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Limitazione della sofferenza, cure palliative e sedazione profonda continua

L’art. 2 è dedicato interamente a quello che costituisce la vera e propria “struttura portante” della l. n. 219 del 2017, vale a dire la disciplina del fine vita. Nel comma 1 dell’articolo citato – il quale costituisce, è bene osservarlo fin d’ora, la premessa e la chiave di lettura dei commi successivi - il legislatore, nel richiamarsi ai principi di deontologia professionale del medico, sembra preoccuparsi

91 Art. 1 c. 9 l. 219 del 22.12.2017.: «Ogni struttura sanitaria pubblica o privata

garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei principi di cui alla presente legge, assicurando l'informazione necessaria ai pazienti e l'adeguata formazione del personale»

92 Secondo D. PARIS, op. cit: «È quindi opportuno che alle esigenze di coscienza dei

medici venga data tutela innanzi tutto e per quanto possibile attraverso un’adeguata organizzazione interna alle strutture sanitarie. La prassi applicativa della legge dirà se e quante richieste di obiezione di coscienza emergeranno e in relazione a quali prestazioni. Solo qualora emerga che tali richieste non possano essere ragionevolmente accomodate attraverso un’adeguata organizzazione interna, si porrà la questione di un intervento sussidiario del legislatore, o eventualmente del giudice, ordinario e costituzionale, a tutela della libertà di coscienza.».

essenzialmente e prima di tutto dello stato del paziente, sicché il medico «deve adoperarsi per alleviarne le sofferenze, anche in caso di rifiuto

o di revoca del consenso al trattamento sanitario»93. Sembrerebbe

infatti, dal tenore letterale della norma, che il medico, anche contro la volontà del malato, ha l’obbligo di porre in essere quelle terapie idonee ad alleviare lo stato di sofferenza, pur dovendosi astenere dal somministrare quei trattamenti sanitari che risultino irragionevoli od ostinati.

La norma così stabilisce in apertura: «In presenza di sofferenze

refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente. Il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua o il rifiuto della stessa sono motivati e sono annotati nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico.»94.

E chiaro che questa non è una disposizione riferita all’eutanasia. Questo si evince facilmente dall’utilizzo terminologico di «sedazione palliativa profonda continua» e non dall’utilizzo dell’espressione «sedazione terminale» rectius «eutanasia indiretta». Una tale

93 Art. 2, c.1, della l. 219/2017-

interpretazione sarebbe tuttavia fuorviante. Lo scopo della sedazione, ed in particolare della sedazione continuata e profonda, non è quella di provocare la morte del paziente, bensì quello di “gestione e controllo

del dolore”. Infatti, «la somministrazione intenzionale di farmaci ipnotici, alla dose necessaria richiesta, [è impiegata] per ridurre il livello di coscienza fino ad annullarla, allo scopo di alleviare o abolire la percezione di un sintomo, senza controllo, refrattario, fisico e/o psichico, altrimenti intollerabile per il paziente, in condizione di malattia terminale inguaribile in prossimità della morte»95.

Avendo trattato, nel precedente capitolo, dell’eutanasia, qui è opportuno analizzarla più nel contesto. Come abbiamo accennato, con la sedazione continua e profonda si incide sulla gestione rectius sulla eliminazione del dolore; mentre con l’atto eutanasico, oltre a eliminare il dolore, si decreta la fine della vita (biologica) del paziente. Pertanto sulla scorta della definizione appena enunciata, la sedazione continua e profonda avrà lo scopo – in un contesto di fine vita – di alleviare, se non di eliminare, la sofferenza – e pertanto il dolore – controllando quei sintomi divenuti oramai più gestibili per mezzo di terapie capaci di

95 Secondo la recente definizione datane dal CNB nel documento Sedazione palliativa profonda continua nell'imminenza della morte dello scorso 29 gennaio 2016, 7

conservare lo stato di coscienza del paziente. Pertanto lo scopo della sedazione profonda e continua non è quello di provocare la morte, ma è quello, lo ripeto, di controllare il dolore agendo sullo stato di coscienza del paziente, dopo averne acquisito il consenso. Naturalmente, considerando la particolare criticità della situazione clinica in cui il trattamento sanitario viene attuato, non è escluso che a seguito della somministrazione della sedazione continua e profonda possa determinarsi l’abbreviamento della vita del paziente (dottrina cosiddetta del “doppio effetto”)96; e tuttavia, anche in tale ipotesi, la

morte del paziente non è l’effetto voluto, poiché solo la sedazione, essendo destinata alla eliminazione del dolore, va considerata un atto intenzionale e necessario, mentre la morte che potrà conseguirne è un evento negativo non voluto97.

