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Il plico “Gladiatores” (G.60.4.1)

1 Vd infra, Descrizione.

2.1. Il plico “Gladiatores” (G.60.4.1)

Il plico («Gladiatores: materiale di lavoro e stesure diverse») contiene 138 documenti manoscritti. Sono in parte carte sciolte e in parte fascicoli di fattura domestica, per lo più relativi alle fasi ideativa e compositiva del poema Bellum Servile. La quasi totalità dei documenti si data tra il 1892 e il 1893. Sono presenti anche numerazioni d’autore. Q1 Fascicoletto di fattura domestica, realizzato con 7 strisce di carta (mm. 105

× 310) provenienti da quaderni diversi, legati con filo sottile nero plastifi- cato e piegati una volta per il lato corto a ottenere 28 facciate, di cui solo 13 sono occupate da scrittura e le restanti bianche. Ogni facciata con testo reca la numerazione a matita dell’archivista antico (da «175» a «187»); la segnatura moderna è LX-4-1.1-8 (1 e 8 su facciate singole, 2-7 su facciate doppie). Contiene: a f. 1r la titolatura «Gladiatores. Commentari»; nel mg. s. il nome «Mommsen» e, incolonnato al centro della pagina, un lungo re- gesto di appunti relativi alla rivolta di Spartaco, tratti dalla Storia di Roma di Theodor Mommsen, verisimilmente dall’edizione italiana tradotta da Giuseppe Sandrini (voll. I-III, Milano 1863-1865); a sinistra degli appunti si leggono le date degli eventi secondo il computo ab Urbe condita e dalla nascita di Cristo; a f. 1v, vergata con modulo minuto e stretta nel mg. sup., una «Nota» che propone un lamento in prima persona plurale degli schiavi che la guerra tiene lontano dalla patria; a f. 2r, sotto l’indicazione «da Floro» posta al centro del rigo, una serie di appunti relativi al Bellum spar-

tacium tratti dall’opera dello storico romano Lucio Anneo Floro (Epitome,

2, 7-8 passim); a f. 2v, sotto l’indicazione «Stadius» una serie di passi raccolti dal Commentarius all’opera di Floro del filologo e matematico belga Johan- nes Stadius (1527-1579); nel f. 3r la continuazione degli excerpta da Floro (2, 8 passim); nel f. 3v, nella metà superiore, sotto il titolo «Prime bozze del soggetto», un primo disegno generale del poema in cui ai tre protagonisti («Tracio», «Celta», «Syro-Greco») corrispondono, allineati a destra, i tre moventi caratterizzanti i loro monologhi (rispettivamente «Vendetta», «Pa- tria», «libertà»); nella parte inferiore uno schema strutturale di Gladiatores in cui la materia è distribuita nelle sette sezioni del nomos nella sequenza «Prologos | ἀρχά| κατατροπά | ὀµφ[αλός] | µετακατ[ροπά] | µεταρχ[ά] | πρόλογος [sic]»; a questo schema se ne affianca uno solo abbozzato del poemetto Jugurtha in cui si legge, in corrispondenza della sezione «Prolo- gos», «Carcer Tull.[ianus]» (cf. lo schema presente in ms. 28); nel f. 4r un progetto dettagliato della sezione ὀµφαλός, scandita in tre sottosezioni («Threx»; «Gallus aut Ger.[manus]»; «Syrus»); nel f. 4v, sotto l’indicazione «Syrus», la traccia italiana di una sequenza narrativa destinata al terzo monologo del poema; nei ff. 5r-6r, sotto l’indicazione «Frasi» una lunga serie di passi da autori latini e appunti sull’ordinamento ed equipag- giamento dell’esercito romano attinti dal De militia Romana libri quinque.

Commentarius ad Polybium di Giusto Lipsio; nel f. 7r appunti su divinità della

Tracia da fonte non identificata; nel f. 11v, nella parte alta, indicazioni rel- ative alla divisione della notte romana in vigiliae e, nella parte bassa, la scan- sione del dies civilis, giusta Macr. Saturn. 1, 3, 12-13. Il quadernetto risale

che i luoghi classici vengano desunti direttamente da risorse cinquecen- tesche, senza il conforto delle moderne edizioni.

