I principi ispiratori del progetto Edueat
4. Il ricorso al formato ludico
Il gioco è molto più che un’attività semplicemente ricreativa. Attraverso di esso il bambino inizia a conoscere la realtà che lo circonda, acquisendo consapevolezza sul funzionamento di determinati oggetti, sulle leggi di causa e effetto che regolano i fenomeni, sull’importanza di regole di comportamento che vanno rispettate. Il gioco inoltre permette al bambino di scoprire il proprio mondo interiore, di acquisire fiducia in se stesso e nelle proprie capacità.
Sull’importanza del gioco come strumento di apprendimento e di sviluppo di competenze affettive e sociali, oltre che emotive e linguistiche, nonché fisiche e morali si sono espressi i più autorevoli studiosi della Psicologia dello sviluppo (Piaget, Vygotskij, Bruner).
Piaget opera una classificazione tra diverse tipologie di gioco basata sulla distinzione degli stadi dello sviluppo cognitivo del bambino. Nello stadio senso motorio prevale il gioco di esercizio: l’attività di esplorazione percettivo-motoria del bambino assume caratteristiche di ludicità. Il bambino inizia a controllare il proprio corpo nell’afferrare oggetti, portarli alla bocca, aprire e chiudere le mani, muovere i piedi. Il piacere legato all’azione che compie, porta il bambino a ripetere e consolidare determinati schemi mentali.
Nella fase pre-operatoria, dai 2 ai 7 anni, con la nascita di quello che Piaget definisce pensiero rappresentativo si afferma il gioco simbolico, il bambino compie azioni o utilizza oggetti come simbolo di qualcos’altro. In altri termini il bambino applica gli schemi senso motori a situazioni diverse da quelle in cui si sono formati.
Tra i 7 e gli 11 anni, nell’interazione con gli altri si sviluppa anche progressivamente il concetto di regola, che consentirà un miglior coinvolgimento del soggetto nel gioco di regole. Il bambino nello stadio delle operazioni concrete è già in grado di effettuare questa forma di gioco, ma tende più ad
43 uniformarsi agli altri, che rispettare la regola perché ne capisce lo scopo. Dopo gli 11 anni vi è, invece, il passaggio alla codifica della regola (1945).
Vygotskij sottolinea il ruolo dell’immaginazione e delle regole nella realizzazione del gioco sottolineandone il valore interpersonale e sociale. L’Autore individua nell’attività ludica la zona di sviluppo prossimo del bambino affermando che:
“nel gioco il bambino è sempre al di sopra della propria età media, del proprio comportamento quotidiano; nel gioco è come se egli crescesse di un palmo. Come il fuoco di una lente di ingrandimento, il gioco contiene tutte le tendenze dello sviluppo in forma condensata; nel gioco è come se il bambino cercasse di saltare oltre il livello del proprio comportamento normale” (1981, p. 675).
Bruner, dedicando al tema del gioco una vasta ricerca raccolta in 4 volumi, riconosce diversi fattori che rendono l’attività ludica un importante strumento per l’apprendimento del bambino:
• motivazione intrinseca all’azione: nell’attività ludica il bambino sperimenta un’attività che lo diverte e lo gratifica di per sé;
• prevalenza dei mezzi sui fini: l’azione di giocare viene percepita più importante del suo risultato;
• attività svolta in un contesto “al di fuori del reale”: il rischio dell’insuccesso si riduce e non è percepito come possibilità di fallimento;
• sospensione della frustrazione: la presenza di ostacoli può essere affrontata con leggerezza in quanto non comporta un fallimento in senso reale;
• disponibilità agli stimoli: durante il gioco possono essere presi in considerazione stimoli normalmente irrilevanti che incoraggiano nuove visioni della realtà e nuovi significati.
Il ricorso a un approccio ludico può garantire un avvicinamento giocoso, esplorativo, interattivo ed esperienziale ai temi dell’alimentazione in grado di agganciare la motivazione e l’attenzione necessaria a modificare schemi mentali difficili da modificare, perché abitudinari e consolidati nel tempo. L’utilizzo del gioco come strumento per veicolare determinati contenuti e processi legati all’alimentazione si discosta da un’educazione alimentare molto spesso veicolata in chiave strettamente nutrizionistica che rischia di sovrapporre nuovi concetti a vecchie rappresentazioni, senza modificarle.
