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Il maestro come “soggetto sociale”: centralità della dimensione della

3. Presupposti e condizioni dell’esperienza educativa

3.3 Il maestro come “soggetto sociale”: centralità della dimensione della

Educarsi è nella natura stessa dell’educazione: significa essere coinvolti con chi si educa ed essere entrambi condotti dentro l’esperienza della realtà, conoscendola ed amandola e sviluppando così la propria personalità, nell’esercizio continuo delle proprie capacità e doti, nel continuo superamento del proprio limite.

E ciò permette di comprendere anche quella dimensione di responsabilità sociale che l’educazione assume in Cometa. È questo d’altra parte il compito di una vita adulta socialmente condivisa, che educa perché vuole trasmettere la vita e si rinnova continuamente perché educa29. Ed è questa la dinamica

naturale che accade in un corpo sociale vivo, in primis in quel primo nucleo e risorsa che è la famiglia.

Arriviamo qui ad uno degli aspetti più specifici di Cometa. Nei dialoghi e nelle trascrizioni degli incontri con le diverse figure adulte che intervengono nell’esperienza educativa, così come dalla struttura stessa della scuola (fisicamente connessa ai luoghi di vita delle famiglie e dell’accoglienza dei

29Sul rapporto tra educazione e trasmissione della vita vedi le conclusioni di L. Lafforgue

I saggi e la scuola, in L. Lafforgue, L. Lurcat, La disfatta della scuola. Una tragedia incompresa,

68 minori) emerge il continuo richiamo all’”origine”, all’esperienza, ai fattori ed alle dimensioni da cui tutto ha avuto sviluppo: l’accoglienza.

Una accoglienza vissuta con quella particolare sensibilità per la bellezza e di rispetto per il mistero dell’altro come ”ospite” che deriva dall’esperienza dei fondatori.

Riportiamo a tale proposito una significativa ed illuminante testimonianza di Erasmo Figini, resa in un dialogo con Luca Doninelli:

“Fin da quando ho avuto l'uso della ragione, mi sono sentito accolto dai miei genitori e amato – questa è una sensazione che ho sempre avuto – non solo perché ero, come si dice, “carne della loro carne”, ma soprattutto perché un figlio è prima di tutto un ospite. Quando diventai un po' più grandicello mi accadde una cosa che non ho più dimenticato. Ricordo ancora che era di pomeriggio, e mi trovavo nella mia stanza. Osservavo il mio lettino, quello dove dormivo, fatto fare apposta per me, di legno - voglio essere preciso: di un certo tipo di legno. Ho capito ancora più profondamente quanto ero stato desiderato, come ero stato accolto, perché, almeno per quello che mi riguarda, sono osservazioni come queste, sul senso profondo dei particolari, che mi fanno riflettere meglio sulle cose. Ricordo ancora adesso perfino il tessuto delle tendine che c'era sul mio lettino. Osservando queste cose e poi ripensandole dentro di me, mi sono detto: ‘con quale attenzione io sono stato atteso’.

Questo mi ha permesso di guardare poi la vita con fiducia, perché sono queste certezze che ti aprono la mente e il cuore.

…. ma non c'è nessuna differenza tra il creato e il mio lettino, perché il mio lettino è una azione umana di due genitori che desideravano mettere al mondo una vita per poter condividere più profondamente, e questo è lo stesso metodo di Dio, ci ha creato per condividere il Suo essere con noi, ma prima di creare noi ha creato “la culla”, ha creato il mondo, ha creato l’universo, ha creato tutta questa Bellezza.

69 Per cui io entro in rapporto con tutto, dal mio lettino al filo d'erba,

fino alle stelle, che sono fatte per me, sono fatte per accogliermi.30

In Cometa la figura dell’adulto-maestro si connota non come soggetto singolare, ma a partire dalla dimensione della famiglia, ossia come soggetto e risorsa sociale.