ms. 1 Foglio di carta con in trasparenza una cannettatura orizzontale, di mm. 135 × 210, scritto su una sola facciata, numerata «9» dall’archivista antico e LX-4-1.9 dal moderno. Contiene, sotto l’intestazione «Gladiator I.», una serie di «Nessi Vergiliani» (come da indicazione dell’autore), incolonnati lungo il mg. s., tratti dal nono libro dell’Eneide. Dovevano forse servire a conferire una patina virgiliana alla sezione del «Gladiator I.» secondo il precoce progetto mai realizzato di differenziare i registri stilistici dei tre monologhi (vd. ms. 17).

ms. 2 Foglio di carta con in trasparenza una cannettatura orizzontale, di mm. 78 × 108, scritto su una sola facciata, numerata «66» dall’archivista antico e LX-4-1.10 dal moderno. Contiene, scritto con inchiostro bruno e tratto pesante, un suggestivo passo in latino tratto dalla Historia Naturalis di Pli- nio (2, 5). Scritto di traverso nel mg. d. «Cena o Gladiatores». Il luogo classico non è attivo in Cena in Caud. né risulta mai attestato nella storia compositiva di Bell. Serv. Tracce consistenti della fase ideativa di Cena in

Caudiano Nervae, presentato al Certamen Hoeufftianum nel 1896, sono con-

servate in G.74.4.1, 27 e 29-30, che dovrebbero risalire al 1892-1893 (cf. NAVA, Myricae, CCVIII [CP 246, 24r]).

ms. 3 Foglio di carta con in trasparenza una cannettatura orizzontale, di mm. 78 × 108, scritto su una sola facciata, numerata «56» dall’archivista antico e LX-4-1.11 dal moderno. Contiene, scritti con lo stesso inchiostro di ms. 2 e con la stessa grafia, passi tratti dall’ottavo libro della Historia Naturalis di Plinio. Non è da escludere che questi appunti fossero destinati, oltre che a

Bellum Servile (in particolare al «Paragone di bestie» della σφραγίς: vd. Q2,

2r; Q2, 10r), anche a Iugurtha, poema composto solo nel 1896 ma già ben presente nella mente dell’autore nel 1892 (vd. Q 1, p. 6; ms. 25; ms. 28). ms. 4 Foglio di carta robusta, bianco con in trasparenza una cannettatura oriz-

zontale, di mm. 78 × 108, scritto su una sola facciata, numerata «52» dall’archivista antico e LX-4-1.12 dal moderno. Scritti con lo stesso inchio- stro e la stessa grafia dei mss. 2-3, contiene ancora appunti da Plinio (2, 101-148 passim).

ms. 5 Foglio di taccuino, bianco, di mm. 54 × 108, con gli angoli arrotondati e foro circolare al centro del lato corto; scritto su entrambe le facciate, nu- merate «53» e «54» dall’archivista antico e LX-4-1.13 e LX-4-1.14 dal mo- derno. Il recto conserva una serie di passi tratti da Verg. Aen. 7, 675-722. L’interesse dell’autore è tutto rivolto alla prosodia dei versi selezionati. Nell’angolo in alto a destra, aggiunta in un secondo tempo con tratto più rapido e di traverso, la destinazione degli appunti: «Gladiatores ad Petileam». Il titolo ricorre anche in G.74.4.1, 33 («Gladiatores ad Petileam. Poemation»), risalente al 1891-92 (NAVA, Myricae, CCIX [CP 246, 28v]), e si riferisce alla località del Bruzio dove gli uomini di Spartaco ottennero l’ultimo successo prima della battaglia campale (Q1, 1r, r. 32 e ad loc.). Sul

verso, in grafia corsiva inclinata a destra, una porzione di Verg. Aen. 7, 764

(«pinguis ubi et placabilis ara Dianae»).

ms. 6 Foglio di mm. 88×136, scritto su una sola facciata, numerata «55» dall’ar- chivista antico e LX-4-1.15 dal moderno. Appartiene alla fase elaborativa

A1 e fa quindi parte della serie siglata dall’autore con la lettera iniziale della sezione di appartenenza. Reca infatti nell’angolo in alto a sinistra la marca «Σ». Contiene appunti preparatori per la sezione sphragís. Ad accenni di versificazione si alternano termini che indicano chiaramente quale dovesse essere il contenuto della sezione: p.e. ‘concurrere’ è verbo usatissimo in accezione militare dagli storici e nella poesia epica, e «concurrunt» (r. 2) nello specifico è forma verbale con cui in Ennio (Ann. 3, 144 Sk. = Epos, p. 28), in Virgilio (Aen. 7, 520; 10, 361 etc.) e quindi nella tradizione epico- esametrica si designa l’inizio delle ostilità belliche; segue infatti a r. 3 l’in- dicazione «pugna» e una rapida descrizione corrispondente ai vv. 519-21; separata da un trattino il principio del «Paragone di bestie» («Non aliter ferae») che doveva costituire la seconda parte della sphragís (cf. ms. 56; ms. 69). In basso, perpendicolarmente rispetto al verso di scrittura e in bella grafia, è appuntato il principio del v. 172 («Illam quam multa cum») ripreso a partire da ms. 66, già con variante interlineare.

