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Materiali dispersi nell’Archivio

1 Vd infra, Descrizione.

2.2. Materiali dispersi nell’Archivio

G.62.2.1 («“Apelles post tabulam latens”: appunti preparatori e stesure di- verse»)

ms. 90 Foglio di quaderno a quadretti allungati (mm. 210 x 270), della stessa qual- ità dei mss. 43-45 e Q3, ff. 13r-16v; scritto su entrambe le facciate, nume- rate «3» e «4» dall’archivista antico e LXII-2-1.3 e LXII-2-1.4 dal moderno. Fa parte dei materiali d’avantesto di Apelles post tabulam latens (Poem. et Ep., I), componimento i senari scazonti realizzato tra il gennaio e il febbraio 1893. Il recto è organizzato in due colonne: 1) in alto a sinistra, il titolo «Apelles post tabulam latens. | Mimiambusculus.»; 2) subito sotto, un sen- ario scazonte completo, pensato probabilmente come incipit («Quis me de- orum conpulit malum in morbum»); 3) di seguito, scansioni di senari sca- zonti attraverso le quali il poeta pare saggiare le possibili soluzioni; 4) più sotto, a partire da circa un terzo del foglio sino alla fine della colonna di sinistra, schedatura di materiale documentario de pictura tratto dal libro 35 della Naturalis historia di Plinio il Vecchio con saltuarie interpretazioni vol- gari dei tecnicismi latini e tentativi di versificazione; 5) in alto a destra, un programma di lavoro per il 1893 (edito la prima volta nella Avvertenza di Ioannis Pascoli Carmina, collegit Maria soror, edidit H. PISTELLI, exornavit

A. DE KAROLIS, Bononiae 1914 [1917], 554) intestato «Poemata quae

MDCCCXCIII anno sunt scribenda haec ferme sunt» con di seguito i ti- toli: «1. Veianius – Correctus et emendatus et fusius enarratus. | 2. Φειδύλη. | 3. Cena. | Alia Horatiana. | __ | Bellum Servile [Correctus et emendatus et fusius enarratus.] | Iugurtha | Plautus Mimiambi | Alia si- milia – ut Lucretius, Vergilius puer | __ | Poema breve idemque varium

fere διδασκαλικόν. | Cuculus.»; 6) poco sotto, schedatura di materiale doc- umentario sempre relativo alla pittura, dall’Orator di Cicerone; 7) sotto, poco oltre la meta del foglio, tentativi di versificazione lacunosi. Il verso contiene una schedatura di espressioni comiche dai Captivi di Plauto e l’Eu-

nuchus di Terenzio, ampiamente riusate nella testura del mimiambo

G.72.1.4 («Agendina con appunti di lavoro»)

Q4 Taccuino di mm. 75 × 127, con copertina di tela marrone con decorazione floreale a rilievo, taglio rosso e fogli con quadrettatura grigia; si compone di 73 pagine; la maggior parte sono bianche, altre sono state strappate. È presente la numerazione dell’archivista antico su ogni facciata che reca scrittura (da «65» a «97»), e la segnatura moderna su facciata singola o dop- pia (da «LXXII-1-4.1» a «LXXII-1-4.20»). Scritto prima in un verso, poi nell’altro. Contenuto: nel f. 1v si legge, scritto con inchiostro nero: «Tele- gramma a’ Medici | Sternberg | Thesaurus», «La cassetta per le scale | la manovella del Piano», «Dire al Nanni | se il C. crede che ce ne sia | tante migliaia di Pascoli | in Italia al mondo!»: appunti vergati in grafia scompo- sta e ampia probabilmente dopo il luglio 1906, tempo a cui si data l’arrivo in casa Pascoli del piano a manovella (vd. lettera a Giulio Vita del 17 luglio 1906). Ai ff. 2r-10r vi sono annotazioni prese lungo il tragitto in treno da Livorno per Siena, dove si recava in qualità di commissario d’esami per borsisti, altre appuntate nel capoluogo toscano durante visite ai luoghi più rappresentativi (Duomo, Costone, S. Domenico, Fontebranda) e alcune prese lungo il viaggio di ritorno. Il tutto ricade nei giorni che vanno dal 21 al 27 agosto (M. PASCOLI, Lungo la vita, 333-41). Da queste rapide annota- zioni fu tratta una copia in pulito conservata nel quaderno «ADVERSA- RIA» (G.74.4.1, 39-42; una descrizione puntuale fornita da NAVA in PA- SCOLI, Myricae, CCXI-CCXII [CP 246, f. 34r-36v] e una trascrizione con ri- mandi al quaderno qui in esame si legge in APOSTOLICO, «Uno strano lavorio

