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La costruzione in pietra nel XIX secolo.

Più volte è stata sottolineata l’importanza dei manuali nella formazione e nella diffusione di una cultura tecnica fondata sulla razionalizzazione della costruzione, è stata più volte sottolineata, che condusse al progressivo abbandono delle regole dell’arte in favore di un sempre maggiore controllo scientifico delle scelte costruttive e progettuali145.

I manuali del XIX secolo sono gli eredi della cultura razionalista dell’Illuminismo di cui condividevano l’impostazione metodologica e gli scopi intellettuali: la loro affermazione segue infatti quel processo – inaugurato dall’Encyclopedie – di sistematizzazione del sapere e la successiva riduzione in forme di conoscenza aperte e trasmissibili. Rispetto ai trattati settecenteschi, nei quali si cercava di individuare attraverso la ragione dei principi formali oggettivi e universali, i manuali presentano un carattere principalmente operativo e pratico, che rifiuta l’esposizione di principi generali, a favore di un’analisi fondata sulle esperienze acquisite e la cui universalità risiede nel rispetto del metodo scientifico. Ai codici stilistici determinati a priori e alle tradizioni costruttive consolidate dedotte dalla precedente trattatistica, viene preferita un’indagine aperta all’evidenza sperimentale che indichi un metodo, piuttosto che dei modelli, che consenta di operare correttamente in una realtà in rapida evoluzione.

Questa impostazione metodologica e il carattere operativo dei manuali è direttamente riconducibile anche alla loro funzione didattica nella formazione dell’ingegnere presso l’École Polytechnique. Agli inizi dell’Ottocento si instaurarono dei rapporti nuovi tra istituzioni scolastiche, i contenuti e la produzione dei testi per l’insegnamento, che legano all’occasione didattica un preciso processo di revisione della disciplina progettuale e costruttiva portato

      

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Sull’argomento ricordiamo. C.Guenzi, La manualistica italiana, in Riviste, manuali di architettura, strumenti del sapere tecnico in Europa, 1910-1930, (a cura di L.Scarpa), «Rassegna» n°5 - gennaio 1981, p.73; C.Guenzi (a cura di), L’Arte di edificare. Manuali in Italia (1750-1950), BE-MA Editrice, Milano, 1981; L.Ramazzotti, L’Edilizia e la Regola. Manuali nella Francia dell’Ottocento, Edizioni Kappa, Roma, 1984; C.Barucci, Strumenti e cultura del progetto. Manualistica e letteratura tecnica in Italia 1860-1920, Officina, Roma, 1984.

A questi importanti studi che a specifiche informazioni uniscono anche osservazioni di carattere generale sulla genesi della pubblicistica tecnica, si sono aggiunti nel corso degli ultimi decenni numerosi interventi di carattere più specifico, riguardanti particolari figure di autori di manuali o determinati aspetti inerenti alle tecniche costruttive. Tra questi ultimi ricordiamo: A.M.Zorgno, Tecnologie costruttive e cultura del progetto, in Tecnica e tecnologia nell'architettura dell'Ottocento, atti del quarto Seminario di Storia delle Scienze e delle Tecniche (Venezia, 11-12 novembre 1994), a cura di P.Ventrice, Venezia, IVSLA, 1998; F.Mangone, La manualistica italiana dell’Ottocento tra arte e tecnica, in G.Mazzi, G.Zucconi (a cura di), Daniele Donghi. I molti aspetti di un ingegnere totale, Marsilio, Venezia, 2006.

avanti da Monge, Rondelet, Durand e Navier, i quali inaugurarono un nuovo metodo didattico nel segno della nuova razionalità fondata sulla scienza, stabilendo un’importante collegamento tra ricerca scientifica e ambito operativo, che troverà modo di esprimersi nel crescente sviluppo industriale.

Non è quindi un caso che tali importanti trasformazioni si attuarono inizialmente nella Francia degli inizi del XIX secolo, cioè nel paese più avanzato dal punto di vista didattico e scientifico, e nel quale si stavano iniziando a manifestare quelle tensioni di ordine sociale, economico e culturale che in breve condurranno alla Seconda Rivoluzione Industriale146. Un altro aspetto da sottolineare è che queste trasformazioni indotte dal mutato clima culturale riguardarono, almeno in un primo momento, la costruzione in pietra che non solo rappresentava il sistema costruttivo più nobile, ma che proprio in Francia si era trasformato in un sapere tecnico di prim’ordine. La costruzione in pietra da taglio aveva infatti raggiunto qui alla fine del XVIII secolo il grado più evoluto nella definizione sia dei tipi costruttivi che della varietà formale, benché la sua sistematizzazione fosse sempre risultata difficile, sia per quanto riguarda l’aspetto geometrico che quello strutturale. Parallelamente l’arte del taglio della pietra, che pure era stata oggetto di un primo processo di sistematizzazione, iniziava ad opera dei trattatisti sia per quanto riguarda l’aspetto geometrico per il taglio delle pietre sia per le tecniche di posa147.