ms. 7 Foglio bianco liscio di mm. 80 × 142, con il mg. d. seghettato, scritto su entrambe le facciate, numerato «22» e «23» dall’archivista antico e LX-4- 1.16 e LX-4-1.17 dal moderno. Sul recto, sotto l’intestazione «Gladiatores» due luoghi dal trattato de re militari di Vegezio e due dalle Storie di Ammiano Marcellino compulsati nell’edizione Ammien Marcellin, Jornandès, Frontin (Les stratagèmes), Végèce, Modestus, avec la traduction en français publiés sous la direction de M. Nisard, Paris, chez Firmin Didot freres, fils et c., 1869, presente nella biblioteca del poeta con la segnatura VIII 5 F 26. A essa riconduce con assoluta certezza l’appunto «Luna Amm. Marc. XX p. 127 Didot». Sul verso l’appunto «CatulloCalvos || Sogni. Rud. III. 1.», che è una delle più antiche tracce della satura catulliana. I due rimandi ammianei e l’ultimo riferibile al Rudens plautino ritornano identici in uno schema strutturale del «CatulloCalvos» databile al 1895-96 conservato in G.73.1.1, 11.

ms. 8 Ritaglio di foglio bianco dai margini irregolari, di mm. 55/60 × 90, con rigatura filigranata, scritto su una sola facciata, numerato «21» dall’archivi- sta antico e LX-4-1.18 dal moderno. Contiene tre massime tratte dal De

agri cultura di Catone.

ms. 9 Ritaglio di foglio di quaderno a righe indaco, di mm. 105 × 154, scritto su una sola facciata, numerato «64» dall’archivista antico e LX-4-1.19 dal mo- derno. Contiene una serie di passi tratti dal Bellum civile di Lucano (7, 506- 43 passim); l’interesse è tutto rivolto al lessico militare.

ms. 10 Foglio bianco di mm. 88×136, scritto su una sola facciata, numerato «2» dall’archivista antico e LX-4-1.20 dal moderno. Reca in alto a destra la marca d’autore «O.III.11» e contiene un primo abbozzo di versificazione del «Paragone» dei due fanciulli disegnato in forma prosastica nel ms. 11. I versi sono per lo più solo sbozzati e lacunosi, come se il poeta in questa

fase volesse soprattutto saggiare la consistenza in termini di versi della se- quenza narrativa. Il contenuto corrisponde approssimativamente ai vv. 491-98 (vv. 419-26D). Il testimone chiude la serie di mss. siglati dallo stesso

autore con la marca «O.III» o «O.3» e numero progressivo da 1 a 11, che fanno parte della fase elaborativa A1.

ms. 11 Quarto di foglio di quaderno rigato in grigio, dal mg. s. irregolare, di mm. 112/103× 151, con il mg. s. irregolare; scritto su una sola facciata, nume- rato «63» dall’archivista antico e LX-4-1.21 dal moderno. Contiene vergata a matita una traccia prosastica in latino della parte finale del terzo mono- logo, distinta da un trattino in una parte discorsiva in prima persona (inc.: «Ut pueri qui litem ··enderunt et»; expl.: «et se complectuntur pugnacibus lacertis») e in una seconda sezione definita «Paragone» (inc.: «isdem oculis conspici eundem»; expl.: «me ignoscere debere, non mihi esse ignoscen- dum»). Più in basso, stilati con inchiostro nero, due versi virgiliani con l’indicazione del luogo e l’appunto «Silva» con il rimando a Verg. Aen. 9, 381. Nei versi riportati per intero l’interesse sembra limitato alla struttura prosodica sensibilmente accentuata dagli spazi tra le parole (nel primo si ha una forte cesura katà tríton trochaîon, nel secondo coesistono tritemi- mere, cesura trocaica e eftemimere); il riferimento alla «Silva» invece è l’in- dicazione di una fonte attiva dietro i vv. 365-66.

