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4. LE FORME DELLA RAPPRESENTAZIONE

5.5. Lettura critico interpretativa dei casi studio: diagrammi e funzionalità

Le figure geometriche sono i dispositivi che rendono possibile l’articolazione del progetto e con esso la semantica intrinseca di quel linguaggio chiamato architettura.

Nel caso della Torre di Babele di Bruegel, la figura presa in esame è quella del cerchio, valutato nella forma generatrice della pianta ma anche nelle spazialità tridimensionali ad essa connesse come, per esempio, la sfera.

Il cerchio potrebbe essere interpretato come un punto esteso, partecipe delle proprietà di perfe- zione, omogeneità e assenza di divisione, qualità o attributi propri celati nel punto e manifesti nel cerchio che diviene l’immagine di ciò che è generato, emanazione del principio.

Il cerchio è movimento immutabile senza inizio né fine, senza rottura né cesura, senza variazio- ni, è unione e compiutezza. Privo di angoli e spigoli, direzionalità e gerarchia. Il cerchio diviene un simbolo allusivo, ha in sé un nucleo oscuro che respinge un’analisi razionale impedendo una definizione chiara, semplice. Figure prossime al cerchio, sono innanzitutto l’ellissi/ovale dell’Anfiteatro Flavio, la sfera e l’oculos del Pantheon, i recinti delle città dell’utopia e (come suppone la presente ricerca) la pianta della Torre di Babele, dedotta dal dipinto di Bruegel. Per poter rappresentare l’iter procedurale delle analisi diagrammatiche inerenti ai casi studio, è fondamentale introdurre il concetto di “diagramma” in architettura, analizzarlo e successiva- mente applicarlo allo studio di Babele. Le immagini che seguono il testo, si prestano man mano a dimostrazione di questo assunto.

«... Il diagramma non rappresenta “esattamente” le sembianze di un oggetto ma lo rappresenta “simbolicamente”, cioè è l’astrazione di ciò che rappresenta e che rende solo con un abbozzo o con un’idea. Mediante questa astrazione riesce a significare variazioni, azioni, persino processi mentali. Il diagramma è un tipo di icona particolarmente utile che elimina una serie di dettagli e quindi permette alla mente di pensare con facilità alle questioni più importanti, per astrazioni, passando intuitivamente da un pensiero all’altro, e può condurre verso un futuro diverso da quello che pianificava. Può diventare uno strumento creativo, una «macchina astratta che non funziona per rappresentare qualcosa, ma piuttosto costituisce un nuovo tipo di realtà ...».30

A sostegno delle teorie che supportano l’analisi diagrammatica delle torri di Babele oggetto di studio, si riporta un breve stralcio dell’opera: Diagramma: una scena originale di scrittura, di Peter Eisenman, traduzione a cura di Giovanni Corbellini:31

«... Un diagramma è una scorciatoia grafica. Benché esso sia un ideogramma, non è necessaria- mente una astrazione. Esso è una rappresentazione di qualcosa in quello che non è la cosa in sé. Esso può essere incorporato. Non può essere mai privo di valore o significato. Un diagramma non è né una struttura né l’astrazione di una struttura. Spiega le relazioni in un oggetto archi- tettonico.

In architettura il diagramma viene capito in due modi: come un dispositivo analitico o interpre- tativo, o come strumento generativo. Il diagramma è una forma di rappresentazione. In un ruolo analitico, il diagramma rappresenta in un modo diverso rispetto a uno schizzo o a una pianta di un edificio.

Come strumento generativo in un processo progettuale, il diagramma è anche una forma di rap- presentazione. Ma, al contrario della forme tradizionali di rappresentazione.

Il diagramma è una mediazione tra oggetto reale e l’interiorità dell’architettura.

Tracce, linee invisibili e diagrammi diventano visibili solo attraverso vari mezzi. Queste linee sono la traccia di una situazione intermedia, cioè del diagramma, tra condizioni che possono essere definite come anteriorità e interiorità dell’architettura, la sommatoria della sua storia, così come tra i progetti indicati nelle tracce e l’edificio realizzato.

Per Gilles Deleuze, il diagramma è diventata una parola chiave per l’interpretazione del nuovo, mettendo in dubbio qualsiasi relazione del diagramma con l’anteriorità o l’interiorità dell’ar- chitettura.

Somol segue Deleuze nell’immettere questa idea del diagramma in architettura. Per Somol, i diagrammi sono ogni sorta di astrazione esplicativa.

