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Lo straniero e l’ambito soggettivo dei diritti costituzionali

La dottrina si è a lungo interrogata sull’ambito soggettivo di applicazione dei diritti costituzionali; se infatti è il solo art. 10 a riferirsi in modo esplicito allo straniero, al contempo sussistono numerose disposizioni costituzionali che fanno espresso riferimento al cittadino e talaltre che, invece, non utilizzano né il termine “straniero”, né il termine “cittadino”.

Le posizioni a riguardo sono sintetizzabili in due tesi. Da un lato, la dottrina maggioritaria per cui lo straniero è tendenzialmente titolare di tutti i diritti riconosciuti dalla Costituzione, fatta eccezione per i diritti politici121 i quali ineriscono al «rapporto permanente e originario»122 che il cittadino ha con lo Stato. Questa tesi si articola al suo interno in differenti orientamenti. Il primo è basato sul dato formale e sulla rilevanza del termine “cittadino” nella disposizione, per cui ove questo non sia presente, essa potrebbe essere estesa anche agli stranieri; qualora, invece, l’ambito di applicazione soggettiva sia

119 P. Barile, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, cit., p. 30 ss.

120 Per un’analisi degli orientamenti relativi alla vigenza della clausola di reciprocità v. E.

Grosso, Straniero (status costituzionale dello), in Dig. Pubbl., vol. XV, UTET, Torino, 1999, p. 158 ss.; P. Bonetti, Prime note sulla tutela costituzionale contro il razzismo e la xenofobia, in Riv.

Trim. Dir. Pubb, 1994, p. 29 ss.; M. Luciani, Cittadini e stranieri come titolari dei diritti fondamentali. L’esperienza italiana, cit., p. 220 ss.; P. Barile, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, cit., p. 30 ss., B. Nascimbene, Lo straniero nel diritto italiano, cit., p. 7 ss.; C.

Esposito, Asilo, (Diritto di), cit., p. 510 ss. ; G. D’Orazio, Lo straniero nella Costituzione italiana, Cedam, Padova, 2012, p. 375 ss.

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A riguardo si veda V. Onida, Lo statuto costituzionale del non cittadino, in Atti del

XXIV convegno annuale, Cagliari, 16- 17 ottobre 2009, Jovene editore, 2009, p. 3 ss.

122 Corte Cost. sent. n. 104/1969 « […]mentre il primo (il cittadino) ha con lo Stato un rapporto di solito originario e comunque permanente, il secondo (lo straniero) ne ha uno acquisito e generalmente temporaneo».

specificato con riferimento al cittadino, allora si potrebbe estendere per legge la titolarità dei diritti agli stranieri, in conformità ai trattati internazionali (in attuazione, quindi, dell’art. 10, comma 2 Cost.)123

.

Il secondo orientamento si basa su un dato sostanziale: alcuni diritti spettano ai soli cittadini in quanto imprescindibilmente riferiti allo status di membro della società; altri, in quanto essenziali per la tutela della persona, sono propri di tutti i soggetti; i diritti costituzionali dei cittadini, invece, sulla base di valutazioni effettuate dal legislatore, possono essere discrezionalmente attribuiti anche agli stranieri124. In quest’ultimo caso si rileva come sia controverso individuare quali norme, pur riferendosi espressamente al cittadino, possono essere o meno estese a tutti; è infatti complesso individuare entro quali limiti il legislatore possa limitare o estendere la tutela di date situazioni giuridiche soggettive125. In particolar modo, gli autori che sostengono tale tesi si sono soffermati sulla ricostruzione dell’ambito soggettivo delle libertà di circolazione, di riunione e di associazione che ai sensi degli artt. 16, 17, 18 Cost. vengono riconosciuti ai cittadini. Lo straniero sarebbe titolare della libertà di circolazione stante la possibilità che questa venga limitata per ragioni di ordine pubblico, nonché dei diritti di riunione e associazione. Questi ultimi se riconosciuti ai soli cittadini, infatti, avrebbero una portata applicativa estremamente limitata126.

Il terzo gruppo di autori ritiene che allo straniero spetterebbero tutti i diritti che, ai sensi dell’art. 2 Cost, vengono qualificati come inviolabili e riconosciuti non al cittadino, ma all’uomo; pertanto, secondo il principio di uguaglianza, gli stranieri e i cittadini vengono parificati nel godimento di tali diritti. Infatti, l’intitolazione formale della prima parte della Costituzione ai soli cittadini non sembra poter essere assunta come un elemento determinante: da un lato, per il significato non univoco che i costituenti sembrano aver dato al termine “cittadino”, dall’altro, perché i diritti del cittadino sono sempre più spesso qualificati come diritti dell’uomo, per cui la distinzione tra cittadini e stranieri va ad affievolirsi: i diritti del cittadino non vengono pensati come i diritti del

123 Il problema in tal caso riguarda i limiti e la portata dell’estensione di tali diritti. Per

taluni l’estensione sarebbe quasi obbligata (un esempio fra tutti: la libertà di riunione); per taluni altri, invece, sarebbe preclusa (fra tutti, i diritti politici). Sul punto E. Grosso, Straniero (status

costituzionale dello), cit., p. 162 ss.; P. Barile, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, cit., p. 30

ss. Il carattere inviolabile dei diritti dell’uomo fa sì che questi vengano riconosciuti anche allo straniero, fatto salvo il caso in cui la disposizione costituzionale non faccia espresso riferimento al cittadino (per il godimento del diritto) si v. A. Barbera, Sub Art. 2, cit., p. 116 ss.; M. Cuniberti,

Espulsione dello straniero e libertà costituzionali, in Dir. Pubb., 2000, p. 822 ss.

