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L A M ORFOLOGIA D ELL ’E SEMPIO I N M AZZA 256 La struttura del racconto.

Nella struttura dell’exemplum è possibile distinguere un nucleo centrale di tipo narrativo, che racconta generalmente un evento singolare, l’avventura accaduta un giorno a una o più persone. Questo è l’aneddoto esemplare. L’aneddoto può essere diviso in due parti: la narrazione propriamente detta, che è obbligatoria, e la menzione facoltativa del canale attraverso il quale la narrazione è giunta al narratore (i vari «si legi» o «cunta»), che talvolta può essere sostituita da espressioni quali «in una cità» o «poco tempo si fa che», che ci introducono direttamente al racconto.

Prima dell’aneddoto vi è la lezione dell’aneddoto, un testo normativo; talvolta, dopo l’aneddoto, Mazza pone la morale. Per dirla con Gagliardi, «La chiusura moralistica, quando c’è, rende esplicito ciò che nel racconto era implicito, trasferendo alla coscienza ciò che l’immaginazione aveva subito»257. La lezione, che

esprime un concetto di natura dottrinale, generalmente attraverso un’opinione del frate ma talvolta anche con una massima o una sentenza di un’autorità (che può essere dell’antichità classica - dunque laica e pagana - o cristiana), viene presentata al modo indicativo. Mazza glossa o amplifica con exempla la citazione di una autorità, secondo quanto era comune nella tradizione omiletica. Talvolta gli esempi si succedono senza soluzione di continuità, con una struttura a grappolo tematico (si vedano ad esempio Amatorium [65]-[70]258, tutti sulla perdita della libertà; Amatorium [80]-[85] sulla

conservazione della castità; Amatorium [95]-[104] sulla donna causa di peccato). Talaltra prima dell’exemplum vi è una similitudine (per esempio in Amatorium [21]).

L’aneddoto si oppone alla lezione come un evento individuale a una regola generale. L’illustrazione della lezione per mezzo dell’aneddoto può avere due forme distinte: sineddochica e metaforica; il primo tipo risulta decisamente maggioritario, mentre esempi metaforici sono Amatorium [66], [88], [109], [131], [170] e [193], ove si chiarisce però il senso della metafora: la donna, bella davanti e putrida dietro, è la Chiesa.

L’esempio sineddochico illustra la regola generale attraverso una delle sue manifestazioni particolari. Questo esempio cita un caso tra mille. La lezione che si inferisce mette in gioco il precetto implicito: ab uno disce omnes259, dunque con una generalizzazione

256 Faccio mio il modello di analisi strutturale che Bremond applica agli exempla

di Jacques de Vitry, cfr. Claude Bremond, Jacques Le Goff, Jean-Claude Schmitt, L’«exemplum», cit., pp. 113-143.

257 Antonio Gagliardi, “Exemplum” e novella tra Due e Trecento, in La Nouvelle Romane (Italia – France – España), sous la rédaction de José Luis Alonso Hernández, Martin Gosman, Rinaldo Rinaldi, Amsterdam – Atlanta, GA 1993, pp. 1-11, per la citazione p. 3.

258 Si indicherà tra parentesi quadre il numero dell’exemplum, rimandando dunque

alla scheda, in cui viene indicato il numero della carta.

induttiva, dal caso particolare alla legge universale; il fatto è presentato sempre come verosimile. Questo tipo di esempio presuppone un’identità di statuto tra eroe/personaggio dell’esempio e destinatario.

L’esempio metaforico illustra la regola generale ricorrendo a un’analogia. L’aneddoto non ricorre più a una manifestazione interna alla regola, bensì a un fatto esterno che le assomiglia. È assimilabile per qualche tratto ma differisce per altri. Il meccanismo dell’esemplificazione presuppone non la semplice generalizzazione ma la trasposizione dell’aneddoto attraverso una serie di assimilazioni. La storia non deve essere necessariamente vera. La favola animale, la parabola, l’allegoria, la semplice similitudine sono il materiale abituale dell’esempio metaforico; nel nostro corpus ad esempio abbiamo due casi di favola esopica260.