Se nell’interiorità dell’architettura vi è una condizione autonoma, una condizione che può essere distillata da una interiorità, allora tutti i diagrammi non parlano necessariamente di nuovi temi. Piuttosto, i diagrammi possono essere usati per creare una tale autonomia in grado di capirne la natura.

Se questa autonomia può essere definita come singolare data la relazione in architettura tra se- gno e significato, e se la singolarità e anche la ripetizione della differenza, allora ci deve essere qualche condizione esistente dell’architettura di modo che essa possa essere ripetuta differen- temente. Questa condizione esistente può essere chiamata interiorità dell’architettura. Quando non c’è interiorità, se manca cioè una relazione fra interiorità e diagramma, non c’è singolarità in grado di definire l’architettura.

38 A sinistra. Struttura geome-

trica del cerchio. Confronto con la pianta copertura e la pianta del piano tipo della torre di Ba- bele di Bruegel

39 - 40 Giada Domenici. Let- tura del cerchio. Domenici,

G. (2013). L’architettura del

cerchio. Sovrapposizione sulla

pianta del piano tipo della torre di Babele di Bruegel

Turris Babel - È-Temen-An-Ki - La “Casa Delle Fondamenta Del Cielo E Della Terra” Teoria e Rappresentazione tra Mito e Realta’ IL VALORE AGGIUNTO: “INSIDE BABEL”

Se l’interiorità dell’architettura esiste come manifestazione singolare di un segno che contenga il suo proprio significato, la motivazione del segno è già interiorizzata e quindi autonoma. La relazione del diagramma con l’interiorità dell’architettura risulta cruciale.

Un’altra idea di diagramma, che parte dall’idea di Jacques Derrida, è l’idea della traccia a es- sere importante per ogni concetto di diagramma, perché, al contrario della pianta, le tracce non sono presenze pienamente strutturali né segni motivati.

Ma le tracce in sé non sono generative. È necessario pertanto, un meccanismo diagrammatico che permetta sia la conservazione che la cancellazione, che allo stesso tempo possa organizzare le possibilità generative di figure architettoniche alternative contenute in queste tracce.

Dice Derrida: “Noi abbiamo bisogno di una infinita riserva di tracce”.

Anche in architettura un diagramma può essere visto come un doppio sistema che opera come uno scrivere insieme dall’anteriorità e dall’interiorità dell’architettura.

Il diagramma agisce come una superficie che riceve delle iscrizioni dalla memoria di quello che ancora non esiste; cioè, del potenziale oggetto architettonico. Questo fornisce tracce relative a funzione, chiusura, significato, contesto, riguardo a condizioni specifiche. Queste tracce intera- giscono con le tracce provenienti dall’interiorità e dall’anteriorità per formare una sovrapposi- zione di tracce. Questa sovrapposizione fornisce un mezzo per guardare uno specifico progetto: la realtà di un particolare sito, il programma, il contesto o il significato del progetto in se stesso. Sia lo specifico progetto che la sua interiorità possono essere scritte sulla superficie del diagram- ma che ha l’infinita possibilità di inscrivere segni effimeri e tracce permanenti. Senza queste tracce permanenti non ci sono possibilità di scrivere nell’oggetto architettonico in sé.

Il diagramma architettonico può essere concepito come una serie di superfici o strati che sono costantemente rigenerati e allo stesso tempo capaci di trattenere serie multiple di tracce. Allora, quello che si vedrebbe in un oggetto architettonico è costituito sia l’oggetto in sé, insieme con la sua estetica e iconicità, e un altro strato, la traccia, un indice scritto che integri questa perce- zione. Tale traccia verrebbe intesa come preesistente alla percezione.

Il diagramma come stratificazione di tracce offre la possibilità di aprire il visibile all’articolabi- le, a ciò che è all’interno del visibile. In questo contesto, l’architettura diventa qualcosa di più di ciò che si vede e di ciò che è presente; non è più una rappresentazione o una illustrazione della presenza. Piuttosto, l’architettura può essere una ri-presentazione di questo apparato di interven- to chiamato diagramma. In questo senso, il diagramma potrebbe essere capito come esistente

prima dell’anteriorità e dell’interiorità dell’architettura. Questa è l’idea di una interiorità come contenente. Un altro layer deve essere quindi aggiunto alla stratificazione, un layer che trova nuove possibilità dentro l’interiorità architettonica, un layer finale nella stratificazione diagram- matica. Il diagramma opera la relazione fra un soggetto autoriale, un oggetto architettonico e un soggetto ricevente; è la stratificazione che esiste fra loro. Il processo diagrammatico non potrà mai svolgersi senza qualche impulso psichico da parte di un soggetto. Il diagramma non può “ri- produrre” dall’interno di queste condizioni. Il diagramma non genera in se stesso o da se stesso. Esso crea la repressione che limita la capacità generativa e trasformativa, una repressione che è costituita sia nell’anteriorità dell’architettura che nel soggetto».