di ricordi», 443-46 e nn.), in alcuni punti arricchita di particolari. Nello spe-

cifico, a f. 2r, in una grafia mossa e poco leggibile, scritto con lapis nero: «Bambino fra la foglia | bambini che siedono sull· ··· | Viuzza tutta ··· | Carrozze / strade | Castelfiorentino | col cimitero gli alberi | come un pennacchio | donne alla finestra | Il ··· d’un villaggio | un vaso di garofano»; a f. 2v, nella stessa grafia, sempre con lapis nero: «Il treno che passa attraverso la foresta. | Immaginare d’essere nei | recessi profondi, opachi, | misteriosi; e sentire quel rombo, quel fischio...»; nella f. 3r, con lapis nero, in grafia minuta ma posata una prima redazione di PV, A Maria

che l’accompagnò alla stazione, 1-4: «Non sono io forse il piccolo Giovanni |

che la mamma accompagna alla stazione? | Essa gli ha messo in ordine i suoi panni, | i suoi colletti e le camicie buone» (questa redazione venne inviata alle sorelle il 22 agosto con lettera conservata in G.15.3.14, 4; fu inviata in red. definitiva il 23: G.15.3.13, 1; cf. Lungo la vita, 336, dove però i versi sono solo parzialmente sopravvissuti alle soppressioni del curatore postumo Vicinelli); segue una quartina, scritta con grafia molto mossa e in modulo più ampio, che corrisponde ai vv. 9-12 (inviata in red. definitiva il 24 agosto: G.15.3.13, 1). Nella f. 3v, composta perpendicolarmente ri- spetto al verso di scrittura, con grafia ampia e mossa e con lapis nero, una

quartina corrispondente ai vv. 13-16 di PV, A Maria che l’accompagnò alla

stazione («Ed ora eccola al piè del nero treno, | piccola, con un pallido

sorriso, | scarna, muta, pensosa; l’occhio, pieno | di lagrime invisibili, in lui fiso.»); di seguito l’abbozzo incompleto dell’ultima quartina della poesia (vv. 17-20; entrambe le quartine vennero inviate in red. definitiva il 24 agosto: G.15.3.13, 1): l’alternanza di grafie sembra confermare quanto il poeta dice nella lettera cit. alle sorelle (G.15.3.14, 4: «è scritta in treno») e parzialmente quanto Maria scrisse in calce alla poesia in PV («In treno per Siena. Agosto 1892»). A f. 4r ancora un’impressione di viaggio, con grafia mossa, a lapis: «Sopra le bigie | crete tondeggianti | s’affaccia un | monte azzurro. | Va va, corre a | nascondersi. Sparisce | Chi sei, monte | tur- chino? | Su una creta rossa | lunga fila di cipressi | ritorna». A f. 4v, con grafia posata e con inchiostro bruno e tratto sottile: «Tramonto di Siena | – | Oro tra gli alberi della fortezza. | Lontano il Montamiata grigio con sopra | qualche nuvola più turchina. | Un suon di campane, dolcissimo, | da San Domenico.»; subito sotto, separato da un trattino: «Le sibille del Duomo»; più in basso, ma con tratteggio più pesante: «Costone e Santa Caterina bambina | e visione che ha sopra S. Domenico | di Gesù con SS Pietro, Paolo, Giovanni | in puro vespro». Quest’appunto è successivo all’arrivo a Siena, aggiunto probabilmente in una pagina che era rimasta bianca. A f. 5r, con lapis e grafia ampia e mossa: «Ha piovuto qui? Stanotte | e stamane. Ora fa caldo. | – | Certaldo. | Bei colli tondi vigneti | M’è davanti un rosseggiare | tetro come di vulcano | Come è nero alla sinistra | tutto sparso a fiocchi bianchi| Oh Livorno è là – | Una casa vi bian- cheggia come un cigno | Poggibonzi [sic] | – | Castellina. Pioggia dirotta | i colli frondiferi tutti rigidi [?] | e velati». Nella lettera del 22 agosto il poeta scriveva alle sorelle: «da Poggibonzi [sic] a Siena gran temporale nero con tuoni e lampi e scroscio terribile di pioggia» (G.15.3.15, 1): è il primo movimento, in parte già in ottonari, di Temporale (NAVA in PASCOLI, My-