ms. 12 Foglio di carta ruvida imbrunita di mm. 106×138/149, irregolare nel mg. sup.; scritto su una sola facciata, numerata «26» dall’archivista antico e LX- 4-1.22 dal moderno. Contiene una redazione avanzata della traduzione di

Al David del Piazzale Michelangelo di Giacomo Barzellotti (Quattro sonetti, Fi-

renze 1874). Il testo venne pubblicato per la prima volta da Francesco Polese in Livorno a Giovanni Pascoli (6 luglio 1924), Livorno 1924 sulla base di una «trascrizione» realizzata «su ricordo fedele e sicuro» da Arturo Schoulz, alunno del poeta a Livorno, dopo che l’originale autografo, ri- masto in suo possesso dai tempi della scuola, era andato smarrito. Dalla

princeps lo recepì Adolfo Gandiglio nella sua Appendix critica, (Carmina, 728

n. 1). Il manoscritto autografo fu poi ritrovato e, alla morte dello Schoulz, passò a Luigi Pescetti che ripubblicò il testo senza varianti in Giovanni Pas-

coli e il suo primo editore. Con lettere inedite, «Il telegrafo», 20 agosto 1937

(P.3.4.31). Sondaggi presso Maria Pascoli per recuperare materiale auto- grafo relativo alla traduzione fece Giuseppe Fatini, ma gli fu assicurato che nulla si conservava a Castelvecchio (G. F., Un poeta e un filosofo. Lettere di

Giovanni Pascoli e di Giacomo Barzellotti, «Nuova Antologia», 16 settembre

1930, 171 n. 10) e d’altra parte lo stesso poeta scriveva al Barzellotti: «Quanto al mio bel David, lei sa (credo) che ne feci la traduzione in esa- metri, e spero di trovarla e quando l’avrò trovata, la stamperò» (ibid., 171). Laredazione conservata tra le carte di Bell. Serv. probabilmente per ragioni di contiguità cronologica, è sicuramente precedente quella edita e presenta ancora tracce di incertezza negli ultimi due versi. Risulta però ugualmente interessante perché oltre a documentare un usus grafico non isolato né privo di implicazioni poetiche negli anni 1892-1893, permette di ricono- scere e sanare almeno una lezione corrotta nella strana vicenda editoriale del testo: al v. 9 del testo vulgato si legge «Nox undas alta tenebat», mentre nell’autografo si ha «Pax undas alta tenebat» più congruo con l’originale

«Mesta errava sui flutti una sovrana | Pace» (vv. 12-13). In fondo al foglio si legge la seguente serie di titoli: «Cicerone – Verrine e Tusculane | Dizionario latino | Hor. Bentlei [Q. Horatius Flaccus ex recensione et cum notis atque emendationibus Richardi Bentleii, voll. 2, Berolini 18693 presente nella Biblioteca di Castelvecchio con la segnatura VIII 5 D 10] | Tursellino [Tursellinus, seu, De particulis latinis commentarii] | Diz[ionario] Tedesco | gram[matica]».

ms. 13 Ritaglio di foglio di quaderno con rigatura indaco, di mm. 105 × 157, scritto su una sola facciata, numerata «50» dall’archivista antico e LX-4- 1.23 dal moderno. Conserva la parziale traduzione in esametri latini del coro posto in apertura del Dialogo di Federico Ruysch e delle sue mummie di Leopardi. Rimase tra le carte di Bellum Servile forse solo per ragioni di con- tiguità cronologica, giacché nessun abbozzo di verso né alcuno schema preparatorio del poema vi fa riferimento. Il testo fu pubblicato per la prima volta in Traina, Storie di Roma, 29-30 n. 59 e successivamente Mario Pazza- glia vi riconobbe l’ipotesto leopardiano (Appunti sulle figure della morte nei Carmina pascoliani, «RP» 12, 2000, 157-8); il testo con traduzione e com- mento è ora anche in App. Pasc. 75-6. Potrebbe trattarsi di un esercizio non dissimile da quello documentato nel ms. 12.

ms. 14 Ritaglio di foglio di quaderno rigato in grigio, di mm. 100 × 150; scritto perpendicolarmente rispetto alla rigatura su una sola facciata, numerata «77» dall’archivista antico e LX-4-1.24 dal moderno. Sotto l’indicazione «Versi» [o «Verg»?] una prima serie di esametri dal nono libro dell’Eneide con luogo espresso sotto il verso, scritti con grafia leggermente inclinata a destra; segue in modulo ridotto e grafia verticale una seconda serie di tre versi dalla stessa fonte, stavolta non esplicitata. Nella selezione dei passi prevale l’interesse per espressioni militari. Sul mg. d. si legge il calcolo: «75 + 20 + 10 = 105».

