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Capitolo 4 – La lingua nella classe di arte

4.2.1 L’LSP dell’arte: caratteristiche general

Per descrivere le caratteristiche della LSP dell’arte bisogna innanzitutto essere consapevoli di una differenza, quella tra i testi specialistici e i testi divulgativi. Fanno parte della prima categoria, ad esempio, i saggi, gli articoli su rivista, le monografie, cioè quei testi chiaramente rivolti alla comunità scientifica. Sono testi divulgativi quelli che hanno lo scopo di rielaborare le fonti in discorsi destinati ad un largo pubblico, come i documentari, le conferenze, le guide dei musei (cfr. Nobili 2003: 10-11). Chiaramente i testi specialistici hanno una connotazione microlinguistica molto più forte, mentre quelli divulgativi si avvicineranno quanto più possibile alla lingua standard. Questa differenza impone di guardare la LSP dell’arte non tanto in senso “orizzontale”, cercando, ad esempio, i confini con altre LSP come quella della letteratura o della storia, quanto in senso “verticale”, cercando di definire delle caratteristiche che saranno più o meno presenti a seconda del contesto in cui la LSP dell’arte viene usata (cfr. Boglioni 2011: 208).

Tracciamo, quindi, quelle caratteristiche della LSP, tanto più presenti quanto più alto sarà il grado di formalità. Innanzitutto il linguaggio artistico condivide una peculiarità tipica delle LSP, cioè l’uso di espressioni spersonalizzanti (“non c’è dubbio che si tratti di un genio” oppure “è sufficiente avvinarsi a questo quadro” o “qui è la chiave di lettura”)1,

oltre ad un largo uso della diatesi passiva (cfr. Ballarin 2015: 29-30). Lo stile oggettivo, tipico delle lingue disciplinari, si riscontra anche nell’arte, malgrado spesso sia usato per dare interpretazioni del tutto soggettive da parte del critico che scrive il testo.

Biffi (2010) fa notare come alcune caratteristiche della LSP dell’arte possano rientrare nel registro alto e quindi nell’italiano standard. Soprattutto la terminologia architettonica non può che entrare nel lessico comune visto che individua referenti che fanno parte della vita di ognuno, benché siano usati diffusamente solo in una varietà diastraticamente elevata.

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Passiamo ora ad una analisi dettagliata del linguaggio dell’arte, indagandone la terminologia, la morfologia, la sintassi, la testualità e l’ortografia. Dobbiamo evidenziare come la bibliografia scientifica sulla lingua dell’arte tenda a concentrarsi sull’evoluzione diacronica di questo linguaggio nei secoli, soprattutto sottolineando la penetrazione degli italianismi nelle altre lingue (si veda Motolese 2012), piuttosto che dare uno studio sincronico sulle caratteristiche della lingua dell’arte ai giorni nostri. Gli studi più approfonditi si concentrano, poi, sul lessico, dando minore attenzione a sintassi, testualità e morfologia. Biffi stesso (2010) dichiara la difficoltà di tratteggiare le peculiarità della lingua dell’arte, proprio per la sua permeabilità rispetto ad altri linguaggi (della storia, della letteratura ecc.), oltre alla grande varietà testuale nella quale si esprime (cataloghi, saggi critici, monografie ecc.).

Nella nostra analisi non faremo una distinzione tra testi parlati e scritti visto che anche chi si è occupato di analizzare testi parlati (Stevenson 2003) ha notato come i testi orali tendano ad imitare lo stile scritto. Lo stesso Stevenson (2003: 128) fa notare che l’uso del linguaggio parlato riguardo tematiche artistiche non significhi affatto che sia maggiormente accessibile per uno straniero. Ricordiamo che la distinzione da tener presente è tra uno stile specialistico e uno divulgativo a prescindere dalla dimensione diamesica.