Il Traité Théorique et Pratique di Rondelet può essere considerato il primo manuale proprio per gli aspetti metodologici con cui tratta la materia, e la finalità che sembra essere esplicitamente dichiarata dall’aggettivo “pratique”. Il testo, su cui abbiamo già avuto modo di soffermarci nel capitolo 1.1, si assumeva il difficile compito di formulare sia principi generali dai quali ottenere una bellezza positiva, fondata cioè sul risultato della qualità dei materiali e della precisione nell’esecuzione, sia di fornire informazioni tecniche la cui funzione pratica fosse dedotta dall’evidenza sperimentale e non più dalla consuetudine. Questo duplice scopo del Traité è strettamente legato all’insegnamento svolto da Rondelet

      

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Mentre la prima Rivoluzione Industriale (1760-1830) aveva coinvolto soprattutto l’Inghilterra e aveva riguardato prevalentemente i settori tessile e metallurgico soprattutto a seguito dell’introduzione della macchina a vapore, la seconda Rivoluzione industriale aveva avuto come grande protagonista la Francia del Secondo Impero ed era stata contraddistinta anche dal progressivo impiego dei materiali industriali (vetro, ghisa e ferro) negli edifici.

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La trattatistica della stereotomia ci rappresenta una difficile situazione, in cui la conoscenza acquisita non era sufficiente a permettere una effettiva trasmissione in chiave operativa. Questi trattati rappresentano l’aspirazione razionalista di fondare una nuova scienza per l’architettura, ma le limitate conoscenze di tipo geometrico (ancora la geometria descrittiva non era stata codificata) e meccanico (l’aspetto strutturale è assente dai trattati) e l’assoluta assenza di ogni riferimento costruttivo e cantieristico, fecero si che tale esperienza fu assolutamente disgiunta dal mondo dell’architettura stereotomica, ancora nel XVIII secolo fondata su concetti empirici.

Ricordiamo a questo proposito i manuali di B.F. de Bélidor, La science des ingénieurs dans la conduite des travaux de fortification et d'architecture civile, Paris 1729 [successive edizioni del 1754, 1813 e 1832 edizione italiana], M.Seguin, Manuel d’architecture, chez Didot fils, Paris, 1786. Questi rappresentavano i principali trattati di carattere tecnico del XVIII secolo. A questi testi di carattere generale si affiancavano quelli specialistici, in particolar modo quelli di stereotomia, tra i quali: J.B. La Rue, Traité de la coupe de pierres, P.A. Martin, Paris, 1728 [successive edizioni 1738, 1764 e 1766 in inglese], A.F.Frézier, La Théorie et la Pratique de la Coupe des Pierres et des Bois pour la Construction des Voûtes et autre Parties des Bâtimens Civils & Militaires, ou Traité de Stéréotomie à l'Usage de l'Architecture, chez L.H. Guerin, Paris, 1737-42 [successiva edizione 1760].

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all’École Polytechnique e alle sue indagini sui materiali: per la prima volta infatti lo studio delle tecniche costruttive non era più legato unicamente agli spetti formali e proporzionali, ma era basato sullo studio delle proprietà meccaniche dei materiali e sulla loro quantificazione numerica, determinando così il passaggio dalla tecnologia convenzionale, legata cioè ai mestieri e alla cultura del cantiere, verso una cultura tecnologica prescrittiva nella quale l’aspetto progettuale assumeva un ruolo preminente e anteriore rispetto alla fase realizzativa. A partire dalle successive riedizioni del Traité Théorique et Pratique e delle edizioni critiche ampliate, iniziò una fervente attività editoriale riguardante i manuali tecnici specifici o sulla costruzione in generale, che aumentò versò la metà del XIX secolo, quando cioè si attuò quel passaggio decisivo tra la costruzione tradizionale e quella fondata sui nuovi materiali industriali, e quando l’applicazione della scienza delle costruzioni e quella dei materiali iniziarono ad avere una maggiore ricaduta sulle tecniche. Gli elementi lapidei, che erano stati oggetto delle prime prove sui materiali da parte di Rondelet, furono sottoposta nel corso dell’Ottocento ad un processo di affinamento scientifico e tecnico che condusse a delle tipologie costruttive sempre più efficienti e collaudate, mentre il primato della pietra nella costruzione francese non sembrava essere ancora messo in discussione dai nuovi materiali se non nella realizzazione di grandi coperture.