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5. L’esplorazione sensoriale del cibo
L’approccio sensoriale all'alimentazione prevede il ricorso a un'esplorazione e degustazione del cibo con tutti i sensi, non limitandosi, come per lo più accade, alla sola vista e al gusto e fornendo, inoltre, un radicamento della conoscenza nell'esperienza del corpo, la più originaria e radicale. L’utilizzo dei cinque sensi come strumento esplorativo facilita la formazione di rappresentazioni complesse e complete relative ai cibi, perché favorisce la costruzione di un pensiero critico e consapevole da parte del bambino. Un approccio teso a favorire consapevolezza sensoriale è sempre più necessario in una società caratterizzata da logiche economiche e mediatiche che incidono sulla “polisensorialità del consumatore” (Ceriani, Nigro, 2006) per generare meccanismi di risposta commerciale. Educare i bambini all’utilizzo consapevole dei sensi significa dotarli di barriere critiche verso meccanismi di consumo che promuovono omologazione e uniformità sensoriale per ampliare i margini di profitto8.
Per comprendere la portata del fenomeno, basti pensare a prodotti quali snack, merendine e dolci, confezionati in modo da generare specifici stimoli sensoriali e condizioni di progressiva assuefazione. Il risultato del processo è la graduale desensibilizzazione dei consumatori sempre più incapaci di riconoscere e apprezzare le qualità percettive naturali di molti alimenti. Educare i sensi significa incidere sulle modalità di costruire conoscenza da parte dei bambini nel loro rapporto con il mondo. Un’educazione alimentare che parta dall’allenamento dei sensi consente di supportare i bambini nella scoperta di percezioni legate all’autenticità e genuinità degli alimenti, dando loro gli strumenti e le competenze per valutare e scegliere i cibi, sollecitare domande sulle caratteristiche e sull’origine delle materie prime, partire dalle proprie esperienze per comprendere concetti quali la biodiversità dei prodotti e la sostenibilità ambientale.
Toccare e manipolare il cibo, giocare con l’esplorazione delle consistenze è un’esperienza spesso vietata per ragioni di igiene o di convenienza, ma rispettate le necessarie regole di pulizia, l’utilizzo dei sensi può fornire informazioni e sollecitazioni importanti per una graduale conquista di consapevolezza e autonomia da parte del bambino. Di fronte ad una pietanza, molto spesso la vista prevale su tutti gli altri sensi, tanto da sentire sempre più spesso il detto mangiare con gli occhi, mentre l’olfatto ha progressivamente perso la sua funzione adattiva di orientamento e conoscenza dell’ambiente circostante.
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Il 6° Rapporto Nazionale Eurispes sulla Condizione dell’Infanzia e Adolescenza conferma che 7 spot alimentari su 10 pubblicizzano prodotti ricchi di grassi, zuccheri, sodio e solo 2 su 10 reclamizzano prodotti ad alto contenuto di frutta e verdura.
45 Eppure quest’ultimo può fornire molteplici informazioni che una ricognizione visiva del cibo può non cogliere, ad esempio relativa alla freschezza di un frutto o allo stato di conservazione di una porzione di carne, evitando di mangiare cibi avariati e rendendo l’esperienza gustativa più piacevole e ricca di aromi e profumi. Allenare il naso alla scoperta e ricognizione degli odori legati ai cibi può costituire un importante strumento per combattere gli sprechi alimentari che anche in Italia sta divenendo fenomeno di proporzioni allarmanti (secondo i dati del Ministero dell’Ambiente ogni famiglia italiana butta in media circa 650 grammi di cibo a settimana per un totale di circa 8,4 miliardi di euro l’anno)9 la cui causa principale è data dall’eccessiva dipendenza dalle date di scadenza dei prodotti.
Ai fini della graduale conquista di consapevolezza alimentare anche l’udito svolge un ruolo importante, nonostante spesso venga sottovalutata la sua correlazione con la degustazione e il consumo di cibo. I suoni provenienti dalla cucina, lo sfrigolio in padella, lo scrocchiare del pane, il
borbottio di un liquido in pentola, già forniscono informazioni sulle procedure di preparazione di
un cibo. Ma l’udito offre indizi rilevanti sulle consistenze, ad esempio croccantezza o morbidezza di un cibo, sulla freschezza di un alimento.