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Donato Carusi L'ORDINE NATURALE DELLE COSE pp. 512, €55, Giappichelli, Torino 2011

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hi ha detto che 2 libro di un giurista debba essere noio-so, formalmente piatto, linguisti-camente esoterico, insomma ostico ai più? L'ordine naturale

delle cose di Donato Carusi è

una lettura non priva di asperità tecniche, ma emozionante e fitta di rimandi immaginifici: un iti-nerario in nove capitoli dai titoli sorprendenti (I cinesi di Carrier

Bresson...) e unificati

dall'inten-to di denunciare e smentire 2 "separatismo", la programmati-ca estraneazione del diritto da qualunque altro genere e forma di produzione culturale. In que-ste pagine si parla di interpreta-zione deUa legge, di procreazio-ne assistita e di testamento bio-logico, di contratti e di

divieti di restituzione, ma all'orizzonte del discorso (oltre a Gros-si, Irti, Rescigno, Ro-dotà, Zagrebelsky) spuntano Aristotele e Rousseau, Roberto Esposito e Martha Nussbaum. Nell'idea dell'ordine naturale - di un diritto suggerito dalla natura

del mondo e delle cose, univer-sale e immutab2e - gli esseri umani cercano da sempre 2 cri-terio di giustizia delle istituzioni politiche, esponendosi alla co-stante smentita della storia, della scienza e della tecnica, di nuove istanze e giudizi di valore, eppu-re sempeppu-re ritornando a concepi-re tale idea in forme nuove. In nome del "giusto di natura" si teorizza il comando di uno, di pochi o di tutti, si proclama o si contestata la superiorità dell'uo-mo sulla donna, si reprime o si accetta socialmente l'omosessua-lità, si esaltano 2 pubblico e 2 privato, la proprietà individuale e 2 suo contrario, si afferma l'e-guaglianza tra gli umani, si giu-stificano lo schiavismo, l'impe-rialismo coloniale, l'apartheid.

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i volta in volta, ciò si è fat-to per la legittimazione delle istituzioni vigenti o la loro contestazione, in funzione di acquiescenza o di resistenza, di omologazione o di rivoluzione. Neanche il tragico incrocio con il totalitarismo e il razzismo na-zista è valso a spezzare questo filo ambiguo, che dai greci si dipana fino a Maritain, ai tribu-nali tedeschi del dopoguerra (e del dopo-Muro), fino all'odier-na teoria dei diritti umani. Né chi si chiama fuori - neppure i nemici giurati delle dottrine del diritto naturale - è esente nei suoi discorsi da "subtestuali" assunti, o pregiudizi, di tipo "naturalistico". Carusi guarda a questa antica ed eterna vicen-da con partecipazione e insie-me con distacco: traendone il pensiero che non l'auto-conse-gna ai vecchi e nuovi monopo-listi della verità, ma

l'accetta-zione della nostra naturale fra-g2ità e finitezza (in questo sen-so, se si vuole, il nichilismo) e con essa l'affidamento al meto-do induttivo e al fallibilismo ca-ratteristici delle scienze natura-listiche, siano i plausibhi prin-cipi di risposta al disimpegno etico e al dichiarato spaesamen-to "postmoderno". Non è del resto sulla conoscenza di ciò che avviene in natura, sull'os-servazione dell'essere, che la medicina, la psicoanalisi e tutte le codificazioni di prassi tera-peutiche fondano le loro regole di dover essere?

Il procedimento per induzio-ne e rivedibilità delle proprie leggi imprime alla scienza mo-derna nel suo complesso, come suggerisce l'autore, un anda-mento narrativo. Narrativa è anche la struttura delle nostre emozioni: quelle "politiche" co-me la compassione, quelle tipi-camente antisociali quali il dis-gusto e la vergogna; narrativa

per eccellenza è la te-rapia psicoanalitica che ci permette, entro certi limiti, di capirle e rivederle. Narrativa è la sedimentazione dei principi della res

publica democratica

attraverso i mille scarti della storia; narrativa e collettiva la sapienza depositata nella cornice costitu-zionale che ci difende dai so-prassalti delle volontà di poten-za, del narcisismo, dell'autorita-rismo. Attraverso tante cata-strofi l'umanità procede per collaudo consensuale e trasmis-sione intergenerazionale di giu-dizi descrittivi e prescrittivi: non è davvero per caso, ma per elegante understatement, che il volume si apre e si chiude con l'allusione agli "scrittori nei li-bri di altri".

