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8. La questioni dei costi e della gestione economica dei beni dei Palazzi Real

8.2 La liquidazione dei ben

Alla fine del regime napoleonico nel nord Italia si proclamò il regno cosiddetto Lombardo-Veneto, governato dall’imperatore Francesco I (1768-1835)231. Il

nuovo regime si preoccupò, come è facilmente immaginabile, di cancellare ogni

230 ASVe, fondo palazzi Reali, b. 18, Persone e Preventivi 1810-1820. In tale busta si conserva un elenco di alcune pagine che riporta in un elenco preciso di 195 punti l’indicazione di un corposo numero di documenti, redatti a partire dal gennaio 1807 sino al 31 maggio 1808 costituiti da una serie di dispacci, minute e relazioni. Ciò da un dispaccio dell’intendente all’agente della corona Zanetti e sino ad un’ultima circolare redatta da Mezzani.

231 C. Crawley, Le guerre napoleoniche e la restaurazione 1793-1830, in Storia del mondo moderno, Milano 1969, vol. IX, p. 791.

traccia dell’ex sovrano: si eliminarono dunque statue232, effigi (si scalpellarono

via le N che decoravano la facciata del palazzo reale di Venezia) e all’interno dei palazzi, innumerevoli si rimossero emblemi da tappezzerie e affreschi arredi e anche le biancherie. A Milano la biancheria napoleonica venne smaltita attraverso la vendita all’asta di una quantità non trascurabile di pezzi; le biancherie vennero selezionate, dopo un’accurata perizia che definì molti manufatti come non più adeguati e occupanti spazio utile per la sistemazione dei nuovi pezzi da acquistarsi233. Si reputarono come cose necessarie da scartare tappezzerie, tende,

tappeti, tovaglie, coperte e quant’altro era servito in precedenza al viceré e alla sua corte. La liquidazione dei beni portò ingenti introiti che vennero verosimilmente reinvestiti nell’acquisto dei nuovi manufatti.

Per quanto riguarda l’area veneziana, ancora nel 1820 nel palazzo vi è documentazione riguardante i manufatti di epoca napoleonica e ciò segnerebbe una modalità di procedere e una tempistica ben differente da quella milanese, con uno scarto di almeno cinque anni:

Prospetto di liquidazione sugli oggetti mobiliari dei R.R. palazzi che preliminarmente viene stabilito tra la s. Anna Petrillo Guardarobiera del R. Palazzo di Venezia, ed il Sig. Agostino Baroni Custode del R. Palazzo di Stra in base agli Inventarj segnatamente esistenti a tutto il 20 aprile 1814. Epoca del possesso dell’attuale I. R. Governo, ad oggetto di riconoscere le variazioni accadute dall’indicata Epoca a tutto il mese di Luglio 1820, le quali devono servire di direzione per il reciproco accreditamento ed adebitamento alle parti

232 Tra le altre la statua di Napoleone che sorgeva nel centro di Piazza San Marco, dove anni prima era stato eretto l’albero della libertà: A. De Fournoux, Napoléon et Venise, cit., pp. 178-179.

suddette per fondatamente confermare il rispettivo loro segnato resoconto234.

Per Venezia dunque non viene specificato quale fu effettivamente il metodo di liquidazione dei manufatti, ma è plausibile pensare che anche in quest’area del regno si vendessero all’asta le biancherie non più gradite, seguendo il modello della capitale. Un preventivo del 1814 mostra il costo per la rimozione di tutti gli emblemi dalla facciata e dagli interni (dal letto, dagli stucchi e la rimozione in toto delle tappezzerie), per una spesa totale di 2091,74 lire italiane235.

Alcuni documenti rinvenuti nella busta Mobili 1814-1821 alludono a un trasporto di mobilia appartenente a Eugenio Beauharnais, nel Palazzo Antonini Belgrado di Udine:

Venezia li primo ottobre 1815.

L’eccelso Presidio di governo con decreto attergato 28 settembre p.p. n.5598 PP. rimette il rapporto dell’amministrazione Generale del Demanio, Corona, Boschi versante sui mobili esistenti a Udine in casa Belgrado che dicansi di proprietà del Principe Eugenio Beauharnais fu vice re d’Italia per informazione236.