Certamente, la legge in esame abbraccia nel suo complesso – come abbiamo più volte sottolineato – una tematica amplia e complessa. Si può ben dire, a conclusione, che attraverso la disciplina della sedazione

96 Nella filosofia morale si utilizza l’espressione “carrellologia”; in argo-mento D.

EDMONDS, Uccideresti l’uomo grasso?, Milano, 2014. Cfr., da ultimo, S.

CACATE, La sedazione palliativa profonda e continua nell'imminenza della morte: le sette inquietudini del diritto, in Riv. it. med. leg., 2/2017, 470 ss. 97 U. ADAMO, Op. Cit, 125-126.

profonda e continua il legislatore abbia finito per dare un valore aggiunto al quadro normativo del fine vita.

Vediamo adesso brevemente il comma 2. Se l’art. 2, di cui ora stiamo trattando, intitola «Terapia del dolore, divieto di ostinazione

irragionevole nelle cure e dignità nella fase finale della vita», nel

comma 2 esso dispone «Nei casi di paziente con prognosi infausta a

breve termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente.»

La lettura del comma in esame consente di scomporre la norma in due periodi, entrambe contenute nel segmento di disposizione che dice: «di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di

morte».

Da una prima lettura si potrebbe propendere per una interpretazione di natura formale. Nello specifico diverrebbe conditio sine qua non per ritenere doverosa l’interruzione e/o il non inizio di cure e/o di trattamenti sanitari la loro oramai conseguita inefficacia e da questo punto in poi doversi considerare il loro utilizzo una mera ostinazione irragionevole o inutile o sproporzionata (c.d. “accanimento

terapeutico”). Un’interpretazione in tal senso, che con consideri la prognosi infausta, rischia di rimettere nella totale disponibilità del medico, per ogni patologia, la possibilità di invocare l’utilizzo della sedazione profonda continuativa.

Preferibile all’’interpretazione di natura formale è senz’altro quella che ritenga come condizione necessaria la «prognosi infausta a breve

termine o di imminenza di morte». L’interpretazione in tal senso si

conferma come quella più avvalorata, in primo luogo in quanto la seconda parte del comma 2 deve essere letto, in combinazione con la prima parte, ove al verificarsi delle qui descritte condizioni prognostiche è possibile attuare quanto posto a riserva nella seconda parte del predetto comma. Inoltre, il richiamo nel primo comma, alla l. 15 marzo 2010, n. 38 (Disposizioni per garantire l’accesso alle cure

palliative e alla terapia del dolore)98, nell’art. 2, il Legislatore ha definito cure palliative, non sono da ritenersi terapia del dolore99,

98 B. PEZZINI, Diritto costituzionale alla salute, trattamento sanitario, cure palliative: spunti di riflessione sulla relazione terapeutica, in E.STRADELLA (a

cura di), Diritto alla salute e alla vita buona nel confine tra il vivere e il morire. Riflessioni interdisciplinari, PISA, 2011, 169-185.

99 Secondo U. ADAMO, “Che rappresenta «[l]’insieme di interventi diagnostici e

terapeutici volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate, allo scopo di elaborare idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la soppressione e il controllo del dolore».”, Op. Cit., p. 127

«l’insieme degli interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali finalizzati alla cura attiva e totale dei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da un 'inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponde più a trattamenti specifici». La sedazione profonda continua, rientra a pieno titolo nelle cure palliative, pertanto anche con l’ausilio della legge 15/2010 si può attuare quella corretta interpretazione normativa.

Tutto questo ci porta a definire che il fine vita cosi contestualizzato, legittima l’adozione dei trattamenti sanitari in ossequio alle disposizioni normative appena analizzate.

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IFLESSIONI

C

ONCLUSIVE

Alla luce degli spunti critici, della l. 217 del 22.12.2017, pubblicata in G.U. Serie Generale n.12 del 16-01-2018, ed entrata in vigore il 31.1.2018, per la prima volta il legislatore Italiano si è occupato di normare – per quanto possibile – un tema i cui tempi erano già maturi.