Per verificare le caratteristiche della LSP dell’arte proponiamo anche una piccola analisi a campione sui testi usati come fonte dei contenuti dei percorsi sull’arte marchigiana. Il campione selezionato1 non ha nessuna pretesa di validità oggettiva sulla lingua dell’arte in generale, però può risultare un ottimo confronto con le nostre considerazioni tratte dalla bibliografia. Questo si collega anche con il nostro obiettivo finale, che è quello di rendere didatticamente fruibili per gli stranieri quelle fonti. La composizione del campione abbraccia tutti e quattro i beni culturali scelti per i nostri percorsi didattici nelle Marche. Tra essi abbiamo selezionato un saggio, il testo B, parte di una miscellanea sul Cappellone

1 Sahler (2006: 221-223, l’intero paragrafo dal titolo “3.2.3 Sistema di copertura”), d’ora in poi “Testo A”; Calderoni Masetti (1992 preso in esame l’intero saggio), d’ora in poi “Testo B”; Castignani (2008: 234- 238, da inizio paragrafo fino a “lamentata dal Garulli”), d’ora in poi “Testo C”; Crocetti (1985: 21-24 da inizio paragrafo fino a “talvolta ricorrente, di privilegium”), d’ora in poi “Testo D”; Favole (1993: 189- 197, tutta la parte relativa a Santa Maria a pie’ di Chienti), d’ora in poi “Testo E”; Santarelli (2001: 52-57, dall’inizio del paragrafo sulle “istorie” del rivestimento fino a “questa sua struttura”), d’ora in poi “Testo F”.

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di San Nicola di cui vengono spiegati per sommi capi i soggetti delle tre fasce1, un paragrafo descrittivo dell’architettura della chiesa di San Claudio (testo A), la descrizione delle storie mariane nel rivestimento marmoreo della Santa Casa nella basilica di Loreto (testo F), l’intera presentazione in un volume sullo stile romanico della chiesa di Santa Maria a pie’ di Chienti (testo E) e infine il testo D, che riguarda sempre la chiesa di San Claudio ma ha un taglio molto più divulgativo rispetto allo studio di Sahler del testo A. Crediamo che la diversità di questi testi, alcuni basati sull’analisi artistica (B, E in parte e F), altri su aspetti storici (D, E in parte), altri ancora descrittivi (A, E in parte, F in parte e C in parte), possa farne un ottimo campione per vedere realizzazioni diverse della LSP dell’arte. Facciamo anche notare che la lunghezza delle parti di testo analizzate è abbastanza simile da permettere raffronti non troppo sbilanciati.

Vediamo ora, quindi, quali sono le caratteristiche generali della LSP dell’arte e come si realizzano in casi particolari.

4.2.2 Il lessico

Per quanto di solito la distinzione tra LSP e lingua comune si giochi sul campo terminologico, il lessico dell’arte non ha un’incidenza così vasta. Come rileva Boglioni (2011: 209), infatti, basta fare un confronto tra i lessemi specifici relativi all’arte e quelli utili, ad esempio, per parlare di storia per dimostrare questa non particolare incidenza: 1655 termini per la prima tematica, 10400 per la seconda. Ciò dimostra che non è l’aspetto lessicale a risultare dirimente per la distinzione tra la testualità artistica e standard. Visto che questi lessemi, seguendo la caratteristica di ogni LSP, si caratterizzano le la loro monoreferenzialità sono, tuttavia, difficilmente sostituibili per riferirsi ai referenti (ad esempio, non sarebbe possibile nominare un “capitello” diversamente dal suo termine specifico, a meno di perifrasi poco chiare). Integrando quanto dice Boglioni (2010: 210)2 vediamo come il lessico dell’arte abbia lo scopo di:

− individuare l’oggettualità artistica, sia nel suo complesso (es. pala, trittico, paliotto), sia in parti di essa (es. abside, cassettoni, contrafforte, predella);

− individuare i ruoli di persone legate all’arte (es. committente, esecutore, curatore);

1 Rimandiamo al paragrafo 6.2.3 per una spiegazione del Cappellone e a tutto il paragrafo 6.2 per i contenuti artistici oggetto dei percorsi.