Alcuni pezzi di mobilia evidentemente presero invece la via di Mantova, caricati su barche (letto compreso); quanto al resto, la questione resta ambigua.

Venezia li 23 aprile 1814

Al Sig. Fiorini custode del Reale Palazzo, alla Signora Anna Petrillo F.F di guardarobiera del Palazzo Reale di Venezia.

234 ASVE, Fondo Palazzi Reali, b. 15, Inventari 1809-1814, fasc. Liquidazione generale sul mobiliare dal 20 aprile 1814 al luglio 1820, Stra.

235 Ivi, b. 23, Contabilità, fabbricati, inventari, 1814-1859, fasc 4., Preventivo del dispendio occorribile per levare gl’emblemi allusivi al decesso governo.

236 Ivi, b. 17, Mobili 1814-1821, fasc. 3, Documentazione riguardante l’invio a Udine di certi mobili. Dei beni di questo palazzo si trova anche un inventario del 1809 realizzato in seguito al

Essendo precisa intenzione di S.A.I dietro regale intelligenza corsa con I.E. feld Maresciallo Bellegarde che tutti i mobili, specchieri, lustri, letti, orologi ec ec esistenti in questo R. Palazzo siano trasportati in barca per il Pò a Mantova, vi compiacerete di tutto disporre per ciò che trovasi in Guardaroba adattamento, affinché sia imballato colla massima diligenza, e prontezza.

Per la esatta obbedienza del venerato comune vi unisco una copia dell’inventario colla scorta del quale potrete agevolmente separare gli oggetti da imballarsi. Mi riprometto della vostra diligenza e vi saluto distintamente237.

Anche la residenza di Stra subì dunque l’eliminazione di quanto prodotto sotto l’egemonia dei Bonaparte; così come avvenne a Monza dove strati di tappezzerie poste al tempo prima degli Austriaci e poi dei Savoia238 vanno a coprire tutte le

decorazioni parietali più antiche, che nel recente restauro della villa non sono state messe in luce239, se non in un unico ambiente affrescato con motivi

geometrici240. Diverso è il caso di Firenze dove a Palazzo Pitti gli Asburgo-

Lorena, tornati sul trono dopo la parentesi del Regno d’Etruria governato da Elisa Bonaparte, decisero di mantenere e conservare la mobilia neoclassica e alcune tappezzerie, persino quelle decorate con simboli marcatamente napoleonici, come un damasco rosso con motivo di stelle e api proveniente dalle seterie lionesi e giunto a palazzo quando ormai la committente era lontana da Firenze241.

237 Ivi, b. 17, Mobili 1814-1821, fasc. 3, Documentazione riguardante l’invio a Mantova di certi mobili. Non si ritrova però l’inventario citato.

238 P. Venturelli, Le tappezzerie della Villa Reale di Monza, in Le tappezzerie nelle dimore storiche: studi e metodi di conservazione, atti del Convegno (Firenze, 13-15 marzo 1987),

CISST, Firenze 1988, pp. 22-23.

239 Si tratta della scelta, di riportare la villa ad un momento preciso della sua storia, probabilmente condizionati dal fatto che, per la maggior parte si sono conservati gli arredi di epoca Umbertina che si è deciso di esporre.

240 C. Colombo, Villa Reale di Monza. Un nuovo approccio ai beni architettonici, in “Il nuovo cantiere”, n. 4, settembre 2014, pp. 26-27.

241 R. Orsi Landini, Il quartiere delle stoffe, in Gli appartamenti Reali di Palazzo Pitti una reggia per tre dinastie: Medici, Lorena e Savoia tra Granducato e Regno d’Italia, a cura di M.

L’appartamento non era del tutto completato alla partenza da Firenze di Elisa Baciocchi ma naturalmente i guardarobieri si premurarono di accordare in anticipo la nuova distribuzione delle stanze che avrebbero accolto Ferdinando III e di rimuovere quanto avrebbe potuto offenderlo ricordando la parentesi napoleonica242.

242 I mobili di Palazzo Pitti. Il secondo periodo Lorenese 1800-1846: il Granducato di Toscana, a cura di E.Colle, Firenze 2000, p. 35.