Come dicono gli americani, ai quali si deve la codificazione de-gli studi di Lato and Literature, 2 libro è anche e in buona misura una list of novels, uno stimolante e ricchissimo campionario di ri-ferimenti letterari. Il Gradgrind di Dickens incarna la ridicola fallacia (positivista e ut2itarista) del "pensiero dell'aggregazio-ne"; la tabucchiana Testa

perdu-ta di Damasceno Monteiro è

me-tafora deUa scissione (giusnatu-ralista e formalista) del diritto dalle volontà; 2 Pessoa-Ricardo Reis di Saramago è l'immagine dell'eroico, commovente con-trapporsi di ogni nostra istitu-zione al nulla che la divora; l'in-tera impresa letl'in-teraria di Anto-nio Lobo Antunes (l'autore più amato, cui 2 libro è dedicato) è espressione di una richiesta di senso lucidamente scettica, di-sperata eppure ostinatissima.

Il capitolo su Lobo Antunes va particolarmente segnalato: un intenso ritratto letterario e bio-grafico, un devoto dar del tu a una delle figure meno facilmen-te catalogabili della narrativa contemporanea; attraverso il gioco delle allusioni e delle asso-nanze si svela un inatteso

con-sentire del giurista con lo

"psica-nalista invasato", con lo

"scienti-fico" e inesausto orditore di romanzi polifonici

{L'ordine naturale delle cose, appunto, e poi Trat-tato delle passioni dell'a-nima, La morte di Carlos Gardel, Lo splendore del Portogallo, Manuale degli inquisitori, Esortazione ai coccodrilli, Che farò quan-do tutto brucia?, Buonase-ra alle cose di quaggiù,

tutti editi da Feltrinelli o da Einaudi).

A sé potrebbe stare an-che 2 lungo e centrale saggio sulla tradottissima Nussbaum (Il giudizio del

poeta, Eintelligenza delle emozioni, Le nuove frontiere del-la giustizia): a nostra conoscenza,

la più organica e puntuale sintesi del pensiero deUa scrittrice di Chicago finora disponib2e in Ita-lia. E l'abbozzo di una teoria del-la giustizia insieme realistica e di-rompente, i cui tratti ("approc-cio" deUa cura e delle capacità; elogio della mano pubblica nei circuiti dell'istruzione e deU'in-formazione; critica a ogni forma di organicismo: deHa società ge-nerale, delle associazioni, della famiglia; demolizione deUa no-zione di disabilità) si riflettono largamente nelle Costituzioni eu-ropee, in particolare italiana e te-desca, e sono però ancora ben lontani dall'inverarsi. Profilano piuttosto un programma politico altamente impegnativo, che ben si presterebbe a rinsaldare le schiere disorientate del progres-sismo italico.

da "la Repubblica"

Di più specifico interesse del-l'esperto in diritto, almeno in apparenza, è la parte del libro in cui si parla di ciò che chia-miamo "legge", dei caratteri che ci attendiamo di ritrovare in essa, e dei modi, spesso dis-simulati o occultati da una spessa coltre di concetti, in cui ha luogo la sua concreta appli-cazione. Qui l'autore mette in scacco due dogmi tradizionalis-simi: quello della natura fonda-mentalmente avalutativa della

iuris-dictio, quello del divieto

di portare ogni disposizione le-gale che fa eccezione ad altra ad

consequentias (si vedano,

ri-spettivamente, gli articoli 12 e 14 delle Disposizioni sulla legge

in generale premesse al Codice

ernie).

Mettendo a nudo, sotto al con-cettualismo, la struttura fonda-mentalmente analogica - basata

sul principio di eguaglianza - del nostro ragionare di giustizia, non importa se da operatori tecnici o da semplici cittadini; denuncian-do nell'infiacchimento de2a ca-pacità di "istituire nessi e argo-mentare distinzioni" la prima ra-dice non solo del conformismo, ma dell'inaridimento e del decli-no della "cultura della legge"; abbozzando le linee (costituzio-nalismo, pari dignità delle perso-ne) di un "liberalismo rivisitato", non antireligioso ma fermamen-te laico, non liberista ma distri-butivista, queste pagine trasmet-tono gusto della scrittura e della lettura. E sembrano voler indica-re proprio la lettura come princi-pio di cura per la nostra polis

malridotta. •

m a s s i m o s c o t t i g h o t m a i l . c o m M. Scotti svolge attività di ricerca in letterature comparate all'Università di Verona

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