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i luoghi del consumo

2. Voci dal margine

2.2.2 i luoghi del consumo

Per poter interpretare il ruolo territoriale dei contenitori per il consumo, inteso come effetto generato sui contesti limitrofi, generalmente poco considerato nel dibattito contemporaneo (Torres 2000a)appare fertile partire da alcuni presupposti compresenti, l'ostilità e la dipendenza. Ovvero, l'esplorazione dell'immaginario assolutamente negativo che avvolge il famigerato “centro commerciale” nelle percezioni delle comunità locali da un lato e la dipendenza che i territori sviluppano nei confronti dei nuovi centri in termini di esigenze primarie e ricreative dall'altro.

Per avere uno sguardo sulle percezioni della generazione che all'interno dei centri commerciali sta crescendo, è utile analizzare gli esiti di una iniziativa del quotidiano La Repubblica. Nel 2008, nell'ambito della rubrica “studenti reporter”, il giornale lancia un concorso aperto agli studenti delle scuole medie inferiori e superiori, avente come oggetto i “nuovi luoghi”. La traccia del sintetico contributo richiesto agli studenti offre già un taglio del problema schierato dalla parte del tramonto dei buoni (i piccoli negozi al dettaglio) nei confronti dei grandi centri.

Chiudono le piccole botteghe e crescono i supermercati, i discount e i grandi centri commerciali. Descrivi un centro commerciale della tua città, racconta i tuoi incontri, le esperienze le storie e le tue impressioni nei nuovi luoghi del commercio e della vita sociale. O descrivi la storia di un piccolo negozio antico che ancora è aperto.

La lettura che gli studenti ne danno è in parte intrisa della retorica della resistenza di Davide nei confronti di Golia, peraltro condivisibile e a tratti appassionante. In alcuni casi però, si profila la possibilità di interpretare davvero il ruolo che nella vita di un adolescente contemporaneo riveste il centro commerciale.

Per la maggior parte delle ragazze, si rivela un luogo sicuro e familiare, in cui incontrare persone che si conoscono

Alla fine sono contenta che chiudano le botteghe perché nei centri commerciali posso andare in giro per i negozi con le mie amiche. bimbetta13 (Medie Inferiori )

scritto il 27.04.10

Come per i piccoli centri, a tratti la familiarità si trasforma in oppressione:

I supermercati: la più grande trappola per incontrare persone che magari non vorresti neanche più rivedere! Tutte le volte che io, povera sventurata, devo andare nel supermercato non molto distante da casa mia ad acquistare beni di genere primario, cioè cibo, rischio di incontrare chi proprio non sopporto o almeno non voglio vedere. Esistono anche alcune persone, ad esempio mia mamma, che si nascondono dietro i giganteschi scaffali pur di non essere visti. Altri fanno proprio finta di non vedere, scusandosi dicendo che si erano appena svegliati da un sonno profondo (magari non usate questa scusa alle nove di sera, perché la persona a cui vi rivolgete non è così stupida!). I migliori però sono quelli che per non incontrarti iniziano a parlare freneticamente con la prima persona che gli passa vicino!

confusa95 (Medie Inferiori ) scritto il 25.05.09

D'altro canto, è sottolineato da quasi tutti come problema principale sia l'omogeneità e l'indifferenza al contesto di queste scatole (temperatura costante, illuminazione artificiale e “impossibilità di vedere il sole”, scatole indifferenziate, colori rassicuranti, vegetazione e meteorologia addomesticata). Per qualcuno però questo è un punto di forza

Il luogo dove preferisco andare è il centro commerciale,ma molte volte non riesco a passar troppo tempo all'interno di questi NUOVI LUOGHI, perché essendo frequentati da tantissime persone:rumori,urla ma anche il vedere troppa gente mi disturba. Quindi dovendo magari fare delle compere essenziali preferisco sfruttare la bottega,che oltretutto è molto fornita. Secondo la mia opinione i

centri commerciali sono stati una "salvezza per l'umanità",essendo fonte di shopping,conoscenze ma anche di occupazione del tempo libero o delle giornate con particolari condizioni atmosferiche. Questi nuovi mondi dimostrano quanto il modo di vivere é cambiato,cambia,e cambierà,spero in modo positivo. ilary280797

I ragazzi che scrivono sembrano estremamente consapevoli del fatto che i centri commerciali siano luoghi per stare e non solo per comprare. Per qualcuno questo è il rammarico più grande

A mio avviso questi luoghi, nonostante abbiano degli aspetti positivi, sono dei posti tristi e monotoni dove le persone dovrebbero entrare solo per comprare, considerandoli solo dei "semplici negozi" e non luoghi dove trascorrere il tempo.

Il ruolo che gli spazi per il consumo mostrano di assumere nella vita degli abitanti di Anagnobia rispecchia appieno la lettura che gli adolescenti propongono su Repubblica riguardo la duplice relazione di dipendenza e attrattività che i centri rivestono nella loro vita, da un lato, e sulla volontà di frapporsi a questa tendenza, dall'altro.