1.3.1- I manuali francesi della metà del XIX secolo: Mignard (1847), Claudel (1850), Château (1863), Demanet (1864).

La costruzione in pietra presentata nei manuali francesi della metà del XIX secolo, rappresenta la più completa formulazione delle differenti tipologie costruttive, nelle quali viene raggiunto un giusto equilibrio tra una pratica costruttiva che deriva dalla tradizione stereotomica e dall’impiego dei principi della scienza delle costruzioni, che ne perfeziona le potenzialità tecniche, anche se a volte a scapito di quelle formali. La ricerca si è soffermata su alcune pubblicazioni di carattere tecnico148 apparse tra il 1845 e il 1865, con lo scopo di determinare lo ‘stato dell’arte’ della costruzione in pietra, come punto di partenza per il suo successivo sviluppo.

La base per la pubblicistica tecnica francese, e non solo, rimane il Traité di Rondelet, soprattutto dal punto di vista metodologico con cui viene organizzata e trattata la materia e da quello dell’approccio scientifico nei confronti delle tecniche murarie. Di questo trattato riprendono anche il carattere onnicomprensivo che vuole superare la precedente pubblicistica tecnica, ritenuta

      

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B.R.Mignard, Guide des constructeurs, ou traité complet des connaissances théoriques et pratiques relatives aux constructions, 2vv., Paris, 1847; J.Claudel, P.Laroque, Pratique de l’art de construire. Maçonnerie, Carilian-Goeury et Dalmont, Paris, 1850; T. Château, Technologie du bâtiment, Librairie d’Architecture Bance, Paris, 1863-66; A.Demanet, Guide pratique de constructeur. Maçonnerie, 2vv., Eugène Lacroix Editeur, Paris, 1864. Il testo di Claudel e Laroque di quelli pubblicati alla metà del XIX secolo è uno dei più importanti: costituisce uno sviluppo del trattato di Rondelet, per stessa ammissione degli autori, e costituisce la base per le successive pubblicazioni di carattere tecnico del decennio successivo, soprattutto per quanto riguarda i manuali tascabili editi a partire dal 1870.

troppo specialistica e pertanto superficiale, come si può leggere nella prefazione della Guide des constructeurs

Molti dei tecnici hanno scritto, fino ad oggi, sull’arte di costruire, ma nessuno di loro, malgrado l’incontestabile valore dei loro lavori, ha risolto – secondo noi – il problema in maniera soddisfacente, poiché limitandosi, come hanno fatto, a trattare solo una parte della materia essi hanno affrontato soltanto aspetti particolari della questione, e quindi hanno fatto sentire la necessità di un libro che racchiuda tutti gli elementi, tutte le conoscenze necessarie e utili in rapporto alla costruzione; così, solo per citare alcuni di questi nomi di personaggi, tra i più competenti, come Bullet, Vignole, Frezier, Bélidor, Fournencau, Desgodets, Seguin, Mesange, Jousse, Potain, Monnot, Morizot, Charles Nornand, Kraff, Poncelet, cosa hanno fatto se non limitarsi ad una sola specialità? C’è dunque una lacuna da colmare. [...]149

Un altro aspetto che caratterizza la manualistica rispetto ai trattati, oltre allo scopo eminente mente pratico di codificare e trasmettere un sapere tecnico, è senza dubbio il pubblico a cui sono destinati, che ora risulta essere ampliato a tutti gli attori del processo edilizio, dai progettisti – ingegneri e architetti – agli impresari, ai direttori dei lavori e perfino ai muratori. Possiamo individuare tale proposito nella prefazione del testo Pratique de l’art de construire

Esporre, in una maniera più semplice possibile, le regole per determinare le dimensioni delle opere di muratura i metodi per stimare tali opere, le indicazioni per individuare la buona o cattiva qualità dei materiali, e gli strumenti per mettere in opera questi materiali, questo è il nostro scopo che ci siamo proposti.

