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1 Processo traduttivo: dall’analisi alla produzione

1.4 Macrostrategia traduttiva

La traduzione è un‘attività che coinvolge almeno due lingue e due culture, e di conseguenza due sistemi di norme a ogni livello. Il valore della traduzione può essere riscontrato sulla base di due requisiti: essere un testo in una data lingua e quindi occupare una posizione nella cultura appropriata; essere una rappresentazione in un‘altra lingua e un‘altra cultura di un testo esistente in un‘altra lingua che appartiene ad un‘altra cultura nella quale occupa una posizione ben definita. Toury (Toury 2000: 199) introduce il concetto di norme

traduttive, intese come la traduzione di valori e idee condivise da una comunità in istruzioni

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Il traduttore dovrà fare una scelta iniziale, che Toury definisce initial norm, e decidere quale dei due principi applicare alla sua traduzione: può decidere di assoggettarsi al testo originale e alle norme che lo governano creando una traduzione che condivide le norme del testo originale e di conseguenza quelle della cultura e lingua di partenza; sarà una traduzione

adeguata che tuttavia comporterà la presenza di incompatibilità con le norme della lingua e

cultura di arrivo. Dall‘altro lato, il traduttore può scegliere di assoggettarsi alle norme attive nella cultura di arrivo e ciò porterebbe a inevitabili cambiamenti rispetto al testo originale. Questa scelta determinerebbe l’accettabilità di una traduzione. La presenza di una initial

norm si riferisce al fatto che questa sia predominante su altre norme più specifiche e

appartenenti a livelli inferiori più specifici. Il tipo di priorità con la quale ci si riferisce a questa norma è logico e non coincide con un ordine cronologico di applicazione.

Dunque, Toury afferma che l‘accettabilità o l‘adeguatezza della traduzione non possono essere definite a priori e perseguite per tutto il processo traduttivo, in ogni livello della traduzione; anzi è più visibile una contraddizione tra la scelta-norma iniziale che si riconduce a un principio e la scelta traduttiva a livelli specifici che si riconduce al suo opposto.

Dunque si deve pensare che le decisioni traduttive necessariamente coinvolgeranno delle combinazioni ad-hoc dei due estremi implicati dalla norma iniziale (Toury 2000: 199- 202). Per questo motivo, la macrostrategia impiegata nella traduzione non può assoggettarsi ad una sola norma iniziale.

Newmark definisce i due approcci traduttivi come traduzione comunicativa e

traduzione semantica. La prima cerca di produrre sui suoi lettori un effetto quanto più

possibile vicino a quello ottenuto nei lettori originari; la traduzione semantica, invece, tenta di rendere l‘esatto significato contestuale del prototesto grazie alla precisione delle strutture semantiche e sintattiche della lingua di arrivo. Egli afferma che la traduzione comunicativa è incentrata sul lettore di arrivo, che si aspetta di trovare un trasferimento di elementi stranieri nella sua cultura e nella sua lingua; tuttavia il traduttore deve rispettare e lavorare sulla forma del prototesto dato che rappresenta la base del suo lavoro. La semantica rimane all‘interno della cultura originale e assiste il lettore soltanto nelle connotazioni della cultura che costituiscono l‘essenziale messaggio umano del testo. Tuttavia, egli afferma che non esiste una traduzione completamente comunicativa o completamente semantica, tanto che, perfino in una stessa frase, potrebbero attuarsi strategie sia semantiche che comunicative per ottenere una traduzione finale.

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In linea di massima si può affermare che la strategia impiegata nella traduzione oggetto della tesi è comunicativa, in quanto cerca di avvicinarsi al lettore e alla cultura target puntando sulla resa del messaggio, grazie alla possibilità di poter intervenire sulla logica dei fatti, eliminare ripetizioni e tautologie, sostituire strutture poco accurate con strutture sintattiche eleganti o più funzionali (Newmark 2001: 39-42). Allo stesso tempo è stata attuata anche la strategia traduttiva semantica, in quanto si è cercato di far emergere la peculiarità della cultura di origine, si è cercato di far capire al lettore di arrivo il mondo nel quale avviene la vicenda mantenendo vivo l‘elemento esotico che si cela dietro nomi, pensieri e consigli della protagonista.

È doveroso ricordare che, in qualsiasi forma di traduzione, che comporti traduzione o

no, si verifica una perdita (Lefevere 1982: 11, cit. in Osimo 1998: 53), perdita che Osimo

chiama residuo comunicativo (Osimo 2001: 77) e che è composta da tutte quelle informazioni che in fase di traduzione risultano difficili da trasporre nel metatesto e che dunque vengono omesse. La scelta della dominante e delle strategie traduttive aiuta il traduttore a ridurre al minimo questa perdita al fine di trasferire nel metatesto quanto più possibile.

Nei paragrafi successivi si prenderanno in considerazione soltanto quegli aspetti che hanno necessitato di una maggiore analisi e ricerca al fine di trovare la traduzione più adatta, per rendere il metatesto funzionale. Piuttosto che elencare ogni problema traduttivo a livello linguistico o extra-linguistico, si è preferito concentrarsi su quei problemi traduttivi che hanno richiesto una particolare attenzione al fine di essere risolti: dunque si procederà elencando il macroproblema e i microproblemi ad esso attinenti, spiegando il trattamento traduttivo messo in atto al fine di trovare il giusto equivalente.

2 Il livello della parola: tecnicismi e influenze straniere

Come afferma Baker, per poter comunicare il significato totale di un enunciato bisogna saper decodificare la più piccola unità di linguaggio portatrice di significato, ossia la parola (Baker 1992: 10-11). La parola può essere portatrice di significato che Baker definisce, facendo riferimento a Cruse, proposizionale, espressivo, evocato e presupposto (Baker 1992: 11). Queste tipologie di significato fanno parte del significato lessicale, definito come il valore specifico di una parola, nel preciso sistema linguistico di appartenenza e la personalità che esso acquista attraverso l‘uso della parola all‘interno di questo sistema (Baker 1992: 13- 15). Dunque, si evince che le parole acquistano significato all‘interno del sistema al quale appartengono e i loro significati possono essere realizzati in contesti specifici. Il traduttore

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deve cercare di cogliere appieno i significati delle parole in un dato contesto in modo da poterli rendere nel metatesto; la scelta dell‘equivalente migliore è dettata da molteplici fattori, linguistici e non, e spesso si giunge alla conclusione che non esiste il preciso equivalente linguistico, per cui bisogna ricorrere a delle strategie che aiutino a risolvere il problema.

In questo prototesto il problema traduttivo non è stato riscontrato nella traduzione delle parole intese nella loro connotatività, nonostante la loro polisemia. Sono state messe in atto strategie per lo più comunicative per quanto riguarda il lessico in generale, inteso come facente parte del linguaggio comune, e quindi si è avuto un certo grado di libertà nel rendere il significato delle parole con lo scopo di rispettare l‘intento dell‘autore da una parte, e dare credibilità al testo nella cultura d‘arrivo dall‘altra.

Si è riscontrato un problema, invece, quando la parola assume la valenza di termine appartenente a linguaggi specifici. Infatti, quando si entra in contatto con un linguaggio settoriale o un gergo, si fa riferimento alla caratteristica denotativa della parola e questo fa sì che vi sia una precisa referenzialità tra parola e significato oggettivo (Serianni 2003: 80).

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