IV. L’amour avant et après l’Amour
IV.3 Lolita, Zivago e L’uomo senza qualità: sulle resurrezioni di Tristano
In un’altra fondamentale parte del suo saggio del 1967 Rougemont sembra chiedersi: che volto ha re Marco oggi? A quali impacci un romanziere si deve affidare per sperare nel successo della propria storia appassionata? Ne l’introduzione a L’Amour
et l’Occident egli si proponeva di suscitare nell’animo del lettore una certa ostilità. Una sorta di sana ripugnanza indice della messa in discussione di qualcosa di “sacro”. Tale era l’amore di Tristano ed Isotta allora come oggi, una ferita esaltante nei nostri cuori, un male adorabile. La ragione, l’ha detto a più riprese Rougemont, è che noi vogliamo ardere di passione fino a morirne senza però doverlo dichiarare apertamente. Vogliamo essere infelici. Ma l’infelicità è determinata dall’ostacolo ergo noi vogliamo l’ostacolo. Ma quali ostacoli riuscirebbero oggi giorno a scuotere le nostre coscienze per un tempo più lungo d’una smorfia facciale? La prima parte de Les Mythes de l’Amour tenta di rispondere a questa domanda sviscerando tre romanzi illustri del Ventesimo secolo: Lolita, Il dottor Zivago e L’uomo senza qualità. Si tratta di romanzi nei quali la passione che tiene sulle spine il lettore è gravata da impacci non facilmente aggirabili come la pedofilia, la dittatura e l’incesto. In queste pagine opera, secondo Denis de Rougemont, il tocco mortale di Tristano nell’ambito di quella che pare essere a tutti gli effetti una battaglia simbolica tra ostacoli e pulsione amorosa. Ciò che accomuna queste tre opere risiede nel tentativo di scagliare, seppur con forze differenti, la freccia del desiderio maledetto contro la società. Ne Il dottor Zivago il ruolo dell'innamorata è svolto dalla Russia, impersonata da Lara, mentre quello del re Marco, è affidato alla Rivoluzione e al mondo da questa creato. Scrive Rougemont:
La nostalgia del dottor Zivago è ridestata da una ragazza, Lara, che lo cura in ospedale. Lei, però sposa un rivoluzionario e scompare. Zivago la ritrova molto più tardi. Si dichiarano il loro amore. Legame clandestino. Sono di nuovo separati dalle peripezie della guerra civile. Finalmente il caso li riunisce in una casa sperduta in fondo al bosco dove Zivago si nasconde. Ai due è offerto un mezzo clandestino per uscire dalla Russia: Zivago rifiuta. Lara gli è sottratta da un potente uomo politico […] Il dottore riesce a raggiungere Mosca dove vive in miseria, nascosto. Sposa senza amarla una ragazza che si occupava della sua casa, poi a lascia e muore tra la folla.
Inspiegabilmente comparsa a questo punto della storia Lara viene a piangere sul suo cadavere. Viene arrestata poco dopo e morirà in Siberia.164
I meccanismi dell’antico mito, commenta Rougemont, sono tutti presenti e si susseguono con una notevole precisione: non solo ci sono tutti quanti ma sono anche disposti in maniera tale da ricordare perfettamente le tragiche peripezie della favola celtica. Le separazioni improvvise, i ricongiungimenti altrettanto inaspettati, le dimore in mezzo ai boschi, lei che viene sottratta dall’uomo che è il simbolo del potere regnante, il matrimonio senza amore con un’altra donna, la morte (non poi così differita) dei due amanti.