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− indicare le tecniche (es. stiacciato, chiaroscuro, cesellatura, campitura) e le azioni che le contraddistinguono (es. cesellare, intonacare, sbozzare);

− definire le caratteristiche proprie di un’opera o di una parte di essa (es. aggettante, rampante, fittile);

− definire oggetti usati nella creazione artistica (es. bulino, intonaco, mestica, punzone) o fasi della lavorazione (es. arriccio, sinopia, gettata);

− individuare uno stile (es. Rinascimento, Barocco, avanguardie) o un periodo storico (es. Controriforma).

Si nota come la maggior parte della terminologia sia riferita all’architettura. Come evidenziato dall’esempio precedente le parti dell’architettura necessitano di termini specifici, cosa che non riguarda le altre arti: pittura e scultura hanno una lunga serie di lessemi relativi, ad esempio, alle tecniche, agli oggetti per la loro realizzazione e agli stili, ma gli oggetti finali non necessitano di molta terminologia specifica per essere descritti. La descrizione di statue, quadri e affreschi si concentrerà su quanto rappresentato, utilizzando per lo più una varietà standard.

Boglioni (2010: 210) fa notare come sia maggiore rispetto alla terminologia specifica la presenza di sintagmi tipici della testualità artistica, atti ad innalzarne lo stile e renderlo riconoscibile. Come ad esempio “controllo dei mezzi tecnici e formali”, “alla maniera di”, “sintesi formale”, “fortuna critica”, “trovare espressione”.

Fattore terminologico di potenziale difficoltà è il largo uso di forestierismi (ad esempio trompe l’oeil). L’LSP dell’arte, come molte altre microlingue, proprio per non creare ambiguità semantiche, preferisce prendere in prestito da altre lingue termini specifici piuttosto che risemantizzare espressioni autoctone (come ad esempio usare “inganna occhio” per “trompe l’oeil”1). In una classe di studenti stranieri questo potrebbe

presentare dei vantaggi, qualora la lingua madre o una delle lingue conosciute sia la fonte di questi forestierismi, ma una difficoltà nei casi in cui la lingua sia sconosciuta.

Questa potenziale difficoltà della terminologia artista è controbilanciata da un altro contatto tra la LSP dell’arte italiana e quelle straniere: i lessemi della LSP artistica italiana sono spesso entrati nei vocabolari di lingue straniere.2 Ciò significa che, nel caso in cui si

1 Questa caratteristica nell’italiano è accentuata dalla tendenza della nostra lingua ad assorbire e non tradurre il lessico straniero.

2 Biffi (2012) sottolinea il contributo che la lingua dell’arte italiana ha dato nei secoli agli altri idiomi europei.

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conosca la terminologia artistica nella propria LM (cosa per nulla scontata), gli studenti saranno facilitati alla comprensione di quei termini. La presenza più vasta degli italianismi si ha per l’architettura, a partire dalla stessa parola “architettura” che è entrata in moltissime lingue, oltre a termini come “balcone”, “facciata”, “mosaico”, “campanile” e “artista”. Chiaramente queste parole subiscono delle mutazioni, soprattutto fonetiche (“balcone” diventa, ad esempio, “balcony” in inglese, “balcòn” in spagnolo, “balkon” in polacco, “balcão” in portoghese) ma comunque rimangono facilmente riconoscibili, soprattutto nella loro forma scritta. La terminologia legata alla pittura e alla scultura, invece, ha avuto meno fortuna ma comunque ci sono degli italianismi come “quadro”, entrato, ad esempio, in portoghese e in spagnolo, o “statua”, presente, ad esempio, in spagnolo, portoghese, inglese e francese. Tale diffusione degli italianismi non può che diminuire il coefficiente di difficoltà del lato lessicale della LSP artistica per uno studente straniero.