Nell’esempio metaforico il passaggio dalla lezione introduttiva all’aneddoto o da quest’ultimo alla morale posta alla fine del racconto, non è marcato per far attivare presso l’uditorio il meccanismo di codificazione e decodificazione, dunque non vi è preoccupazione perché il lettore/uditore possa recepire erroneamente il messaggio. Tuttavia, in Amatorium [88] s. Francesco - alle cui parole è affidata la narrazione dell’exemplum - alla fine dello stesso spiega la simbologia, dunque chiarisce il messaggio. Ricordiamo brevemente l’aneddoto: una vergine possiede una gemma preziosa che cinque fratelli, personificazione dei cinque sensi, tentano di possedere. Ella non la cede se non a un re, che la fa regina del suo regno. Il re, come precisa Francesco, è metafora di Dio.

In Amatorium [131] la metafora non viene introdotta da alcun aggettivo come «simili» o suoi sinonimi, né da espressioni come «così come»; tuttavia alla fine del racconto vi è la morale dell’autore, accompagnata da una similitudine: «Ché sin como lo palo ad colpo ad colpo se calca in terra et poi ad colpo ad colpo se ne leva, cossì la mente humana assentendo mo ad una mo ad un’altra cogitatione immunda, vene in lo predicto grado de passione; così confutando mo una mo un’altra cogitatione immunda et la sancta meditando, vene al tutto mundo templo de lo Spiritu Sancto».

In Amatorium [169], il noto racconto dell’unicorno è introdotto dall’aggettivo «simili», che introduce l’aneddoto. Per il resto, i rimanenti esempi metaforici presenti in Amatorium non vengono segnalati da una formula particolare.

In Scala sono metaforici: [4], [6], [35], [38]. Essi non vengono introdotti da una formula particolare, dunque la metafora non è segnalata in alcun modo.

260 Cfr. Claude Bremond, Jacques Le Goff, Jean-Claude Schmitt, L’«exemplum»,

Le formule introduttive.

L’aneddoto può dividersi in due parti: il racconto e la menzione della fonte o del canale d’informazione. Non vi è differenza nell'uso della formula introduttiva che indica il canale, né l’uso di un tipo di formula piuttosto che un’altra è legata a una maggiore o minore autenticità della lezione.

Amatorium: su 213 exempla, 72 sono le formule introduttive,

ciascuna di esse con una diversa ricorrenza:

Formula introduttiva Ricorrenza

Pone che 1 Si pone 1 Dice 1 Se dice 5 Si dice 1 Dice lo testo 1

Dicendo un sancto patre 1

Se parla 1 Te lo mostro 1 Unde 8 Conteria 1 Te cunto 1 Cuntano 1 Se cuncta 7 Si cuncta 2 Se cunta 2 Cunta 5

«como nel X de li numeri

si lege, cunta» 1 Conta 2 Cuncta 2 Recunta 2 Reconta 1 Recontò 1 Contò ad me 6 Contò ad mi 1 Narrò 1 Narrò ad me 3 Narrano 1 Se narra 3

Si narra 4 Como narra 1 Narra 10 Narrasi 3 Cantano li versi 1 In una parte 3 Questo pure so 1 So io 13 So certo 1 Se lege 20 Lege 2 Legi 1 Unde […] se lege 11 Unde […] si lege 4 Si lege 15 Legesi 3 Se scrive 2 Si scrive 1 Se fa menzione 1 Recita 1 Mostra Cristo 1 Aduce 1 Appare questo 1 Como appare 3

Questo uno dico 1

Dico questo 1

Voglo dire questo qua 1

Cognosco io 1

Intesi io 1

Una volta confessando 1

Poria io contare 1

Saperia io qua contare 1 Non voglio per utilità de li audienti tacere ma […] narrare 1 Io audecti contare 1 Io dire intesi 1 Io intesi 1 Recordamesi 1

