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Mancata esibizione delle fatture per smarrimento

1. Le condizioni formali per il diritto a detrazione nella giurisprudenza

2.1 La fattura

2.1.2 Mancata esibizione delle fatture per smarrimento

Può dirsi infine consolidato l’orientamento di legittimità secondo il quale l’onere della prova della legittimità delle detrazioni operate grava sul contribuente anche allorché per cause di forza maggiore (quali ad esempio il furto o lo smarrimento incolpevole) sia impossibile esibire la documentazione comprovante l’effettività e l’importo delle operazioni di acquisto413. Tali eventi non comportano alcuna deroga ai comuni criteri di

ripartizione dell’onere probatorio ma incidono solo sui limiti e sui mezzi di prova.

Nella decisione 16 luglio 2003, n. 11109414 il Giudice di legittimità

considera legittimi l’accertamento in rettifica della dichiarazione annuale ex art. 54, co. 2, del D.P.R. n. 633/72 e il conseguente disconoscimento dell’IVA portata in detrazione in considerazione della mancata esibizione delle fatture di acquisto “per smarrimento incolpevole delle stesse”, sebbene – per quanto è dato comprendere dall’esposizione in fatto – il contribuente avesse fornito già in sede di verifica “una sommaria ricostruzione postuma della documentazione”, non fosse stata “riscontrata alcuna irregolarità in merito alle scritture contabili” e gli importi chiesti in detrazione risultassero essere stati “regolarmente annotati nel registro acquisti vidimato”.

412 Cfr. Cass. Civ., Sez. V, 26 gennaio 2006, n. 1592, cit..

413 Così Cass. Civ., Sez. V, 16 luglio 2003, n. 11109, in Giur. imp., 2003, 6; Id., 16

settembre 2003, n. 13605, in Giur. imp., 2003, 6; Id., 29 settembre 2006, n. 21233, in Giur.

imp., 2006, 6, con nota di BOLOGNA A.

Questo principio è ribadito con riferimento anche al caso di furto delle fatture nella sentenza 16 settembre 2003, n. 13605415. Per la Corte nessuna

disposizione di legge impone in tali casi all’Amministrazione finanziaria di operare un esame incrociato dei dati contabili relativi alle operazioni in questione nei confronti delle parti in esse coinvolte (cedenti e/o prestatori, da un lato, e clienti, dall’altro); pertanto, anche in tale ipotesi è onere del soggetto passivo IVA provare le “circostanze addotte, sull’esistenza degli acquisti di beni e sull’acquisizione di servizi cui si riferirebbero le fatture non reperite, sull’effettivo pagamento dell’IVA passiva rispetto ad esse, sulla loro detraibilità (anche nel senso della riferibilità delle operazioni all’attività di impresa)”. Ed in specie “l’avvenuta denunzia” da parte del contribuente del furto delle fatture - costituendo “soltanto un elemento indiziario, e non una prova diretta, dell’esistenza del furto stesso” - non può giammai provare che “le fatture sottratte fossero proprio quelle di cui si chiede la detrazione per quel che concerne l’Iva passiva, né, infine, che si trattasse di fatture relative ad acquisti di beni di servizi inerenti all’attività di impresa”. Pertanto il contribuente “che, se si è effettivamente trovato privo delle fatture passive per cause di forza maggiore”, al fine di fruire della detrazione, ha l’onere di “ricostruirne il contenuto (per esempio acquisendo presso i fornitori copia delle fatture stesse oppure attestazioni di contenuto equivalente, dimostrando l’effettiva esistenza dei rapporti sostanziali relativi alle varie operazioni, ecc.)”416. Con l’evidente conseguenza che in mancanza di tale

prova le detrazioni sono da considerare inevitabilmente indebite.

