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Lo scriptorium e la biblioteca come luogo fisico.

Nel documento Montevergine: immagini su pergamena (pagine 81-85)

Lo scriptorium e la biblioteca.

2.4 Lo scriptorium e la biblioteca come luogo fisico.

L’abate Mastrullo, studente a Montevergine tra il 1629 e il 1632 e abate in molte dipendenze verginiane, nella sua opera Monte Vergine sagro125, fa risalire agli ultimi decenni del secolo XIII l’istituzione di un archivio a Montevergine con locale proprio. A pagina 85 si legge «Dal’anrichità de’ Privilegij, e scritture, ch’al presente si conservano nel famoso Archivio di Monte Vergine, scorgo anche l’antica edificazione di esso; però a chi Abbate, e in che tempo sia stato edificato, io non l’ho potuto trovare, essendone scorsi 542 anni, che è stato edificato il Monastero…Nondimeno voglio credere, che l’habia edificato il B. Giovanni IV Abbate di Montevergine, e la credenza il fondo in una lunghissima e antichissima tavola di pigno, che si vede in dett’Archivio, simile a quelle del Refettorio, quali come habiamo detto di sopra, furono fatte in tempo del sudetto B. Giovanni». Certamente non era presente un apposito locale per la conservazione dei manoscritti e tanto meno per i documenti per i quali bastavano poche casse o armadi. Il problema di un locale adibito esclusivamente come archivio si presentò man mano che i documenti andarono crescendo per la rogazione degli atti e per l’accessione di altri fondi. Come afferma Cavallo, riferendosi alla situazione dei monasteri nell’Altomedioevo, lo

scriptorium e la biblioteca devono essere considerati come spazi coincidenti e la

124 Archivio di Montevergine, busta 260, pp. 1-24. La traccia della presenza di questi manoscritti si deve a

don Urbano di Martino che nel 1694 produsse un catalogo alfabetico per autori e per materie in cui sono registrati 1462 volumi. Si tratta, in realtà, di un elenco di nomi degli autori a cui segue il titolo approssimativo dell’opera. I manoscritti sono inseriti sotto la categoria Diversarum artium miscellanei. Un altro inventario, questa volta topografico, fu redatto nel 1763: Inventario de’ libri che esistono in questa

biblioteca di Monte Vergine Maggiore secondo l’ordine delle scanzie. 1763. Primo anno del governo generalizio di Monsignor D. Matteo Jacuzio Ab.e G.le e primo del P. Ab. Decano D. Paolino Procaccini,

conservato nella busta n. 261 dell’Archivio di Montevergine.

80 biblioteca «non è da pensare come uno spazio destinato alla lettura e alla consultazione; si tratta invece, a seconda della consistenza, di uno o più armaria (o arcae) nei quali si conservavano i manoscritti e che si trovavano o nello scriptorium stesso o in una stanza- deposito»126. La realtà della biblioteca monastica viene dunque a coincidere con la realtà dell’armarium. Anche se questa situazione risulta essere tipica dei monasteri altomedievali, credo che possa essere estesa ai monaci verginiani127. Lo scrittorio verginiano è da collocare, infatti, in un momento in cui anche nelle abbazie benedettine sta per declinare la grande stagione della cultura scritta monastica volta ad accumulare e trascrivere libri. Al contempo, si sta affermando un tipo di cultura in cui la lettura è elemento privilegiato nella formazione della comunità; si passa, infatti, per usare un’espressione di Cavallo, da uno scriptorium senza biblioteca a una biblioteca senza

scriptorium128. Questa inversione, però, vale soprattutto per i nuovi ordini, mentre non può valere per i verginiani. Il movimento fondato da S. Guglielmo, infatti, non aveva lo stesso ruolo culturale, rivestito in particolar modo dai domenicani. Espressione delle nuove esigenze di moralismo estremistico, di spiritualità pauperistica-evangelica129 e soprattutto della ‘religiosità delle opere’, la comunità verginiana si adoperava per «l’animazione religiosa»130 del laicato attraverso l’assistenza ospedaliera, la diffusione della devozione mariana e l’istituzione dell’oblazione.

126 G. Cavallo, Dallo scriptorium senza biblioteca alla biblioteca senza scriptorium cit. p. 355. Sui

cambiamenti strutturali e sulle diverse funzioni nel corso dei secoli si veda A. Petrucci, Le biblioteche

antiche, in Letteratura italiana II: Produzione e consumo, a cura di A. Asor Rosa, Torino, Einaudi 1983,

pp. 527-554, ristampato anche in A. Petrucci, Scrivere e leggere cit., pp. 219-248.

127 Sulle diverse tipologie di biblioteche, indagate secondo varie metodologie si veda, solo come indicazione

generale e senza nessuna pretesa di esaustività, Scriptoria e Biblioteche nel Basso Medioevo (secoli XII-

XV). Atti del LI convegno storico internazionale, Todi, 12-15 ottobre 2014, a cura del Centro, Spoleto,

Fondazione Centro italiano di studi sull'Alto Medioevo 2015.

