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LETTERE DI ERUDITI FAMOS

RAMBALDO DEGLI AZZONI AVOGADRO: Trevigiano, 1719-1790, fu canonico della cattedrale e fondatore della Biblioteca Capitolare. Ripristinò l’Accademia dei Solleciti per la cui bozza del regolamento ottenne anche l’approvazione del Muratori. Persona di grande cultura, si dedicò alla studio delle monete, della storia, soprattutto quella riguardante la sua città, della quale lasciò molte memorie per lo più inedite, o pubblicate postume. Partecipò attivamente all’affermarsi del primato del vescovado di Treviso e dei suoi diritti su quello asolano, dimostrando una primogenitura risalente ancora ai tempi della romanità. L’opera sua più importante, edita quando lui era ancora in vita, fu il Trattato della zecca e delle

monete ch’ebbero corso in Trivigi fin tutto il secolo XIV, del 1785. Ai suoi tempi, e per quasi

tutto l’Ottocento fu considerato erudito di statura addirittura europea; il Bailo lo chiama il “Muratori trevigiano”, mentre il Serena lo definisce :”insigne maestro di critica storica” e, con disinvolta iperbole: “cribratore acerrimo della memorie cittadine”. Il suo epistolario è monumentale1, arricchito com’è dalle lettere di una vasta rosa di intellettuali di primo piano come Apostolo Zeno, Saverio Bettinelli, Tiraboschi - autore pure del suo elogio funebre – Calogerà, il cardinal Garampi, Flaminio Corner, Giovanni Lami, il Verci e tantissimi altri. Osservando la vastità dei corrispondenti di Rambaldo, l’epistolario del Federici, che pure è notevole, al confronto pare poca cosa; da rilevare poi che quasi tutti i corrispondenti di quest’ultimo lo erano già stati prima del Rambaldo stesso, da che discende la logica considerazione che ad aprire al Federici le porte del mondo degli eruditi italiani sia appunto stato il canonico trevigiano, per cui in lui dobbiamo vedere una sorta di guida che illumina il cammino del domenicano, anche se con il trascorrere degli anni, come testimoniano le lettere, quello fra di loro si trasformerà in un rapporto di reciproco scambio di informazioni culturali, laddove però la posizione del veronese risulterà essere sempre quella del devoto allievo ansioso di mostrare la propria cultura e la propria volontà nel ricercare, riscontrare e verificare. Perciò ecco l’allievo rivolgersi nei seguenti termini a Rambaldo:

Ad un maestro di antiquaria e illuminato nella vera critica, un misero scolaro del genio non ardisce dire di più e si vergogna d’aver detto tanto.

Ed ancora:

In settembre sarò costì e mi farà onore comunicare a V.S. Illustrissima […] quanto tengo a mano per ricevere quelle lezioni che la di Lei perizia mi può utilmente somministrare.

1

Ambedue le citazioni sono tratte da una lettere scritta da Padova il 27 agosto 1776 e contenute nel volume 7 della raccolta già citata. Generalmente, Rambaldo appare soddisfatto dell’agire del Federici e non manca di spronarlo ad intraprese sempre più impegnative e si congratula con lui per i suoi successi. Un fatto va qui considerato e mai scordato, e cioè la stima evidente che il primo esprime verso il secondo e, ovviamente ancor di più, viceversa. Sono dieci lettere che Rambaldo ha indirizzato al domenicano; possono sembrare poche se consideriamo gli strettissimi contatti che intercorsero tra i due ma, a parte quelle che sicuramente saranno andate perdute, vanno considerati gli anni trascorsi da Federici a Treviso fino al 1790, anno della morte del canonico, e di quanto perciò gli incontri di persona avranno sostituito i rapporti epistolari. Abbiamo anche dieci lettere di Federici indirizzate a Rambaldo e contenute nell’epistolario di quest’ultimo, che coprono un arco di tempo che va dal ’76 all’88, ma che malauguratamente non si possono mai mettere in relazione, per gli argomenti trattati, con quelle speditegli dal canonico.