Continere non mi posso 1 Dire solum voglio 1

In una cità 3

Ad una parte de questo mondo

1 Poco tempo si f ache 2 Circa anni xviii si fa che 1

Non ho tenuto conto di altri incipit («et Tito Vespasiano», «et allo abbate Sisoi», «Havia el prefato beato Francesco», «Una persona ecclesiastica», etc.) che non presentano una forma - diciamo - canonizzata, ciascuno di essi ricorrente una sola volta negli exempla trascritti. Va da sé che tali incipit (ventiquattro in tutto) sono riportati nella scheda posta in appendice e dunque verificabili.

Scala:

Formula introduttiva Ricorrenza

Si cunta 3 Cunta 8 Recunta 2 Narra 4 Legi 1 Si legi 26 Legisi 3 Si scrivi 4 Scrivi 1 In una cità 1 Legimo 1 Una vota 1 Dichi 3 Scrivi 3

Prova sancto Thomasi et poni exemplo 1 Si recunta 1 Mi dissi 1 Como appare 1 Mustrasi in ço 1 Recita 1

Si dichi 2 Recunta 2 Poni che 1 Si ligi 1 Audivi 1 Lu mustra 1 Mostrasi 1 Poni 1 Si poni 1 Dichi 1 Si mostra 1 Exemplo havemo 1 Legimo 1

L’autenticità deriva dall’autorità della cosa letta e quindi scritta, oltre che dalla parola pronunciata da persone fededegni. Da qui il ricorso ai vari «si lege» (con le sue varianti) che è la formula più ricorrente: essa rimanda per l’appunto a una fonte scritta, autorevole, e ci introduce - almeno in apparenza261 - nella

biblioteca dell’autore. Mazza dimostra di seguire la tradizione: evidentemente si rifà ai legi/legimus/legitur che ritornano con frequenza all’inizio di numerosi dei racconti esemplari della tradizione mediolatina. Segue per frequenza «se cunta/cuntano etc.», che ancora una volta fanno riferimento a delle fonti scritte, siano esse la Bibbia, le Vitae Patrum, Boccaccio, o le più generiche «istorie» (in quest’ultimo caso è verosimile che quando il frate fa riferimento a racconti quali quello di Clitennestra ed Egisto - Amatorium [6] - o Amatoium [176], che narra la storia del diavolo ingannato da una donna, molto diffuso nella tradizione esemplaristica, è verosimile si diceva che il frate abbia attinto a una tradizione scritta; negli altri casi in cui ricorre il termine «istorie/historie» - che ha in tutto quindici occorrenze - non è sempre possibile stabilire il canale di trasmissione). Solo in pochi casi l’utilizzo di “raccontare” in una delle sue varianti potrebbe essere attribuito a una fonte orale, per esempio in Amatorium [175], quando si dice che «In uno sermone recunta sancto Bernardino»: qui di fatto potrebbe trattarsi di un racconto giunto oralmente alle orecchie di Mazza, come pure di un racconto che il frate ha letto in una reportatio. In ogni caso è evidente che la fonte principale, il canale preferenziale, è la scrittura.

Segue l’utilizzo di “narrare”, nelle sue varie declinazioni. Anch’esso fa quasi sempre riferimento a una fonte scritta (la Legenda aurea, Boccaccio, Tito Livio, Esopo, le Vite dei Padri, etc.).