ricae, CXLVII [CP134] e 452-453). Castelfiorentino, Certaldo, Poggibonsi,

Castellina erano e sono tutti centri situati sulla linea ferroviaria Centrale Toscana, che va da Empoli a Siena. Ai ff. 5v-9r si leggono, perpendicolar- mente rispetto al verso di scrittura e con la stessa grafia mossa e a lapis, trascrizioni dai tituli e dai cartigli che caratterizzano ognuna delle dieci si- bille ed Ermete Trismegisto rappresentati nelle tarsie del Pavimento del Duomo di Siena. Il catalogo procede in ordine, in senso antiorario, dalla «Sibylla Delphica» (prima della navata di destra), fino alla «Lybica» (prima della navata sinistra) e a «Hermes Mercurius Trismegistus» (rappresentato nella tarsia posta davanti al portale della navata centrale). Tali trascrizioni sembrerebbero realizzate dal vivo o da riproduzioni: la copia del Pascoli, infatti, riproduce finanche i segni di compendio delle nasali presenti nell’originale e particolarmente significativo è l’errore di discrezione dell’«o» vocativo in «Suscipite olicteras et leges Egiptii», corretto dallo stesso poeta, ma evidentemente dettato dallo stacco minimo nell’antigrafo e dalla poco congrua posizione della particella (su cui vd. M. BUSSAGLI,

“Suscipite o licteras et leges Egiptii”. Riflessioni su una tarsia di Giovanni di Stefano,

«Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici», 20-21, 1983-1984, 191-226). Alla trascrizione inoltre si accompagnano brevi note iconografiche (p.e. per la «Sibylla Erythraea» scrive: «Benda all’egiziana – maestosa – Indica un gran

volume aperto sur un leggio»; la «Sibylla Hellespontica» è «bella e pietosa»; la «Libyca» è «nera»). Si tratta probabilmente di un apparato di fonti per il «Poema pieno di mistero, di dolore, di speranza» di cui si conserva solo una traccia italiana nel f. 36v di «ADVERSARIA»: «Il tempio è nella pe- nombra. L’uomo è lì, tutto doloroso e | disperato. Ode le voci delle Sibille, che profetano cose | per lui oscure e ancora a venire. Ondeggia tra il cre- dere e no. | Una luce blanda viene dai finestroni istoriati. (Un pissi pissi | lontano da vecchia). Ed ecco un suono soave d’organo, pieno | di fremiti, nei quali si fondono le voci profetiche.» (G.74.4.1, 42; una trascrizione leggermente diversa di NAVA, in PASCOLI, Myricae, CCXII edi APOSTO- LICO, «Uno strano lavorio di ricordi», 446-47). A f. 9v: «Il tramonto dietro la Verruca. | La luna falcata | al ···. | L’ora di notte nel | villaggio dove è fermo | il treno». La Verruca è una rocca fortificata sui Monti Pisani e l’appunto risale forse al viaggio di ritorno (27 agosto), infatti nel f. 10r, a lapis, si leggono gli orari del treno: «Da Siena 2.37 | A Empoli 5.50»; nello stesso foglio con inchiostro nero intenso, probabilmente aggiunta in un secondo tempo, si legge: «Lettera latina di Moleschot [sic]. || Gratus ani- mus liberaliter accipit generositatem | quae inspirat laudes merito maiores, viribus | foederis, non modestibus conatibus unius veri (viri) | aequas et pares. || Romae Sextili». Si tratta probabilmente del fiosiologo e pensatore materialista olandese e naturalizzato italiano Jakob Moleschott (1822- 1893), che insegnò a lungo prima a Torino, poi a Roma e fu anche senatore del Regno d’Italia. Alla sua memoria è dedicato il Saggio psico-antropologico su

Giacomo Leopardi e la sua famiglia (con documenti inediti), Torino 1896, dell’al-

lievo e genero Mariano Luigi Patrizi, volume intensamente annotato dal Pascoli in funzione della conferenza Il Sabato (G. PASCOLI, Saggi e lezioni