In conclusione, si evince come, a sostegno delle teorie che supportano l’analisi diagrammatica della torre di Babele analizzata nei casi studio, fondamentale sia il legame che la ricerca ha instaurato tra forma geometrica pura, il Cerchio, e la sua valenza a livello di stratificazione e lettura interiore di un modello, il Diagramma.

La scelta della forma geometrica dell’impianto base della torre è un passo fondamentale della ricerca, poichè determina gli strati successivi del percorso.

Come precedentemente accennato, se le figure geometriche sono i dispositivi che rendono pos- sibile l’articolazione del progetto e con esso la semantica intrinseca di quel linguaggio chiamato architettura, allora nel caso della Torre di Babele di Bruegel, la figura presa in esame è quella del cerchio, valutato nella forza generatrice della pianta.

Non di meno nella pianta del Valckenborch, questa figura geometrica si fa spazio e interpreta pienamente l’idea stessa di daimon. Entrambi i casi studio quindi scelgono la forma circolare alla base del loro percorso di interiorizzazione architettonica.

Come già accennato in precedenza, la scelta del cerchio quale forma primigenia che meglio rap- presenta la perfezione, la compiutezza, l’unione e tutto ciò che non ha rottura nè cesura, costitu- isce bensì l’emblema tradizionale di ciò che non ha inizio né fine, essendo esso stesso formato da una linea unica le cui estremità si ricongiungono per annullarsi l’una nell’altra.

Questo concetto è ben espresso dalla circonferenza, figura geometrica nella quale non è dato distinguere il principio dalla fine, simbolo dell’eternità e quindi di perfezione.

Il movimento circolare, che è anche quello del cielo, è perfetto, immutabile, senza inizio né fine, né variazione; questo fa si che esso possa rappresentare il tempo, il quale, a sua volta, può essere definito come una successione continua e invariabile di istanti tutti identici gli uni agli altri, e da 41 Pieter the Elder Bruegel, The

‘Little’ Tower of Babel, Original

painting, 1563. Otomo processing

for Inside Vision

42 Pieter the Elder Bruegel, The Big Tower of Babel, Original pain-

ting, 1563. Applicazione del meto- do di Otomo per ottenere l’Inside

Vision

43 Nella pagina successiva.

Katsuhiro Otomo, Inside Babel 2. 2017. Dettaglio

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qui il concetto di ciclicità. La circonferenza determina così un limite separatore tra la superficie interna definita e quella esterna infinita. E partendo da tale assunto, si passa al secondo strato analitico del viaggio che porta al di là della visione, della percezione e del pensiero: l’analisi diagrammatica.

Il diagramma, strumento rappresentativo della ricerca, viene concepito come simbolo allusivo, assumendo in sé il ruolo di strumento generativo. Il diagramma è una forma di rappresentazione, ma, al contrario della forme tradizionali di rappresentazione, è una mediazione tra oggetto reale e interiorità dell’architettura.

Nell’analisi condotta sulla pianta del piano “tipo” di Babele, viene da porsi quale sia la differen- za che intercorre tra un diagramma e uno schema geometrico.

Tracce, linee invisibili e diagrammi diventano visibili solo attraverso vari mezzi. Queste linee sono la traccia di una situazione intermedia, cioè del diagramma, tra condizioni che possono es- sere definite come anteriorità e interiorità dell’architettura. In questo diagramma architettonico, capiamo bene come una serie di superfici o strati siano costantemente rigenerati e allo stesso tempo capaci di trattenere una serie multipla di tracce. Il risultato è costituito sia dall’oggetto in sé (la pianta), insieme con la sua estetica e iconicità, sia da un altro strato, la traccia (le analisi), un indice scritto che integri questa percezione. Tale traccia verrebbe intesa come preesistente alla percezione.

Potremmo quindi definire il diagramma con le parole di A. Zaera Polo, il quale lo ritrae in quanto “forma di mediazione tra i concetti e le organizzazioni materiali.[…] Esso è uno stru- mento che descrive relazioni e prescrive prestazioni nello spazio. Non necessariamente contiene informazioni metriche o geometriche: queste emergono una volta che il diagramma comincia a processare materia.”

