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Capitolo VI: L’impianto di incenerimento AMA (Roma) L’impianto di incenerimento oggetto dello studio sperimentale applicativo è situato

6.2 Le linee di termodistruzione e il sistema di recupero energetico

I rifiuti movimentati sono alimentati al forno tramite una tramoggia di carico, la quale, attraverso un sistema doppio di portelle automatiche, adduce i materiali nella quantità fissata (solitamente 10 – 15 pezzi), misurata a mezzo di sensori ottici.

Il sistema è progettato in modo da consentire l’apertura alternata dei portelloni, tale da creare una camera di precarico separata dalla tramoggia di arrivo.

In questa maniera, viene garantita la tenuta della camera di combustione, e la separazione degli ambienti del forno dall’esterno. Il materiale conferito è dunque spinto nella sezione iniziale del tamburo rotante da un sistema di spintore oleodinamico, e inizia le reazioni di combustione che avvengono all’interno del forno.

Il tamburo rotante è sostanzialmente un tubo d’acciaio del diametro di 3,25 m e lunghezza 10 m, rivestito internamente da circa 30 cm di materiale refrattario.

La tipologia e la qualità del materiale refrattario sono scelte in modo da garantire la protezione dell’acciaio contro le aggressioni chimiche termiche e meccaniche che la combustione (fino ad oltre 1400 °C) produrrebbe.

Vengono inoltre minimizzate le dispersioni termiche.

Il tamburo è leggermente inclinato verso lo scarico per favorire l’avanzamento delle scorie.

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La struttura è supportata da 4 ruote d’acciaio orizzontali opportunamente inclinate in modo da evitare che, per effetto dell’inclinazione, il cilindro stesso avanzi con moto elicoidale. Un vincolo ad asse verticale, con ruotino orizzontale, posto all’estremità inferiore del tamburo è posto come ulteriore sicurezza. La rotazione del sistema, invece, è imposta da una ghiera dentata che fascia il cilindro, accoppiata ad una ruota dentata legata ad un motore, che imprime il movimento, per una velocità di rotazione adatta al rivoltamento e all’avanzamento dei rifiuti.

Tale velocità può essere modificata manualmente o automaticamente in funzione dei parametri di combustione e regolata in base alle caratteristiche di temperatura e velocità di avanzamento del rifiuto desiderate (in funzione del materiale da trattare).

Recenti modifiche hanno dotato il tamburo di un sistema di sagomature interne del refrattario, che aiutano la movimentazione e il rivoltamento dei rifiuti e favorisce il contatto con l’aria comburente.

Il processo di termodistruzione avviene all’interno del tamburo rotante, dove i rifiuti rimangono almeno mezz’ora ad una temperatura fino a circa 1400°C; in fase di accensione del forno, un sistema di bruciatori ausiliari a metano o gasolio garantiscono il raggiungimento della temperatura minima di 850°C prevista dalla normativa per iniziare la combustione dei rifiuti.

All’uscita del tamburo, i fumi di combustione attraversano la camera di post- combustione, che provvede al completamento delle reazioni di ossidazione dei composti organici.

La camera è dimensionata sulla base delle disposizioni deliberate dal Comitato Interministeriale del 27/07/1984, per la prima applicazione dell'art. 4 del D.P.R. 915/82 concernente lo smaltimento dei rifiuti. Questa norma (attualmente superata da disposizioni meno restrittive), imponeva esplicitamente, nell'incenerimento la presenza di una camera di postcombustione per completare l'ossidazione dei flussi provenienti dalla camera di combustione primaria.

Le condizioni operative che l’esercizio della camera di postcombustione doveva garantire, erano che i fumi stazionassero per almeno due secondi alla temperatura di 950°C (attualmente 850°C) e con un ossigeno residuo minimo del 6% v/v e con una certa turbolenza minima. La turbolenza dei fumi veniva garantita dalla loro velocità d’ingresso nella camera che doveva essere almeno di 10 m/s - a tale scopo, all’ingresso della camera di post combustione del termovalorizzatore AMA è presente un apposita sezione ristretta.