Quella di Nabokov è invece la storia di un’ossessione. Un professore di letteratura di mezza età rimane letteralmente stravolto dal fascino di una dodicenne, Lolita, che arriva a possedere solo dopo esserne diventato il patrigno. In seguito alla morte di Charlotte Haze, madre della giovane, prende corpo la perversa relazione dei due amanti che maturerà tra le pieghe di un lungo vagabondaggio attraverso gli Stati Uniti. Lolita poi fuggirà, sedotta da un altro uomo. I due moriranno in circostanze separate: Lolita uccisa dal parto, il professore dal suo misero cuore. Anche questo amore, ci dice Rougemont, è illuminato senza posa dal faro potente del mito:
la madre dell’eroe muore prestissimo, come nel mito di Tristano [..] il nome dell’hotel dove si consuma la notte di seduzione, i Cacciatori Incantati, richiama vistosamente lo stato di trance della scena del riconoscimento in Tristano, ma tutta la descrizione del luogo mira precisamente a disincantarlo. L’episodio del filtro è presente, ma è messo in ridicolo dal suo fallimento: si tratta solo di un sonnifero che H. H. fa prendere con uno stratagemma a Lolita [..] (inversione punto per punto, quasi di certo deliberata, del racconto dell’errore fatale dell’ancella Brangania). Come in Tristano la polemica contro il matrimonio in nome dell’amore-passione anima tutto il racconto.
Come in Tristano gli amanti muoiono a poca distanza di tempo l’uno dall’altra, separati.165
Quello che manca, osserva l’autore, è la reciprocità della passione. Lolita non ricambia il desiderio mortale di Humbert. È qui lo scacco de Mito, ciò che lo rende una sorta di «Tristano mancato»; tutto dipende «dall’immaturità dell’oggetto stesso della passione, di Lolita; ma senza questa immaturità, non avremo l’ostacolo e quindi non ci sarebbe la passione».166
L’ultimo romanzo preso in considerazione è L’uomo senza qualità di Robert Musil. La terza parte del romanzo, osserva Rougemont, quella che celebra la passione incestuosa di Ulrich e Agathe, fratello e sorella, sembra palesare notevoli richiami a quell’attrazione mortale dai retaggi mistici che nel mito legava Tristano ed Isotta. Come scrive Rougemont: «credo che sia in gioco unicamente la passione, vale a dire un segreto fondamentale della psiche europea. L’incesto è qui la condizione stessa dell’ultima storia d’amore che vi possa mai essere».167Dai dialoghi tra fratello e
sorella emergono importanti nessi con la dialettica del mito: in particolare con i temi dello sguardo, della tempesta e della spada di castità tra i corpi. Sottolinea Musil:
Quando i loro occhi si incontrarono, nulla fu più certo del fatto che la decisione era presa e che ogni divieto era ormai indifferente. […] il loro accordo si manifestava ad ogni respiro […] ed era così dolcemente sofferto che le immagini della sua attuazione si staccavano quasi da loro e già li univano nella fantasia, come la tempesta incalza un velo di schiuma oltre le onde: ma un desiderio ancora più profondo impose loro la quiete, ed essi non riuscirono più a toccarsi. 168
165 Ivi, p. 67.
166 Ivi, p. 68.
167 Ivi, p. 71.
I due amanti decidono di non toccarsi perché la resa alla carne metterebbe fine alla trama del desiderio. La distanza è necessaria al procedere dell’amore. Ma quale amore, si chiede l’autore, amore dell’altro o amore di sé? La risposta viene rintracciata nelle parole di Ulrich e nella risposta di Agathe.
Io ti amo è un qui pro quo: perché il ti, la persona che ha suscitato la passione e che si può tenere tra le braccia, noi crediamo di amarla, mentre la persona evocata dalla passione, quell’immagine sublimata, noi l’amiamo davvero, ma è un’altra. […] A sentirti parlare, si direbbe che si ama, ma non realmente, la persona reale, mentre se ne ama realmente una irreale.169
È il duplice narcisismo di Tristano e Isotta che non si amano nella realtà ma nell’irrealtà, un’irrealtà che è sublimazione dell’io e perdita notturna del contorno, un naufragio mistico senza barlumi di umanità.