124 Tale tesi si basa sulla concezione in forza della quale l’uso o meno del termine

cittadino in Costituzione non ha sempre corrisposto ad una puntuale volontà di limitare la cerchia dei titolari del dato diritto. Sul punto C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, IX, vol. I, Padova, Cedam,1976, p. 1153 ss.; P. Barile, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, cit., p. 31 ss.

125 Si v. E. Grosso, Straniero (status costituzionale dello), cit., p.162 ss.

126 In modo più approfondito R. Cherchi, Lo straniero e la Costituzione, Ingresso, soggiorno e allontanamento, cit., p. 4 ss.

cittadino italiano, ma bensì come i diritti spettanti «a qualunque cittadino di una

qualunque democrazia matura»127.

Tali orientamenti hanno permesso di superare un «paradosso»128 che nasce nel contesto delle attuali migrazioni, dove un fattore di uguaglianza, quale la cittadinanza, è divenuto strumento di produzione di disuguaglianze giuridiche tra cittadino e straniero. Il nodo irrisolto rimane il concetto di cittadinanza, se esso debba essere inteso in senso formale, oppure in un’ottica sostanziale sulla base del rapporto che il soggetto ha con il territorio, quale presupposto - ai sensi dell’art. 2 Cost. – della titolarità di taluni diritti costituzionali129.

La tesi opposta, dall’altro lato, è di carattere più restrittivo, e sostiene che i diritti stabiliti dalla Costituzione spettano in via esclusiva ai cittadini, mentre agli stranieri sono attribuiti solo i diritti stabiliti dalla legge, in conformità alle norme e ai trattati internazionali, secondo quanto sancito dal comma 2 dell’art. 10 Cost. La Costituzione, si afferma, è un “fatto politico” che presuppone un ambito soggettivo limitato ai cittadini, come confermato dalla rubrica della prima parte della Costituzione («diritti e doveri dei cittadini») e dal fatto che l’art. 3 della Cost., sancendo il principio di uguaglianza tra i cittadini di fronte alla legge, consentirebbe una diversificazione della titolarità delle situazioni giuridiche fondata sulla cittadinanza, anche se nel rispetto del principio di ragionevolezza, che opera come limite generale di validità di tutte le norme sub-costituzionali130.

In base all’art. 10, comma 2 Cost., il legislatore avrebbe la possibilità di definire la condizione giuridica dello straniero per legge, in conformità alla norme e trattati internazionali. In ogni caso, a prescindere dalla vigenza di tali norme

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Pertanto il collegamento tra cittadinanza (intesa come status) e la titolarità dei diritti fondamentali (con talune eccezioni come i diritti politici) sembra divenire sempre più labile, stante l’attribuzione dei diritti a chiunque si trovi fisicamente nel territorio dello Stato. Un’ulteriore ragione posta a sostegno del valore sempre più flebile di tale collegamento viene ricondotta alla debolezza del sentimento nazionale e del senso comune dello Stato. Sul punto v. M. Luciani,

Cittadini e stranieri come titolari dei diritti fondamentali. L’esperienza italiana, cit., p. 208 ss.; a

sostegno di tale orientamento, inoltre, si veda G. D’Orazio, Lo straniero nella Costituzione

italiana, cit., p. 116 ss.; P. Barile, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, cit., p. 33 ss.; A.

Barbera, art. 2, cit., p. 116 ss.; A, Cassese, art. 10, cit., p. 513 ss.; C. Corsi, Lo straniero e lo Stato, cit., p. 115 ss.; P. Bonetti, I principi, i diritti e doveri. Le politiche migratorie, in B. Nascimbene (a cura di), Diritto degli stranieri, Cedam, Padova, 2004, p. 85 ss.; E. Grosso, Lo straniero (status

costituzionale dello), cit., p. 5790; A. Pugiotto, «Purché se ne vadano» . La tutela giurisdizionale assente o carente nei meccanismi di allontanamento dello straniero, in Dir. e soc., 3-4, 2009, p.

335 ss.; V. Onida, Lo statuto costituzionale del non cittadino, cit., p. 6 ss.

