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Massolo tra Fenomenologia ed Esistenzialismo

2. Gli anni dal 1934 al 1944: Perugia, Catanzaro, Livorno

2.3 Massolo tra Fenomenologia ed Esistenzialismo

A partire dal gennaio del 1939, in seguito al provvedimento disciplinare ratificato dall’allora Ministro dell’educazione nazionale Bottai, Massolo si trasferì nuovamente dal centro al sud Italia, lasciando Perugia alla volta di Catanzaro, e passando dal Liceo Classico al R. Istituto magistrale della città calabrese. A Catanzaro Massolo era confinato in un clima di assoluto isolamento che mal si conciliava con l’apertura del suo carattere, particolarmente vivace in questi anni giovanili. Infatti sia la vita culturale che l’attività politica portata avanti nel segno dell’antifascismo, nelle modalità in cui aveva avuto modo di sperimentarle a Perugia, non erano elementi presenti nel tessuto sociale di Catanzaro. Ma soprattutto la nuova sede calabrese lo costringeva ad una lunga distanza da Roma, che invece da Perugia raggiungeva agevolmente. Questa condizione lo obbligò ad interrompere la sinergia con il gruppo delle amicizie antifasciste romane. Di questi anni trascorsi a Catanzaro davvero poco è giunto fino a noi poiché gli archivi dell’Istituto magistrale sono stati quasi completamente distrutti nei bombardamenti del ’43 e da essi risulta soltanto un registro manoscritto che riporta il nome di Massolo insieme ad altri docenti che prestarono servizio nell’istituto sul finire degli anni ’30. Proprio a causa dell’isolamento culturale e della solitudine umana in cui si trovò in questa nuova sistemazione, Massolo sviluppò una notevole insofferenza verso Catanzaro, avvertito certamente come un centro per nulla vivace dal punto di vista filosofico. Al fine di arginare tale sofferenza, che doveva certamente creargli una sorta di instabilità esistenziale, egli si dedicò in maniera sempre più metodica e regolare allo studio autonomo, cominciando, a partire da questi anni, a pubblicare sistematicamente i risultati delle proprie indagini. Proprio al fine di superare il senso di noia intellettuale e la scarsità di stimoli, Massolo si buttò a capofitto in una nuova serie di ricerche, molte delle quali rappresentarono una novità nel panorama della filosofia italiana. Fu in questa fase che lo studio precedente, caratterizzato da un silenzioso raccoglimento, cominciò a non essere più sufficiente a Massolo. Man mano che i motivi più profondi di questa fase speculativa andavano chiarendosi nella loro problematica originaria, Massolo sentiva farsi strada dentro di sé l’urgenza del confronto con altri intellettuali e dunque la necessità della pubblicazione. Non è un caso che proprio in questi anni la corrispondenza con Gentile si faccia particolarmente fitta; il carteggio risulta importante per ricostruire il sentiero in cui Massolo si muoveva, e per comprendere

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i motivi interni di una ricerca apparentemente sconnessa rispetto agli sviluppi più maturi. Da esso traspare la fragile situazione psicologica dell’autore, derivante dalla difficoltà di adattarsi alla nuova sistemazione. Le lettere sono pervase da una profonda insofferenza e dal racconto dettagliato delle proprie ricerche:

«Eccellenza,

Vi sono grato non solo per aver trovato il mio saggio degno della Vostra rivista, ma anche per l’interessamento che avete creduto mostrare per me. Io lavoro attualmente intorno a Martin Heidegger. Con questi studi io non mi propongo nessun problema di superamento. La mia ricerca non è, però, curiosità banale, ma un volere interrogare i grandi spiriti contemporanei per un senso di concretezza storica. Anche Jaspers mi appare “importante”, anche se il suo modo di procedere è meno filosofico. Lavoro ma assai lentamente sul rapporto diritto-morale, e ciò sul piano del superamento attuato dall’idealismo contemporaneo della identità individuo-soggetto, persona, particolare. I miei disegni? Io sono a Catanzaro “Cittadina Filosofica” dice per consolarmi Fazio Allmayer. Io, che non mi sono accorto di tale “filosoficità” sto, e certamente per mia distrazione, assai male. Studiare è qui un andare incontro ad interruzioni. Esiste una biblioteca ma non tutti i libri del Fiorentino; essa, però, non possiede quel libro che cerco. Eccellenza io non possiedo il libro della Rovighi sullo Husserl. Io, se voi me lo invierete, ne scriverò volentieri così come di tutti i libri, specialmente libri di filosofia tedesca che, vorrete inviarmi.