Caratteristica da isolare e osservare con attenzione è l’uso risemantizzato di alcune parole dell’italiano standard. L’LSP dell’arte spesso utilizza parole comuni cambiandone il significato, come il “coro” che nella LSP dell’arte non indica l’insieme dei cantori quanto la parte della chiesa, solitamente nel presbiterio, dove siedono (o sedevano, visto che spesso oggigiorno si tende a non occupare il coro) i cantanti. Allo stesso modo il termine “giornata” indica la parte di affresco fatta in un giorno, oppure l’omografia con il sostantivo di uso comune della parola “volta”, che nell’arte indica la copertura di una campata. Spesso, poi, nei testi troviamo metafore la cui comprensione è legata non alla conoscenza del significato della o delle parole che la formano ma al concetto conosciuto solo da chi è esperto dell’LSP artistica (ad es. “punto di fuga”)1. Per uno studente straniero

di italiano non sarà semplice individuare che quel termine da lui conosciuto possa assumere un significato, soprattutto se nettamente diverso. In un certo senso sarà più semplice spiegare il significato di alcuni termini completamente sconosciuti invece di presentare nuovi significati a parole già conosciute.

Cervini (2003) ci fa notare come la complessità del linguaggio artistico, soprattutto relativo ad opere contemporanee, non sta tanto nella terminologia tecnica, bensì nell’uso di termini o collocazioni dal dubbio significato, usate soprattutto nella critica d’arte contemporanea. Espressioni come “la solidità del realismo magico di De Chirico” o “la

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gravità etica” (Cervini 2003: 77) hanno un effetto straniante anche per un madrelingua, che potrebbe non coglierne fino in fondo il significato. La terminologia tecnica, come detto più volte, ha lo scopo di essere chiara, monoreferenziale, quindi una volta conosciuto il referente risulta palese il significato. Queste espressioni, invece, che Cervini (2003) chiama “designata incompatibili”, hanno proprio lo scopo di instaurare un dialogo aperto con le opere, volendo evocare significati, attraverso una opacità semantica, piuttosto che asserirli con certezza. Crediamo che per uno studente straniero, anche di livello molto avanzato, possa risultare impossibile accedere a questa evocazione di significato, risultando una delle parti più ostiche del lessico artistico. Sulla stessa linea va inserito, secondo noi, l’uso di espressioni che Boglioni (2011: 216) definisce “ad alta portata energetica” come “potenza espressiva”, “vortici di colore”, “forza espressiva” o “audaci soluzioni”.

Altrettanto particolare è l’aspetto della verbologia. Nobili (2003) fa notare1 che sono

pochi i verbi prettamente artistici (es. dorare, cesellare, colorare, decorare) mentre molta della verbologia del linguaggio artistico, soprattutto nella sua variante divulgativa, usa verbi standard ma in modo non comune. Spesso, infatti, i verbi nell’arte si presentano in forma metaforica, come per esempio il verbo “immergersi” che nelle descrizioni artistiche non è usato nel suo significato denotativo standard (es. “immergersi in una piscina”), ma per descrivere metaforicamente alcuni particolari (es. un personaggio “immerso” nella luce, o “nelle sue riflessioni”). Altro esempio è l’uso del verbo “staccare” in espressioni come “il paesaggio che stacca un personaggio dallo sfondo”, dando un significato diverso ad un verbo che si riferisce ad una azione e non alla descrizione di uno stato fisso (es. “Mario sta staccando un cartellone”). Questo uso metaforico dei verbi, di non sempre facile comprensione rispetto al significato denotativo, è caratteristica da tenere presente in contesto di studio di italiano LS. Frequenti anche le risemantizzazioni da altri linguaggi tecnici: Biffi (2010: 110) cita i prestiti dalla linguistica (“accento”, “metrica” ecc.), dalla musica (“accordatura”, “ritmo” ecc.), dalle scienze (“saturazione”, “agglutinamento ecc.). Tutti gli usi metaforici della lingua dell’arte, siano essi tratti da altri linguaggi, espressioni evocative o significati fortemente connotativi di alcuni verbi, possono costituire un fattore di difficoltà nella classe di lingua e vanno quindi tenuti in altissima considerazione.

1 La studiosa si concentra sulla lingua francese ma crediamo che le sue riflessioni possano essere trasferite alla linguistica italiana semplicemente traducendo i lessemi.