La prima lettera a Federici è datata 30 agosto 1774 quando questi era nel convento dei SS. Giovanni e Paolo a Venezia. In essa Rambaldo incita il giovane domenicano a proseguire nell’impegno preso a raccogliere materiale per un lavoro che rimarrà inedito, intitolato Saggio di illustrazioni storiche trevigiane2 :

[…] mancherà così un capitolo alle Illustrazioni, che ha intraprese, ma ne le rimarranno parecchi altri di non minore importanza e curiosità sopra i quali esercitare la sua penna erudita, ella si farà benemerito della città nostra, cosa cui l’affezione di Lei è ben conosciuta e corrisposta. Pertanto non si stanchi di raccogliere i documenti dei Caminesi, delle Università, delle Accademie, de’Letterati ecc… e di Conventi Domenicani esistenti nel Veneto Dominio; che poi regalando del frutto de’suoi studi opportunamente i Letterati, ne riporterà gloria e approvazione. Se alcuna cosa io voglia a contribuire per il felice riuscimento di questa sua nobile impresa me l’esibisca senza riguardi.

Le lettere successive evidenziano quanto Rambaldo utilizzasse Federici per dotte ricerche, le più disparate, come quella su di “un Can scaligero”3

, oppure sui Caminesi4 o dove il nostro

2

Si trova presso la BCT. Ms.580.

3 Lettera dell’ 8 gennaio 1777. 4 Lettera del 14 Gennaio 1777.

autore è incaricato di ricercare una versione quattrocentesca della Batracomyomachia5 ed anche di consultare presso la biblioteca dei SS.Giovanni e Paolo:

se vi fosse memoria di S. Venanzio Fortunato, la cui festa cade nel dì 14. Le ricordo ancora il mio desiderio di avere il testamento di Niccolò Grassi…6

In cambio di questo lavoro certosino svolto dal Federici a vantaggio di Rambaldo, egli viene a sua volta aiutato per pubblicare i suoi scritti, o a pubblicizzare quelli editati, come si testimonia in questa lettera del 26 agosto 1786:

Mi rallegro di sentire che la stampa della sua Erudita Storia7 proceda felicemente, ancorchè lenta; e potrà ella intanto farmi un giudizioso estratto, […] sul gusto di quelli de’Giornali de’Letterati d’Italia Zeniani8, ch’io l’manderò alla Abate Tiraboschi da inserire nel Giornale che

stampa a Modena9.

Inoltre Rambaldo, qualora il suo protetto sia coinvolto in dispute ove se ne critichi l’opera, pacatamente lo difende motivandone le posizioni.

5

Lettera che riporta solo l’anno 1782.

6

Lettera che riporta solo l’anno 1786

7 La Storia dei Cavalieri Gaudenti. 8

Fondato a Venezia nel 1710 da Apostolo Zeno, Scipione Maffei ed il Vallisneri.

9

Ad esempio in una lettera del 28 maggio 1783 scritta da Mandelli [anche lui corrispondente del Federici] a Rambaldo, dove critica il domenicano su argomento inerente i Cavalieri Gaudenti, dove viene però prontamente rintuzzato da quest’ultimo in una lettera di risposta scritta il giorno successivo [Bibl. Capitolare, cit. vol.9 n.93].

GIROLAMO TIRABOSCHI: [Bergamo 1731 – Modena 1794], gesuita, dal 1770 divenne direttore della Biblioteca Estense di Modena, dal ’73 a ’90 fu prima collaboratore e successivamente direttore del Nuovo giornale de’Letterati d’Italia. Fu studioso infaticabile e produsse un gran numero di lavori fra cui La biblioteca modenese ovvero Notizie della vita e

delle opere degli scrittori di Modena, 1781-86, Notizie de’ pittori, scultori, incisori, architetti nati negli stati del Duca di Modena,1786, Le memorie storiche modenesi, 1793-95. L’opera

principale di Tiraboschi è però da ritenersi la Storia della letteratura italiana, 1772-81, per la quale De Sanctis definì l’autore «il Muratori della nostra Letteratura». Egli appartiene a quella categoria di eruditi il cui rigore storiografico non lascia spazio a sovrastrutture

aprioristiche di carattere filosofico, ma che si confronta direttamente con il nudo dato storico, senza scivolamenti verso personalismi o sterili dispute teoriche, e che con pragmatismo procede nella ricerca e nell’analisi1. Si avverte in lui l’influenza razionalistica che informa

l’illuminismo settecentesco; è apertissimo verso gli altri studiosi e non è geloso delle proprie conoscenze e perciò pronto a scambiare documenti e notizie con chiunque2, e ciò a maggior gloria, non tanto di Dio verrebbe da dire, ma della Cultura. Per certi versi, anche Federici può essere assimilato alla categoria ‘tiraboschiana’; anche lui scrive sulla letteratura e sugli artisti della sua patria d’adozione e anche lui è prodigo nello scambio di documenti, e pure lui ha una concezione della cultura dove le singole categorie non sono irreggimentate in rigidi confini, ma in lui non troviamo quel rigore critico e, si direbbe, anche quell’intelligenza che caratterizza lo scrittore geniale, aspetti questi invece peculiari del Tiraboschi. Nondimeno ambedue condividono un sincero amore verso la ricerca e la volontà di una interpretazione filologica dei documenti analizzati, evidenziando anche, se vogliamo, un certo distacco emotivo cui invece non sapranno rinunciare gli studiosi di epoca romantica e che perciò con tanta disapprovazione, guarderanno all’opera del bergamasco, vedansi, ad esempio, le critiche del Tommaseo3. In epoca contemporanea l’opera del Tiraboschi è stata invece giustamente ponderata e rivalutata.