Grazie ed ossequi, Arturo Massolo»304.

Continua ad essere centrale in Massolo il tema dell’individuo-soggetto, ed alla luce di questo risulta di particolare interesse l’affermazione del Massolo con la quale egli dichiara il proprio avvicinamento alla filosofia di Heidegger. Un interesse che non costituisce il risultato di banale curiosità bensì si colloca nell’ottica di interrogare i filosofi contemporanei per un senso di concretezza storica, per prendere parte alla problematica della situazione contemporanea. Egli più tardi affermerà:

«La mia generazione aveva trovato in Sein und Zeit una possibilità di avvicinamento ai problemi e alla situazioni individuali, una possibilità che riempisse il vuoto tra vita e speculazione [...] Per usare una espressione hegeliana, noi dubitavamo dei maestri che dicevano di essere stati capaci di uscir fuori dalla propria pelle»305.

Insieme ad un generale interesse per Jaspers, il cui argomentare tuttavia è ritenuto poco filosofico, dalla lettera si evince un particolare importante: Massolo richiede a Gentile il libro di Vanni Rovighisu Husserl. Il testo a cui allude Massolo è La filosofia di E. Husserl (1939)306. Da parte sua Gentile accolse subito la richiesta ed inviò a Massolo il volume richiesto. Ben presto da Catanzaro Massolo licenziò una recensione307, pubblicata nello stesso anno sul «Giornale Critico della filosofia italiana».

304 Arturo Massolo a Giovanni Gentile, R. Istituto Magistrale di Catanzaro. 16 settembre 1939. 305

Arturo Massolo, Presentazione di L. Ricci-Garotti, Heidegger contra Hegel, Argalia, Urbino, 1965, cit., pag. II. 306 S. Vanni Rovighi, La filosofia di E. Husserl, Vita e Pensiero, Milano, 1939.

307 Arturo Massolo, (recensione di) S. Vanni Rovighi, La filosofia di E. Husserl , Giornale Critico della filosofia italiana, 20 (1939), n. 4. voi. VII, 5-6, 1939, pp. 481-482.

104 2.3.1 La Fenomenologia in Italia negli anni Trenta

In Italia i primi studi dedicati al pensiero ed alle opere di Edmund Husserl vennero scritti da Antonio Banfi308 nel 1923, stampati nel secondo e nel terzo fascicolo della «Rivista di filosofia», che allora veniva pubblicata a Roma. Prima di questa data nessuno studioso italiano si era occupato di approfondire gli studi sulla fenomenologia309. Soltanto a partire dagli anni Trenta si assisterà ad un crescente interesse per la filosofia di Husserl.

