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Il Manifesto per una educazione consapevole delle bambine e dei bambini nella famiglia e nella scuola

Le fasi della ricerca

GIOCO FRULLA FRULLA

1. Il Manifesto per una educazione consapevole delle bambine e dei bambini nella famiglia e nella scuola

Il progetto Edueat trova il suo momento fondativo e qualificante nel Manifesto per una educazione

consapevole delle bambine e dei bambini nella famiglia e nella scuola (fig.1) redatto in

collaborazione con l’Università di Macerata. Il documento racchiude i principi ispiratori del progetto e afferma la necessità di una nuova cultura alimentare basata sulla capacità di scelta consapevole da parte dei bambini. Alla base della redazione del Manifesto vige l’idea che l’atto alimentare non sia esclusivamente atto fisiologico legato alla nutrizione e sopravvivenza dell’essere umano, quanto azione carica di significati a livello culturale, sociale, politico ed economico. Scrive a questo proposito la studiosa Egeria di Nallo:

“Il cibo non è soltanto un modo per soddisfare le esigenze della riproduzione vitale in senso fisico-materiale. La vita degli uomini è immersa in un mondo di significati, in una società, in una cultura, e le pratiche biologicamente necessarie sono significative. Nelle pratiche alimentari riproduciamo la vita biologica, e la vita come individui sociali immersi in una cultura. Il mangiare non avviene in un modo qualsiasi, ma in un certo modo e questo modo non può che essere significativo”(1998, p. 31).

82 Nel Manifesto si richiama a uno dei punti cardini delle Linee guida sull’educazione alimentare (2015) ossia il concetto di sostenibilità che evidenzia lo stretto legame tra le scelte alimentari individuali e la conservazione dell’equilibrio ambientale. Il cibo è elemento così pervasivo e trasversale alla vita umana che diviene collante tra i vari contesti di vita dell’individuo, favorendo connessioni tra quelli che Bronfenbrenner (1979) definisce microsistema (ad esempio: elevato consumo di carne in famiglia) e macrosistema (ad esempio: l’inquinamento ambientale, l’allevamento intensivo, le eccedenze alimentari, ecc.), confermando inoltre quanto riconosciuto dall’Oms relativamente al concetto di salute non più come esclusiva responsabilità del singolo ma inclusiva di una relazione virtuosa individuo-ambiente da cui dipende l’intera collettività. Essere consapevoli dello stretto legame tra le scelte del singolo e le ricadute a livello ambientale in uno scenario in cui dimensione locale e globale, famiglia e mondo si intrecciano, implica un intervento sul singolo individuo; per cui a fianco delle politiche di intervento sull’agricoltura, sull’allevamento e lo sfruttamento delle risorse ambientali si rende necessario un’azione di educazione alimentare che trasformi ogni cittadino in un consumatore consapevole, in grado di scegliere con responsabilità. Il concetto chiave che lega i diversi principi elencati nel documento e funge da legame tra la dimensione individuale e quella globale è il tema della consapevolezza. Educare alla consapevolezza di ciò che si mangia diviene il motore per l’instaurarsi di corrette relazioni con il cibo e comportamenti alimentari virtuosi in relazione all’ambiente.

Per arrivare a scelte consapevoli occorrono azioni di educazione alimentare basate sull’approccio ludico e l’utilizzo dei sensi. I sensi garantiscono il primo strumento di conoscenza del cibo e consentono di percepirlo nella sua completezza e complessità; il gioco è strumento di sviluppo di competenze cognitive, affettive, sociali e morali.

Il Manifesto punta inoltre l’attenzione sul ruolo fondamentale svolto dalla famiglia e dalla scuola nel processo di costruzione dell’identità del bambino, che passa anche attraverso la definizione di corretti stili di vita e sani comportamenti alimentari.

Al punto 8 si richiama la necessità da parte del bambino di vivere il pasto come momento di scoperta, di esplorazione piacevole e graduale conquista di autonomia. Tale principio deriva da alcune considerazioni relative al rapporto genitore – figlio soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione. Il cibo e la nutrizione costituiscono tra i primi oggetti e processi in cui il neonato si impegna, esercitando le percezioni, incamerando informazioni, costruendo conoscenza e producendo via via comportamenti adattivi. Una relazione giocosa e basata sull'esercizio dei sensi dona fin dai primi momenti di vita una possibilità di costruire conoscenza, di esercitare la mente in

83 esplorazioni e problem solving, di trovare soluzioni di fronte alla possibilità di mangiare cibi morbidi o duri, salati o dolci, liquidi o densi. Questo modo di interagire col cibo non solo nutre la mente del piccolo, ma offre l'opportunità di accostarsi all'alimentazione con curiosità e apertura, così da porre le basi perché non si creino abitudini alimentari ripetitive e restrittive, come spesso accade in questa fase della vita, per lo più con la complicità inconsapevole degli adulti che, per facilitare il bambino, offrono cibi poco variati, spesso frullati o ridotti in pezzi così piccoli da non far più apprezzare le loro specifiche qualità.

L’atto nutritivo viene legato a stati affettivi ed emotivi che, invece di favorire, possono ostacolare un sano rapporto con il cibo, innescando circoli viziosi di premi, punizioni e sensi di colpa. La tendenza a caricare il momento del mangiare con alcuni significati affettivi è il retaggio di una cultura che unisce l’idea del benessere psicologico al bisogno di nutrimento per cui un bambino felice è quello che mangia tutto quello che la persona che si cura di lui prepara. Questa convinzione trasforma molto spesso il momento dei pasti in un vero e proprio campo di battaglia in cui si scontrano aspettative, preoccupazioni, ansie e delusioni da entrambe le parti. Frasi che spesso si sentono dire a tavola: “Devi finire tutto! Non si gioca con il cibo! Adesso mangi. Se fai il

bravo ti do il dolce, se fai il cattivo non mangi! Fallo per me!”.

Le conseguenze di un approccio al cibo di questo tipo sono diverse:

il bambino, da una parte, inizia a pensare il cibo come strumento di manipolazione di una relazione che rende felici o delude i genitori, innescando un circolo di conflitti, ricatti emotivi, punizioni e ricompense.

Il genitore esercita una logica impositiva nei confronti dello stile alimentare del figlio, legando al momento dei pasti un’idea di dovere, di costrizione, che svalorizza l’esperienza alimentare depotenziandola da divenire piacevole occasione di scoperta e di conoscenza di se stessi e del mondo.