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2. Le condizioni “sostanziali” per il diritto a detrazione nella

3.2 Il requisito soggettivo in caso di attività preliminari

3.2.1 Le società senza impresa

La commistione tra requisito soggettivo (in specie lo svolgimento di attività di impresa) e condizione oggettiva per la detrazione (essere o no l’acquisto funzionale ad una specifica operazione a valle che dà diritto a detrazione oppure all’attività economica) si manifesta chiaramente nell’orientamento giurisprudenziale avente ad oggetto l’interpretazione del secondo comma dell’art. 4 del D.P.R. n. 633/72 ed in specie la questione se la presunzione di commercialità ivi prevista valesse anche ai fini della detrazione.

Detta problematica si è posta soprattutto per gli acquisti effettuati dalle c.d. società senza impresa ossia da quei soggetti che “sotto la veste di società commerciale, non svolgono un’effettiva attività di impresa”321. Tipico è il

caso delle società immobiliari la cui attività consiste spesso nella mera detenzione, gestione “statica” e/o locazione di beni immobili322.

Sulla questione il Con il D.Lgs. n. 313/97 il legislatore da una parte ha escluso al quinto comma dell’art. 4 il carattere commerciale di talune attività323, dall’altra ha previsto al secondo comma dell’art. 19 l’indetraibilità

dell’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di beni e servizi afferenti operazioni “comunque non soggette all’imposta” (oltre che quelle esenti). Nella relazione di accompagnamento al D.Lgs n. 313/97 è infatti precisato che detta indetraibilità è stata introdotta essenzialmente al fine di negare la detrazione a soggetti che non svolgono attività commerciale, quali le holdings e che per operazioni “comunque non soggette all’imposta” debbono intendersi quelle per le quali manca almeno uno dei requisiti previsti dall’art. 1 anche per effetto di specifiche disposizioni contenute negli artt. 2 e 3.

Nel sistema normativo in materia di detrazione vigente prima della novella di cui al D.Lgs. n. 313/97, nel quale all’art. 19 non era espressamente prevista la condizione dell’utilizzo del bene/servizio nell’attività d’impresa, era invalsa la tesi – contraddetta da numerosi

320 Così BOLOGNA A., op. ult. cit..

321 Così SALVINI L., Commento all’art. 19 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, cit., p. 208. 322 Cfr. Circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 128/E/1997.

323 Il riferimento è al possesso e alla gestione di immobili con destinazione abitativa –

diversi da quelli classificati o classificabili nella categoria catastale A10 – di unità da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato, di complessi sportivi o ricreativi.

interventi ministeriali324 – secondo la quale le società e gli enti commerciali,

essendo soggetti passivi per presunzione assoluta, potessero esercitare il diritto a detrazione su tutte le operazioni passive senza dovere dimostrare l’inerenza dell’operazione all’esercizio dell’attività.

Di diverso avviso è stata la giurisprudenza di legittimità la quale – pressoché unanimemente – ha ritenuto che l’inerenza oggettiva dell’operazione a monte rispetto all’esercizio dell’attività d’impresa non possa presumersi in ragione della qualità di imprenditore commerciale in forma societaria dell’acquirente; sicché le società senza impresa, essendo “sostanzialmente equiparabili a consumatori finali”325, debbono restare

incise dall’onere dell’imposta. Sulla base di tale principio la Corte ha considerato pertanto indetraibile sia l’IVA assolta sugli acquisti da parte di società che (solo apparentemente svolgevano un’attività economica ma che) destinavano gli acquisti al mero godimento dei soci o amministratori326, sia

l’IVA assolta da società che si limitavano a dare in locazione i beni immobili, talvolta peraltro a soggetti non terzi327.