ms. 15 Foglio di carta bianco con in trasparenza una cannettatura orizzontale, di mm. 136 × 211, scritto su una sola facciata, numerata «35» dall’archivista antico e LX-4-1.25 dal moderno. Contiene un rinvio e due passi dal dodi- cesimo libro dell’Eneide.

ms. 16 Ritaglio di foglio di quaderno con rigatura in filigrana, di mm. 106 × 135, irregolare nel mg. sup.; scritto su entrambe le facciate, numerate «28» e «27» dall’archivista antico e LX-4-1.26 e LX-4-1.27 dal moderno. Sul recto, in grafia minuta inclinata a destra, si conserva il più antico abbozzo de Il

nido di Myricae, poesia pubblicata per la prima volta nella «Vita nuova» il 10

febbraio 1889 e inserita nella 2a edizione di Myricae del 1892); nel verso è riportato un passo virgiliano tratto da Aen. 6, 204-9, che ritornerà ancora in Q2, 7r; vd. F. GALATÀ, Due note per la storia di Myricae, «RP», 28, 2016, 105-7.

ms. 17 Foglio di carta liscia e lucida, di mm. 136 × 210, scritto su entrambe le facciate, numerate «78» e «79» dall’archivista antico e LX-4-1.28 e LX-4- 1.29 dal moderno. Occupa la metà superiore del recto, una traccia latina con il titolo «Gladiatores» scritta con inchiostro nero marcato. A quest’altezza di tempo si prevedeva la seguente scansione: un proemio con un’invoca- zione alla musa «quae in recessibus agri romani moratur adhuc sub antiquis

moscosisque fornicibus»; una descrizione degli accampamenti nell’ultima notte precedente la battaglia; l’introduzione delle excubiae che «tempus ser- monibus terunt et vitam suam nunc quisque alteris narrabat». Questa trac- cia è stata parzialmente edita in G.B. PIGHI, Inedita et Rara: Inediti pascoliani

dalle carte di A. Gandiglio, «Convivium», a. 7, n. 6 (nov.-dic. 1954), [712-724],

(= ID., Scritti pascoliani, 41). Sotto la traccia latina, e ne è forse la continua- zione, si legge in modulo minore l’indicazione degli ‘stili’ che i sermoni dei tre protagonisti dovevano seguire: ovidiano, virgiliano e oraziano. Chiude questa prima parte della progettazione «Epilogo» cassato. Più in basso una nuova traccia, stavolta in italiano, in grafia minuta, mossa e di difficile let- tura. Si riparte dal «Prologos» in cui si doveva descrivere l’ambientazione notturna e i due accampamenti; si passa quindi a una rapida presentazione dei tre schiavi; a questo punto il filo si perde nelle varie sospensioni. In fondo alla pagina indicazioni relative al primo schiavo. Nel verso del foglio la grafia si fa ancora più corsiva e per lunghi tratti indecifrabile. Si ha, in ordine, un canovaccio del sermone del «2°» schiavo, quindi quello del «3°» e infine un «Epilogo» in cui veniva descritta la battaglia campale.