Dagli articoli pubblicati sulla «Rivista di filosofia» durante l’anno 1923 è possibile, inoltre, dedurre il clima intellettuale nel quale andava a collocarsi la riflessione di Banfi su Husserl, e comprendere i motivi per i quali i primi due articoli italiani sulla fenomenologia comparvero proprio in questo periodo. Nella premessa al primo fascicolo, per esempio, il direttore Giuseppe Tarozzi ricorda l’impegno di avviare studi teorici che approfondiscano le più importanti scuole filosofiche contemporanee. Cominciava, insomma, ad avvertirsi la volontà di dare inizio ad un lavoro teorico di profonda critica di quei nuclei teorici che erano stati il centro della filosofia italiana degli ultimi decenni, al fine di recuperare e consolidare un agognato principio di libertà filosofica che probabilmente si sentiva venir meno. L’acme di questa rinnovata corrente culturale, particolarmente espresse in autori come Antonio Aliotta, Nicola Abbagnano, Carlo Mazzantini e Antonio Banfi, risiedeva nella volontà di riaprire la riflessione sul fondamento della conoscenza, svincolandosi dalla metafisica dell’atto puro. Un simile movimento intellettuale procedeva dalla riformulazione della problematica del conoscere nel tentativo di emanciparsi da un’impostazione di tipo panlogistico, tendente a risolvere tutto l’essere nel pensiero. Un problema dunque di cui questa nuova generazione di studiosi, animata dal desiderio di difendere la separazione tra il piano ideale e quello reale, sentiva di dover farsi carico, maturando esisti teorici anche molto differenti tra loro. Pertanto nella temperie culturale ricca di confronti, tensioni, inquietudini, che determinò i confini dell’educazione intellettuale di quanti si impegnarono allora in un'azione di profondo rinnovamento del clima filosofico italiano, si scorgeva l’elemento più negativo nella cosiddetta “scolastica” attualistica. Essa sembrava sciogliere le contraddizioni del reale in una conciliazione puramente esteriore di pensiero e realtà, generando una sorta di evasione dalla tragicità dei fatti storici. In tal modo cominciarono a prendere forma quegli elementi concettuali che comportarono un rinnovamento teoretico e metodologico e definirono il nuovo atteggiamento ermeneutico di quanti cominciavano ad avvertire, a diversi livelli, la necessità di una rinascita culturale.

Questi elementi, che vanno a definire il quadro della filosofia italiana tra gli anni ’20 e ‘30, e che rappresentano il presupposto per gli sviluppi degli anni ’30 e ’40, sono utili per dare rilievo alla

308 A. Banfi, La tendenza logistica della filosofia tedesca contemporanea e le 'Ricerche logiche' di Edmund Husserl, «Rivista di filosofia», XIV. 2 (1923); A. Banfi, La fenomenologia pura di Edmund Husserl e l'autonomia ideale della

sfera teoretica, « Rivista di filosofia », XIV, 3, 1923.

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Bisogna dire che la figura di Husserl non era totalmente sconosciuta prima che se ne occupasse Banfi. Nell’Italia di inizio secolo la filosofia di Husserl era legata al nome di Franz Brentano. La filosofia di Brentano costituisce, com'è noto, l'antecedente teoretico più diretto della fenomenologia, anche se Husserl, come pure la maggior parte dei suoi allievi, non solo se ne tenne lontano, ma rifiutò sempre di riconoscerla come dottrina autonoma. In questo orizzonte di interessi vanno inseriti quegli studiosi italiani che intrattennero con Brentano rapporti di amicizia e collaborazione, come Federigo Enriques, Giovanni Vailati, Francesco De Sarlo, Mario Puglisi, Adolfo Faggi, Mario Calderoni e Giuseppe Amato Pojero. (Cfr. A. Kastil, Die Philosophie Franz Brentanos. Eine Einfuhmng in scine Lehre, Bern, A. Francke Ag. Verlag, 1951, p. 18; Su questo punto si veda cap. 1 del presente lavoro).

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figura di Massolo. Da qui è possibile introdursi ad una lettura che potrebbe dimostrarsi più vantaggiosa rispetto ad interpretazioni che descrivono l’itinerario dell’autore dall’esistenzialismo al marxismo, prendendolo come un dato di per sé valido e constatabile esternamente. Per comprendere i motivi interni dello spostamento teorico di Massolo si deve necessariamente passare attraverso una visione più articolata e comprensiva della sua posizione; essa in questi anni si muoveva attraverso ricerche apparentemente molto distanti dai temi che connotano, nell’immaginario di quanti se ne sono occupati, l’intero universo intellettuale dell’autore. Da più parti, infatti, si è spesso insistito sull’isolamento di Massolo, sulla sua oscurità, sul suo non riuscire a comunicare gli esiti principali delle proprie ricerche. Tuttavia una tale impostazione mal si concilia con la trama interna dei suoi studi e con la sua autentica personalità, di fatto aliena da ogni tipo di individualismo; una lotta, quella contro l’individuo isolato, che Massolo condurrà per tutta la vita con instancabile sguardo critico e con fecondi esiti teoretici.