Segnatamente con la sentenza 10 aprile 2000, n. 4517 la Corte – dopo avere ribadito che l’art. 19 citato “richiede un quid pluris rispetto alla qualità d’imprenditore dell’acquirente, cioè l’inerenza e strumentalità del bene comprato rispetto all’attività imprenditoriale (requisito cui fa riferimento anche la Corte di Giustizia della Comunità con la sentenza del 15 gennaio 1998 in causa C-37/95 …)” – precisa che detta disposizione “non introduce deroga ai comuni criteri in tema di onere della prova, lasciando la dimostrazione di detta inerenza o strumentalità a carico dell’interessato (senza alcuna eccezione per il caso di acquisto effettuato da società commerciale)”. Per il Supremo Collegio “l’inequivoca valenza letterale del citato art. 19 non è superabile, … , invocando esigenze di coerenza del sistema, in relazione a quanto stabilisce l’art. 4, comma 2, dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972 ove reputa ‘in ogni caso’ effettuate nell’esercizio dell’impresa le cessioni di beni sociali, dato che il diverso trattamento dell’atto di acquisto, con la necessità della suddetta prova, trova giustificazione nella potenziale riconducibilità di esso a fini extrasociali,

324 Cfr. C.M., 17 dicembre 1991, n. 57; R.M., 30 dicembre 1991, n. 501239; R.M. 28 luglio

1992, n. 530643, tutte reperibili in banca dati fisconline.

325 In dottrina v. SALVINI L., op. ult. loc. cit..

326 Cfr. Cass., 10 aprile 2000, n. 4517, cit.; Id., 9 aprile 2003, n. 5599, in Giur. imp., nonché

in GT- Riv. giur. trib., 2003, 11, p. 1058 ss., con commento di BARONE L., La presunzione di

imprenditorialità delle società commerciali non determina l’automatica inerenza degli acquisti effettuati.

327 V. Cass. Civ., Sez. V, 4 febbraio 2005, n. 2300, in Giur. imp., 2005, 1, nonché in Boll.

come si verifica quando il bene sia comprato non per svolgere l’attività istituzionale, ma per il diretto godimento dei soci (con connessa radicale esorbitanza dall’esercizio d’impresa ed acquisizione al patrimonio sociale per scopi personali dei soci medesimi)”. Anche nel caso di acquisti effettuati da società commerciali occorre dunque indagare sulla natura e sulle prerogative dell’attività effettivamente svolta dal soggetto passivo ed accertare che essa non sia solo apparentemente imprenditoriale e che ad essa siano ricollegabili tutti gli acquisti effettuati. Sulla base di tali argomentazioni l’Alto Consesso, confermando la decisione impugnata, ritiene indetraibile l’IVA pagata in sede di rivalsa da una società commerciale (“costituita per comprare e vendere immobili”) per l’acquisto e la ristrutturazione di un fabbricato ad uso abitativo, destinato all’uso personale dell’amministratore unico e della moglie (socia), “essendo mancata nella fattispecie la prova dell’inerenza all’esercizio dell’impresa dell’acquisto del fabbricato ad uso abitativo, ed anzi essendo stata in sede di merito accertata, … , la rispondenza dell’acquisto medesimo soltanto a fini personali dell’amministratore”.

Ha ad oggetto un caso di “apparente” esercizio di attività d’impresa anche la sentenza 9 aprile 2003, n. 5599, nella quale la Corte precisa che, se da una parte il requisito dell’inerenza “non può ritenersi assente, in teoria, per il solo fatto che, allo stato, manchino tali operazioni attive o che ne siano state effettuate poche o una sola, anche assolutamente modesta”328,

dall’altra “in caso di operazioni attive mancanti o sporadiche e valutate dal giudice di merito, con ineccepibile motivazione, come assolutamente insignificanti, l’inerenza dell’acquisto d’immobile all’esercizio dell’impresa non può essere ritenuta in virtù della semplice qualità d’imprenditore societario dell’acquirente”. In specie, secondo la Corte la qualità d’imprenditore societario (bastevole solo per rendere assoggettabili all’Iva le operazioni attive) e l’inserimento nell’oggetto sociale delle voci relative alla compravendita e ristrutturazione d’immobili costituiscono, rispetto alla detraibilità del tributo assolto sulle operazioni passive, elementi puramente indiziari dell’inerenza di tali operazioni passive all’effettivo esercizio dell’impresa; indizi valutabili dal giudice di merito insieme con altre circostanze della concreta vicenda, idonee a fondarne il convincimento – insuscettibile di riesame in sede di legittimità, se adeguatamente motivato – circa l’effettiva inerenza dell’acquisto (immobiliare, nella fattispecie)