Nel periodo che va dal 1781 al decennio successivo, si contano otto lettere scritte da questo autore al Federici, mentre di quest’ultimo se ne contano nove4

. Il loro contenuto non è eclatante ma testimonia del carattere degli interessi, della ricerca e della metodologia cui si accennava prima. Non vi è continuità nello scambio epistolare in quanto si conta anche un

1 Per uno studio accurato del rapporto epistolare intercorso fra il Tiraboschi e Federici vedi la Tesi di

Laurea di S. Masini conservata presso la BCT ed intitolata: D.M. Federici: un corrispondente trevigiano

di Girolamo Tiraboschi.

2

Cfr. Lettere di Girolamo Tiraboschi al Padre Ireneo Affò, a cura di C. Frati, Modena 1894-96, dove Tiraboschi, nella lettera del 2 gennaio 1776, così si esprime a proposito di chi non vuol dare in visione a terzi i propri libri o documenti : “Purtroppo vi hanno bestie di tal natura anche ove sembra ch’esse non dovessero aver luogo”.

3

N.Tommaseo, Nuovi scritti, Venezia 1838, vol. 1°, p. 7.

4

lungo periodo, di ben cinque anni, di sospensione dei contatti5, nonché un arresto definitivo negli ultimi tre anni di vita di Tiraboschi.

Il tono della prima lettera, del luglio 1781, fa pensare che non sia la prima della serie, in quanto non compaiono i soliti giri di parole, i soliti salamelecchi, le frasi fatte, che sembrano essere prerogativa della buona educazione del tempo, quando si contatta una persona per la prima volta; può anche essere che ciò sia dovuto all’opera mediatoria compiuta da Rambaldo degli Azzoni, che da parecchi anni già conosceva entrambi e che da lungo tempo poteva già aver relazionato all’uno dell’altro e viceversa. Comunque sia, già in questa lettera si giunge ad un livello di confidenza tale per cui Tiraboschi si rammarica di non aver osato di richiedere l’aiuto del Federici per correggere e migliorare quella che lui chiama “la mia Storia”6

e, perché un già così rinomato studioso giunga a tanto, bisogna che abbia per certo una ottima opinione della controparte, che non può essersi costituita se non per le garanzie date probabilmente da Rambaldo degli Azzoni. E’ il periodo in cui Federici è impegnato sia con il lavoro sulla facoltà di Teologia dello Studio patavino che rimarrà inedito7, sia quello sui Cavalieri Gaudenti che invece verrà pubblicato nel 1787 ed è probabilmente perché egli è a caccia di notizie su quest’ultimo argomento, che da il via alla corrispondenza con Tiraboschi, come testimonia il seguente brano tratto dalla risposta di quest’ultimo alla prima lettera del domenicano:

La Storia dei Frati Gaudenti è un campo di erudizione e del sapere di V.P.M.A. Io so di aver trovato qualche cosa intorno ad essi, ma non ne ho fatto nota; e or me ne pento. Spero nondimeno poterla in qualche modo servire: Io ho ora per le mani le antiche carte della celebre Badia di Nonantola8[…] Forse tra esse potrebbe trovarsi qualche cosa […] qualunque cosa si trovi sarà per lei. Le dirò frattanto, che presso […?…] l’Abate Don Carlo Trivulzi9

in Milano, come egli mi ha scritto non

5

E’ ipotizzabile che durante questi cinque anni i due eruditi siano comunque rimasti in contato per il tramite di Rambaldo degli Azzoni il quale ebbe continui rapporti epistolari con il Tiraboschi.

6

Probabilmente la Storia della letteratura…

7

Della Facoltà teologica nello Studio di Padova, Treviso BCT. Ms. 151.

8 Tiraboschi scrisse la Storia dell’augusta Badia di S. Silvestro in Nonantola, 1784-85. 9

Carlo Trivulzio, 1715-1789, fondatore della biblioteca di famiglia, la Trivulziana, che s’arricchì via via col trascorrere dei decenni e che fu aperta al pubblico a partire dalla prima metà dell’ottocento.

da molto, si conservano in un Codice […] del XIV secolo, le regole di quest’ordine.