128 G. Cavallo, Dallo scriptorium senza biblioteca alla biblioteca senza scriptorium cit. p. 362.

129 Questi concetti sono stati espressi da C. Violante, Discorso di apertura, in L’eremitismo in Occidente

nei secoli XI e XII cit., pp.9-25:21.

81 Una prima vera organizzazione archivistica scritta, atta a definire gli ambienti e le consuetudini da seguire, risale al capitolo generale della congregazione tenutosi a Montevergine l’8 maggio 1586. In esso fu stabilito che i superiori dei singoli monasteri avrebbero dovuto provvedere ad un accurato inventario di tutti i beni mobili e stabili; uno da inviare all’abbazia-madre di Montevergine e l’altro da «serbare dentro una cascia da farsi in qualsivoglia monastero, che sia detta la cascia delle scritture»131. Successivamente, le Constitutiones reur.mi d. Decii Rogerii terrae Atripaldi del 1593132 fissavano il principio d’inventariazione di tutti i beni posseduti e impartivano anche precise disposizioni sulla migliore custodia dei documenti in modo da non subire danni causati dall’umidità o dal fuoco. La conservazione trova poi un posto di rilievo anche all’interno della Regola133 del 1599. Essa stabiliva che i monaci non potessero possedere alcun bene, neanche libri, i quali potevano essere portati con sé solo per necessità legate all’esercizio delle proprie funzioni.

In realtà, ancora alla fine del Cinquecento non è testimoniata a Montevergine alcuna libreria comune, secondo quanto è riportato da una notazione marginale nel

Sommario della Visita fatta dall’abate generae fra Girolamo Perugino del Perugino al santuario134. Solo nel 1600 una disposizione capitolare stabilisce che tutte le entrate degli

131 Archivio di Montevergine, buste 176-182, Registri dei capitoli generali della congregazione verginiana

dal 1567 al 1806 (RC), voll. 7: I, f. 197. G. Mongelli, Storia di Montevergine cit., III, pp. 787-791

132 Constitutiones reuer.mi d. Decii Rogerii terrae Atripadi, Naepoli, ex officina Horatij Saluiani 1593. 133 Archivio di Montevergine, busta 176. Queste disposizioni confluirono poi nelle dichiarazioni della

regola fatte stampare nel 1599 con l’approvazione apostolica di papa Clemente VIII. Cfr. Regula

sanctissimi patris nostri Benedicti ac declarationes eiusdem iuxta constitutiones congregationis Montis Virginis, ex praecepto sanctissimi D. N. Clementis divina providentia papae VIII, Neapoli, apud Iacobum

Carlinum 1599. Secondo tali disposizioni i documenti devono essere conservati nello scrittorio, costruito o adattato in un ambiente già esistente del monastero. Nel capitolo 57 si legge: de artificibus monasterii: nec

liceat in monasterium novos libros introducere, nisi se praelati licentia, qui diligenter huiusmodi libros inspiciat, antequam licentia concedat. I libri, per i primi due secoli, trovarono posto nella sala stessa dello scriptorium, solo il rapido incremento librario fece sorgere il problema del locale e dell’ordinamento.

134 Montevergine, Archivio dell’Abbazia, busta 191, ff. 5-16: 5v. Visita che ebbe luogo dal 7 all’11

82 onorari vengano destinate alla fabbrica della biblioteca135. Si deve giungere, infine, al governo dell’abate Giordano per vedere finalmente realizzata la libreria. Egli scelse, per tale scopo, una stanza posta in fondo al corridoio della Loggia136 e nel 1640 proibì di

portar via da quella sala qualsiasi libro, anche per scopo di studio, senza aver ottenuto prima espressa licenza dall’abate generale, intimando, inoltre, la restituzione di eventuali testi presi in prestito137.

135 Per evitare, poi, ogni possibile dispersione, nel 1640 furono estese alla libreria le disposizioni già

emanate per la sezione archivistica. Infatti, i religiosi che avevano presso di sé libri erano tenuti a riportarli nella biblioteca. Montevergine, Archivio dell’Abbazia, busta 178, p. 6v. Di questa prima sistemazione del patrimonio librario ci rimane il citato catalogo redatto da P. Urbano Martino, cfr. nota 124. Nel 1602 un nuovo capitolo generale stabilisce che siccome a Montevergine ancora non era stato stabilito il luogo dove debbasi istituire la libreria la metà degli onorari dei predicatori che era assegnata ad essa, si applichi per le fabbriche dei monasteri in cui risiedono rispettivi predicatori (RC II, f. 27) nel 1617 si ritorna alla primitiva destinazione per la libreria (RC II, f. 130). Cfr. P. M. Tropeano, La biblioteca di Montevergine cit., p. 35- 37 e G. Mongelli, Storia di Montevergine cit., IV, pp. 767-817.

136 A. Mastrullo,Monte Vergine Sagro cit., p. 89. 137Montevergine, Archivio dell’Abbazia, RC, III, f. 6v.

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Capitolo 3.

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