328 In particolare la Corte osserva che, diversamente opinando, si eluderebbe la ratio del

sistema, “determinando un irragionevole incremento di tassazione in danno dell’imprenditore oggettivamente non in grado, tenuto conto dei tempi occorrenti allo scopo, di compiere dette operazioni in rapida successione, come appunto si verifica nel caso dell’impresa che acquisti immobili per la successiva ristrutturazione e vendita”.

all’espletamento della progettata attività imprenditoriale329.

La “confusione” tra requisito soggettivo della detrazione (nel caso lo svolgimento di attività di impresa) e condizioni oggettive (la riconducibilità dell’acquisto all’attività del soggetto passivo indicata nell’oggetto sociale) è palese nelle sentenze 12 luglio 2005, n. 14660330 e 4 febbraio 2005, n.

2300331.

Nella prima il Supremo Collegio – a fronte di un caso nel quale l’amministrazione finanziaria aveva disconosciuto (secondo il giudice del gravame legittimamente) la detrazione IVA sugli acquisti ad una società che aveva dichiarato di svolgere l’attività di locazione piuttosto che quella di “prestazione di servizi amministrativi, contabili, di segreteria per studi professionali” risultante dal Certificato della Camera di commercio acquisito nel corso del processo – ribadisce che mentre “per l’obbligo dell’IVA è sufficiente che si tratti di società commerciale … per la detraibilità di tale imposta occorre la prova rigorosa della inerenza, il cui onere ovviamente resta a carico della parte contribuente”. Sulla base di tale principio la Corte rigetta la doglianza del contribuente secondo il quale non può essere negata la “natura di impresa ai sensi dell’IVA, ma solo sul versante degli acquisti, ad una società commerciale che pure aveva effettuato, nell’anno in considerazione, operazioni imponibili … ”, sebbene estranee all’attività programmata.

Nella seconda la Corte, confermando la decisione del giudice di seconde cure, afferma l’indetraibilità dell’imposta assolta da una società commerciale per l’acquisto di un immobile mai destinato allo svolgimento di un’attività commerciale, poiché locato subito e senza modifiche alla società controllante dell’acquirente, il quale peraltro “aveva posto in essere un’unica operazione economicamente significativa, quella appunto di acquisto di un’unica unità immobiliare, e di locazione di essa, … , ad un unico conduttore preordinato” 332. Anche in questo caso il Supremo Collegio – a

fronte della difesa del contribuente basata esclusivamente “sul dato formale

329 In ragione di tale regola il Supremo Collegio nel caso non censura la decisione dei

giudici di merito i quali avevano negato ad una società immobiliare la detrazione dell’IVA assolta per l’acquisto e la successiva ristrutturazione di un immobile, avendo ritenuto che la contribuente non avesse dato prova sufficiente, di avere esercitato, stabilmente e professionalmente, l’attività economica d’impresa “giacché, dopo l’acquisizione e la ristrutturazione del bene, l’unica operazione attiva consistette nella vendita ad uno dei soci di una modesta unità immobiliare (scantinato), per modico prezzo”.

