2.2 Disordini neurodegenerativi
2.2.2 Malattia idiopatica di Parkinson
La malattia idiopatica di Parkinson, meglio conosciuta come morbo di Parkinson, fu descritta per la prima volta dal medico James
Parkinson nel 1817. Rappresenta il disordine più frequente nell’età
avanzata, ed è causato da una grande varietà di disturbi, che includono forme neurodegenerative e sintomatiche. Questa malattia è dovuta, infatti, alla degenerazione cronica e progressiva delle strutture nervose
che costituiscono il sistema extrapiramidale. Tale alterazione si estrinseca maggiormente in un'area del sistema nervoso centrale detta
substantia nigra, un nucleo situato a livello del mesencefalo in cui
viene prodotta la dopamina, un neurotrasmettitore in grado di facilitare il movimento del corpo agendo su recettori presenti nel nucleo striato. In definitiva, il morbo di Parkinson è caratterizzato dalla perdita dei gruppi cellulari in grado di facilitare il movimento attraverso la secrezione di dopamina. Questi elementi sono la causa scatenante delle caratteristiche cliniche peculiari della patologia, sia motorie:
• Bradicinesia, cioè difficoltà del paziente ad iniziare un movimento, e quando si cerca di effettuarlo, lo stesso risulterà rallentato;
• Tremore;
• Instabilità posturale; • Rigidità;
che non motorie, dovute alle degenerazione progressiva delle reti neurali, in particolare quella dopaminergica. La perdita di neuroni non è circoscritta alla substantia nigra, ma può interessare altre zone cerebrali; ciò a causa del fatto che oltre al morbo di Parkinson propriamente detto, ci sono molte altre patologie, dette parkinsonismi, sia di tipo degenerativo che di altro tipo [53].
Il morbo di Parkinson, in definitiva, coinvolge molti sistemi nervosi ed è il risultato di cambiamenti in specifiche cellule nervose; ad esso è correlata perdita neuronale con successiva proliferazione astrocitaria, in particolar modo nei nuclei del tronco encefalico, nel diencefalo basale e, in grado minore, nella corteccia cerebrale.
Per quanto riguarda l'evoluzione delle alterazioni neuropatologiche correlate al morbo di Parkinson, una stadiazione proposta di recente distingue 6 fasi (Braak et. al. 2003). La degenerazione inizia nel tronco encefalico inferiore e nel sistema olfattorio: gli stadi presintomatici I e II mostrano lesioni nel midollo allungato e del bulbo olfattorio, con la preservazione del mesencefalo e degli altri distretti.
Nello stadio III le alterazioni citoscheletriche e la perdita neuronale sono inizialmente lievi, ma si aggravano con il tempo, e si localizzano nel locus coeruleus, nei nuclei centrali del bulbo, nei nuclei del diencefalo basale e nel Sistema Nervoso Centrale postero- laterale/postero-mediale. Nello stadio IV vengono colpiti il lobo temporale antero-mediale e la neocorteccia. Infine, negli stadi terminali V e VI, il processo patologico raggiunge la corteccia telencefalica, prima a livello della regione prefrontale e delle aree di sensitive secondarie associative, poi a livello delle aree motorie e sensitive primarie, coinvolgendo quasi l'intera neocorteccia [54].
Jelliner nei suoi studi ha rivelato, oltre al coinvolgimento del tronco
dell’encefalo, anche lesioni a livello dell’allocorteccia, dell’amigdala e del giro del circolo, corrispondenti allo stadio patologico V-VI [55]. Anche per il morbo di Parkinson sono reperibili in letteratura vari studi, riguardanti conta cellulare e morfologia neuronale, che riguardano diverse regioni cerebrali.
Uno dei primi studi a riguardo risale al 1983, quando il team di
Candy, combinando studi neuropatologici e neurochimici sul nucleo
di Meynert, ha dimostrato che l’attività colinergica è ridotta nei pazienti affetti da morbo di Parkinson, così come accade anche nel morbo di Alzheimer. Ciò è dovuto a una sostanziale anormalità nell’attività istochimica delle cellule neuronali, che porta a una degenerazione degli assoni colinergici. Inoltre, è stato osservata una perdita di neuroni in suddetto nucleo, più consistente che quella osservata per gli individui con morbo di Alzheimer. [56]. Nakano et
al. (1984) si sono focalizzati sul nucleo basale di Meynert, osservata
in undici pazienti con morbo di Parkinson e in tredici soggetti di controllo. Si osservò anche in questa regione una diminuzione del numero dei neuroni [57].
Secondo Ricci, i caratteristici movimenti involontari del corpo, la bradicinesia, l’instabilità posturale e la rigidità, tipici della patologia, sono dovuti ad una selettiva perdita di neuroni dopaminergici, cioè i neuroni il cui principale neurotrasmettitore è la dopamina, nella
cerebrale è stato condotto da Damier et al. (1992). Essi, per dimostrare la perdita di neuroni contenenti dopamina, utilizzano una immunocolorazione a base di calbindina per isolare la substantia
nigra. All’interno di essa, sono identificate le parti contenenti i
neuroni dopaminergici. Si osserva una perdita neuronale a gradiente caudorostrale, con picchi anche del 98% [58]. Rinne (1989), analizzando la substantia nigra di dodici pazienti affetti da morbo di Parkinson e diciotto soggetti di controllo, mostrò come la percentuale di neuroni presente in tale regione è ridotta, dal 31% al 49% rispetto ai controlli. Il numero di neuroni nella parte laterale della substantia
nigra è correlata negativamente alla rigidità e all’ipocinesia, tipici del
disturbo. Il grado di demenza degli individui, inoltre, è in significativa correlazione con la diminuzione dei neuroni nella parte mediale della
substantia nigra [59]
Osservando il tronco encefalico, Halliday et al. (1990), eseguendo analisi autoptiche immunoistochimiche, hanno identificato una degenerazione di vari gruppi cellulari neuronali in pazienti con morbo di Parkinson, nel nucleus raphe del tronco e nel nucleo vagale dorsale [60].
Per quanto riguarda la morfologia, uno studio interessante è stato condotto, parallelamente su individui colpiti da Alzheimer e Parkinson, nel 1989 dal team di Palay. Analizzando il locus
coeruleus, infatti, si notò che negli individui affetti da Parkinson la
lunghezza rostro caudale del locus coeruleus è minore che negli individui affetti da Alzheimer. La morfologia neuronale, inoltre, è maggiormente alterata: i corpi cellulari risultano più gonfi, e i dendriti sono più corti e sottili, con arborizzazione ridotta o assente. Il nucleo dei neuroni è di dimensioni minori, sia rispetto ai controlli sia rispetto ai malati di Alzheimer. Anche in questo caso, se in concomitanza con il morbo di Parkinson è presente depressione, la perdita neuronale è accentuata [50].
Nel 2007, Solis et al. studiarono le alterazioni morfologiche dei dendriti nei neuroni piramidali della corteccia prefrontale e i neuroni del putamen e del nucleus accumbens in un modello murino della
patologia. I risultati mostrarono una diminuzione della densità delle spine dendritiche senza significativi cambiamenti nella lunghezza dendritica o nell’arborizzazione [61].