L’interesse di Massolo per la fenomenologia si inserisce, a ben vedere, in un contesto più ampio che ravvisa nel corso degli anni Trenta l’intensificarsi dell’attenzione per il pensiero di Husserl 310. In questo quadro risulta molto problematico sia ascrivere la diffusione della fenomenologia esclusivamente alla sua dialettica con la filosofia neoscolastica, che alla sua opposizione con il neoidealismo italiano. Si può più ragionevolmente attestarsi sulla lezione di alcuni interpreti secondo la quale la reticenza del neoidealismo italiano ad aprirsi alcune filosofie avrebbe spinto quanti non erano di quella scuola ad approfondire le ricerche in altri ambiti. Questo approccio consente di spiegare il perché la fenomenologia in Italia venne studiata da autori provenienti da panorami filosofici anche molto diversi tra loro. Bobbio311, Banfi, Vanni Rovighi sono nomi dai quali non si può prescindere per inquadrare la natura degli studi fenomenologici in Italia. Se i primi due autori approfondivano le questioni in «continuità con il positivismo», con in mente l’idea di costruire le basi di un sapere «laico», «razionale» ed «antimetafisico», la terza studiosa si attestava, come si vedrà nel corso della ricerca, verso posizioni che denotavano la «cautela del metafisico di fronte alla fenomenologia»312.

Bisogna poi tenere presenti alcuni aspetti che migliorano il quadro di riferimento degli studi husserliani in Italia313. Sul finire degli anni Trenta la fenomenologia aveva raggiunto ormai una fama mondiale grazie anche al volume di scritti pubblicato in onore del settantesimo compleanno di Husserl314. Inoltre bisogna considerare la comparsa, sullo «Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung», di alcuni importanti scritti husserliani: il primo nucleo delle lezioni del 1904-1905 Zur Phanomenologie des inneren Bewusstseins, a cura di Heidegger nel

310 Su questo punto cfr.: E. Garin, Introduzione storica, in AA. VV., Bilancio della fenomenologia

e dell'esistenzialismo, Liviana Editrice, Padova, 1960, p. 17.

311 Uno dei maggiori interventi di Bobbio sulla fenomenologia è l’opera dal titolo: L’indirizzo fenomenologico nella

filosofia sociale e giuridica, Istituto giuridico della R. Università, Torino, 1934.

312A. Ales Bello, La fenomenologia in Italia, « Filosofia e società », V, 2-3, 1979, p. 104; 313

Per una considerazione più ampia sullo sviluppo della fenomenologia in Italia si veda: G. Semerari, Scritti italiani su

Husserl: 1945-1967, «Cultura e scuola », VII, 28, 1968, p. 77; Carlo Sini, La fenomenologia in Italia, Sviluppo Storico,

in «Reveu Internationale de Philosophie», n. 71-72, 1965. Si veda anche lo studio di: M. Mocchi, Le prime

interpretazioni della filosofia di Husserl in Italia : il dibattito sulla fenomenologia, 1923-1940, La Nuova Italia,

Firenze, 1990.

314 Cfr. AA.VV., Festschrift Edmund Husserl zum 70. Geburstag gewidmet, Halle, Max Niemeyer. 1929, pp. 130; Si veda anche la recensione di P. Martinetti, « Rivista di filosofia», XXII, 3, 1931, pp. 252-253.

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1928; Formale und transzendentale Logik, a cura di Landgrebe nel 1929315; la celeberrima Nachwort alle Ideen nel 1930316. Questa serie di testi vennero pubblicati dopo molti anni di silenzio editoriale (basti pensare che il primo volume di Ideen risale al 1913).