La scuola, nella sua impostazione ed ancor più nel clima, nelle attenzioni che la costituiscono deriva dalla stessa storia e origine di Cometa, come “casa” e “famiglia”, ossia luogo capace di educazione, perché capace di accoglienza, come verso i propri figli.

“Perché la paternità o la maternità, è quella cosa che non genera possesso e omologazione; è esattamente il contrario, il desiderio di tirar fuori, che poi è l’educazione, il mistero che, attraverso la tua carne o attraverso la realtà, ti è arrivato in casa; di osservarlo come mistero vuoi ricrearlo non a tua immagine, ma trasmettendogli le tue esperienze positive, dentro una totale libertà. Che vuol dire tirare fuori tutto quello che lui ha dentro. Un padre se è un vero padre non obbliga il figlio a fare le cose che hai in mente lui, ma aiuta il figlio a diventare se stesso.”31

Ed ancora, E. Figini parlando ai docenti ed istituendo una analogia con la figura unitaria del vecchio maestro delle scuole elementari:

30E. Figini, Tu ospite sconosciuto, sbobinatura incontro con Erasmo Figini, a cura di Luca

Doninelli, IATH 2015

70 “È per questo che, quando io parlo di corpo docenti, dovrebbe essere

come il maestro di una volta delle elementari. Perché il maestro faceva tutte le materie insieme e conosceva tutti suoi allievi. Per cui il buon maestro sapeva come (….) fare i collegamenti, aveva in mente le conoscenze, sapeva cosa poteva portare fuori da uno studente o da un altro, o addirittura fare intervenire uno studente affinché potesse fare da tutor ad un altro, perché capiva che si era lui a dire le cose aveva un effetto diverso rispetto ad un suo studente verso un altro studente. C’era tutto questo equilibrio, familiare, paterno e materno, che guardava i ragazzi, la classe e li faceva crescere. Il corpo docenti dovrebbe essere questa unità, che si trasmette tra loro la conoscenza dei ragazzi, il come affrontare uno o l’altro studente, in modo di facilitare l’apprendimento.”32

Anche grazie alla presenza fisica del nucleo di famiglie che praticano l’accoglienza, questa dimensione delinea la fisionomia del maestro come adulto capace di porre con fermezza criteri e regole, ma anche, ad un tempo di accogliere e trasformare le debolezze, le fragilità e incongruenze in forza ed energia di cambiamento. In una famiglia ci si può permettere di sbagliare, l’occhio giudicante non è esterno, non schiaccia, ma rilancia, perché tutto, comprese le sanzioni, sono espressione di un amore alla persona.

Questa particolare sensibilità giunge fino a caratterizzare gli aspetti regolamentari ed organizzativi, oltre che le figure che entrano nel processo formativo (ad es. quella del Preside e del tutor): l’impostazione educativa di Cometa declina infatti l’adulto-maestro sui due versanti complementari della “paternità” e della “maternità”, entrambi finalizzati alla “cura” dei ragazzi,

71 con maggiore attenzione all’aspetto normativo e di regolazione per il primo e di accudimento, ripresa e recupero del secondo. Così come nella stessa declinazione dell’insegnamento, attraverso la sinergia del “fare” e del “sapere”:

“…per questo dico che il nostro metodo, dal fare a sapere, è un aiuto; spesse volte quando parlo di corpo docenti, penso al fatto ad esempio che il docente del fare potrebbe aiutare il docente del sapere E viceversa nei momenti di difficoltà. Come spesso la madre può essere di aiuto al padre nell’educazione dei figli, perché magari assiste degli aspetti che possono aiutare l’altro. A me capita di vedere alcuni ragazzi nel “fare” che sono brillanti e magari poi nel “sapere” sono bloccati, allora confrontarsi aiuta a capirli meglio. Ho visto in alcuni ragazzi accadere cambiamenti impressionanti attraverso il “fare”, li ha condotti, a denti stretti, a chiedere, e anche a desiderare, il “sapere”, pur nella fatica.”33