ms. 18 Foglio di quaderno rigato in grigio, di mm. 210 × 310; scritto su entrambe le facciate, numerate «106» e «107» dall’archivista antico e LX-4-1.30 e LX- 4-1.31 dal moderno. Contiene: 1) abbozzo di un incipit del poema poi ab- bandonato (inc.: «Non prius effusis Thracum procul undique turbis»); la grafia è inizialmente posata, poi via via si fa più minuta e scomposta; sulle sillabe dei primi due versi – gli unici compiuti – sono segnate le quantità e le cesure (nel secondo sono distinti anche i piedi mediante aste); 2) al cen- tro della pagina, in grafia minuta, una prima sbozzatura della protasi del paragone del leone con gli schiavi, che comincia con «Ut leo noctu viam ingreditur» e si chiude con «tota nocte rudit in deserto frustra tendens»; accanto all’ultimo rigo di sbozzatura un «10» che indica di già il volume di versi che il paragone dovrà mantenere; 3) segue l’apodosi della similitudine (da «Ita servi tota nocte vigilaverunt» a «intuentes procul per omnia iuga fines legionum») e la presentazione/descrizione delle tre sentinelle; 4) quindi il contenuto del sermone del «primus», dell’«alter» e del «tertius»; 5) in fondo alla pagina il contenuto della «µετακατατροπά», consistente in una «descriptio naturalis diei orientis» interrotta dal suono delle tube e in una «Descriptio pugnae». Nello spazio vuoto a destra di questi appunti due schemi strutturali del poema: nel primo le sezioni incolonnate seguono l’ordine «Prooimion - Archa - Catatropa - Omphalos - epilogos - meta- catatropa»; nel secondo, dopo correzioni, «προοίµιον - ἀρχά - κατατρ.[οπά] - ὀµφαλός - µετακατατρ.[οπά] - ἀρχά - ἐπίλογος». Sul verso del foglio, in grafia ampia e con lapis blu, l’appunto «Chersonesum Tauricam». ms. 19 Foglio di carta bianca ruvida e di buona consistenza, di mm. 103 × 150, scritto su entrambe le facciate, numerate «74» e «75» dall’archivista antico e LX-4-1.32 e LX-4-1.33 dal moderno. Reca in trasparenza la filigrana «FF. MEO[NI]». Riprende il contenuto di ms. 18 assestandone i risultati: 1) sotto l’indicazione «Prooimion» si ha l’abbozzo dell’incipit del poema, che riporta i primi due versi composti in ms. 18, ai quali se ne aggiungono altri due con varianti interlineari; l’abbozzo sfuma in «clamor, stupor, ira inpo-

tens, desperatio rerum»; 2) segue un canovaccio di spunti, per lo più mili- tari, destinati all’«ἀρχά» (in mg. d.), che comincia con «vesper erat» e finisce con «descriptio multitudinis»; 3) di seguito con le espressioni «Ut leo | Ita servi» si rimanda alla similitudine impostata in ms. 18 e che a quest’altezza doveva costituire la sezione «κατατροπά» (in mg. d.); 4) con- tinua, secondo l’impostazione fissata a partire da ἀρχά, la progettazione del resto del poema con i nomi delle sezioni allineati lungo il mg. d. (ὀµφαλός, µετακατατροπά, µεταρχά, ἐπίλογος) e il loro contenuto som- mario lungo il mg. s. Nel verso del foglio, nell’angolo inferiore destro e perpendicolare rispetto al verso di scrittura, si legge in bella grafia «Lusent».

ms. 20 Foglio di carta, bianco con in trasparenza una cannettatura orizzontale, di mm. 135 × 210, scritto su una sola facciata, numerata «17» dall’archivista antico e LX-4-1.34 dal moderno. Contiene una serie di passi su costumi e società del popolo gallico tratti dal commentario de bello gallico di Cesare e destinati a innervare il racconto del personaggio Gallo.

ms. 21 Foglio di carta, bianco con in trasparenza una cannettatura orizzontale, di mm. 135 × 210, scritto su una sola facciata, numerata «83» dall’archivista antico e LX-4-1.35 dal moderno. Contiene in alto l’abbozzo di tre versi, di cui solo il primo compiuto e gli altri appena avviati; segue una descrizione del papilio tratta da Plinio. Sotto, senza soluzione di continuità, è posta la marca «O III. 9» che rimanda al ms. 41, e di seguito un abbozzo, ancora molto lacunoso, corrispondente ai vv. 461-76 (inc.: «Ast homini lupus ater homo est, aut ira leonum»; expl.: «homines se cernere nullos»). Nell’angolo inferiore destro si leggono due calcoli aritmetici relativi al numero di versi del poema: «200 + 135 = 345 [corr. da 335] + 30 = 375» e «110 – 72 = 38». ms. 22 Foglio di carta, bianco con in trasparenza una cannettatura orizzontale, di

mm. 135 × 210, scritto su una sola facciata, solo per metà riempita; nume- rata «82» dall’archivista antico e LX-4-1.36 dal moderno. Contiene due ab- bozzi dei versi «51-54». Precede nella lezione Q2, 2r. All’altezza di questo abbozzo, l’ὀµφαλός cominciava al v. 51 con la descrizione della «custodia» notturna.

ms. 23 Foglio di carta, bianco con in trasparenza una cannettatura orizzontale, di mm. 106 × 135, scritto su una sola facciata, numerata «72» dall’archivista

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