In questi stessi anni in Francia vennero organizzate alla Sorbona tra il 1929 e il 1932 una serie di conferenze su Husserl; da queste giornate di studi scaturì, con la collaborazione di Lévinas, la versione francese delle Meditationen317, testo su cui lo stesso Massolo lavorò e che utilizzava ampiamente. In Italia, dunque, si costituirono importanti centri di diffusione del pensiero husserliano in università come la Cattolica del S. Cuore di Milano (grazie all'attività di alcuni neoscolastici), la 'Statale' di Milano (con Antonio Banfi, Giovanni Emanuele Bariè e i loro rispettivi allievi), l'ateneo di Torino (con Carlo Mazzantini, Annibale Pastore e Norberto Bobbio).

Infine gli articoli pubblicati sulla «Rivista di filosofia», suscitarono molta curiosità tra gli addetti ai lavori, rinnovando l’interesse teoretico fra quanti si aprivano ai nuovi contenuti della filosofia contemporanea.

Nel considerare in linea generale il contesto italiano nel quale si muoveva l’interesse per Husserl, risulta importante soffermarsi a riflettere un aspetto. In questi anni Massolo era un giovane professore di trent’anni, ancora molto distante dal conquistare una buona posizione accademica, pertanto ai margini dei circuiti culturali di riferimento. In più la sua vicenda biografica in questi anni lo vede costretto a soggiornare nell’isolata provincia calabrese, avendo come unici interlocutori Gentile e il suo maestro Fazio-Allmayer. Risulta singolare, in un tale contesto, lo spiccato interesse e la fine analisi che Massolo conduce in questi anni sulla fenomenologia. Questi studi sono sicuramente frutto di un’autentica attenzione per quella situazione contemporanea alla quale Massolo dichiarava di voler prendere parte. Infatti il suo avvicinarsi alla fenomenologia, in un periodo in cui perfino il panorama accademico italiano stava timadamente cominciando lo studio di questa corrente, informa sulla precoce curiosità di Massolo e sul suo essere stato, in modo del tutto autonomo, un solerte ascoltatore delle istanze del pensiero contemporaneo a cui prese parte fin dagli anni della giovinezza.

2.3.2 Fenomenologia, neoscolastica e rapporti con l’idealismo: il caso di Sofia Vanni Rovighi

La neoscolastica italiana tramite il suo organo principale, la «Rivista di filosofia neoscolastica»318, si trovò ad affrontare in un primo momento, sulla scia della scuola di Lovanio, la crescente

315 Cfr. la recensione di A. Banfi, «Civiltà moderna», II, 2, 1930, pp. 424-427.

316 Cfr. la recensione di C. Mazzantini, «Rivista di filosofia neoscolastica»., XXIII, 3, 1931, pp. 280-283; G. Grasselli, «Rivista di filosofia», XXIII, 3, 1932, pp. 274-275.

317 Cfr. la recensione di E. Morselli, «Rivista di filosofia», XXIII, 2, 1932, p. 181. Il testo tedesco (Cartesianische

Meditationen), continuamente rimaneggiato da Husserl, venne pubblicato postumo nel 1950.

318 La «Rivista di Filosofia Neo-Scolastica», fondata nel 1909 da Agostino Gemelli, è stata fin dalla sua nascita uno dei luoghi più importanti di elaborazione del pensiero neoscolastico italiano, in costante confronto col dibattito filosofico e scientifico del Novecento. Con l'istituzione dell'Università Cattolica del Sacro Cuore nel 1921 fu curata, prima, dalla Facoltà e, successivamente, dal Dipartimento di Filosofia dell'Ateneo. È stata diretta da Agostino Gemelli, Francesco Olgiati, Sofia Vanni Rovighi, Adriano Bausola. fu a partire dal successivo confronto col Neoidealismo, dominante in Italia con Croce e Gentile, che venne perfezionandosi una visione ispirata alla prospettiva scolastica, ma anche attenta alle radici greche e agli sviluppi del pensiero moderno: nell'ambito gnoseologico in particolare Sofia Vanni Rovighi recuperò (seguendo anche la fenomenologia di Husserl) la nozione già medievale di intenzionalità, e nell'ambito metafisico Gustavo Bontadini tentò di superare l'antinomia tra trascendenza e immanenza partendo dalla nozione di