L’inidoneità ai fini probatori della denuncia di furto delle scritture contabili è poi ulteriormente ribadita dall’Alto Consesso nella sentenza 29 settembre 2006, n. 21233417. In detta pronuncia la Corte richiama il proprio

orientamento secondo il quale “ove il contribuente dimostri di essere nell’impossibilità di acquisire presso i fornitori dei beni o dei servizi copia delle fatture, si deve fare riferimento alla regola generale fissata dall’art. 2724, n. 3), del codice civile. Secondo tale disposizione la perdita senza colpa del documento, che occorra alla parte per attestare una circostanza a

415 Cfr. Cass., 16 settembre 2003, n. 13605, in Giur. imp., 2003, 6, con nota redazionale,

nonché in Il fisco, 2006, 25, p. 3870 ss. con commento di MERLO P., Iva: fatture rubate o

smarrite e diritto alla detrazione dell’imposta; nonché in DeG - Dir. e giust., 2003, 37, pp. 43 e ss.

con commento di A.IANNOCCONE, Processo tributario e onere di prova i caso in cui non grava

sull’amministrazione finanziaria.

416 Così Cass. Civ., Sez. V, 16 settembre 2003, n. 13605, cit..

417 Cfr. Cass. Civ., Sez. V, 29 settembre 2006, n. 21233, in Giur. imp., 2006, 6, con nota di

BOLOGNA A., nonché in Prat. cont., 2007, 2, p. 55 ss. con commento di FIACCOLA L., La

lei favorevole, … rileva esclusivamente come situazione autorizzativa della prova per testimoni (o per presunzioni), in deroga ai limiti per essa previsti”. In applicazione del suddetto principio nel caso è, anzitutto, ritenuta insufficiente la produzione di “un’autodichiarazione del contribuente avente ad oggetto un elenco di dette fatture (ndr oggetto della denuncia di furto), ancorché dettagliato, … omissis…, dovendo tale indizio trovare conferma testimoniale o presuntiva, se non è possibile il riscontro con le fatture emesse tramite la tenuta della regolare contabilità del soggetto emittente delle stesse”. In conseguenza, in riforma della sentenza di secondo grado e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (non avendo il contribuente “neppure dedotto di volersi avvalere dei mezzi contemplati dalla precitata norma”), è dichiarato legittimo l’operato dell’Ufficio il quale aveva disconosciuto le detrazioni a causa della mancata esibizione delle fatture, sebbene dovuta al furto delle scritture contabili.

Analogamente nella sentenza 4 marzo 2011 n. 5182418 i Giudici di

legittimità ritengono indebita la detrazione per mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del contribuente (nel caso un curatore fallimentare), non essendo stata né esibita la documentazione attestante l’effettività e l’importo delle operazioni di acquisto e né fornita prova testimoniale o presuntiva della legittimità delle detrazioni operate. In specie nella controversia oggetto della decisione il curatore fallimentare non aveva potuto esibire le scritture contabili perché andate distrutte a causa di un incendio avvenuto nei locali degli uffici prima della dichiarazione del fallimento della società. A fronte del disconoscimento del diritto di detrazione dell’IVA chiesta a rimborso il curatore aveva (tuttavia) unicamente evidenziato l’impossibilità di reperire “copie di contabilità e documenti risalenti a cinque anni prima dell’apertura della procedura, disponibili da parte di fornitori e clienti della società fallita in bonis non identificabili in alcun modo da parte dello stesso curatore”. Tale situazione di fatto è ritenuta rilevante dal Supremo Collegio solo ai fini dell’art. 2724, n. 3), del codice civile. Secondo la Corte infatti “…. il fatto che la documentazione contabile sia andata distrutta in epoca precedente alla nomina del curatore, soggetto senza dubbio incolpevole, non è di per sé sufficiente al fine di dare prova dei fatti controversi, dovendo la richiesta relativa al preteso credito trovare conferma testimoniale o presuntiva, se non è possibile il riscontro con le fatture emesse tramite la tenuta della