Il risultato della ricerca sulle ‘antiche carte’ di Nonantola è però deludente né Tiraboschi spera di poter soddisfare Federici altrimenti, se non proponendogli fatti e notizie che probabilmente a quest’ultimo risulteranno essere di scarso interesse:

Mi compiaccio e mi congratulo con V.P.M.A. che abbia raccolto in bella copia intorno i Cavalieri Gaudenti, ma ho insieme il dispiacere di assicurarla, che in più di seimila pergamene dell’Archivio Nonantoliano ch’io nello spazio di otto mesi ho ripassato, non ho trovato la più piccola menzione di essi […] Tra pochi giorni dovrò vedere e esaminare un’altra volta l’Archivio di questa città e se si troveranno cose a cui [..?..], si assicuri, che gliele comunicherò tosto. Ma per quello che posso ricordarmi […] temo che ivi pure non vi sia cosa alcuna […]. Abbiamo in questa […] Biblioteca L’Armamentarium del Torelli10[…] ma Ella può darsi pace di

non averlo trovato [perché] non fa che raccogliere ciò che de’Gaudenti han scritto altri scrittori, e non si ha [..?..] sicura e scoperta alcuna degna d’osservazione. Ho copiati nondimeno i nomi degli Autori ch’ei cita e gliene trasmetto la nota11

.

Dopo cinque anni di interruzione i contatti riprendono nel 1787 ed in una lettera del 23 settembre Tiraboschi dice di compiacersi:

che non le sia riuscito inutile il documento da me [mandato] a V.P.M.A. e più assai mi compiaccio, che ciò m’abbia dato occasione di ricevere i suoi favori nei documenti dell’università di Cividale del Friuli […] e dei quali le rendo le più distinte grazie.

Dunque vediamo in questi contatti epistolari un fluire di informazioni e notizie, e il principale fruitore di ciò è senza dubbio Federici, il quale profitta anche del fatto che il suo corrispondente diriga il Nuovo giornale de’Letterati d’Italia per vedere pubblicizzate le sue opere o amplificare certi sue posizioni. Ed ecco infatti come il domenicano, in una lettera del 27 Dicembre 1787, si esprime:

All’onore che veggomi ingraziato della di lei bontà di avermi degnato di un posto nel reputato Giornale di Modena, con un assai onorevole estratto de l 1° volume della mia Storia12 , mi faccio coraggio, dopo averla ringraziata, di pregarla di farmi avere il volume 38 e

10

T. Torelli, Armamentarium, Forlì 1758, ove si citano i Cavalieri Gaudenti, tomo XI, parte XXII, pp. 100- 106.

11

Lettera del marzo 1783.

12

così l’altro13

, oppure adittarmi ove possa a Venezia procurarmelo. Un altro favore. In una piccola controversia in cui certamente la verità era dalla mia parte, venni dall’ avversario con menzogne attaccato e si cercò con maligno scritto ed infamatorio di oscurare la mia reputazione14. Un mio amico [lo Zaramellini], vinto dalla pura luminosa verità mi fece una breve apologia: Non si nomina avversario, non si scredita, ma solo mi si difende: Se Ella volesse bene pubblicarla nel Giornale prima di dare il 2° estratto15, io sarei a supplicarla, per le buone conseguenze che ne vengono, e per la giustizia che al vero si fa…

E Tiraboschi esaudisce i l desiderio del domenicano, come si legge nella lettera del gennaio 1788:

Godo che V.P.M.A. sia stata soddisfatta dell’estratto inserito in questo Giornale del 1° tomo della sua Storia. In esso però io non ho parte che quella di aver pregato un mio amico a favorirmi, poiché non era possibile ch’io avessi tempo a farlo per me medesimo […]

E inoltre garantisce anche di non avere:

alcuna difficoltà a fare inserire nel Giornale la lettera Apologetica inviatami….

Un aspetto particolare degli scambi intercorsi fra i due studiosi è quello inerente Tommaso da Modena, argomento che verrà ampiamente trattato dal Federici, come si vedrà nelle Memorie

trevigiane sulle opere di disegno …. Il tema principale della lettera del 10 settembre 1789

verte su di un punto abbastanza importante della vita di questo artista, ovvero se questi sia nato a Modena oppure a Treviso. Vi è in lui la determinazione campanilistica di fare di Tommaso un pittore interamente trevigiano, andando ad interpretare in maniera peculiare, con delle forzature forse, dei documenti riguardanti la famiglia del pittore. In questa volontà di sottrarre a Modena i natali di sì grande artista, egli non si perita di chiamare a consulto colui che degli artisti modenesi era stato il cantore nella ben nota opera, e non fa meraviglia quindi che quest’ultimo, pur glissando sull’argomento con il domenicano, esprima poi un netto

13

Non si capisce qui a cosa si riferisca.