leopardiane, Ed. crit. a cura di M. CASTOLDI, La Spezia 1999, CIV-CXXVII e

passim). Al f. 11r una spiegazione del modo di dire «Al veîn dl’ôura» («il

vino dell’ora») e a f. 11v un’orazione religiosa per metà latina e metà ita- liana. Nel f. 12r, con inchiostro bruno e grafia minuta, una traccia italiana dei primi versi di Bell. Serv. (approssimativamente dei vv. 1-56), con qual- che principio di versificazione in latino (inc.: «Aveva passato monti e piani, ····cato fiumi»; expl.: «Su una veletta erano tre gladiatori»). Nel f. 12v, a lapis e con grafia mossa, una traccia schematica del poema in alcuni punti evanida. A f. 13r, in inchiostro nero con grafia posata e verticale, un ab- bozzo dei vv. 18-24 di Bell. Serv., integrato con lapis negli ultimi due versi: precede ms. 55. A f. 13v, con inchiostro nero, una traccia mai sviluppata, sotto il titolo «Neve in Corsica»: «Il cielo è tutto sereno. Una molle | om- bra si stende sulle colline di | Pisa e sulle Alpi Apuane. A owest | sfolgora aureo il tramonto. | Un gran | tendone nero e grigio occupa | il sud- owest. Il [su Un] mare ciangotta | con incessante rumore. Un marinaio | dal lido dice: Neve in Corsica. | Là in quel buio procelloso scende | a larghi fiocchi la bianca neve: | scende etc.... . | . . . che fanno i rosignuoli di Corsica | Il bandito etc.» (parzialmente riportato da NAVA, in PASCOLI,

Myricae, XCV; integralmente e in modo indipendente in APOSTOLICO, «Uno

strano lavorio di ricordi», 120 n. 103 e in EAD., Progetti di poesie per Dante e figure

dantesche tra gli autografi pascoliani, «RP», 20, 2008, 23: l’interpretazione della

traccia come un progetto di attinenza dantesca è dovuta all’erronea lettura «Pia» per «Pisa»); separato da un trattino: «Il funerale della bimba con la

neve». Il solo titolo «Neve in Corsica» compare in una serie di piani di lavoro schedati da Nava (G.72.1.2, 5 = CP 242, f. 4r; G.79.1.2, 13 = CP 254; G.79.1.2, 22 = CP 254; G.79.1.2, 26 = CP 256), databili intorno alla metà degli anni ’90, e da Nadia Ebani (G.73.3.1, 61 in PASCOLI, Canti di

Castelvecchio, 369 [Q9, p. 98]). Al f. 14r: «M. domiciliato a Lucca? | Può? |

– | Prefetto favorisce il rep.[ubblicanesimo] | della peggior specie – cleri- cale! | Non vogliamo che i contadini ci mangino il cuore. | – | Nasi». Ai ff. 15r-15v: «Avrete un bel proclamare | la repubblica nel | Campidoglio! Bisognerebbe | che dimostriate che | l’Italia l’avete fatta | voi, se no sa- reste | degli usurpatori! No: non | lo potreste dimostrare. | L’Italia non l’ha fatta il popolo! Il popolo era ed è nella grande maggioranza contrario (pensate ai 15 milioni di donne! | pensate ai contadini! Pensate | ai vecchi! Pensate ai nobili | e ai borghesi più grassi! | Pensate agli operai austriacanti | e papalini!». Nei ff. 72r-72v [nell’altro senso 2r-2v] si trovano degli ap- punti preparatori per la prosa I castagni di Val di Serchio, pubblicata nella rivista «Il villaggio» alla fine del 1909 (da ultimo in PASCOLI, Prose disperse,

393-96). A f. 71v [3r] un componimento doppio dal tono satirico rimasto incompleto: ciascuna delle due parti si doveva comporre di due coppie di endecasillabi a rima baciata, e la prima era intitolata «Il dottore che veglia (nel laboratorio di fisiologia)», la seconda «Il dottore che dorme (sul sofà di casa sua)». Ai ff. 70v-71r [3v-4r] abbozzi vergati con lapis in una grafia corsiva inclinata a destra del brindisi in quartine di ottonari composto per la nomina a consigliere comunale di Ettore Toci, pubblicato parzialmente in Lungo la vita, 331-32 (così presentato: «c’è in un taccuino la sbozzatura di un brindisi fatto da Giovannino [...] nell’occasione dell’allegria [...] per la nomina del Toci»), dove è attribuito all’estate 1892 (se ne legge una tra- scrizione, integrale ma alquanto arbitraria, nel manoscritto autografo delle memorie di Maria in M.44.1.1, 74). A f. 64v [9r] due serie di annotazioni lessicali scritte con inchiostro nero e tratto sottile: una prima, lungo il mg. s., muove dal latino «boletum» (‘boleto’, ‘ovolo’; vd. GDLI, s.v. Boleto) e incolonna «Bol.[ognese] boledro | Sogl.[iano?] al baluti» (per l’uso di ‘bo- ledro’ nella provincia bolognese vd. G. PETROLINI, Per indizi e per prove.

