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Mario Nanni Lo spettatore nel centro del quadro

2. CORPO, MATERIA, AMBIENTE PERCORSI AUTONOM

2.2. Mario Nanni Lo spettatore nel centro del quadro

Vasco Bendini non è l’unico artista bolognese della sua generazione ad aprirsi, seppure per poco, alle esperienze comportamentiste. Come lui, anche Mario Nanni32 (1922) si dimostra in grado di comprendere tempestivamente la direzione del nuovo corso e di aderirvi brillantemente, forse anche in virtù della nuova centralità assunta dal corpo umano e dalle sue manifestazioni più dirette che motivava il gesto dell’Informale. Come Bendini, Nanni elude la più ovvia ipotesi di una dispersione ambientale del materismo, già accantonato nei primi anni Sessanta in favore di rinnovate soluzioni costruttivo- macchiniche33, per dedicarsi all’allestimento di ambienti praticabili attraverso cui analizzare il comportamento fisico e psicologico dei suoi fruitori. Il primo di questi ambienti, I giochi del malessere, la cui realizzazione risale già al 1967, viene allestito per la prima volta in forma completa solo nel gennaio 1969 a Milano presso la Galleria Apollinaire di Guido Le Noci. Si tratta di una grande installazione di cerchi, molle e dischi metallici pendenti dal soffitto – più volte riproposta con varianti quali l’aggiunta di palloncini colorati, capsule o lastre di zinco stese sul pavimento – che traspone sul piano di una concreta materialità quelle geometrie che “galleggiavano” già sulle sue tele dei primi anni Sessanta. Pierre Restany nota come l’invito ad “aprirsi un passaggio fra queste liane d’acciaio” sia il primo passo verso una “avventura psicosensoriale” aperta a illimitate e imprevedibili possibilità di risposta che “esalta pienamente la funzione ludica dell’arte contemporanea”34

. Questa componente ludica nasconde però un più profondo interesse di Nanni per lo studio delle reazioni e dei comportamenti individuali e sociali, aspetto che espliciterà in modo particolare con Il limite del mare, un

2009, pp. 41-51. Si veda inoltre A. Capasso, Opere d’arte a parole. Dialoghi sull’arte contemporanea, Meltemi, Roma 2007, pp. 45-47.

32 Per una conoscenza globale del percorso dell’autore si vedano F. Caroli (a cura di), Mario Nanni.

Mostra antologica, Grafis, Bologna 1985; R. Bossaglia, Mario Nanni. Opere dal 1950 al 1990,

Graficolor, Marzabotto 1990; B. Bandini, C. Cerritelli, L. Sansone (a cura di), Mario Nanni. Materiali

inediti di un percorso creativo, Publi Paolini, Mantova 2007; B. Buscaroli (a cura di), Mario Nanni. Concatenamenti, Bononia University Press, Bologna 2008; L. Canella, Mario Nanni. Dagli anni Quaranta al Duemila, Pendragon, Bologna 2008; C. Ghelli, Mario Nanni. Mappa di una vita inquieta,

Aspasia, Bologna 2013.

33 Su questa fase si veda in particolare S. Malossini, F. Balestra, M. Balestra (a cura di), Mario Nanni.

Risultato provvisorio di un processo ed altri progetti 1962-1968, Fondazione Tito Balestra, Longiano

2016.

34 P. Restany, Gli anelli di Nanni sono il tropico del cuore, in G. Dorfles,L. Marucci, F. Menna, Al di là

della pittura. Esperienze al di là della pittura, cinema indipendente, internazionale del multiplo, nuove esperienze sonore, Centro Di, Firenze 1969, [s.p.].

happening realizzato nel 1969 alla Biennale d’Arte Contemporanea di San Benedetto del Tronto concepito come un test psicometrico. In queste operazioni si palesa una precisa costante formale, quella del circolo, sia esso l’anello pendente dal soffitto o quello da lanciare verso l’orizzonte, che si pone come soluzione plastica attivabile, matrice per dispositivi di sollecitazione cinestesica affini agli elementi tubolari di certi ambienti di Mattiacci. Attivati dai movimenti di un corpo umano, gli anelli e i circoli di Nanni si configurano perciò come tracciatori di forze direzionali o come indicatori di onde in espansione che disegnano nello spazio le linee-forza che i Futuristi tracciavano sulle loro tele nel tentativo di rappresentare più efficacemente il dinamismo dei corpi. Come volevano gli stessi Futuristi, Nanni porta “lo spettatore nel centro del quadro”35, lo chiama ad animare un ambiente inerte attraverso dinamismi, ondulazioni, roteazioni e circonvoluzioni, portandolo a prendere coscienza della propria vitalità, delle energie che è in grado di sprigionare.

Una lontana radice futurista è rintracciabile anche in Interno-esterno, l’opera realizzata ad Anfo, in provincia di Brescia, il 25 agosto 1968 in occasione della rassegna Un paese

più l’avanguardia, una lunghissima striscia di plastica rossa che circoscrive una larga

porzione del paese passando anche sotto le porte e le finestre chiuse delle abitazioni, aderendo ai gradini o ai muri degli edifici. L’operazione stringe un’evidente affinità con quella compiuta da Aldo Mondino nel dicembre 1967 a Torino per Con temp l’azione, unendo le tre sedi dell’evento (le gallerie Stein, Sperone e Il Punto) mediante un lungo filo rosso. L’idea di una ridefinizione estetica dell’ambiente quotidiano va però ben oltre le attestazioni tautologiche di Prini o le misurazioni di Icaro. Nell’opera di Nanni infatti la prospettiva spaziale si amplia a dismisura, tracciando un perimetro irregolare che non si può cogliere con un solo colpo d’occhio: la lunga striscia rossa si comporta quasi come “la traccia di un elettrone impazzito che, data la sua natura di onda, può attraversare finestre chiuse, porte sbarrate, il torrente del paese impegnando lo spettatore/scienziato a prevederne e calcolarne il tragitto”36. Questo vitale fascio, materializzazione di una linea-forza futurista, si fa vettore di un possibile percorso e invita lo spettatore a seguirla, ridefinendo il camminare come pratica estetica.

A Gennaio 70 Nanni propone un grande ambiente, concepito sulla scorta de I giochi del

malessere, con delle enormi molle fissate su una grande lastra di alluminio tenero delle

35 U. Boccioni, C. Carrà, L. Russolo, G. Severini, La pittura futurista. Manifesto tecnico, cit., p. 24. 36 L. Canella, Mario Nanni, cit., pp. 76-77.

dimensioni di quattro metri per quattro, che i visitatori possono toccare o calciare, lasciando così sfregamenti e tracce del loro passaggio. Nanni dichiara queste molle come “elementi dinamici presi dal futurismo”37

, precisando che la sua operazione vuole coinvolgere i fruitori in modo ludico, aspetto che del resto non era estraneo agli stessi Futuristi, ma che anzi emergeva potentemente nel corso delle loro “serate” o delle loro declamazioni parolibere, oppure nella messa in scena delle loro brillanti sintesi teatrali. Al volgere del 1970, però, mentre si batte ormai senza ripensamenti la via delle aperture comportamentiste, Nanni avverte, proprio come Bendini, il richiamo più forte della sua vocazione generazionale, tornando dunque alla superficie pittorica e lasciando ai più giovani il compito di tracciare con più adatti mezzi il profilo del loro presente.