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La lotta alla povertà, necessaria per raggiungere il disarmo e la pace

DA UN DISARMO INTERIORE A UN DISARMO NUCLEARE PER UNA PACE MONDIALE

3.1. Il sentiero per la pace e i suoi ostacol

3.1.3 Il disarmo nucleare una via per la pace

3.1.3.5. La lotta alla povertà, necessaria per raggiungere il disarmo e la pace

Il taglio alle spese sulle armi convenzionali permetterebbe anche di fare dei passi avanti verso il raggiungimento di un altro obiettivo necessario per realizzare un mondo senza guerre: lo sradicamento della povertà. La povertà è una delle principali cause del conflitto, in quanto destabilizza la società. La povertà dà origine al conflitto, che a sua volta aggrava ulteriormente la povertà. Spezzare questo circolo vizioso porterebbe simultaneamente all’eliminazione di una delle cause di guerra e alla soluzione di un’ingiustizia globale.

Il termine “sviluppo” ha connotazioni fortemente utilitaristiche; in contrasto con l’espressione “sviluppo umano” che abbraccia una struttura concettuale più ampia, che include l’elemento dell’impegno individuale e mira a far emergere le capacità illimitate dei cittadini. In questo modo sarà possibile bloccare i conflitti armati prima che comincino a prevenire la micidiale spirale della violenza che porta al degrado dell’umanità.

La povertà estrema rappresenta una minaccia al diritto delle persone alla vita stessa e rende impossibile il godimento dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo, attualmente quasi 24 mila persone muoiono ogni giorno a causa della povertà estrema e per lo scarso accesso al cibo, l’acqua potabile e a cure mediche di base.

Nel settembre del 2000 i leader di tutto il mondo si sono riuniti nella sede delle Nazioni Unite e hanno deciso una serie di obiettivi che in seguito sono stati identificati come Obiettivi del Millennio; gli scopi essenziali da realizzare entro il 2015 includono la riduzione della metà del numero di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno o soffrono la fame. Nonostante gli impegni solenni presi all’epoca, considerando i progressi effettivamente compiuti si può affermare che tali obiettivi non saranno raggiunti entro la data fissata.

Kemal Dervis, responsabile del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), ha sottolineato con forza l’alto prezzo che deriverebbe dal mancato raggiungimento dell’obiettivo di riduzione della povertà: «sarebbe una tragedia soprattutto per i poveri, ma anche i paesi ricchi non sarebbero immuni dalle

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conseguenze di tale fallimento. In un mondo interdipendente, la nostra prosperità e sicurezza collettiva dipendono in modo cruciale dal successo della battaglia contro la povertà».

All’ombra di coloro che vivono nella ricchezza e nel confort, consumando vaste quantità di risorse vive un numero imprecisato di abitanti della terra tormentati dalla fame e privati della loro dignità di esseri umani. Dobbiamo essere in grado di riconoscere il ruolo che questa terribile disuguaglianza gioca nell’alimentare una reazione a catena di odio e di violenza.

La dichiarazione universale dei diritti umani chiarisce questa relazione diretta nel Preambolo: «[..] il disconoscimento e il disprezzo per i diritti umani hanno provocato atti barbarici che hanno ferito la coscienza dell’umanità».

L’idea di interdipendenza è un concetto centrale nel Buddismo, esso ritiene che tutte le cose avvengano attraverso la reciproca interazione di varie cause e condizioni. Nessuno può vivere interamente per conto proprio, nè un paese o una società possono esistere isolate dal resto del mondo. Il Buddismo chiarisce questo principio attraverso l’analogia di due fasce di canne; sostenendosi una con l’altra esse rimangono in piedi, ma la caduta di una farà crollare anche l’altra.

È fondamentale sviluppare la consapevolezza di essere cittadini della terra, legati da reciproci e indissolubili legami. Quando riconosciamo chiaramente e riusciamo a calarci in questa realtà siamo costretti a prendere seriamente in considerazione il nostro modo di vivere; potremmo dire infatti che tutti coloro la cui vita e dignità continuano a essere minacciate dal dramma della povertà sono vittime della “violenza dell’apatia” da parte della comunità internazionale. Il fatto di non assumere iniziative avendo la chiara consapevolezza dell’assistenza di tali sofferenze può essere definito con un solo nome: viltà. Dobbiamo ricordare le parole di Martin Luther King Jr.:« Una giustizia rimandata troppo a lungo è una giustizia negata».