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Altro fattore caratterizzante è la presenza di terminologia afferente a discipline più o meno collegate all’arte, come quella del restauro (citata da Biffi 2010) ma anche quella legata alle tematiche dei soggetti delle opere. Leggendo testi sulla spiegazione di soggetti religiosi, mitologici, storici o letterari si incontreranno sicuramente termini relativi alle LSP di questi argomenti. L’opera d’arte non può che essere un testo aperto e come tale si presta ad essere descritto con linguaggi anche molto diversi fra loro.

Un’ultima caratteristica del lessico artistico che vorremmo citare è relativa alle sfumature di significato di alcune espressioni, cioè a scelte lessicali fatte in modo molto consapevole da chi produce il messaggio. Facciamo l’esempio della datazione di un’opera: quando un autore di una monografia, un saggio o un testo di critica d’arte cita la data dell’opera può farlo in modo perentorio (es. “la chiesa settentrionale della Fenari Isa Cami viene consacrata alla Madonna dal suo fondatore nell’anno 908” Sahler 2006: 156), oppure riportare un’ipotesi (es. “gli studiosi convincentemente datano al 920” Sahler 2006: 157). Un parlante inesperto potrebbe non riconoscere la differenza tra forme che dichiarano con certezza una data ed altre che invece semplicemente fanno o riportano un’ipotesi. Ciò vale per le datazioni, ma anche per l’attribuzione, la committenza, l’identificazione del soggetto e quant’altro il critico e lo studioso devono indagare con continue approssimazioni, fino all’affermazione certa. Compito dell’insegnante di lingua è sicuramente quello di rendere consapevoli i propri studenti dei differenti gradi di asserzione di tali espressioni.

Vediamo ora come alcune di queste caratteristiche si realizzano nel campione. Ci concentriamo su

− uso di termini tecnici, facendo confluire tutti quelli relativi a oggetti, parti di opere d’arte, terminologia relative ai personaggi, agli stili e alle tecniche artistiche; − uso di espressioni metaforiche, risemantizzazioni, con attenzione ai verbi e

eventuali collocazioni non standard (designata incompatibili); − termini presi da altre LSP;

− forestierismi derivati da lingue e LSP straniere.

Faremo anche degli esempi qualora risultino utili e interessanti. Se un termine si ripete più volte all’interno del campione lo conteremo una sola volta.

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Fonte Termini tecnici Usi metaforici Termini da altre LSP Forestierismi A 11 es. intercapedini, croce greca 1 es.tribune / 1 es. in loco B 6 es. lunettone, addossato 4 es.occhio dell’osservatore non deve proseguire gioco di specchi strategia sottile 12 es.annunciazione sala capitolare 1 es. dormitio virginis C 9 es. facciata 3

es. s’intravede, fondi (librari) 5 es. preposito, officiare, stratificazione 1 D / 1

es. solida rete

8 es. centuriazione, sede vescovile, sonde stratigrafiche, toponimo 8 es. fundus, ager, plebs E 32 es. matronei, torrione, piedritti, tamponamento, aula 2

es. scansione ritmica, elementi leggibili

8

es. foce, epigrafe, oratorio. / F 8 es. basamento, aggettante 4 es. scultura frastagliata, ingenuo sfondo, colonne tagliate, luce piovente

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es. apocrifi,

direttrici, concavo. /

La prima considerazione che salta all’occhio osservando le scelte terminologiche è il numero altissimo di tecnicismi nel testo E, subito seguito da B e C. Essi sono i testi maggiormente concentrati sull’architettura e non sorprende che abbiano una grande necessità di termini tecnici. Anche il testo D analizza una architettura, ma nella parte presa in esame lo fa da una prospettiva storica, necessitando di minore terminologia rispetto agli altri testi, che hanno finalità descrittive. In ogni caso la già citata natura