Anche espressioni come «Sancto Gregorio narra» (Scala [56]) sono varianti dell’indicazione di un canale d’informazione scritto. Fanno eccezione naturalmente quei racconti introdotti da «narrò ad me», frutto di racconti orali di cui Mazza è evidentemente il destinatario prima di esserne a sua volta reportator. Insomma, il peso della fonte scritta è maggioritario senza dubbio alcuno (altre formule introduttive che rimandano a una fonte scritta sono «appare», «mostra», «pone», e naturalmente «si scrive»). Mi pare chiaro che a questa altezza cronologica l’exemplum è improntato a fonti scritte e d’altra parte nell’utilizzo che ne fa Mazza è a sua volta affidato alla scrittura dei suoi trattati e quindi alla lettura che ne farà il destinatario, il narratario, ovvero il lettore che l’opera implica262,

confermando di fatto una tendenza che si era andata già affermando:

Surtout li éinitialement au monde de la parole (entendue: audivi…, puis prêchée), l’exemplum entre toujours davantage à la fin du Moyen Age dans celui de la culture livresque: dans leur grande majorité les exempla ne sont plus empruntés qu’à des sources écrites, à commencer par les recueils antérieurs; ils ne sont plus offerts seulement à l’audition collective du sermon, mais à la lecture individuelle du «moralités»263

Tuttavia ha un suo peso anche la fonte orale, la tradizione folklorica e l’esperienza personale, la sua testimonianza diretta, come testimoniato dai «narrò ad me», «io audiecti contare» (si rammenti la formula latina audivi), «io dire intesi», «recordamesi» (memini nella tradizione mediolatina), «cognosco io»: qui si sottolinea l’importanza della testimonianza diretta del frate, tali formule hanno una funzione di autenticazione indiretta: egli ha conosciuto la persona cui l’avventura è accaduta, o in una certa misura ha controllato i fatti, quando non ne è stato testimone diretto. Dunque egli, ancorché non sia stato sempre presente, dà autorevolezza ai fatti raccontati. In tal modo anche l’aneddoto acquisisce dignità.

Queste formule consentono di distinguere il modo della tradizione, non il livello di cultura da dove provenivano i racconti. Mazza ha ascoltato o letto delle storie che poi riversa nei suoi trattati; il nome e la fama garantiscono l’autenticità del racconto che dà vita all’esempio. A parte i casi di osservazione diretta, c’è sempre un racconto dotto, libro o testimonianza scritta che si interpone tra la tradizione orale, eventualmente folklorica, e il nostro frate.

Ancora, «si dice» introduce un esempio in cui l’autenticità non è importante per la lezione. Talvolta fa riferimento a un tratto leggendario attribuito a un personaggio celebre.

262 Sul lettore implicito cfr. Cesare Segre, Avviamento all’analisi del testo letterario,

Einaudi, Torino 1999, pp. 13-14.

263 Claude Bremond, Jacques Le Goff, Jean-Claude Schmitt, L’«exemplum», cit.,

I racconti quale modello d’azione meritoria o demeritoria.

In taluni casi - pochi per la verità - è possibile incontrare una costruzione a scatola cinese, in cui un racconto di secondo grado è inserito in una narrazione di primo grado, come in Amatorium [131], [139], [149], [178], [189]; una struttura a cornice di tipo rudimentale, nulla a che vedere con la complessità della narrativa orientale264. Prevale invero un modello occidentale di raccolta dei

microtesti: «basato su un criterio di raccolta “esterno” e classificatorio, [esso] conduce all’assemblamento di testi riuniti per accostamenti retorico-stilistici [quello dell’exemplum] e per categorie logico-tematiche [la condanna della lussuria, dei mali della Chiesa, dell’egoismo, etc.] ai quali il compilator conferirebbe una certa omogeneità»265. Nei pochi casi prima menzionati, invece, Mazza

inizia un racconto in cui sono presenti uno o più personaggi che a loro volta si fanno narratori di un racconto di secondo livello266

che serve da paradigma ai personaggi di primo grado - e quindi, naturalmente, ai lettori/uditori di Mazza -; i racconti sono mediamente brevi, dunque i racconti interni sono anch’essi lineari, si limitano a poche righe. Siamo distanti dalla complessità delle Mille e una notte o del Calila e Dimna, in cui i racconti imbricados si moltiplicano a dismisura. Il tipo di relazione tra i racconti e la cornice dottrinale è di tipo tematico, per dirla con Genette, «che non implica dunque nessuna continuità spazio-temporale fra metadiegesi e diegesi» e che «può d’altronde esercitare un influsso sulla situazione diegetica, quando viene percepita dall’uditorio» o dai lettori267.

