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Riassumendo, il network potrebbe non essere la forma migliore per acquisire co- noscenze ed innovazioni da agenti esterni come supplier, competitor e altre or- ganizzazioni orizzontali rispetto all’impresa. In questo senso, un’alternativa che

può rivelarsi più efficace ed efficiente è costituita da fusioni ed acquisizioni co- me metodo per appropriarsi e costruire su idee generate all’esterno dei confini organizzativi.

Ad un primo livello di analisi, l’acquisizione dipende sempre più spesso dalla ne- cessità di ottenere know-how tecnologico e nuove capacità tecniche. L’utilizzo di questo strumento viene talvolta considerato come parte di un processo naturale: a titolo esemplificativo anche la letteratura sulla resource-based view sostiene che le acquisizioni siano fondamentali, allo scopo di redistribuire le risorse verso usi più produttivi. Secondo una prospettiva economica, le acquisizioni possono com- portare economie di scala e di ampiezza, nuovi canali di distribuzione, sinergie finanziarie.

Nella letteratura relativa alla gestione delle organizzazioni e dell’innovazione, l’M&A è considerato come uno dei metodi più efficaci per rinnovare e per re- vitalizzare l’organizzazione. Come evidenziato dalla teoria delle core rigidites, le imprese tendono a diventare troppo focalizzate, rigide e statiche. Laddove il conflitto fra exploration ed exploitation sia sbilanciato verso quest’ultimo, l’im- presa tende a rifinire le routine relative al prodotto e al processo, filtrando pro- gressivamente quelle meno performanti: questo fine-tuning riduce la varietà della knowledge base, promuove l’ossificazione e una "irrefrenabile ossessione con un singolo obiettivo" (Vermeulen e Barkema,2001).

Le acquisizioni possono invece evitare la trappola delle competenze e della sem- plificazione. Sottoponendo la stessa organizzazione a shock continui e regolari co- me le acquisizioni, meno radicali di quanto possa essere l’introduzione di una tec- nologia disruptiva o un cambio di paradigma, l’impresa può rompere la propria rigidità e l’inerzia, infondendo nuove conoscenze e pratiche.

Oltre all’impatto positivo sulle competenze e sulle flessibilità organizzative, le ac- quisizioni permettono alle imprese di avere un maggiore potere di mercato, di su- perare le barriere all’ingresso, entrare in nuovi mercati rapidamente, acquisire ri- sorse finanziarie e l’accesso a strumentazioni. L’insieme di questi vantaggi risulta

particolarmente fondamentale in mercati in cui la tecnologia è incerta e i cicli tec- nologici sono particolarmente brevi: attraverso l’acquisizione, le imprese possono ridurre di buona misura il tempo che altrimenti servirebbe loro per sviluppare le capacità e le competenze necessarie a competere sulla nuova tecnologia.

Ahuja e Katila (2001) invitano a considerare un ulteriore effetto che le acquisizioni hanno sulla capacità di innovazione, il quale prende la forma di un paradosso: anche qualora l’impresa acquirente riducesse le spese di ricerca e sviluppo, gra- zie alla riduzione dei progetti duplicati, e anche nel caso in cui il management diventasse più avverso ai rischi a seguito del processo di integrazione, la produ- zione di R&D crescerebbe comunque, grazie alla combinazione delle skill e delle conoscenze dei team prima separati.

Tuttavia, le acquisizioni non sono prive di rischi e di effetti negativi. Già Prabhu et al. (2005) evidenziano come i risultati delle ricerche empiriche svolte sul tema non siano incoraggianti: il problema principale è costituito dalle prestazioni post- acquisizione, sia dell’impresa acquisita che dell’acquirente, spesso dovuti ai pro- blemi di integrazione che portano ad un declino della profittabilità dell’impresa acquisita.

A questo problema si devono aggiungere i costi che le acquisizioni richiedono, sia in termini di takeover che di integrazione, in forma finanziaria, di tempo e di attenzione del top management. Inoltre uno dei maggiori rischi per l’impresa ac- quirente è quello di procedere, iterazione dopo iterazione, solo attraverso M&A, di fatto restando bloccati in una traiettoria di "acquisition-only" e smettere di inno- vare individualmente (Vermeulen e Barkema,2001). Infine, Ahuja e Katila (2001) ricordano che l’acquisizione ha valore solo qualora la conoscenza venga realmente trasferita da un’organizzazione all’altra.

Per meglio comprendere quest’ultimo punto, Prabhu et al. (2005) destrutturano il problema pensando all’M&A come l’unione di due basi di conoscenza, caratteriz- zata da tre dimensioni e dal loro impatto sulla perfomance di integrazione:

• la profondità della base di conoscenza, ovvero la quantità di conoscenza ac- cumulata in una limitata area tematica. Una profondità elevata può generare

core rigidities, ma se troppo superficiale impedisce all’impresa di sviluppa- re nuova conoscenza. A sua volta, se la base di conoscenza da acquisire è troppo profonda, può generare difficoltà nella fase di integrazione, oppure non sufficientemente disruptiva se troppo superficiale.

• l’ampiezza, il numero di campi di conoscenza in cui l’impresa è esperta: se elevata, può portare all’annacquamento delle risorse, ma se troppo ristretta genera core rigidities. Come per la profondità, anche un’ampiezza eccessiva della base di conoscenza da assorbire risulta in un declino della performance di integrazione.

• similarità, intesa come la sovrapposizione delle due basi di conoscenza: co- me suggerito dalla teoria dell’absorptive capacity, una sovrapposizione deve esistere affinché le due organizzazioni abbiano una base di partenza da cui avviare l’integrazione. Tuttavia una sovrapposizione troppo alta comporta uno scarso guadagno, in termini di conoscenza, dall’acquisizione, mentre se non esistono punti in comune le difficoltà di comunicazione inibiscono l’integrazione.

Le caratteristiche della base di conoscenza delle due imprese possono agire quin- di come forza che modera la performance dell’integrazione e post-acquisizione, ma non sono le uniche: Vermeulen e Barkema (2001) suggeriscono inoltre la cul- tura organizzativa, lo stile di management, la diversità fra le linee di business perseguite, la logica dominante sia a livello mercato che a livello della singola impresa.

Queste costose differenze fra organizzazioni sono al contempo la principale fonte di opportunità per sinergie e apprendimento. Come suggeriscono Vermeulen e Barkema (2001), anche laddove le pratiche della nuova organizzazione non siano perfettamente integrate, esse possono comunque influire positivamente sulla rigi- dità delle mappe mentali - intese come strutture cognitive - delle configurazioni organizzative e dei processi. La capacità dell’impresa di integrare nuove real- tà rappresenta anche una curva di apprendimento, per cui nel tempo può essere velocizzato, reso più efficiente e meno rischioso.