La voce corale, la Comunità Territoriale del Decimo Municipio, si è molto chiaramente espressa sul tema. Pur non essendo pregiudizialmente contrari alla localizzazione di centri per il consumo, i comitati e le associazioni che ne fanno parte si sono nel tempo battuti con ogni mezzo possibile per fermare quella che è stata definita l'alluvione di

centri commerciali nel quadrante, fino alle apparizioni televisive. Pur riconoscendone

l'importanza come spazio di vita per le comunità locali, la loro posizione si esprime soprattutto in termini di forte opposizione alla mancanza di alternative. Il fattore messo in discussione è dunque tutto politico e conduce di nuovo ad una aspra critica nei confronti del modello Roma:

Il centro commerciale Anagnina è rispuntato dopo 20 anni. Il progetto risulta approvato agli inizi degli anni '80. Non si è potuto fare niente, nonostante la manifestazione organizzata con il supporto del Presidente del Municipio X. All'epoca fummo già chiari.

Cinecittà due è stato positivo. Poi è arrivato l'allora Ipermondo (poi Euromercato e oggi Carrefour) poi è iniziato l'alluvione.

E questa questione del commercio non viene assolutamente programmata, controllata. Siamo in piena non dico deregulation, ma gli interessi commerciali sono molto forti. Il cosiddetto modello romano tanto magnificato da Veltroni si è fondato su due o tre elementi: uno è stato l'esplosione commerciale, l'altro il turismo mordi e fuggi, e l'ultimo è la rendita urbana, cioè l'espansione urbanistica. Questi sono stati i tre pilastri del cosiddetto modello romano. Alla fine quando siamo andati a trarre le conseguenze, non è che la vita quotidiana sia migliorata, soprattutto nelle periferie (intervista ad Aldo Pirone, Presidente della Comunità Territoriale, 2009).

La lettura dei periodici locali contribuisce al rafforzamento della dicotomia in atto. Da un lato ci si oppone fortemente alla localizzazione di nuovi centri, come nel caso del nuovo centro in costruzione in Via Biagio Petrocelli, dall'altro si segnalano tutte le possibilità e

le offerte di lavoro derivanti dalla loro apertura, le occasioni di incontro e svago offerte al loro interno.

Sembra dunque un universo in cui ostilità e dipendenza si mescolano senza sosta. I partecipanti ai diversi laboratori territoriali organizzati nell'ambito del percorso partecipativo della centralità Romanina, hanno in diversi casi segnalato come spazio significativo all'interno del proprio quartiere proprio il centro commerciale.

In questa prospettiva, essi assorbono nuovi significati (Musarò, 2006). Nonostante le critiche, diffuse anche tra chi è parte integrante del loro mondo, i centri commerciali sono diventati a tutti gli effetti i centri di queste aree. Sono luoghi di incontro e di svago, ma offrono anche servizi primari (nidi per l'infanzia, biblioteche). Le interdipendenze tra centri commerciali e aree residenziali sono indubbie e testimoniate in vario modo. Sembrano aver interiorizzato gran parte della vita dei quartieri.

A Romanina, i parcheggi pertinenziali diventano spazi appetibili per pratiche altrimenti prive di localizzazione. Se la configurazione dei nuovi quartieri residenziali sancisce l’impossibilità di relazioni in pubblico e di interazioni spontanee, delle possibilità di incontro col diverso e l’estraneo (prerogativa tradizionalmente attribuita allo spazio pubblico), l’aggregazione della popolazione presso i centri commerciali rende questi ultimi luoghi privilegiati per questo tipo di interazione. I diversi centri commerciali dell’area offrono occasioni per stare e per incontrare, si aprono al pubblico la sera, con locali e pub, lasciano aperti i parcheggi coperti per raduni notturni del tutto particolari. In un contesto urbano completamente privo di possibilità di fruire della città a piedi, offrono un microcosmo fatto di piazzette, fontane e spazi educativi per l’infanzia. Dove la configurazione delle strade e delle rotatorie ostacola le relazioni tra parti adiacenti dei quartieri e il verde diviene margine invalicabile anziché fattore di comunicazione, tutte le strade portano ai parcheggi di centri più o meno grandi, che offrono gratuitamente campi da basket e giochi per i bambini. Infine, quando avvengono licenziamenti, le manifestazioni non si tengono di fronte al ministero del Welfare, ma all’interno di questi spazi. Ma il loro ruolo va al di là della sostituzione dei dispositivi tipici dello spazio pubblico tradizionale.

La struttura dei diversi insiemi urbani che compongono Anagnobia, unita all'isolamento che li contraddistingue, consente quasi esclusivamente l'incontro tra abitanti, spesso conoscenti, contraddistinti da similarità in termini di modi di abitare, esigenze, immaginari. La convergenza di flussi di popolazioni diverse tra loro, inaspettatamente si ritrova lì dove tutto dovrebbe essere dedicato al popolo dei consumatori. Immigrati, persone senza fissa dimora sono realtà abbastanza distanti dalla quotidianità degli abitanti di Anagnobia, di certo non riscontrabili all'interno dei quartieri, se non quando si trasformano in abitanti a loro volta e assumono dunque un rassicurante profilo di stabilità molto diverso da quello dei ragazzi che si offrono di caricare la spesa in macchina in cambio di qualche spicciolo. La figura dello straniero vero e proprio, di ciò che è distante da sé si ritrova soltanto qui, come soltanto l'osservazione diretta può restituire. Il popolo dei senza voce, di coloro che non trovano rappresentanza né attraverso percorsi di coinvolgimento attivo né attraverso la rete si dà appuntamento qui.