Pertanto, l’atto di “Diagramming (Diagrammare), è di fatto la più importante innovazione in architettura degli ultimi anni”, secondo L. Spuybroek. Come dargli torto?

Ma la questione è un’altra.

A cosa porta tutto questo? Qual è il fine di tutto ciò? Quale il significato profondo che perviene da questo lungo percorso? Le risposte sono molteplici.

Si potrebbe affermare che, partendo dal virtuoso procedimento proposto da Camillo Trevisan, e dagli altri studiosi finora citati, sulla base di analisi e ricerche condotte da vari filosofi e architet- ti, l’indagine che la ricerca si è proposta di condurre sul significato intrinseco che si cela “den- tro” Babele, si sviluppa attraverso l’idea che possiamo trarre dalla pittura fiamminga, andando “oltre” il visibile, e servendosi del disegno come strumento di ricerca dell’interiorità architet- tonica, il disegno dell’immaginazione, appunto, o, se vogliamo, l’immaginazione del disegno. La ricerca possiede, quindi, buona parte delle caratteristiche finora descritte, anche se è tuttavia ancora “prematuro” poter sostenere questa teoria valida nella sua totalità per poterla quindi ap- plicare alle svariate torri che la pittura fiamminga (e non solo) ha prodotto nell’arco dei secoli, e stabilire la forma delle stesse a partire dai dati di confronto e riducendo al minimo le ipotesi, le modifiche e le varianti.

La Tesi, non intraprende, peraltro, il filo della ripetizione, bensì quello della rivelazione delle immagini invisibili (immaginare l’architettura), che si celano all’interno dell’architettura stessa e si rivelano appunto solo nella loro intimità processuale.

Il suo scopo, però, non può essere frainteso. Non è un processo metodico e costruito.

Il suo senso autentico proviene dal contesto nel quale è inscritta la ricerca: essere un mezzo essenziale tra presupposto (theoria) e fine (immagine).

Tutto ruota attorno al concetto di “invisibile”, di “daimon” appunto. Tutto ciò che concerne l’a- spetto esteriore dell’immagine della Turris Babel, proviene dal “theologico”, dalle Sacre Scrit- ture, mentre la spinta che genera la fervida immaginazione al supporre una correlazione degli ambienti interni alla Torre, viene determinata dalla tecnica e dall’ “esperienza”.

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senza però mai confondere l’uno nell’altro, tanto da rendere le loro distinzioni indisgiungibili. I casi studio non sono che la rappresentazione di questo assunto, o per lo meno tendono a questo pensiero, e cercano di tradurlo concretamente in immagini, riflessioni ed analisi che tentano di afferrare la realtà nascosta.

In Bruegel e in Valckenborch, collage e discontinuità convivono perfettamente attraverso un processo interiore di rivelazione che ben si mostra ai nostri occhi: entrambi “ergono” una Torre sinuosa, che sa fronteggiare il suo tempo nello stretto legame tra il suo passato e l’attualità. Essendo il daimon un riferimento chiave della ricerca, poniamo quindi un’ultima domanda, per meglio connotare il fine ultimo della Tesi:

Esiste, quindi uno “spirito-guida” capace di indirizzare istintivamente l’immaginazione a com- piere determinate scelte? Esite un daimon morfologico che guida il nostro pensiero e lo conduce ad una viva immaginazione che va ben oltre il modello precostituito, e ne progetta un altro, che potremmo definire forse “utopico”, in quanto portavoce dell’interiorizzazione architettonica di quelle opere solo immaginate o pensate dentro la fervida mente dell’artista?

La ricerca tenta di rispondere a questa complessa ma al tempo stesso chiara domanda, appro- fondendo le teorie e le analisi finora svolte, nel comune intento di apporte un avanzamento sulla base di fonti già ampiamente documentate ed acquisite. Se“il Diagramma è una macchina per pensare” (G. Deleuze), la Tesi ripercorre questa definizione, poichè vuole rappresentare con forza un’idea (l’interiorità architettonica di Babele), trasformandola in un’entità che prende for- ma e diventa materia (il daimon morfologico). Quella materia che incarna la spazializzazione di un’astrazione (dubbio sulla vera esistenza della Torre di Babele) e la espone ai nostri occhi attraverso un linguaggio totalmente nuovo, che ne avvalora il processo ideativo posto alla base della ricerca in sè.

44 Locandina della mostra “BA- BEL. Old Masters Back from Japan” , del Museum Boijmans

Van Beuningen (3/02/2018 - 21/05/2018)

1 Campana, C. H., Scaroni, F. (2016). Rappresentazione dell’architettura come espressione autonoma. MIMESIS / ESTETICA E ARCHITETTURA N. 14, Collana diretta da Renato Rizzi, p.295.