330 Cfr. Cass., 12 luglio 2005, n. 14660, in Giur. imp., 2005, 3. 331 Cfr. Cass., 4 febbraio 2005, n. 2300, citata.

dell’avvenuto esborso” dell’imposta – precisa che poiché le operazioni passive “per se stesse comportano una perdita e non un guadagno”, la loro inerenza all’attività imprenditoriale “non è implicita, ma deve (ndr essere) provata specificamente caso per caso da parte del contribuente” in relazione all’attività da questi svolta. Nel caso, prosegue la Corte, “la ricorrente non ha dimostrato (e per la verità neppure sostenuto) né di essere, per intero oppure per un settore della propria attività, una impresa immobiliare, né di essere un’impresa operante in un altro settore (oppure contemporaneamente in una pluralità di altri settori) che aveva posto in essere eccezionalmente anche un’operazione di carattere immobiliare funzionale all’attività svolta nel proprio settore operativo (ovvero in uno dei propri settori operativi)”.

Ad analoga conclusione giunge la Corte nella sentenza 31 marzo 2011, n. 7344, nella quale nega ad una società il rimborso del credito IVA indicato in dichiarazione derivante dall’acquisto di beni e servizi relativi a lavori di ristrutturazione di un proprio immobile. Segnatamente nella fattispecie dedotta in controversia i giudici di legittimità condividono la tesi dell’Ufficio secondo la quale la società presentava le medesime caratteristiche delle società c.d. “non operative” (“come definite, da ultimo, dall’art. 3, commi da 37 a 45, della legge 23 dicembre 1996, n. 662”), dato che l’unica attività svolta era stata quella diretta a far godere ai propri soci (con l’assegnazione) il bene sociale (appunto, l’immobile ristrutturato), senza avere effettuato alcuna operazione economica attiva diretta all’utilizzo commerciale dello stesso immobile333.

A fronte di questo consolidato orientamento rimane isolata la posizione della Corte, espressa nella citata sentenza 5 luglio 2002, n. 9806, secondo la quale alle società commerciali spetta automaticamente la detrazione in virtù della presunzione assoluta di commercialità prevista dal secondo comma dell’art. 4. In specie in tale occasione il Supremo Collegio conferma l’illegittimità del disconoscimento del diritto di una società immobiliare a detrarre l’imposta relativa all’acquisto di un bene immobile locato alla società controllante (esercente attività assicurativa), affermando che dalla previsione dell’art. 4 citato (ai sensi del quale alle società commerciali “compete ex lege la qualifica di impresa ai fini dell’applicazione dell’I.V.A. sulle compiute operazioni attive) “non può non conseguire la qualificabilità come impresa delle società medesime anche con riguardo alle realizzate operazioni passive, posto che non avrebbe senso qualificare un soggetto imprenditore per le operazioni a valle e come non imprenditore per quelle a monte, quando non può non risaltare alla evidenza che, ai fini della

disciplina dell’I.V.A., uno stesso soggetto o è imprenditore, o non lo è, ma, se lo è, agisce necessariamente come tale con riguardo all’intera sua attività.” A supporto di siffatta affermazione i Massimi Giudici richiamano peraltro la circolare del Dipartimento delle entrate n. 128/E/III dell’8 maggio 1997, nella quale, appunto si precisava che “l’art. 4 (del D.P.R. n. 633 del 1972) deve essere interpretato nel senso che, salvo i casi di situazioni fraudolente o abusive, lo stesso soggetto non può essere considerato imprenditore per le operazioni attive e consumatore finale per le operazioni passive”, con aprioristica esclusione del suo diritto alla detrazione dell’I.V.A. a queste ultime inerente”.

Nel caso tuttavia il richiamo a detta prassi sembra inconducente, stante che l’operazione era considerata in odore di elusione (rectius di abuso) dall’amministrazione finanziaria la quale riteneva che la società immobiliare fosse uno “strumento di comodo per dislocare il patrimonio immobiliare presso un soggetto non inciso da un pro - rata molto elevato quale è quello delle imprese di assicurazioni”, che la medesima non esercitasse un’attività imprenditoriale e che “le operazioni da lei poste in essere non integrassero esercizio di impresa”.

Capitolo II

Le condizioni formali per l’esercizio del diritto a detrazione

1. Le condizioni formali per il diritto a detrazione nella giurisprudenza