3. EVIDENZE EMPIRICHE SUGLI ORIGINATOR ITALIANI
3.7 Limiti delle analisi
Due limiti derivano dal campionamento delle imprese originator. Per campionare, si è proceduto con la lettura dei bilanci delle imprese, motivo per cui il campione finale riporta solo le imprese che sono contenute nella sezione bilanci ottici del database Aida e per le quali l’operazione di
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cartolarizzazione è indicata in bilancio. Altro limite che proviene dal campionamento è sulla rilevazione dell’anno. All’interno dei bilanci possono esserci informazioni non precise sull’anno di inizio dell’operazione e sul se in passato, per l’arco di tempo rilevato, si sono avviate altre cartolarizzazioni.
La piccola dimensione del campione non ha permesso poi di fare ulteriori analisi, quali ad esempio una regressione multivariata che desse come output i fattori determinati nella scelta di avviare l’operazione.
Riguardo l’analisi degli anni successivi, un elemento di distorsione che potrebbe far ottenere tali risultati, è l’impiego di altre forme di finanziamento in contemporanea alla cartolarizzazione. Infine è da considerare che i dati sono annuali e non permettono di rilevare accuratamente le caratteristiche delle imprese prima dell’operazione e i risultati in bilancio come avverrebbe invece con l’impiego di dati trimestrali.
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CONCLUSIONI
Gli studi sulla cartolarizzazione si sono concentrati prevalentemente sulle imprese finanziarie e sul suo impiego effettuato in modo distorto negli anni precedenti la crisi finanziaria. Pochi studi analizzano invece il tema della cartolarizzazione da parte delle imprese industriali.
L’operazione in sé potrebbe apportare significativi vantaggi. Riduce le asimmetrie informative tra l’impresa e l’investitore, comportando una riduzione dei costi di finanziamento. In quanto fonte di finanziamento off- balance sheet, non va ad incrementare il leverage, e se l’impresa usa i proventi del programma per ripagare il debito esistente, può seguire anche un miglioramento di tale indice. Genera risorse che possono essere impiegate per gli investimenti in capitale fisso e in capitale circolante. Consente di ridurre i costi di fallimento diretti e indiretti. Allarga la platea di investitori interessati all’impresa, tramite l’offerta di strumenti finanziari con diverse caratteristiche di rischio.
C’è però da considerare che l’operazione è complessa e questa sua complessità genera dei costi. Tali costi derivano dalle commissioni percepite dai vari attori che strutturano l’operazione. Per questo motivo, come indicato dalla letteratura statunitense, accedono a questa forma di finanziamento le imprese che presentano un elevato volume di attività e che svolgono l’operazione per diversi anni. Sono queste due condizioni che generalmente sono in grado di determinare un abbattimento dei costi.
Ci sono ulteriori caratteristiche delle imprese che svolgono questa operazione. Tra tutte la più ricorrente è quella per cui si tratta di imprese in una situazione di tensione finanziaria.
Si è voluto quindi indagare se anche le imprese europee che impiegassero questa forma di finanziamento fossero in una situazione analoga alla situazione delle imprese statunitensi. Non si è però riusciti ad ottenere un elenco di originator europee dai principali database, per cui l’analisi è circoscritta al solo campione italiano.
Il campione italiano è stato estratto tramite la sezione Bilanci ottici del database Aida di Bureau Van Dijk. Si sono così ottenute 54 imprese, operanti prevalentemente nel settore manifatturiero, e si è riusciti ad estrarre i dati annuali per solo 46 di esse.
Rispetto alle comparabili, le originator sono più indebitate, ma non hanno una maggiore probabilità di fallimento (anche se le relative differenze tra i gruppi non sono significative). Ciò che può dare un segnale di debolezza è l’indice Reddito operativo su oneri finanziari (Interest cover) che segnala una significativa minore capacità di copertura degli oneri finanziari.
Le imprese del campione generano poi significativamente meno Reddito operativo lordo (Ebitda/TA) rispetto alle comparabili. Questo può spiegare anche il perché abbiano maggior difficoltà ad adempiere al pagamento degli oneri finanziari.
La letteratura indicava anche un maggior volume di crediti e minore liquidità rispetto alle comparabili. Non sono state riscontrate le stesse condizioni per le imprese originator italiane.
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Si può quindi dire che le imprese italiane hanno problematiche di generazione del reddito e che hanno più difficoltà, rispetto alle loro comparabili, a coprire con il reddito gli oneri finanziari. Questa difficoltà di copertura, potrebbe anche derivare dal maggiore indebitamento delle imprese originator rispetto alle comparabili, ma bisogna tener presente che questa differenza secondo i testi di verifica delle ipotesi non è significativa.
In ogni caso, se la condizione di minore redditività, e quindi di minore copertura degli oneri finanziari, si protrae, l’impresa risulta insolvente nel medio termine.
Probabilmente è tale situazione a spingere le imprese italiane a cartolarizzare. Il fine dell’operazione è realizzare liquidità da impiegare per soddisfare i creditori e per investire nella crescita, migliorando così la redditività. Considerando poi il ruolo di arranger o di sponsor che hanno le banche nell’operazione, non si può escludere che siano gli stessi creditori a suggerire l’operazione, date le condizioni aziendali.
Dall’analisi dei risultati in bilancio negli anni successivi l’operazione è emerso che i risultati non sono però migliori rispetto all’anno precedente l’operazione. Le imprese risultano essere significativamente più indebitate e la redditività del capitale proprio è significativamente negativa rispetto alle loro comparabili. Risulta però esserci un incremento della liquidità tra il primo e il secondo anno, probabilmente dovuta alla cartolarizzazione, e il Roe, seppure negativo, per il secondo anno è migliore rispetto agli altri anni.
Ne segue che la tendenza per gli anni successivi è di un reddito netto intaccato dal maggior volume di oneri finanziari e da una redditività della gestione operativa bassa, se non anche negativa. Dai risultati in bilancio sembra che l’operazione di cartolarizzazione non offra benefici, ma, trattandosi di una fonte di finanziamento, c’è da considerare l’impiego effettivo che poi viene fatto delle risorse e se esistono condizioni contingenti che non permettono di intraprendere le decisioni ottimali in termini di impiego, cosa che avviene nelle aziende in dissesto.
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