Vi sono poi casi - che sono la minoranza – in cui è presente una morale alla fine dell’exemplum, che serve a chiarire il significato del racconto, lo rende esplicito e talvolta conferma quanto già espresso dalla lezione, per es. in Amatorium [6], dove si dice: «Per li quali exempli se conclude lo intento del proposito nostro che fo de mostrare como lo amor voluptuoso transforma et priva de lu sensu de la vista corporale [...]»; ancora, Amatorium [2] e [11] - la cui morale però si riferisce anche a quelli precedenti, riassumendo che l’amore priva l’uomo di tutti i sensi - , [26], [68], [88], [90], [92], [102], [179], [181], [184]. In Scala, la morale è esplicitata in: [7], [28], [32], [48]. In tali casi è dunque possibile individuare uno spazio della morale e uno del narrato sia nella cornice dottrinale sia nei

264 Sulla cornice novellistica, cfr. M. Picone, Tre tipi di cornice novellistica: modelli orientali e tradizione medievale, in «Filologia e critica» 13, 1988, pp. 3-26; A. Pioletti, Della tipologia della cornice narrativa, in Poetica medievale. Confronti e incontri: tradizione arabo-islamica e tradizione occidentale. Atti del Convegno Internazionale (Bologna, 11-13 maggio 2000), a cura di P. Bagni, M. Pistoso, Carocci, Roma 2003, pp. 13- 27, e A. Varvaro, Forme di intertestualità. La narrativa spagnola medievale tra Oriente e Occidente, in «Annuali dell’Istituto Universitario Orientale – sezione romanza» 27, 1985, pp. 49-65.

265 Antonio Pioletti, Della tipologia, cit., p. 16.

266 Sui livelli narrativi cfr. Genette Gérard, Figure III. Discorso del racconto, Einaudi,

Torino 2006, pp. 275 ss.

microtesti. «Potremo allora registrare una cornice-commento […] e un narrato-commento»268.

I vari racconti propongono modelli d’azione meritoria o demeritoria che portano alla salvezza o alla perdizione; la prova cui sono sottoposti i vari personaggi può dipendere dal caso, dal diavolo, da Dio, dall’amore. Nel caso in cui il modello proposto è di tipo meritorio, si ha un personaggio la cui condotta positiva funge da modello (come nelle condotte esemplari dei martiri o in generale dei Padri del deserto, o ancora nell’esempio della meretrice che cambia vita - Scala [42]); oppure vi è un personaggio non connotato dall’inizio per essere un modello positivo e che però alla fine si redime, come in Scala [96]. Se invece l’esempio mette in campo un modello demeritorio, vi è un inventario paradigmatico dei peccati, spesso il protagonista di turno resta soggiogato dal lascivo amore (talvolta perché ispirato dal diavolo) e perde la serenità, arriva a odiare il marito (giacché spesso sono le donne naturalmente a essere le peccatrici) e i figli, dilapida fortune lasciate(le) in eredità, perde qualunque capacità di discernimento. In taluni casi vi è una punizione evidente (la morte, la dannazione eterna, la vendita e la conseguente schiavitù, il postribolo), in talaltri è sufficiente già la sofferenza arrecata dalle conseguenze di questo amore (la perdita del sonno, la disperazione provocata dalla lontananza dell’amato, etc.). La ricompensa o la punizione si possono avere qui o nell’aldilà, sicché ad esempio l’amore dissoluto può portare all’uccisione dei due amanti o di uno soltanto dei due, una condotta di vita informata all’egoismo e al peccato sarà causa di dannazione eterna (e allora ecco un consesso di diavoli venuti a portarsi via l’anima del morto); ovvero la messa alla prova della fedeltà al marito (non solo in senso fisico), che costa sofferenza alla moglie, si conclude con un happy end come nelle migliori delle favole (cfr. Scala [65]); o ancora l’attaccamento ai beni terreni (dunque non solo l’amore dei sensi) o alla gloria può essere seguito da una sconfitta o da una morte improvvise (cfr. Amatorium [185] e [187]).