Considerata la particolarità del tema – che indubbiamente si colloca nel corollario del diritto alla salute e indirettamente alla vita – e pertanto di diritti che si possono definire indisponibili che come tali sono tutelati e garantiti dalla costituzione, in questo caso il legislatore ha dovuto, invece, disciplinare un tema, che riguarda un ordine di interessi che si possono definire “civili” in quanto si tratta, nel rispetto dei limiti legali imposti, di rispettare le volontà del soggetto, o meglio tutelare ciò che deriva dall’autodeterminazione di questo ultimo, ed in particolare dei suoi valori etici, morali, culturali, religiosi, in un momento particolare che è quello del fine vita, riconoscendo all’ammalato la possibilità di poter rifiutare le cure e i trattamenti sanitari in quelle situazioni in cui il vivere diviene un “sopravvivere senza speranza” e che nell’ammalato

ingenera, e aumenta sofferenze, per arrivare agonizzante e stremato a quel punto di epilogo. Ben inteso, la legge in commento non deve essere intesa come una «legge sulla morte», reictus eutanasia, ma deve intendersi nei limiti appena esposti.

Certamente questa legge, che forse poteva prevedere qualcosa in più, ma sostanzialmente si può definire una buona legge, anche alla luce dei testi dei d.d.l. delle precedenti legislature, che sono decaduti. Il testo di legge oggi vigente è certamente preferibile, scevro dagli influssi politici, che fino ad oggi hanno professato la tutela della vita ad ogni costo, e che l’exitus doveva essere un normale evento della vita.

Certamente un ruolo non secondario rispetto alla legge, in questa occasione, va riconosciuto alla magistratura. In questi anni i giudici sono stati chiamati, e investiti, a svolgere un ruolo – da loro non ricercato e non voluto – proprio invece del legislatore al fine di riconoscere quei diritti negati al cittadino, pertanto ciò che oggi troviamo nella legge non è altro che il recepimento degli orientamenti giurisprudenziali. Oggi se il testo normativo cosi elaborato è tale da aver reso una legge quasi perfetta, spetta, ora solo agli interessati saper cogliere questa opportunità.

La legge in questione anche se in prima istanza tratta del

consenso informato100, è pacifico che ciò costituisca il fondamento per la Terapia del dolore, divieto di ostinazione irragionevole nelle cure e

dignità nella fase finale della vita101. Questi articoli debbono ovviamente essere letti in combinato disposto con quanto previsto per le Disposizioni anticipate di trattamento102 e la Pianificazione

condivisa delle cure103. Di certo solo una lettura circolare delle predette norme permette di capire il vero significato della norma nel suo complesso. Resta comunque fermo che la legge in parola non può ritenersi una legge, come hanno pubblicizzato in molti, sull’eutanasia. Il confine è molto sottile. Nel senso che la norma, sembrerebbe, in modo molto velato ammettere una forma di eutanasia indiretta, laddove la legge prevede che «Nei casi di paziente con prognosi infausta a breve

termine o di imminenza di morte, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili o sproporzionati. In presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico puo' ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia

100 Art 1 l. 219 del 22.12.2017 101 Art 2 l. 219 del 22.12.2017 102 Art 4 l. 219 del 22.12.2017 103 Art. 5l. 219 del 22.12.2017

del dolore, con il consenso del paziente»104, sembra leggere nel senso che il medico debba, attuare tutti quei trattamenti sanitari al fine di permettere al paziente di alleviare il dolore patito. È chiaro che così facendo si inibisce il controllo e la resistenza al dolore, che non fa altro che “aprire le porte e lasciar passare” la normale evoluzione della malattia che inesorabilmente arriverà a destinazione.

Sorge però un interrogativo, se in questo caso, il legislatore ha solo voluto recepire gli insegnamenti della giurisprudenza e tramutarli in legge, anche perché il tema era divenuto maturo, o se la discussione si è spostata anche su un altro piano, forse meno legale e più di natura morale. Bisogna infatti porsi una domanda, ossia quanti di noi se messi di fronte ad una scelta di vivere o morire, nella costanza di una malattia forse105 con esito infausto, si sentono pronti a scegliere di porre fine alla

propria vita? È chiaro che in tale contesto di scelta entrano in discussione una serie di valori personali.

Per esperienza vissuta, in particolar modo in questo ultimo anno, mi sono trovato spesso in corsie di ospedali, di reparti oncologici o geriatrici, due mondi totalmente opposti, in quanto nel secondo oramai

104 Art. 2 c. 2 l. 219 del 22.12.2017

105 Il condizionale e d’bbligo, in quanto mai nessuno potrà sapere se la malattia sarà

la causa diretta della morte, oppure questa sopraggiunge per fatti collaterali e quindi la malattia diviene un elemento indiretto.

la vita ha fatto il proprio decorso e pertanto risulta impossibile una inversione del cammino naturale della vita, ecco in questi casi, forse la scelta diviene una cosa naturale, in quanto non è concepibile poter assistere ad un degrado – inteso nella sua accezione ampia della parola – che ha reso l’individuo oramai totalmente inerme, condannandolo a dover attendere con agonia, in un letto che già rappresenta il letto di morte.