2 Si veda l’opera del maestro giapponese Katsuhiro Otomo (Inside Babel, 2017). 3 L’Inside Babel di K. Otomo, appunto.

4 La ricerca dell’interiorità di Babele operata da K. Otomo ritrae questo percorso spirituale.

5 A tal proposito, si veda Rizzi, R., Pisciella, S., Rossetto, A., (2016). Il Daimon di Architettura. Manuale. Vol.2 MIMESIS / ESTETICA E ARCHITETTURA N. 10, Collana diretta da Renato Rizzi.

6 Carl Gustav Jung, La Psicologia del Kundalini Yoga, Seminario tenuto nel 1932, p.131. 7 James HIllman, Il codice dell’anima, pp.60-61.

8 Platone, il mito di Er.

9 Platone, La Repubblica, X, 617d-e, 619b.

10 Per i contenuti trattati, si vedano i siti web: https://www.jungitalia.it/2014/01/05/daimon-demone-creativo- psicologia-e-tradizione e http://www.traccedistudio.it: Il Daimon nella tradizione mitologica greca; Il Daimon in Socrate e Platone.

11 James HIllman. 12 Lettera ai Romani, 7.21.

13 Per approfondire, si veda Riccardo Zerbetto, Quando il daimon si scinde in angelo o demone, pp. 171-208. 14 Sui contenuti affrontati, si veda Rea, G. (2001). L’anfiteatro di Roma: note strutturali e di funzionamento. In “Sangue e arena”, a cura di La Regina, A., Milano: Electa, pp.69-87.

15 A tal fine, si consulti il contributo di Migliari, R. (1998). Il rilievo del Colosseo. (http://www.descriptivegeometry. eu/0_dati/pdf/Migliari/1998_Aversa_Colosseo).

16 Docci, M., (2000). La forma del Colosseo: dieci anni di ricerche. In: “Disegnare idee immagini”,(18-19); Migliari, R. (1995). Ellissi e ovali: epilogo di un conflitto. In: “Palladio”, Rivista di Storia dell’Architettura e Restauro, Nuova serie, Anno VIII, n.16 – Dicembre 1995).

17 Docci, M., Migliari, R., (1999). Architettura e geometria nel Colosseo di Roma. (https://www.academia. edu/2826093/Architettura_e_geometria_nel_Colosseo_di_Roma).

18 Si veda Cozzo, G., (1971). L’Anfiteatro Flavio nella tecnica edilizia e nella storia delle strutture nel concetto esecutivo dei lavori. Roma: Fratelli Palombi.

19 Trevisan, C. (1998).

20 E l l i p s i s ? (http://www.the-colosseum.net/ita/architecture/ellipsis.htm)

21 Barbella, G., (2011). Le ellissi del Colosseo con la geometria dei due moduli. (http://www.the-colosseum.net/ docs/Barbella%20-%20geometria_del_colosseo.pdf)

22 Ibidem.

23 Pulvirenti, E. (2013). Dall’ellisse all’architettura: costruzione di un’unità didattica. (http://www.didatticarte.it/ Blog/?p=1499).

24 Mark Wilson Jones, Department of Architecture and Civil Engineering, University of Bath: ‘The Setting out of ampitheatres: Ellipse or Oval? Questions Answered and Not Answered’, Roman Amphitheatres and Spectacula: a 21st-Century perspective, papers from an international conference held at Chester 16th-18th February, 2007, ed. Tony Wilmott, BAR International Series 1946, Oxford 2009, pp. 5-14.

25 Software per l’interpolazione di ellissi ed ovali a 4 e 8 centri.

26 Ex ispettore MiBACT e direttore tecnico dell’Anfiteatro Flavio, nonché diffusore del messaggio neo antico in merito alla “Forma Urbis Romae”.

27 Gen 11, 4. «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da Note

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“... “la necessaria, indispensabile reazione dell’inconscio collettivo si esprime in rappresentazioni di forma archetipa. L’incontro con se stessi significa anzitutto l’incontro con la propria Ombra. (...)Ma dobbiamo imparare a conoscere noi stessi per sapere chi siamo, poiché inaspettatamente al di là della porta si spalanca una illimitata distesa piena di inaudita indeterminatezza, priva in apparenza di interno e di esterno, di alto e di basso, di qua e di là, di mio e di tuo, di buono e di cattivo.”

Carl Gustav Jung