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Forse ti chiederai, e la cosa è degna di attenzione,

in che modo tu possa, nel tema di nascita, stabilire il punto che, sorgendo sull’immenso orizzonte, sarà considerato Oroscopo. Che, se questo punto non viene determinato con la massima precisione, le fondamenta di questa scienza crollano né più è esatto l’ordine; poiché se i cardini, che governano il tutto, sono falsi,

il cielo presenta un aspetto falso ed incerto è il punto di origine [della numerazione] e, per lo spostamento del cardine, vengono spostati i segni.

Manilio, Astronomica I, 203-210

Il poema di Manilio spiega con precisione come formulare un oroscopo secondo la scienza astronomica- astrologica; non c’era differenza, infatti, a quel tempo, tra le due discipline. Conoscere la disposizione degli astri al momento della nascita di un individuo significava conoscere qualcosa della sua natura e del suo destino, perché secondo la dottrina stoica ogni cosa nell’universo è strettamente legata all’altra da un vincolo di necessità e ne determina la natura. Le stelle, secondo le convinzioni del tempo, ruotavano intorno alla Terra con un movimento preciso, per cui un bravo astrologo-astronomo doveva determinare per primo l’Oroscopo, cioè il punto preciso in cui si trovava il sole al momento della nascita di una per- sona con il relativo segno zodiacale che sorgeva sull’oriente. Poi, per dare indicazioni precise, doveva co- noscere quattro punti, detti cardini: l’Ascendente (Oriente) e il suo opposto il Discendente (Occi- dente), il Medio cielo con il suo cardine opposto, l’Imo. Sulla base di questi dati, con ulteriori e complesse specificazioni era possibile conoscere molte caratteristiche del nuovo nato.

La dottrina astrologica, pur contrastata dal cristianesimo nei secoli successivi, continuò a sopravvivere e a essere conosciuta e praticata, anche grazie al ritrovamento in età umanistica del testo di Manilio (che av- venne nel 1417). Proprio la descrizione del cielo e dei dodici settori in cui si dividerebbe individuati dai do- dici segni zodiacali fu utilizzata per molte decorazioni nel Rinascimento, la più famosa delle quali, forse, è quella di palazzo Schifanoia a Ferrara, che riproduce esattamente le indicazioni del poema di Manilio.

Francesco del Cossa, affresco dei mesi e delle costellazioni corrispondenti (disegnato secondo il poema di Manilio), 1470, Ferrara, Palazzo Schifanoia.

La prima età imperiale

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L’epica storica

Il genere epico di argomento storico ebbe una for- tuna ininterrotta a Roma a partire da Nevio; tuttavia, se nei primi secoli il mo- dello di riferimento furono gli Annales di Ennio, a partire dall’età augustea, saranno poeti come Ovidio e Lucio Vario Rufo, appartenente al circolo di Mecenate, a influenzare non poco i gusti e gli orientamenti di pubblico e scrittori (tanto da farci rammaricare la perdita dell’opera di Vario, elogiata da Ora- zio nelle Satire). Il poeta che più di ogni altro di- venne il nuovo modello da seguire, in ambito stilistico e non solo, fu però naturalmente Virgilio che, con la sua Eneide, fissò i

canoni dell’epica storica per molte generazioni successive.

Purtroppo della produzione del primo periodo imperiale non è rima- sto pressoché nulla e oggi dobbiamo accontentarci di citare nomi e titoli di opere, come un certo Albinovano Pedone che, sulla scia di Virgilio e Ovidio, compose un elegante poema sull’impresa di Ger- manico nei mari del Nord (16 d.C.). L’unico frammento del- l’opera in nostro possesso affronta il tema dell’opportunità che l’uomo varchi i confini naturali del mondo per spingersi in luoghi impervi o mai visitati da esseri umani. Dominato dal cromatismo di stampo virgiliano, il frammento affronta la problematica con un pathos accentuato, dando il via a un gusto che si ritrova nella produzione epica dell’età neroniana (basti pensare al Bellum civile di Lucano). Dal naufragio delle altre opere coeve si sono salvati solo brevi fram- menti, come quelli di Gaio Rabirio, derivati dal De bello Alexandrino e ri- trovati in papiri di Ercolano. Con uno stile gonfio e solenne, il poeta racconta la guerra tra Ottaviano e Antonio, culminata con la battaglia di Azio e la sconfitta di Antonio e Cleopatra. Nel poema trovavano posto – stando almeno a quanto è rimasto – curiosità di carattere naturalistico: anche questo aspetto anticipa le tendenze della poesia lucanea.

Di impianto arcaizzante doveva essere il poema di Cornelio Severo, il cui titolo era probabilmente Res Romanae (la titolazione è però controversa e non è neppure chiaro se il poeta abbia composto una o più opere). Il più ampio e famoso frammento tratta la morte cruenta di Cicerone, in cui l’autore celebra il console con toni enfatici e declamatori, tanto da far pensare a un avvicinamento tra poesia epica, sto- riografia e oratoria. Non è un caso che Quintiliano (X, 1, 89)

definirà Severo più un versificator che un poeta.

La poesia della prima età imperiale si orientò verso il poema didascalico, con i Phaenomena di Ger- manico (in cui si illustrano le caratteristiche del cielo, degli astri, delle costellazioni zodiacali) e con gli

Astronomicadi Manilio (in cui si descrivono le prero- gative degli astri e la loro influenza sulla vita umana).

L’epica storica, pur essendo perduta, sappiamo che si orientò verso la celebrazione delle imprese della famiglia imperiale: Albinovano Pedone cantò le imprese di Germanico, Gaio Rabirio la vittoria di Ot- taviano su Antonio. Cornelio Severo, invece, lavorò sulla storia romana a partire dall’età antica.

IN SINTESI

Statua ritratto di Germanico, Isecolo d.C.,

TRA ERUDIZIONE E CULTURA

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