14 Si tratta della polemica con Ferlone, di cui si tratterà più avanti, nella quale, a difesa del Federici – il

quale era stato addirittura di trascorsi dissoluti al tempo della sua permanenza a Padova – intervenne Zaramellini con la sua Lettera ai signori giornalisti di Modena del 5 novembre 1787. Fu poi pubblicata nel Nuovo giornale de’ Letterati d’Italia nel 1789, t. XXXIX, pp. 309-313.

15

giudizio negativo in una lettera a Rambaldo degli Azzoni16.

La relazione epistolare fra i due si chiude, per quanto ne sappiamo, nel 1791 quando Federici richiede a Tiraboschi di pubblicate sul Nuovo Giornale l’elogio da lui composto in onore di Giordano Riccati, scomparso l’anno precedente. D’altra parte, era stato Tiraboschi stesso, commentando sul suo Giornale la morte dell’insigne studioso17

, ad auspicare che qualcuno fra gli eruditi proponesse un opera nella quale fossero ricordati tutti i meriti del Riccati:

L’Italia ha perduto nello scorso agosto uno dei più illustri ornamenti nella persona del celebre Signor Conte Giordano Riccati: Noi speriamo che qualche colto scrittor trevigiano ci darà l’elogio storico di un uomo sì insigne: E frattanto pubblichiamo qui un elogio funebre tessutogli dal Chiarissimo Monsignor Primicerio Avogaro.

L’elogio scritto da Federici rispecchia quello tenuto nella chiesa di sant’Agnese [Santi Quaranta] in occasione del funerale del Riccati18.

Nella lettera di risposta del 22 Marzo 1791 Tiraboschi dà riscontro di aver ricevuto l’Elogio del Riccati e si:

compiace che un sì celebre uomo abbia dalla sua penna ricevuto tanta messe di lodi…

e ricorda di aver:

scritto ultimamente l’elogio dell’altro illustre ornamento di codesta città ossia di Monsignor Avogaro, e desidero ch’esso soddisfasse e il desiderio di chi l’ha ordinato e i meriti di chi ne è il soggetto.

Per i tre anni di vita che rimangono a Tiraboschi, non vi sono tracce di contatti con Federici; forse la diversità di idee su Tommaso da Modena, ma ancor più la morte di Rambaldo avranno portato il grande erudito a pensare che oramai la partita con Treviso era da ritenersi chiusa. Da parte sua Federici, oramai abbastanza noto ed apprezzato nell’ambiente degli intellettuali e di fatto succeduto, come status di primo erudito in Treviso, ai defunti Rambaldo e Giordano Riccati, sarà sempre meno bisognoso di guida ed aiuti.

16

Vedi Lettere autografe di italiani illustri, cit.

17 Nuoco giornale…, 1790, XLIII, p. 320. 18

Vedi il Commentario sulla vita e gli studi del Co. Giordano Riccati nobile trevigiano ad illustrazione

ANGELO MARIA BANDINI: Nato a Firenze nel 1726 e morto a Fiesole nel 1803, i suoi interessi principali furono l’epigrafia e la bibliofilia. Collaborò con Giovanni Lami per le sue

Novelle Letteraria e dal 1752 divenne bibliotecario della Marucelliana di Firenze e,

successivamente, della Mediceo-Laurenziana. Pubblicò molto materiale presente nelle biblioteche da lui gestite, creando anche un catalogo di tutti i manoscritti della Laurenziana, meritando unanimi lodi per tale lavoro di biblioteconomia. Fu in contatto epistolare con i più grandi dotti del suo tempo. Nel manoscritto n. 62, della biblioteca comunale di Treviso, si trova una sua lettera indirizzata a Federici e datata il 19 novembre del 1781. E’ una lettera di risposta ad una prima del domenicano e dalla quale si intuisce come questi avesse sollecitato il suo aiuto per ottenere dei documenti relativi alle ricerche che stava facendo sui Cavalieri Gaudenti. La risposta del Bandini è gentile e collaborativa; si comprende anche come quest’ultimo già conosca Federici ed abbia di lui una opinione positiva:

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