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diffusione del positivismo ed in un secondo momento l’egemonia del neoidealismo italiano, con il quale entrò presto in polemica. Il dibattito tanto con l’attualismo gentiliano quanto con l’idealismo crociano determinò le sfaccettature teoretiche e le impostazioni metodologiche della corrente neoscolastica in Italia, tanto da distinguerla dalle altre espressioni che potevano vedersi in Europa. A partire dal 1919-1910 sulle pagine della «Rivista di filosofia neoscolatica» cominciò un’aspra battaglia con l’idealismo italiano che determinò la storia di questa corrente e con essa il dibattito della filosofia italiana ed i suoi successivi sviluppi critici.

Tra le filosofie della prima metà del Novecento è indubbio che la neoscolastica abbia contribuito a corrodere il mondo culturale scolpito dal neoidealismo di Croce e Gentile.

Dal punto di vista speculativo i teorici della neoscolastica si tenevano lontani dal rigoroso storicismo tipico dell’impostazione neoidealistica, in quanto esso li avrebbe condotti a rinunciare ad un’idea più classica di filosofia. In tal modo la neoscolastica fece proprie le premesse teoriche della metafisica antica, tuttavia integrandola con alcune correnti del pensiero contemporaneo, tra le quali, appunto, la fenomenologia di Husserl. Si può dire che in definitiva lo scontro tra neoscolastica ed idealismo si riconducesse ad uno scontro tra prospettive differenti, ovvero tra un’idea tradizionale di filosofia perenne ed un approccio storicistico di filosofia critica.

In un primo momento il dibattito tra neoscolastica ed idealismo si manteneva sul piano del più aperto confronto. Non era difficile trovare riconoscimenti della neoscolastica italiana nelle pagine stesse della «Critica» crociana o del «Giornale gentiliano»319.

I filosofi idealisti se da un lato riconoscevano alla neoscolastica italiana il rigore metodologico nell’analisi testuale della filosofia contemporanea, dall’altro lato mantenevano un non velato scetticismo nei confronti dell’accettazione dei presupposti teorici, da parte dei neoscolastici, della philosophia perennis. In sostanza l’attività di pensiero tipica della neoscolastica, che mirava a definire le strutture permanenti della realtà, veniva vista dagli idealisti come un modo per sottrarsi al movimento della storia. Ad esso, infatti, veniva negato ogni interno dinamismo, ed il reale finiva per essere fissato in un sistema chiuso ed avulso dal divenire e dal mutamento.

Questa posizione critica degli idealisti di fatto svuotava dall’interno le possibilità di ricerca della neoscolastica, poiché ne metteva in dubbio il carattere più peculiare320.

Invece l’urgenza teorica dei neoscolastici era quella di ricercare un criterio logico che potesse garantire il fondamento epistemologico della conoscenza, motivo per il quale si aprirono alle istanze della fenomenologia.

«unità dell'esperienza» per arrivare all'Assoluto. La Rivista ospitò la polemica ingaggiata tra Bontadini e il suo allievo Emanuele Severino, che esplicitando il dissenso nei confronti del maestro maturò la propria posizione neoparmenidea. 319 Cfr. G. De Ruggiero, La filosofia contemporanea, Laterza& figli, Bari, 1920; II, appendice, pp. 201-218; V. La Via,

La più recente attività neoscolastica in Italia, «Giornale critico della filosofia italiana», III, 1923, pp. 237- 271; P.

Miceli, Un giudizio dell'idealismo sulla neoscolastica, «Rivista di filosofia neoscolastica», XVI, 4, 1924. 320

Di seguito una rassegna dei rari interventi di neoidealisti italiani sulla fenomenologia. Nella maggior parte di essi si

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