto le cose». Per la propaganda sulla stam-pa Mazzini insiste che stava facendo tutto il possibile, chiede dell’impegno su questo versante a Cattaneo e sottolinea di

aver «scritto subito una pagina per l’Italia del Popolo», a «pro-posito dell’Archivio», che giudica «volume più che importan-te». Tiene molto alla diffusione del libro, che giudica però un po’ troppo «grosso» e, quindi, «poco contrabbandabile» e forse anche troppo costoso. Se, però, al volume fosse concessa «l’entrata in Piemonte», avrebbe sicuramente avuto successo e distribuzione. Mazzini continua dicendo a Cattaneo che se avessero avuto modo di incontrarsi e di discutere si sarebbero sicuramente intesi meglio. Il «Manifesto» che aveva steso ha «un tono più che temperato», perché come singoli predicano «repubblica fi n sui comignoli», mentre, per ovvie ragioni di opportunità, «come corpo collettivo» invocano «la Sovranità Nazionale».

2. 13 febbraio [1851], [Ginevra], indirizzata a Lugano (2 carte, I carta r. e v., II carta v. e strappata; cm. 13,5 x 10,8). Edita in Caddeo, La Tipografi a Elvetica, p. 440 e, ma tratta dall’edizione di Caddeo, in Mazzini, Epistolario. Appendice, IV, lett. 497, pp. 121-122. Mazzini comunica che intende inserire il «bel discor-so» di Cattaneo «prefi sso all’Archivio nell’Italia del Popolo» e gli chiede l’autorizzazione ad «apporvi» il suo «nome». Si la-menta però del fatto che non gli avesse passato lo scritto con un po’ d’anticipo, in modo da farlo uscire sulla rivista «ad un tempo coll’edizione di Capolago». Pure lamenta che Catta-neo non gli facesse avere mai alcunché d’inedito per l’«Italia del Popolo». Sottolinea quindi che sarebbe necessario che la loro parte, «parte della logica e del buon senso», si mostrasse unita al paese, in modo da «ispirare fi ducia nelle moltitudini». Ritiene che «La crisi svizzera potrebbe diventare importante davvero» e che si stava adoperando «perché questi radicali in-tendano che non v’è guerra difensiva per essi – se guerra ac-cadesse – se non nell’offesa» e, in questo caso, sarebbe andato a stringere la mano a Cattaneo. Si considerava infi ne «inesora-bilmente cacciato», ma non sarebbe andato via sin tanto che «il nembo rumoreggia».

3. 27 [ottobre 1867], s.l.p. (1 carta, r. e v.; cm. 13,5 x 10,3). Ine-dita. Nella lettera è inserito un appunto di Maurizio Quadrio. Mazzini fa sapere che «La parola d’ordine dei repubblicani “se i Francesi invadono” sarà “dichiarazione di guerra nelle 24 ore o barricate”». Prega poi Cattaneo, per «amor d’Italia», di non prendere «il campo» e di appoggiare con il suo «consiglio».

Fascicolo 9

1. Alessandro Repetti a Carlo Cattaneo

1. 1 agosto 1850, s.l.p. (2 carte, I carta r. e v., II carta bianca; I carta cm. 20,8 x 10,3, II carta cm. 20,8 x 15). Copia

manoscrit-ta. Inedimanoscrit-ta. Repetti lamenta di aver subito composto le «5 o 6 cartelle manoscritte» dell’«Archivio» che Cattaneo gli aveva trasmesso la sera precedente, ma di non aver ancora «ricevu-to di ri«ricevu-torno le bozze, in modo che» era «dispera«ricevu-to, giacché e compositori e torcoglieri sono senza lavoro». Gli aveva quindi inviato un emissario, che avrebbe atteso anche sino a sera, ma al quale lo pregava di consegnare sia le bozze corrette, che al-tro materiale manoscritto, in modo da poter proseguire con il lavoro. Gli raccomandava «poi di fare anche l’impossibile» per non lasciare la Tipografi a «senza lavoro e non tardare più oltre la pubblicazione di questo volume» dell’Archivio, «perché la smania di vederlo va perdendosi e già alcuni associati [...] hanno rinunciato all’associazione». Repetti continua pregan-do Cattaneo di scusare la sua «impazienza», che era pregan-dovuta al fatto che aveva tutto il suo «patrimonio compromesso». Pote-va però ben capire «che l’editore deve vendere giacché sen-za vendere non si fa denari e sensen-za denari non si fa spese né stampe».

Cartella 3