Si prenda ad esempio Scala [20]:

Aneddoto: Marina e Teodora si fingono uomini e prendono abiti

monacali. Due donne rimangono incinte ma sono senza marito, perciò accusano Marina e Teodora, le quali accettano di fare penitenza per il peccato, ancorché siano naturalmente innocenti269.

268 Antonio Pioletti, Della tipologia, cit., p. 23.

269 Siamo in presenza di uno di quei motivi minori che Quintino Cataudella

individua quali elementi comuni tra racconto agiografico e romanzo greco erotico: il travestimento (da donna a uomo e viceversa), cfr. Quintino Cataudella, Vite di santi e romanzo, in AA. VV., Letterature comparate. Problemi e metodo. Studi in onore di Ettore Paratore, Pàtron, Bologna 1981, pp. 931-52. Sul travestimento in abiti monacali cfr. infra, nota ???. Si noti che qui viene sovvertita la condanna che il Medioevo fa dei travestimenti, che invertono «le identità sessuali fissate da Dio e che sono una componente dell’ordine sociale», cfr. Jean-Claude Smith, Corpo e anima, in Jacques Le Goff, Jean-Claude Schmitt (a cura di), Dizionario dell’Occidente medievale, cit., pp. 253-267, p. 262.

Messa alla prova: occasione offerta di rivelare la propria identità

e così scagionarsi dalla falsa accusa.

Merito: decisione di mantenere segreta l’identità e soprattutto di

farsi carico della colpa.

Lezione: non bisogna cercare scuse di fronte al peccato

commesso; i santi, a cui è promessa la vita eterna, non solo sono sempre pronti ad ammettere la loro colpa, ma accettano finanche colpe che non hanno commesso.

Ancora, in Scala [41]:

Aneddoto: Un uomo vive sessant’anni su un albero,

contemplando Dio, nutrito tutti i giorni da un angelo. Un giorno vede dei ladri assaltare una casa e catturare una fanciulla, col proposito di violentarla. Fra di essi però ve n’è uno che tenta di difenderla e per questo viene ucciso. Subito la sua anima è raccolta dagli angeli. Vedendo ciò, il vecchio pensa di scendere dall’albero e andare per il mondo a godere dei beni materiali, per poi, negli ultimi giorni della sua vita, dedicarsi di nuovo a Dio. Tuttavia, mentre scende dall’albero, cade e muore, andando all’Inferno.

Messa alla prova: occasione offerta di continuare la vita eremitica

nonostante l’esperienza fatta di un uomo dalla cattiva condotta cui è sufficiente una sola azione positiva per avere l’anima in salvo.

Demerito: decisione di andare per il mondo e godersi la vita. Lezione: il retto agire deve improntare tutta la vita dell’uomo.

Tuttavia non tutti gli exempla seguono questo tipo di struttura. Vi sono casi, infatti, in cui il racconto serve solo a illustrare la verità dell’argomentazione dottrinale, presentando sì un’azione che è meritoria o demeritoria, ma senza che vi sia una prova da superare (ad esempio in Scala [17]: San Francesco tiene sempre la mente impegnata in sante meditazioni)270. Talvolta, poi, l’aneddoto

oppone due individui in quanto rappresentanti di valori contrapposti, messi a confronto, specie nei racconti di martiri e di tiranni o di donne tantatrici e tentati. Un siffatto schema bipolare, che oppone buoni e cattivi, presenta il vantaggio di essere facilmente memorizzabile.

La narrazione segue l’ordine cronologico delle fasi della sequenza esemplare: Mazza espone le circostanze introduttive, quindi la prova, descrive come merito/demerito le reazioni dell’eroe o delle comparse, seguono quindi la ricompensa o la punizione, le sanzioni in questo mondo o nell’altro.

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