Se noi l’avremo raggiunto, gli ingegneri e gli architetti troveranno, nella nostra Pratique de l’art de construire, tutti gli elementi necessari per disporre convenientemente i loro progetti e sorvegliare l’esecuzione dei lavori; gli impresari e i loro commessi trarranno delle conoscenze per fare una buona scelta dei materiali, e suddividere in maniera conveniente il lavoro tra gli operai di un medesimo cantiere; infine i muratori vi troveranno, molto dettagliatamente, il percorso che dovranno seguire per eseguire correttamente i diversi lavori che verranno loro affidati. [...]150

      

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B.R.Mignard, Guide des constructeurs, op.cit., pp.1-4. Il carattere onnicomprensivo dell’opera è individuabile già dall’indice, dove si possono ritrovare le principali discipline insegnate all’École Polytechnique e utili alla professione come l’aritmetica, la trigonometria, la geometria descrittiva, il rilievo, oltre alle nozioni sui materiali, sulla costruzione e sulle varie parti dell’edificio.

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J.Claudel, P.Laroque, Pratique de l’art de construire., op.cit., p.10. Il riferimento esplicito ai destinatari dei nuovi manuali si trova anche nella Guide des Constructeurs di B.R.Mignard, dove direttamente nel frontespizio si legge «Opera utile a tutte le persone che si occupano di costruzione, come gli architetti, i mastri muratori, i falegnami, gli artigiani, i pittori, i decoratori e ai proprietari che decidono di costruire».

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In queste parole è chiaramente apprezzabile come in questi anni si venga ad interrompere la continuità produttiva che aveva caratterizzato l’organizzazione corporativa del cantiere, e inizi la messa in discussione della pratica costruttiva tradizionale fondata sull’esperienza, sulla prova empirica e sull’abitudine di ricondurre ad un sapere pratico comune alla gente del mestiere.151 Nella prefazione del Guide pratique de constructeur. Maçonnerie (1864) di Demanet, dopo avere sottolineato come «tutte le opere che impieghino blocchi di pietra naturale o artificiale, legate insieme nei più diversi modi, hanno tutti la loro origine dall’Art du Maçon», viene dichiarata esplicitamente questa scissione tra la fase ideativa e quella esecutiva e il margine residuo lasciato all’esperienza dei muratori in cantiere

[...] La forma delle murature a blocchi è determinata dalle scelte progettuali dell’architetto o dell’ingegnere, come i modi di disporle secondo bellezza e convenienza; il muratore non deve dunque preoccuparsi che della loro giusta e buona messa in opera, secondo la convenienza o il programma previsto, e noi ci siamo proposti in questo piccolo trattato di far conoscere le regole, le cure e le precauzioni che è necessario osservare per riuscirvi.152

La costruzione delle murature in pietra risente in particolar modo di questa trasformazione, dal momento che da sempre si era affidata ad un sapere di tipo corporativo e per la quale il cantiere aveva sempre costituito un momento ricco di sperimentazione e di, seppur lenta, innovazione. Se dunque da un lato la costruzione degli elementi lapidei e la loro posa in opera, non subisce quelle trasformazioni proprie dei materiali industriali, dall’altro è sottoposta ad un profondo cambiamento di natura organizzativa, che deriva da quello industriale e che mira dunque a raggiungere una sempre maggiore efficienza attraverso una razionalizzazione in termini anche economici della costruzione. L’analisi e la codifica delle differenti fasi del processo, organizzate secondo una logica razionale e ripetibile determinano la sicurezza dei risultati e la rapidità della costruzione, anche se questo conduce ad una semplificazione e standardizzazione delle diverse tipologie costruttive153. L’importanza che questo procedimento venga seguito anche nelle fasi costruttive da operai e muratori viene sottolineato apertamente nella prefazione del manuale di Claudel e Laroque

[...] Quest’ultima parte, soprattutto per quanto riguarda la costruzione degli edifici, è stata, per così dire, passata sotto silenzio dagli autori che hanno trattato l’arte del costruire. Tuttavia avrebbe meritato una maggiore attenzione: quante volte abbiamo visto dei muratori, anche se i più esperti,

      

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Questi sono tutti fattori che «producono una radicale trasformazione nella natura dell’attività costruttiva, che inizia a separarsi ora tra attività di informazione e attività di esecuzione». A.M.Zorgno, Tecnologie costruttive e cultura del progetto, op.cit., pp.9-10.

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A.Demanet, Guide pratique de constructeur, op.cit., p.1.