Nei casi invece di un soggetto oncologico, il discorso è diverso, in quanto chiunque scopra di essere affetto da una patologia oncologica, vive nella speranza di poter guarire e debellarla, del resto questa diviene l’aspettativa anche dei prossimi congiunti. Certo conta molto il livello informativo che si instaura fra medico e paziente, che deve essere posto in termini di confronto sincero e trasparenza. Ecco in tali circostanze diviene molto difficile assumere una decisione drastica, ossia la libertà di scelta di voler morire, anche se ci sono tante persone che tranquillamente hanno il coraggio di assumere tale decisione.

Del resto, quando la patologia ha raggiunto livelli tali da essere ad uno stadio terminale, le cure palliative intervengono ex legge 38 del 15.03.2010, ed è chiaro che così facendo si attua in parte quello che la legge oggi dispone, al fine di permettere al paziente di affrontare in modo sereno e nei limiti del possibile indolore, quel percorso di fine

vita mediante la somministrazione di farmaci idonei a tollerare lo stato di dolore.

Concludendo, la legge in questione – nella sua attuale formulazione - interviene sul fine vita, che sostanzialmente ammette una forma di eutanasia indiretta e che si palesa sotto il nome di

sedazione profonda assistita. Di certo tale legge ha innescato l’apertura

alla riflessione sulla legittimità degli aspetti connessi al suicidio assistito quale forma di eutanasia, come infatti hanno ricordato i giudici della Corte Costituzionale "L'attuale assetto normativo sul fine vita

lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione"106

106 «Caso Cappato, vuoti di tutela costituzionale. Un anno al Parlamento per colmarli (Mercoledì 24 ottobre 2018)», Ufficio Stampa della Corte Costituzionale,

https://www.cortecostituzionale.it/documenti/comunicatistampa/CC_CS_20181 024184707.pdf

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INGRAZIAMENTI

E proprio con questo siamo giunti alla fine………

In primo luogo, vorrei ringraziare il Prof. Giuseppe Campanelli, per avermi concesso di poter realizzare questo lavoro. Va’ a lui un ringraziamento speciale, in quanto mi ha supportato (ma forse è corretto dire sopportato) in tutti questi anni di percorso accademico. Posso riconoscere al Prof. Campanelli parole di stima e fiducia, ho infatti in molte occasioni affermato che lui rappresenta un vero modello di

docente, nonostante la sua giovane età, molti docenti dovrebbero assumerlo a riferimento. Ogni ateneo dovrebbe andare fiero di tali eccellenze. Un ringraziamento per i suoi preziosi consigli va al Prof.

Mario Patrono.

Un ringraziamento particolare va’ a chi oggi purtroppo non può essere qua con me - ossia i miei affetti più cari - mio Padre e mia Madre, scomparsa recentemente a causa di una brutta malattia. Anche se oggi non sono qua presenti fisicamente, ma ovunque si stiano trovando in questo momento, sono certo che staranno assistendo e saranno fieri di vedere che sto coronando questo percorso.

Ringrazio Silvana Chelini e Luciano Fenù, che da sempre mi considerano come un loro secondo figlio, e io riconosco in loro la mia seconda famiglia.

Ringrazio Maurizio Manzi amico fidato sul quale puoi sempre contare, del resto ringrazio anche Ilenya Rosolino e Marco Berardi, Conticelli Antonella, Valentina Corsaro amica di infanzia che mi ero perso per strada e che ho nuovamente ritrovato qui in facoltà (ora dipartimento) Un ringraziamento anche ad Alessandro Scapecchi e Forti Luciano, maestri nello sport e nella vita.

Ringrazio tutti coloro che in questi anni mi hanno dato fiducia, spronandomi a proseguire nel mio percorso accademico, riconoscendomi meriti per eventuali interventi, da me fatti, su questioni giuridiche.

Del resto, posso anche ringraziare, tutti coloro che non mi hanno sostenuto. Grazie anche a loro, ho potuto sviluppare e maturare il mio carattere, ponendomi in continua sfida e accettare di andare sempre oltre il mio limite.

Un ringraziamento a me stesso, ma alla fine mi sono limitato solo a seguire un percorso, che posso dire di averlo scelto liberamente e consapevolmente. Con questo non posso dire che sia stata una strada spianata, anzi tutt’altro una strada fatta di salite e discese e ostacoli, tempi bui ma anche soleggiati, eventi avversi. Ed allora quando superi quelle zone grigie e difficoltose, hai aggiunto un tassello a te stesso, che ti fa ulteriormente maturare. Posso dire che per me il percorso accademico è stato anche un percorso di vita.

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