Indagini sulle parole. Saggi minimi di lessicologia storica italiana, Firenze 2008, 33-

35 [già in ID., Funghi buoni e funghi matti in Emilia. Note storivo-etimologiche,

«Quaderni dell’Atlante Lessicale Toscano», 7-8, 1989-1990, 95-96]); una seconda comincia sul mg. d. con «lebin [?] | λέβης» e, sotto la prima lista ma separata da un trattino, continua con «scâfa | mâtra | calzêdar»: questa seconda serie è riconducibile alla composizione del verso «nel lebe colmo ella [sc. Flor d’uliva] s’inonda il viso» della Canzone del Paradiso (III. Il sole, v. 6) edita il 30 ottobre 1909 (vd. la nota dell’autore ad loc.: «lebe, che traduce il bol. aibi e rom. ebi, che vale abbeveratoio, e mi sembra da aggiungere a

mâtra, calzêdar e simili voci lasciate sulle spiagge dell’Adriatico dai bizan-

tini», inCASTOLDI, Le Canzoni, 285 e n. 13). A f. 63v [10r] si legge: «De Cupis comm. Adriano, avv.[ocato] gen.[erale] er.[ariale] | Calabrese – sost.[ituto] avv.[ocato]»; più in basso «Scrivere e interessare G. Finali | o Contessa Casalini | o Comm. Nurisio – Bagni di Lucca?»; in fondo alla pagina «Del.[ega] avv.[ocato] er.[ariale] (avv. Giulio Vita, lib.[ero] doc.[ente] Università dir.[itto] comm.[erciale] | mio amico di giovinezza che ha fatto lezione [...]». Si tratta di un appunto risalente al novembre

1909 (prima della lettera a Gaspare Finali del 19 novembre: «Pel suo Giulio Vita non ho perso tempo: l’ho raccomandato all’avv. De Cupis. [...] Le tre persone da Lei nominatemi (C.ssa Casalini, Avv. Calabrese e Comm. Nu- risio) non le conosco»; vd. CENCETTI, Un epistolario dell’Ottocento, 279-81 [lett. 343-346]). In definitiva, il taccuino venne compilato principalmente in due momenti diversi dal poeta: cominciato in un verso nell’estate del ’92, in occasione della nomina di Toci e del viaggio a Siena tra il 21 e il 27 agosto (pp. 2-19 e 32-33), venne utilizzato nello stesso periodo o poco tempo dopo per i precoci abbozzi di Bellum Servile, mentre fu ripreso nell’altro verso negli ultimi mesi del 1909, ai quali risalgono le ultime pa- gine (ff. 72r-72v, 64v e 63v). Le pagine per cui non è stato possibile trovare addentellati sicuri con la biografia e l’opera del Pascoli sembrano comun- que poter ricadere in questa ampia forbice di tempo, difficilmente prima. G.73.3.1 («Agenda di lavoro per la composizione di poesie in lingua ita- liana»)

ms. 91 Foglio di carta ruvida di buona consistenza, di mm. 55 × 106, attaccato con un punto di colla al f. 59v (segnato «97» dall’archivista antico e LXXIII-3-1.61 dal moderno) di un’agenda utilizzata in più momenti tra 1898 e il 1901 (NAVA, in PASCOLI, Myricae, I, CXCVI [CP 245]; EBANI, in

PASCOLI, Canti di Castelvecchio, I, 364-78 [Q9]; APOSTOLICO, «Uno strano

lavorio di ricordi», 229-400 [a p. 309 trascrizione e puntuale informazione sul

foglietto]; NASSI, in PASCOLI, Primi poemetti, 293-300 [Q7]); il foglio, scritto su una sola facciata, non ha numerazione propria. È molto probabile che come ms. 92 non abbia nessun rapporto con quanto precede o segue nel quaderno. Contiene uno spunto di poetica valido per Bell. Serv.: «Io sento nel cuore, nel laberinto del mio | cervello, dolori antichissimi, e ancor pungenti. | Dove [su Come] ho provato tante pene? sofferto tante | in- giustizie? Da quanti secoli vive al | dolore, l’anima mia? |___| I Mandubi di Cesare (VII) | Gli schiavi (Salambò)». L’appunto è ripreso e ampliato nel f. 4r del quaderno «ADVERSARIA» (G.74.4.1, 5;NAVA in PASCOLI,