128 R. Cherchi, Lo straniero e la Costituzione, cit., p. 6. 129 Ibidem.

130 L’art. 2 Cost. non va ad affermare la giuridica anteriorità dei diritti dell’uomo rispetto

all’ordinamento giuridico, ma ne riconosce la centralità. In questo senso A. Pace, Problematica

delle libertà costituzionali, Cedam, Padova, II edizione, 1990, p. 3 ss.; Id, Dai diritti fondamentali del cittadino ai diritti fondamentali dell’uomo, in www.rivistaaic.it, 2010, p. 7 ss.; P. Stancati, Le

libertà civili del non cittadino: attitudine conformativa della legge, assetti irriducibili di garanzia, peculiarità degli apporti del parametro internazionale, cit., p. 30 ss.

internazionali, il riferimento all’art. 3 della Cost. non sarebbe da intendersi in senso ostativo o preclusivo, quindi è possibile l’estensione per legge di taluni diritti spettanti ai cittadini agli stranieri131.

Con riferimento alla titolarità dei diritti costituzionali da parte degli stranieri si è pronunciata anche la Corte costituzionale, che sostanzialmente ha aderito alla tesi intermedia secondo cui spettano allo straniero i diritti inviolabili o fondamentali. La lettura offerta è basata sugli articolo 2, 3 e 10, comma 2, Cost. Per la Corte costituzionale, sulla base dell’art. 2 sussistono dei diritti, inviolabili o fondamentali, che devono essere riconosciuti a tutti gli individui senza alcuna distinzione. In tale ottica opera il principio di uguaglianza il quale, benché formalmente riferito ai soli cittadini, fa sì che – per quanto concerne i diritti inviolabili132 – non possano sussistere distinzioni tra stranieri e cittadini: l’art. 2 pertanto opera «come strumento e contemporaneamente limite all’applicazione

del principio di uguaglianza»133. La tutela riguarda sia i diritti desumibili dall’art.

2 Cost., sia quelli ricavati dalle consuetudini e dalle dichiarazioni internazionali ai sensi dell’art. 10 Cost.

Il principio di uguaglianza, pertanto, non esclude differenziazioni nel trattamento tra cittadini e stranieri, purché ciò sia consentito in base al principio di ragionevolezza, ossia vi sia una diversità fattuale delle situazioni. L’equiparazione tra cittadini e stranieri nella titolarità dei diritti fondamentali non fa venir meno la discrezionalità del legislatore, che, sulla base del principio di ragionevolezza, può differenziare il godimento dei diritti. Ciò non può tradursi in un esercizio

131 Così P. Stancati, Le libertà civili del non cittadino, cit., p. 30 ss. Per una disamina più

approfondita delle diverse tesi dottrinali inerenti l’ambito soggettivo di applicazione dei diritti costituzionali si veda R. Cherchi, Lo straniero e la Costituzione, cit., p. 3 ss.; Id, La disciplina

costituzionale dello straniero, in corso di pubblicazione, 2020. 132

Con riferimento alle problematiche interpretative dell’art. 2 Cost. e al catalogo dei diritti inviolabili, alla luce della nostra trattazione, vengono in rilievo due orientamenti: l’uno, di natura “riassuntiva”, secondo il quale sono da considerarsi inviolabili solo i diritti espressamente riconosciuti e nominati nei precetti costituzionali. Quindi si individua un catalogo “chiuso” di diritti inviolabili; l’altro, di contro, guarda all’art. 2 come un catalogo “aperto”, portato ad ampliarsi ed estendersi. Tra i diritti inviolabili riconosciuti allo straniero individuati dalla Corte costituzionale vi sono: il diritto alla vita, il diritto alla riservatezza, al proprio decoro e onore; il diritto alla segretezza delle comunicazioni; il diritto alla libertà di manifestazione del pensiero; il diritto di difesa; il diritto alla riparazione degli errori giudiziari; il diritto alla revisione del giudicato penale; il diritto al rispetto della dignità umana dell’imputato e alla presunzione di innocenza; il diritto alla tutela giurisdizionale; i diritti della famiglia e alla unità familiare; la libertà personale; la libertà di circolazione; la libertà di associazione; il diritto di professare la propria fede religiosa; il diritto alla libertà sessuale; il diritto di contrarre matrimonio; il diritto all’abitazione; il diritto politico di elettorato attivo e passivo. Si v. G. D’Orazio, Lo straniero nella

Costituzione italiana, cit., 222 ss. Per un’analisi dettagliata dei diritti spettanti allo straniero v.

inoltre C. Corsi, Lo Stato e lo straniero, cit., p. 127 ss.

arbitrario della sua discrezionalità politica: sarà infatti la Corte a valutare se il legislatore abbia compiuto o meno valutazioni e differenziazioni ragionevoli134.

Non potendo in tale sede fornire un’articolata ed esaustiva analisi dei diritti fondamentali riconosciuti o meno allo straniero135, si è scelto di concentrare l’attenzione su due categorie che, ad opinione di chi scrive, presentano profili di stringente rilevanza, ossia la libertà personale e i cosiddetti diritti politici.