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A questo proposito è utile confrontare la grande varietà delle tessiture murarie – dedotte o meno dalla storia – m presentate da Rondelet nel suo Traité, rispetto a quelle presentate nelle tavole della Guide pratique de constructeur di Demanet, mentre viceversa in quest’ultima viene dedicato uno spazio molto più ampio agli strumenti e alle tecniche di posa in opera dei differenti materiali.

essere in difficoltà su come intraprendere un nuovo lavoro per loro, o anche solo un lavoro che si presentasse in condizioni particolari! Si capisce quanto la loro esitazione debba trasformarsi in una buona e rapida esecuzione.154 La struttura del manuale generalmente segue quella del Traité di Rondelet, che viene via via aggiornata ed ampliata all’aumentare e al diversificarsi delle conoscenze scientifiche. Per quanto riguarda la costruzione in pietra tuttavia si registra un’evoluzione più lenta dove i risultati precedenti vengono di solito riportati nei manuali successivi, in tabelle che si vanno ad arricchire nel tempo di dati sperimentali soprattutto nel campo delle prove sui materiali.

Le informazioni circa la costruzione in pietra contenute nei manuali si possono riassumere essenzialmente in tre componenti: una conoscenza del materiale dal punto di vista geologico e mineralogico dei differenti litotipi, quella dal punto di vista delle loro proprietà meccaniche e fisiche, ed infine la conoscenza delle differenti tipologie murarie che si possono realizzare con le diverse varietà di pietra, sia dal punto di vista morfologico che da quello funzionale.

L’importanza della conoscenza dei diversi tipi di pietra è riconducibile ad una più generale attenzione nei confronti della qualità dei materiali, come si può leggere nella prefazione della Technologie du bâtiment

La durata delle costruzioni dipende in gran parte dalla qualità dei materiali che vi si impiega; si comprende quindi quanto sia importante conoscerli bene, prima di impiegarli, non solo per quanto riguarda la loro natura, le loro proprietà chimiche e fisiche, i loro pregi e difetti, le loro alterazioni naturali o indotte, la loro analisi, la loro estrazione e fabbricazione, ma anche per quanto riguarda le loro forme e dimensioni, le loro forze intrinseche, le loro qualità in fatto di aderenza con altri materiali e la loro resistenza alle differenti sollecitazioni termiche.155

Nel caso specifico delle pietre da costruzione questa attenzione si traduce in una conoscenza dell’origine geologica e della loro composizione mineralogica, dalle quali dipendono le proprietà fisiche che ne consigliano o meno l’impiego come materiali da costruzione. Questa conoscenza di tipo ‘scientifico’ affianca, e in parte sostituisce, l’esperienza nella valutazione dei materiali, che non è più ritenuta sufficiente per orientare la loro scelta, da parte di tutti coloro che intervengono nel processo edilizio. Per questo motivo la trattazione delle pietre da costruzione è sempre preceduta da una lunga disamina sulla loro origine geologica che inizia sempre dalla classificazione in rocce sedimentarie, rocce

metamorfiche e rocce magmatiche, che ancora oggi è valida. Questo ha come

scopo principale l’identificazione delle proprietà utili per la costruzione che determina anche, per la prima volta, una stima del costo del materiale soprattutto in base alla sua lavorabilità: ad esempio il granito è considerato un’ottima pietra

      

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J.Claudel, P.Laroque, Pratique de l’art de construire., op.cit., pp.10-11.

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da costruzione merito la sua grande compattezza di struttura cristallina che gli dona una grande resistenza allo schiacciamento e all’azione degli agenti atmosferici, ma allo stesso tempo lo rende un materiale poco economico a causa delle difficoltà di estrazione e di lavorazione, da eseguirsi unicamente con costosi strumenti ad abrasione.156

La valutazione dell’economia dei materiali diventa un criterio molto importante nell’orientare la scelta dei materiali, che non viene più fatta in base alla semplice disponibilità o meno sul posto, ma che tiene conto ora anche del costo di estrazione e di lavorazione, dal momento che lo sviluppo della rete ferroviaria in Francia ha abbassato di molto quello del trasporto che un tempo era invece la voce maggiore. Per questo motivo, seguendo il suggerimento proposto da Durand di «un impiego giudizioso dei materiali», si iniziano a diffondere nei manuali le tabelle che riportano i tempi e i costi necessari per realizzare un metro quadro di muratura in cui il calcolo viene effettuato per tutti i tipi di pietra in commercio sia in Francia che importati dall’estero, soprattutto i marmi italiani157. Per quanto riguarda la stima delle opere in muratura i principali criteri che portavano alla formazione del prezzo dell’opera per metro quadro erano: il luogo del cantiere, in provincia o a Parigi, il costo di trasporto del materiale a piè d’opera, ripartito in trasporto su acqua e su terra, il costo di lavorazione dei blocchi (taille des lits,

bardage, montage, pose), valutato in base al tempo impiegato dai lavoratori, su

cui influiva molto la natura della pietra. Nel caso dei calcari teneri i tempi di lavorazione e quindi i costi diminuivano, mentre nel caso dei calcari duri questi

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