Myricae, CCII [CP 246, f. 4r]), databile al 1891 (pubblicato la prima volta in GANDIGLIO, Poemetti latini di soggetto virgiliano e oraziano, 304): «La solidarietà

nel tempo. | Io sento nel cuore dolori antichissimi, e pure ancor pungenti. | Dove e quando ho provato tanti martori? sofferto tante ingiustizie? | Da quanti secoli vive al dolore l’anima mia? Ero io | forse uno di questi schiavi che giravano la macina | al buio, affamati, con la museruola? Mi trovai tra | le trincee [su «l’accampam»] di Cesare e le mura d’Alesia, re- spinto dalle | due parti? Gladiatore? ecc. | Una serie di scene di questa natura». Segue, separato da un tratto, «Clodoveo e l’uomo di Cristo (Mar- tyrs di Chateaubriand)». Nel passaggio sugli schiavi alla macina risuonano chiaramente le pagine WALLON, Histoire, II, 223-24, lettura fondamentale

del Pascoli in funzione di Bellum Servile: «“Quels avortons d’hommes! toute la peau sillonnée de traces livides par le fouet, le dos meurtri, ombragé plutôt que recouvert par les lambeaux de leur casaque! quelques-uns n’avaient qu’une étroite ceinture, mais tous se voyaient à nu à travers leurs haillons: le front marqué, la téte demi-rasée, les pieds étreints d’un anneau de fer; hideux de pâleur; les paupières rongées par cette atmosphère de

fumée et de vapeur obscure, si bien qu’ils gardaient à peine l’usage des yeux. [Apul. Met. 9, 12]” Il manque un trait au tableau de ces misères. On avait inventé une machine en forme de roue, que Pollux mentionne fort simplement parmi les instruments de ce métier (παυσικάπη) et dont il ex- plique ailleurs l’usage: on la passait au cou de ces esclaves pour les empêcher de porter la main à la bouche et de goùter, dans leur travail, à la farine». Il motivo dello schiavo alla macina con la museruola sarà presente in Bell. Serv. 304-7 e verrà ripreso puntualmente nel 1904 nell’articolo La

parola della pietà: «tollerereste più che ad uomini condannati a girar la ma-

cina si mettesse la museruola perché non leccassero la farina?» (si legge da ultimo in PASCOLI, Prose disperse, 377-79 [citazione a p. 378], a cui rimando

per la storia del testo). Per quanto riguarda il riferimento ai Martyrs di Chateaubriand, si ricordi che anch’essi sono fonte del Bellum Servile (vd. ms. 26).

ms. 92 Foglio uguale per dimensioni (mm. 88×136) e per qualità a ms. 6, ms. 10, mss. 35-42, ms. 58 e ms. 59; incollato alla pagina segnata «101» dall’archi- vista antico e LXXIII-3-1.63 dal moderno (f. 61v); scritto su una sola fac- ciata, non ha numerazione propria e non mostra punti di contatto con quanto precede o segue nel quaderno. Appartiene alla fase elaborativa A1 di Bellum Servile e fa parte della serie siglata dall’autore con la marca «O III» o «O 3». Reca infatti nell’angolo in alto a sinistra «O 3» e al centro «7 [su 6]». Contiene un primo abbozzo in versi dei vv. 446-60 (inc.: «Me vero ut puerum, temere si collegit ubi iram et» def.; expl.: «fraternam nobis fraudem et scelus esse cavendum» def.), in continuazione da ms. 40 («O.III 6»). Nel mg. sup. si legge la glossa «crētatum schiavo», ossia ‘schiavo segnato con calce’: così si faceva con gli schiavi in vendita e Pascoli se ne ricorderà in PC, La buona novella, In Occidente, 45-47 (III, 1-3): «Uno vegliava, un Geta |

gladïatore. Egli era nuovo, appena | giunto: il suo piede, bianco era di creta».

G.80.3.1 («Materiale di lavoro per la produzione letteraria e per l’insegna- mento»).

ms. 93 Foglio di carta con in trasparenza una cannettatura orizzontale, di mm. 180 × 220, piegato una volta a ottenere un bifolio di cui solo due facciate sono occupate da scrittura (1r e 2r); numerate «4» e «5» dall’archivista an- tico e LXXX-3-1.4 e LXXX-3-1.5 dal moderno. In 1r è utilizzata la grafia artefatta già incontrata in ms. 63 (e ancora infra in ms. 98). Contiene un elenco di titoli distribuito su due colonne e intestato «Aurea carmina |

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