Ma ci sono speranze, ci sono segnali che qualcosa si muove; molte organizzazioni non governative e moltissime persone di buona volontà sono impegnate nella lotta contro la povertà. Il sistema del microcredito, piccole somme di denaro per sostenere imprese locali, è stato avviato con successo da Muhammad Yunus, quest’anno insignito del premio Nobel per la pace. Tali sforzi hanno aperto la strada alla possibilità

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per un gran numero di persone di uscire dalla condizione di povertà estrema. Ed essi offrono anche nuovi modelli per il futuro.

Resta il fatto, però, che la società più povere della Terra son in condizioni tali che salire i gradini nella scala dello sviluppo rimarrà sempre fuori dalla loro portata senza l’aiuto della comunità internazionale. Le agenzie governative sono chiamate a fornire risposte creative e attente, a mobilitare risorse su vasta scala a cui esse soltanto possono avere accesso, a lavorare in partnership con le agenzie delle Nazioni Unite, i governi locali e le ONG.

Secondo il programma di sviluppo delle Nazioni Unite il costo per eliminare la povertà in tutto il mondo equivale a meno dell’ 1% del reddito globale. Al contrario le spese militari in tutto il mondo hanno raggiunto la cifra di mille miliardi di dollari.

È riducendo questi grotteschi squilibri che inizieremo a soddisfare i reali bisogni della famiglia umana, l’aiuto ai paesi poveri non deve essere considerato un atto di pietà. Si tratta di uomini e donne, giovani e anziani, che conservano il loro orgoglio di individui e che lottano con grande energia per vivere in circostanze tra le più difficili che si possa immaginare. Essere costretti a vivere nella paura e nella insicurezza è una violazione dei diritti fondamentali dell’individuo. La dichiarazione dei diritti umani afferma: «ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e ai servizi sociali necessari».

Il secondo segretario generale delle Nazioni Unite, Dag Hammarskjold disse:« si potrebbe usare l’espressione “Libertà dalla paura” per riassumere l’intera filosofia dei diritti umani».152

I processi di globalizzazione economica hanno ulteriormente approfondito i legami inscindibili che collegano la nostra vita quotidiana con il resto del mondo. Tale realtà ci impone di riconsiderare la nostra vita nell’ambito di questo contesto più ampio e ci fornisce maggiori opportunità per farlo. Qual è l’influenza e l’impatto delle nostre azioni sulle persone che vivono in altri paesi lontani? C’è niente che possiamo imparare da altri modi di vivere?

Pensando in questo modo ci rendiamo conto che ognuno di noi come singolo individuo può fare molto per risolvere il problema della povertà, la storia umana sta da

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D. Ikeda, Pace e solidarietà globale. L’azione dei cittadini per un mondo libero dalla violenza, Esperia Edizioni, 2011.

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tempo aspettando il momento in cui l’energia della speranza e della creatività sorgerà tra i più oppressi e diseredati. Quando le persone che hanno sperimentato tali abusi disporranno di nuove risorse e prenderanno il posto che spetta loro al centro della società internazionale, quando nuove idee e un nuovo modo di pensare si concentreranno sul raggiungimento del loro benessere, allora il nostro mondo sarà immensamente arricchito, sia dal punto di vista materiale sia da quello spirituale.

104 Figura 6 Josei Toda a Yokohama, campo sportivo di Mitsuzawa, 8 settembre 1957.

105 Figura 8 1993 Daisaku Ikeda con Michail Gorbaciov, ex presidente dell' URSS e la moglie

Raissa.

106 Figura 10 1992 Daisaku Ikeda con Linus Paulin, due volte premio Nobel.

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CAP IV

PROPOSTE DI MODIFICA DELLO STATUTO ONU IN