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divulgativa del testo D si evince anche dall’assenza di terminologia tecnica. Da sottolineare i prestiti da altre LSP, presenti in tutti i testi tranne A, il quale presenta una descrizione così minuziosa dell’architettura che non necessita di uscire dall’argomento. La LSP maggiormente presente è quella relativa alla religione cristiana, come si evince da “apocrifi” (testo F), “annunciazione” e “sala capitolare” (testo B). Chiaramente i soggetti analizzati hanno uno spiccato carattere fideistico imponendo di attingere dal linguaggio specifico della religione. Compaiono, però, lessemi anche dall’archeologia (“sonde stratigrafiche”), dalla geografia (“foce”, “toponimo”), dalla geometria (“concavo”, “direttrici”) e dalla storia (“centuriazione” e “epigrafe”). Notiamo che tutti i forestierismi vengono dalla lingua latina, presente nella maggioranza dei testi. Le fonti da noi utilizzate si basano su periodi della storia dell’arte (Romanico, Rinascimento e Barocco) in cui l’Italia era assoluta protagonista quindi sarebbe più probabile trovare italianismi in altre lingue piuttosto che forestierismi nell’italiano, come confermato dalla nostra rilevazione. Come detto precedentemente crediamo che non sia tanto questa terminologia a essere un problema nella didattica LS, innanzitutto perché nella maggioranza dei casi è insostituibile vista la sua monoreferenzialità, poi perché gli studenti non possono che prevederne la presenza e forse intuirne il significato tramite transfer dalla propria LM. Crediamo, altresì, che siano gli usi metaforici, risemantizzati e lontani dallo standard di alcune parole o espressioni, a necessitare di un’attenzione particolare da parte del docente. Ad esempio chiarire il significato di “ingenuo sfondo” o di “strategia sottile” potrebbe essere complesso visto l’uso estremamente metaforico di questi due aggettivi. Essi, infatti, saranno molto probabilmente conosciuti dagli studenti stranieri, anche ad un livello elementare, ma sarà difficile, anche per un parlante esperto, trovare un collegamento con i referenti (come può uno sfondo essere ingenuo?). Si conferma nel campione la presenza di verbi il cui uso metaforico può creare confusione, come le colonne “tagliate” dalla luce, o elementi che sono “leggibili”, dimostrando una grande distanza dall’uso comune dei verbi “tagliare” e “leggere”. Anche alcuni termini tecnici possono creare difficoltà simili, essendo significati secondari di parole piuttosto comuni come “aula”, “tribuna” o “tamponamento”. Crediamo che l’utilizzo di queste metafore, collocazioni particolari o termini polisemici possa creare una grande difficoltà nella classe di lingua, anche e forse soprattutto con studenti avanzati, i quali saranno portati a fare delle ipotesi sul significato spesso lontane dalla realtà.

91 4.2.3 La morfologia

Le variazioni morfologiche della LSP dell’arte servono soprattutto nel campo della descrizione stilistica. I diversi stili, infatti, sono spesso riconoscibili dall’uso del suffisso “-ismo” (es. dadaismo, romanticismo) per indicare il movimento in generale, e dal suffisso “-ista” (es. dadaista, futurista) per formare aggettivi (cfr. Boglioni 2011: 210). Da notare anche l’uso dei suffissi “-esco” (es. leonardesco, caravaggesco, quattrocentesco), “-ale” (es, rinascimentale, medievale) e “-ano” (es. botticelliano, marinettiano) usati per riferirsi all’artista, allo stile o al periodo, ma in alcuni casi anche per definire opere che incarnano le caratteristiche di quell’artista o di quel periodo. Nel campione analizzato compaiono tutte le variazioni morfologiche citate, come nel testo F dove in poche pagine abbiamo “bramantesco”, “raffaellesca” e “michelangiolesca”. Fare oggetto di didattica le caratteristiche morfologiche della LSP dell’arte può da una parte facilitare molto la comprensione dei testi, dall’altra insegnare meccanismi validi anche nella lingua standard.

4.2.4 La sintassi

Gli studi di Boglione (2011) mettono in luce come il linguaggio artistico non tenda alla

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