La presenza di ossigeno è invece garantita tramite eccesso di aria primaria e dall’adduzione di aria secondaria di processo, immessa nella camera da un ventilatore regolabile in remoto sia manualmente che automaticamente.

Figura 6.4: interno del tamburo rotante in fase di preriscaldo con bruciatori

Le scorie solide sono estratte in coda al tamburo, e spente in una vasca a bagno d’acqua con battente idraulico (guardia idraulica), onde evitare l’intromissione di aria esterna nelle zone di combustione. I materiali raffreddati sono rimossi per mezzo di un raschiatore a catena, il quale li conferisce, tramite apposito deviatore, in cassoni scarrabili, allontanati dall’impianto a mezzo di camion verso lo smaltimento finale in discarica.

I fumi in uscita dalla camera di post-combustione attraversano gli ambienti della caldaia per la generazione di vapore, il quale è poi inviato in turbina per la produzione di energia elettrica.

La caldaia è a tubi d’acqua a circolazione naturale ed è costituita da 4 giri di fumo creati da tubi evaporatori.

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I composti gassosi, in particolare, attraversano i primi 2 giri fumo dove sono presenti solo tubi evaporatori poi, nel terzo giro fumi un banco di surriscaldatori ed infine, all’uscita del quarto giro fumi un banco finale di economizzatori.

Tramite tale scambio termico con il fluido circolante al loro interno, raffreddano la corrente dei fumi da circa 1100 °C fino alla temperatura di circa 300°C, alla quale entra nel percorso di depurazione successivo.

Per le caratteristiche costruttive del materiale ed al fine di prevenire l’azione corrosiva sui materiali della caldaia da parte dell’acido cloridrico in fase gassosa, il progetto prevede che la temperatura di parete dei surriscaldatori, disposti perpendicolarmente al flusso, non superi il valore di 400°C. La temperatura in questa sezione è controllata da un attemperatore ad iniezione, il quale nebulizza parte dell’acqua proveniente dalle pompe di alimento per raffreddare la corrente gassosa. Nella zona dei vaporizzatori, dove la temperatura è inevitabilmente superiore, i fasci sono disposti parallelamente alla parete, onde minimizzare la superficie di tubo esposta al flusso gassoso. Parte dei fumi in uscita dalla caldaia (circa 8000 Nm3/h) può essere ricircolata in testa alla camera di combustione, previa depolverazione tramite ciclone, in modo da aumentare l’efficienza di trattamento dei composti incombusti, e soprattutto ridurre la formazione di NOx termici, secondo i principi esposti al precedente capitolo 4.

Il vapore generato dalla caldaia (fino a circa 9 tonnellate/ora) è inviato in turbina a 5 stadi di pressione per l’espansione e la produzione di energia elettrica (per una potenzialità nominale massima di 3,2 MWe).

A seconda dei regimi di funzionamento la produzione elettrica da tale recupero energetico è da 1 a 3 volte superiore ai consumi propri dell’impianto.

La quantità in esubero è ceduta ad utenze terze. In questo modo, l’impianto assolve alle prescrizioni dettate dalla normativa, che, ai sensi dell’articolo 182 del già citato D.Lgs 152/2006, impongono agli impianti inceneritori il recupero obbligatorio di parte dell’energia. A partire da una potenzialità generata pari a circa la metà di quella nominale è possibile effettuare dal primo stadio della turbina uno spillamento, il quale destina parte del vapore surriscaldato a 140°C e 3,2 bar ad altri usi dell’impianto, come il sistema di abbattimento degli NOx, il riscaldamento dei fumi, la pulizia della caldaia,

la separazione dell’ossigeno ad opera del degasatore. Il raffreddamento del fluido in uscita alla turbina, che viene portato a 46°C e 0,1 bar, avviene a mezzo di un sistema di condensatori ad aria, posti sulla sommità della sala turbina.