418 Cfr. Cass. Civ., Sez. V, 4 marzo 2011, n. 5182, in Giur. imp., 2012, 1, con nota di

PENNELLA N., nonché in Dir. prat. trib., 2011, 6, p. 21223 ss., con commento di BUONO C.,

regolare contabilità del soggetto emittente delle stesse”419. In dottrina da più

parti sono state evidenziate perplessità con riferimento al richiamo operato dalla Cassazione a tale particolare mezzo di prova, atteso il divieto di prova testimoniale contenuto nell’art. 7 del D.Lgs. n. 546 del 1992420. A riguardo si

è tuttavia opportunamente osservato che “Tale divieto – seppure specificamente previsto nel contenzioso tributario e, quindi, prevalente rispetto alla generale disciplina dettata dal codice civile in tema di tutela dei diritti – non opera in senso assoluto, in quanto sussiste un’interpretazione costituzionalmente orientata che permette di circoscrivere la limitazione dettata dalla citata disciplina processualtributaria”421. Invero, il Giudice delle

leggi con la sentenza 21 gennaio 2000, n. 18422, - dopo avere escluso che il

divieto di prova testimoniale stabilito dall’art. 7, co. 4, del D.Lgs. n. 546/92 comporti una violazione degli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione – ha chiarito che detta limitazione probatoria non implica “l’inutilizzabilità, in sede processuale, delle dichiarazioni di terzi eventualmente raccolte dall’Amministrazione nella fase procedimentale” 423 , in quanto “le

dichiarazioni di cui si tratta – rese al di fuori e prima del processo – sono essenzialmente diverse dalla prova testimoniale”. In specie, da una parte, il loro valore probatorio è “solamente quello proprio degli elementi indiziari, i quali, mentre possono concorrere a formare il convincimento del giudice, non sono idonei a costituire, da soli, il fondamento della decisione”,

419 un curatore fallimentare, a fronte del disconoscimento del diritto di detrazione

dell’IVA chiesta a rimborso per mancata esibizione delle scritture contabili andate distrutte a causa di un incendio avvenuto nei locali degli uffici prima della dichiarazione del fallimento della società, aveva unicamente evidenziato l’impossibilità di reperire “copie di contabilità e documenti risalenti a cinque anni prima dell’apertura della procedura, disponibili da parte di fornitori e clienti della società fallita in bonis non identificabili in alcun modo da parte dello stesso curatore” (senza fornire prove testimoniali o presuntive della legittimità delle detrazioni operate dalla società in bonis). Secondo la Corte “…. il fatto che la documentazione contabile sia andata distrutta in epoca precedente alla nomina del curatore, soggetto senza dubbio incolpevole, non è di per sé sufficiente al fine di dare prova dei fatti controversi, dovendo la richiesta relativa al preteso credito trovare conferma testimoniale o presuntiva, se non è possibile il riscontro con le fatture emesse tramite la tenuta della regolare contabilità del soggetto emittente delle stesse”.

420 V. anche BOLOGNA A., commento a Cass. Civ., Sez. V, 29 settembre 2006, n. 21233,

cit..

421 Così PENNELLA N., nota a Cass. Civ., Sez. V, 4 marzo 2011, n. 5182, cit..

422 Cfr. Corte Costituzionale, 21 gennaio 2000, n. 18, in Giur. imp., 2000, p. 775 ss.,

nonché in Rass. trib., 2000, p. 557 ss., con nota di RUSSO P..

dall’altra, il contribuente può, nell’esercizio del proprio diritto di difesa, contestarne la veridicità. Alla luce di tale insegnamento si può ragionevolmente ritenere che la Cassazione, allorché parla di prove testimoniali, faccia riferimento alle c.d. “informazioni testimoniali desunte da dichiarazioni precostituite, come dichiarazioni di scienza provenienti da terzi”, le quali costituiscono elementi indiziari e come tali “oggetto di prudente apprezzamento da parte delle Commissioni in ordine alla loro attendibilità”.